Riccardo Finzi
In giro per la città
Correggio nella storia e nei suoi figli, Arca Libreria Editrice, 1984

Venendo da Reggio, prima di entrare in Città, subito a sinistra si apre un vialetto in fondo a cui si scorge la CHIESA MADONNA DELLA ROSA. La storia del sacro luogo ha origine nell'anno 1440, in cui, sotto gli auspici del Conte di Correggio Giberto VIII, venivano eretti un ospedale con annessa chiesina dedicata a S. Antonio Abate, nonchè una piccola cappella dedicata a S. Orsola.
Successivamente Niccolò Postumo e la con sorte Cassandra Colleoni fondavano accanto alla Cappella un Monastero che venne eretto da monache Agostiniane provenienti dal Convento di S. Maria degli Angeli di Brescia. Detto Monastero, dotato nel 1496, prese il nome del Corpus Domini.
Nel 1505 il Monastero fu riordinato secondo
la regola di S. Domenico e nuovamente dotato. Ampliato il Monastero, la Cappella di S. Orsola in cui era venerata l'immagine denominata poi Madonna della Rosa, venne compresa nei nuovi fabbricati, restaurata e dipinta.
Nell'anno 1557, a seguito delle guerresche vicende già altrove menzionate, il Convento, la Chiesa e l'ospedale venivano abbattuti, salvo detta Cappella, con una camera congiunta che minacciava rovina.
Si restaurava la Cappella nel 1593, e nel 1607, la santa Immagine cominciò a concedere grazie. Fu indi ornata di lampade e la Cappella convertita in Chiesetta l'anno appresso.
Nel 1626 il Principe Siro, per onorare l'immagine miracolosa, erigeva un tempio votivo nel luogo dell'antica chiesetta, tempio che è l'attuale. Vi fu annesso il cimitero a seguito dell'Editto Ducale del 1782. Ora il suolo del cimitero è stato destinato ad altri usi.
La facciata della Chiesa, in cui si aprono la porta d'ingresso e superiormente una finestra, è sormontata da un frontone triangolare racchiudente lo stemma del Comune di Correggio. Sotto il frontone corre un fregio in bassorilievo con motivo funerario.
L'interno del tempio è ad una sola navata, coperta da volta a botte, con due cappelle laterali a scarsella e presbiterio rettangolare.
Sul muro della porta d'ingresso è collocata un'iscrizione su marmo, del seguente tenore:
PETRONIUS. L. CAPRA JUS CHRI. STIS LL. MP. Q.LX
La lapidina, che è un frammento d'iscrizione indubbiamente romana, venne cosi interpretata: " Lucius Petronius Lucii filius Caprarius Crestis Libertis. Mon. Posuit Q. LX (Cioè Vix. An. 60) " .
Secondo il Cavedoni, l'iscrizione potrebbe essere stata posta da Cresside Liberta di Petronio Filio a Liberto di Lucio cognominato Capraius ovvero Caprarius che sarebbe appellativo illustre, sapendosi che anche C. Metello, Console nel 614 di Roma, cognominossi Caprarius.
Il frammento venne scoperto in Correggio nel 1814.
Nell'Altare di destra si vede la bella copia di Luigi Asioli, da un quadro di Guido Reni, rappresentante la Madonna coronata dagli Angeli.
Dietro l'Altar Maggiore, nella lunetta superiore, è la MADONNA DELLA ROSA, bassorilievo in cotto policromato, di rozza struttura (sec. XV) raffigurante al centro la Madonna con una rosa in mano ed il B. in grembo. Avanti a lei, inginocchiata, una figura maschile con ricca acconciatura (forse Giberto VIII). Ai lati, S. Antonio Abate ed altro Santo.
Nella Chiesa si notano quattro discreti dipinti di piccole dimensioni (Scuola Bolognese, 1 metà del sec. XVII) raffiguranti: L'Annunciazione; Fuga in Egitto; Madonna della Provvidenza; S. Anna che insegna alla Vergine.
Tornati sul viale e proseguendo il cammino, a cento metri si giunge sul piazzale ove era ubicata PORTA REGGIO, uno dei due accessi principali della Città, accesso demolito nel 1912-1913. Traccie delle antiche mura DELLA CITTA' si notano percorrendo la circonvallazione in direzione Nord, con vista, a distanza fra le case che si affacciano alla strada, di una delle fronti del Convitto Nazionale e del campanile detto di S. Giuseppe. Ivi è ancora visibile un lembo di mura ed uno dei bastioni difensivi, eretto circa nell'anno 1550 a spese dell'Impero.
Tornati sul piazzale già di Porta Reggio, si entri in Corso Mazzini, via principale del nucleo storico della Città.
Come si nota, il corso è doppiamente porticato, con edifici composti di piano terreno, due piani d'abitazione e, parzialmente, soffitte soprastanti. Ma una casetta tuttora esistente, posta a destra per chi entra in Città, e composta di un solo piano d'abitazione, oltre il pianterreno e la soffitta, rivela che tutti i fabbricati del Corso erano anticamente composti in tal modo. Ciò che, d'altra parte, si nota percorrendo l'intero Corso Mazzini, ove si veggono altri fabbricati aventi un solo piano d'abitazione. Voltando a sinistra, dopo percorso sotto i portici una cinquantina di metri, si apre la via Umberto 1 ed indi il piazzale dedicato a Don Giuseppe Andreoli.
Di fronte al piazzale è l'ingresso principale del CONVITTO NAZIONALE.
L'edificio venne eretto negli anni 1561-63, col concorso del Card. Girolamo Bernieri, ad uso dei Padri di S. Domenico, che ne fecero il loro convento.
Il chiostro originario dei Domenicani era posto fuori le mura e fu distrutto nel 1557.
Espulsi dallo stato quei religiosi nel 1783, dallo stesso anno sino al 1790 il Convento venne restaurato - per volontà del Duca Ercole III - ampliato ed in parte completamente rifatto per ospitare il Collegio Civico Ducale e le scuole della Città, sotto l'educazione impartita dai Padri delle Scuole Pie, già alloggiati nel Palazzo del Comune.
Il Convitto fu istituito sul tipo del Nobile Collegio Tolornei di Siena e fu aperto ufficialmente il 18 dicembre 1783, con prolusione avvenuta nell'annessa Chiesa di S. Giuseppe Calasanzio, chiesa già dedicata a S. Domenico.
Soppresse nel 1810 le corporazioni religiose, i PP. delle Scuole Pie partivano da Correggio ed il Collegio veniva chiuso, per essere riaperto nel 1819 sotto l'assunzione degli Oblati, che convertirono il Convitto in Seminario. Nell'anno 1840 gli stessi Oblati venivano congedati e l'Istituto, quattro anni dopo, prendeva il titolo e l'indirizzo di Seminario-Collegio.
Le aure di libertà consentivano la laicizzazione dell'Istituto, che avveniva nel 1869. Il Collegio passava a carico del Comune e, nel 1888, veniva trasformato in Convitto Nazionale.
L'Istituto ebbe una certa importanza nel Ducato di Modena per la serietà degli studi ivi impartiti.
Vi si educò dal 1799 al 1803 Pellegrino Rossi, l'ardente Ministro di Pio IX e, molto più tardi, Enrico Morselli (1852-1929) illustre neurologo e psichiatra, per tacere d'altri illustri minori.
Ne fu Rettore il P. Liberato Baccelli, felice precursore delle conquiste della fisica; e Maestro di Umanità, nonchè Prefetto, Don Giuseppe Andreoli (1789-1822) il mite ed eroico Sacerdote decapitato sugli spalti del Castello di Rubiera il 17 ottobre 1822.
In memoria dell'Andreoli, nel 1 Centenario della morte, il Convitto collocava una lapide accanto alla stanza ove l'Andreoli abitò, con iscrizione dettata dal Sen. Vittorio Cottafavi.
Il Convitto ed il Liceo-ginnasio ivi annesso, sono dedicati a Rinaldo Corso, illustre grammatico del sec. XVI (si legga la monografia).
L'interno del Convitto è notevole, specialmente per la sua vastità. Contiene belle sale, ampi corridoi, un teatro, refettori, palestra, cortili, ecc. Lo scalone monumentale (fine sec. XVIII) è opera dell'Arch. Correggese Filippo Cattania.
In uno dei cortili è collocata una Vera da pozzo del '500 ornata dello stemma di Niccolò da Correggio, detto il Postumo.
Recentemente l'interno dei fabbricati è stato rimodernato e fornito di ogni necessario servizio.
Annessa al fabbricato è la CHIESA DI S. GIUSEPPE CALASANZIO. La facciata dei Tempio è della fine del sec. XVI, con paraste doriche sovrapposte. Le parti laterali sono collegate con la parte centrale, più alta, a mezzo di due volute classiche, comuni in quell'epoca. Il centro della facciata è sormontato da un frontone triangolare, poggiante su trabeazione dorica. Porta unica nel mezzo e Serliana superiore.
Nella facciata vi sono nicchie racchiudenti statue di Santi in stile barocco. La nicchia superiore - già vuota, essendone la statua precipitata a seguito di terremoto - è stata onorata in questo secolo da un'altra statua, moderna, opera dello scultore correggese B. Terrachini.
L'interno è a croce latina, ad una sola navata, coperta da volta a botte e cupola centrale.
Le cappelle laterali sono dodici: sei per lato. Sul lato Ovest sorge la torre campanaria, in cotto, con paraste angolari e in alto provvista di monofore binate. La cuspide era, un tempo, ottagonale; venne troncata dal terremoto del 1832 ed ora è parzialmente a tetto.
La Chiesa contiene vari dipinti di un certo interesse e memorie storiche, quali, ad esempio:
L'Altare a destra: S. Girolamo e Angelo, quadro d'ispirazione Carraccesca; l'Altare a destra: S. Cecilia, dipinto su tavola, rappresentante
la Madonna col Bambino ed i SS. Cecilia e Girolamo. Il quadro venne attribuito alla scuola di Innocenzo Francucci da Imola (m. 1550). Esso è di buona esecuzione, con ispirazione raffaellesca. Il 111 Altare a destra, interessante dal lato storico, è dedicato alla B.V. delle Grazie e posto in apposita Cappella. L'Immagine miracolosa ivi conservata, stette per più di un secolo sul muro dell'antica Rocca di Correggio e nel 1505 ne fu levata e processionalmente portata in una cappella della Chiesa di S. Domenico fuori le mura. Detta Cappella si denominò allora delle Grazie e Veronica Gambara ne fu devotissima. Abbattuti il Convento e la Chiesa nel 1557, l'immagine fu lasciata intatta fra i ruderi e, nel 1582, venne collocata nell'attuale chiesa. La devozione all'immagine, che si afferma abbia concesso molte grazie ai suoi fedeli, si accrebbe in occasione del terremoto del 13 marzo 1832, accreditandosi alla Vergine di aver salvata la Città in quel terribile momento.
Una nuova cappella veniva indi a sostituire quella preesistente, e dipinta da Luigi Asioli.
Nell'anno 1877 la stessa immagine veniva quasi completamente rifatta dal Prof. Sante Nucci di Bologna. La festa della B.V. delle Grazie ricorre nella seconda domenica di novembre.
Proseguendo il giro, si osservi L'agonia di S. Giuseppe C. (VI Altare a destra) dipinto della 2° metà del sec. XVII in cui è raffigurato S. Giuseppe Calasanzio morente, con alla sua destra il Cristo, alla sinistra la B.V. e l'Eterno fra le nubi, con Angeli. Il detto dipinto è posto in ricca cornice d'interesse artistico.
L'Altar maggiore contiene una ancona raffigurante la Madonna col Bambino tra Angeli, adorata da S. Giuseppe Calasanzio, che chiede il di Lei intervento perchè faccia cessare la peste (con episodi del morbo). li dipinto è posto in una bella cornice intagliata e dorata, con due cani accosciati ed in alto lo stemma del Card. Bernieri. Tale grande cornice racchiudeva un'ancona dipinta da Federico Zuccari per incarico dello stesso Bernieri.
Un altro dipinto (VI Altare a sinistra) anch'esso posto in ricca cornice, polittica, è opera presunta del ferrarese Giuseppe Mazzuoli detto il Bastarolo (2° metà sec. XVI). Raffigura la Madonna del Rosario col Bambino ed Angeli, due Santi Domenicani e, in basso, nel fondo, Vescovi oranti. Intorno alla tela stanno 15 quadretti raffiguranti i Misteri del Rosario. L'opera venne recentemente restaurata.
Nella navata si nota un ricco pulpito ligneo, intarsiato, dono alla Chiesa del Card. Bernieri.
Due lapidi marmoree poste nel tempio, menzionanti Bianca Bernieri e Paolo Grassi, sono di storico interesse locale. Null'altro di notevole si trova nella Chiesa.
Nella sagrestia vengono conservati arredi sacri, dipinti e ricche reliquie.
Usciti dalla chiesa si percorra la Via Bernieri. Si veda a destra il fianco della Chiesa di S. Sebastiano ed a sinistra il fabbricato eretto recentemente, per i propri uffici, dal Banco S. Geminiano e S. Prospero. Detto fabbricato - che sorge sul luogo del vecchio Albergo Posta - è opera non disprezzabile dell'Architetto Fiorentino Carlo Lucci. (Viv.) Nell'angolo sinistro un bassorilievo dello scultore reggiano Carlo Grassi. (Viv.).
Giunti in Piazza Garibaldi, si veda, a destra, la CHIESA DI S. SEBASTIANO. Essa venne eretta nel 1590-91 a cura della Venerabile Confraternita omonima che, sorta nel 1502, ebbe dapprima sede nell'oratorio di S. Rocco (fuori le mura), poi nella Chiesa che godevano le Monache del Corpus Domini.
L'erezione della nuova chiesa fu compiuta su disegno dell'Arch. Prospero Pagani di Reggio, e completata, con il porticato e la torre, fra il 1649 e il 1667.
Nel 1593 fu celebrata la prima Messa e la Chiesa venne sempre regolarmente officiata sino al 1798, epoca in cui la Confraternita fu soppressa.
Il tempio, ch'era passato di proprietà privata, venne riscattato nel 1828 da Confratelli, abbellito ed ornato a spese di Bonifazio Asioli e riaperto al culto nel 1830.
Un'iscrizione su lapide marmorea collocata fra le due porte della facciata, ricorda gli avvenimenti del riscatto del Tempio e della riapertura al culto.
Questa ha la facciata poggiante su di un portico ad arcate, sormontato da una trabeazione a glifi e metope. Sulla parte superiore, in cui si aprono tre finestre, poggia un frontone triangolare. L'Architetto creatore della facciata si è ispirato, nell'opera, alla facciata della Chiesa di S. Sebastiano di Roma, chiesa posta all'accesso delle omonime Catacombe.
L'interno è composto di una sola navata, con tre cappelle per parte, contenenti in tutto quattro Altari e l'Altar Maggiore a capo della nave.
Ha paraste con capitelli d'ordine composito, è coperto da volta a crociera ed il Presbiterio è di forma quadrata.
La pala dell'Altare Maggiore è ornata da un notevole dipinto. di Baldassarre Aloisio detto il Calanino, dipinto denominato Madonna della Neve. Vi sono effigiati la Madonna col Bambino ed i SS. Sebastiano, Girolamo, Paolo e Rocco. La opera d'arte, che è d'ispirazione Carraccesca, specialmente per la coloristica, è cosi firmata: Baldassar Aloisi Bononien. MDCVIL
Nella chiesa, oltre ai dipinti di Luigi Asioli e di altri, di non molto interesse, sono notevoli S. Mauro di Adeodato Malatesta (1 Altare a sinistra) e la Visitazione di S. Elisabetta di Girolamo Donnini (l'Altare a sinistra).
Il " S. Mauro " venne eseguito su tela nel 1832, dietro ordinazione di Giovanni Asioli (t 1831) fratello di Bonifazio, come appare da una iscrizione collocata a fianco del dipinto. L'opera raffigura il Santo che risana miracolosamente un giovinetto cieco.
In quanto alla " Visitazione ", essa è un'opera assai caratteristica, dipinta su tela nel 1742 per ex voto di Francesco Pongileoni. Vi si notano la Madonna, S. Elisabetta ed altri personaggi.
Nell'interno della Chiesa è murata una iscrizione marmorea, datata l'anno 1858, ricordante che la Confraternita venne istituita da Nicolò, Borso e Giberto da Correggio nel 1502. In detta iscrizione si ricorda pure il nome del pittore Aloisio.
A destra entrando stanno le urne contenenti le ceneri di Bonifazio e Giuseppe Asioli, corredate da epigrafi scolpite su marmo. Con deliberazione Comunale del 19 settembre 1962 la città, dietro offerta di Maria Asioli, accettava di sostituirsi agli Eredi Asioli nella proprietà di dipinti ed arredi ancora esistenti nel tempio, citati nel pubblico Atto del 20 agosto 1836, sottoscritto dal Priore della Confraternita.
Usciti dalla Chiesa si prosegua il giro volgendo a sinistra. Oltrepassata la facciata del già citato nuovo edificio di proprietà del Banco, si guardi il palazzetto di fronte, già Guzzoni ed ora Finzi, eretto in stile neoclassico verso il 1860. La facciata è uno dei lavori migliori dell'Architetto Francesco Forti. Nell'interno lavorò lungamente il pittore Capretti.
All'angolo formato dalla piazza con via Jesi, si osservi l'antico fabbricato esistente, che fu l'ultima sede della zecca DI CORREGGIO al tempo del Principato. Sul fianco di esso si notano ancora alcuni resti di formelle di cotto, già ornanti quelle antiche finestre, e un frammento di cornicione. Il fabbricato fu eretto verso la fine del sec. XV e subì varie trasformazioni.
Si oltrepassi la via Jesi e si rasenti il fabbricato " Recordati ", già sede del laboratorio omonimo e si prosegua il cammino, lungo via Borgovecchio. Subito dopo, a sinistra, è la casa Cabassi, riattata nel secolo scorso secondo il gusto neoclassico. All'interno, nel cortile, si scorgono ancora gli avanzi quattrocenteschi di quella che fu la CASA BERNI, ove il Correggio si recò in qualità di testimone alla pubblicazione di un Atto nel 1533.
Poco oltre, a destra è il fianco della CHIESA DI S. MARIA DELLA MISERICORDIA, ove una iscrizione murata all'esterno ricorda l'ultimo restauro ivi effettuato. La Chiesa venne edificata - forse su altra chiesa eretta in precedenza - nei primi anni del sec. XVI dalla Confraternita omonima. Detta Confraternita, che aveva uffici di pietà oltre che di devozione, venne soppressa nell'anno 1782 e ripristinata nel 1796, epoca quest'ultima in cui si diede mano ai restauri della chiesa, che nell'interno fu quasi interamente rifatta.
Altri lavori vennero compiuti nel 1837, fra cui la costruzione della torre campanaria, ultimata nel 1853. Nello stesso anno fu restaurato il fianco nord della Chiesa, ad opera dell'Arch. Forti e vennero compiuti abbellimenti nell'interno del Tempio.
La fronte, che si affaccia su Via S. Maria, è cinquecentesca, con portico ad archi su colonne e paraste doriche, sormontate da larga trabeazione classica e parte superiore con lesene e cornice sottotetto. Il fianco della chiesa rileva l'originaria struttura gotica con archi acuti e bifore ogivali.
Sulla fronte avente prospetto sul portico pubblico, il pittore Marco Bianchi dipinse ad affresco, nel 1689, alcune figure in due riquadri, figure oggi scomparse. L'interno della chiesa è molto semplice, con piccolo coro sull'ingresso e volte a crocera su pilastri, decorate a chiaroscuro dal Capretti.
La cappella dell'Altar Maggiore, con la sua ricca decorazione neoclassica incorniciante una B. V. in nicchia, è opera dello stesso Forti. L'ancona dell'altare raffigura una Beata Vergine della Misericordia di autore ignoto del sec. XVI. I due Altari laterali sono senza interesse.
La chiesa era anticamente ornata da quattro dipinti del Correggio. Nell'Altar Maggiore tre quadri - rappresentanti L'Umanità di Cristo, San Giovanni Battista e S. Bartolomeo - formavano un trittico. Del S. Bartolomeo non si ha più me 4 moria, mentre L'Umanità di Cristo trovasi in Vaticano. Il quarto dipinto, con Quattro Santi, é oggi al Metropolitan Museum di New York.
Nella chiesa si scorgeva pure un affresco - ivi trasportato dalla vetusta chiesetta di S. Quirino entro il Castello - che, tolto dal muro nel sec. XV.III, si conserva ora nella Pinacoteca Estense. Rappresenta una Adunata Sacra, con la BV. e i Santi Francesco e Quirino. Alcuni critici hanno attribuito il dipinto al Correggio; altri l'attribuiscono ad Antonio Bartolotti degli Ancini, modesto pittore correggese, presunto maestro del C., morto nel 1527. L'affresco è datato l'anno 1511 e molto facilmente è proprio opera giovanile d CONGIURA.
La casa vicina, sotto il portico di S. Maria, di cui il Tempio ebbe a far parte, fu sede della omonima Confraternita, creata nel 1316, che curò in luogo ospizio ed ospedale.
Nel salone del primo piano della casa, già adibito a pio uso, ebbe a raccogliersi, il 29 marzo 1634, il " Consiglio Generale del Principato " composto di 220 Consiglieri di Correggio, Campagnola e Fabbrico, Per chiedere l'allontanamento del Principe Siro da Correggio, che già prima di allora era decaduto dal Principato. Il luogo della riunione venne dipoi denominato SALA DELLA CONGIURA.
Riprendendo il giro, subito a sinistra è il ricordo dell'antica Porta S. Maria, chiusa per vicende belliche nel 1556-1557 e riaperta nel 1955. Si percorra indi il portico. I fabbricati soprastanti vennero eretti circa nell'anno 1372, allorchè - distrutto il Castellaccio di Campagnola - Guido VII da Correggio quivi volle ospitare gli abitanti Campagnolesi.
Originariamente le case erano basse, non pavimentate nel piano terreno, aventi un soprastante solo piano d'abitazione e, al disopra, un sottotetto inabitabile.
A trenta metri dalla porta di S. Maria, ci si affacci alla casa fronteggiante il portico, che conserva caratteristiche quattrocentesche. Si ritorni sotto il portico e lo si percorra sino alla CASA DEL CORREGGIO.
Essa ha due fronti, uno su Via Borgovecchio, l'altro su Via Conciapelli. La casa attuale, fronteggiata a sud ed est da un giardino, venne edificata negli anni 1754-55 dal N. H. Francesco Contarelli, sul luogo ove sorgevano la casa del Correggio ed altre cinque adiacenti, denominate Ca' Rotte Pirondi. Le sei case furono fatte demolire dallo stesso Contarelli.
Nulla, quindi, ricorda l'abitazione di Antonio Allegri, se non l'area su cui essa sorgeva.
L'attuale fabbricato, restaurato con notevoli modifiche negli anni 1930-31 per ospitare l'Asilo Infantile, contiene in una delle stanze interne la seguente iscrizione scolpita su marmo:
REDENTA DALLE ONTE DI FORTUNA A SPESE DI 21 CITTADINI DEVOTI AL DIVINO PITTORE ED ALLA PATRIA 1854
Nella facciata esterna; a sud, si nota un medaglione a bassorilievo raffigurante l'allora presunto volto dell'Allegri, opera dello scultore correggese Eusebio Casalgrandi. Poco più sotto si legge una breve epigrafe, ivi collocata nel 1811:
HAC IN AEDE NATUS EST ANTONIUS ALLEGRI AN. 1494
Nel giardino sorge un cippo marmoreo che porta la seguente iscrizione, dettata nell'anno 1880 dal letterato reggiano Prospero Viani:
QUI SORGEVA LA CASA DEL CORREGGIO RUINATA CON ALTRE ATTIGUE NEL SEC. XVIII IL COMUNE FATTO POSSESSORE DELL'AREA L'ORNO' DI GIARDINO E LA CINSE DI FERRI L'ANNO MDCCCLXXX CONSERVANDOLA COME SACRA ALLA VENERAZIONE DELLE GENTI
La casa in cui nacque ed abitò Antonio Allegri, come appare a seguito di studi effettuati, esistette ancor prima del 1446 e venne ampliata nel 1529 con l'acquisto di una casa vicina.
Da quest'ultima data essa ebbe ingresso sia da Via Borgovecchio che da Via Conciapelli. Essa era minuscola e si componeva unicamente di pianterreno e primo piano. Dopo l'acquisto del 1529 il pianterreno era costituito da portico pubblico esterno, androncino con scala (quest'ultima certamente in legno) cucina (che serviva anche da camera da letto) e bottega. Al primo piano si notavano il ballatoio della scala, due stanze da letto ed un terrazzo.
Come si vede, il pittore abitò in una ben misera dimora. Ed ivi dipinse parecchie tele, specialmente nella stagione invernale.
Proseguendo il cammino, si giunge a Via Carlo V, cosi denominata perchè l'Imperatore la percorse il 23 marzo 1530 quando lo stesso, con ricco seguito, si recò a far visita alla poetessa Veronica Gambara.
Al di là della strada, subito a sinistra è il BASTIONE DI CARLO V, di cui esistono ancora le mura intatte. Su dette mura poggia unnfabbricato, incompiuto, eretto nel 1910-12 in stile floreale.
Si percorra Via Carlo V in direzione sud. A destra un fabbricato conserva ancora un'arcata del porticato che correva lungo tutta la strada.
Al termine della via è l'ingresso della città, già detto di " Porta Modena ". La porta venne demolita nel 1875.
Di fronte, in Corso Mazzini, è il Palazzo Ronca, recentemente rialzato di due piani, già opera dell'arch. modenese Cesare Costa.
Di fianco al palazzo si scorgono i giardini pubblici, impiantati nel 1936.
Percorrendo il portico del Corso, si giunge al PALAZZO MUNICIPALE. Oltrepassata la Via del Correggio, contro la parete è posta la lapide ricordo dei caduti nella guerra partigiana 1943 1945.
Il Palazzo Municipale fu sede della Confraternita di S. Giuseppe Patriarca, con chiesa, ospedaletto e scuole e, dal 1722 al 1783 del Collegio dei Padri delle Scuole Pie.
L'edificio costituì il Palazzo degli Studi della città, poichè dapprima ivi veniva impartita F istruzione primaria da parte dei Confratelli, mentre successivamente gli Scolopi insegnavano grammatica, umanità, rettorica e teologia morale.
Dall'anno 1783 il palazzo è adibito a sede Municipale. Esso è un massiccio fabbricato dalla facciata retta da porticato. La fronte è senza ornato, con un piccolo balcone centrale e cornice sottotetto.
il fabbricato venne parzialmente rifatto nel sec. XVIII, mentre la facciata è dovuta ai restauri compiuti in questo secolo. Al pianterreno è sita l'antica chiesetta della Confraternita, attualmente occupata da un negozio di ferramenta.
Entrando per l'ingresso principale del palazzo si notano nell'atrio, a sinistra, due stemmi l'uno in legno, l'altro in gesso. Il primo riporta lo stemma dei da Correggio, a seguito dell'Investitura dell'anno 1452, ma con varianti e la leggenda C.D.P. MDCXVI, per ricordo del tempo in cui la Contea venne elevata a Principato. Il secondo stemma è quello del Principe Siro.
Nello scudo, che è interzato, appaiono i vari elementi degli stemmi precedenti della Casata:
Principe. Un cartiglio posto sotto lo scudo, contiene la seguente leggenda:
SYRUS PRINCEPS EX VOTO ANN MDC XXV
Trattasi di uno stemma già ornante la Chiesa Madonna della Rosa. Un terzo stemma in gesso rammenta, in modo un po' fantastico, l'arme dei Conti di Correggio. Consta dello scudo con la correggia, e un'aquila ferma a capo dell'impero.
Lo scudo è sormontato da un elmo con cimiero formato da altra aquila ferma. Nello stesso atrio, a destra, due iscrizioni su marmo sono dedicate al Duca Ercole III: la prima ricorda il dono fatto al Comune dal fabbricato stesso, nel 1783; la seconda rammenta che nel 1789 venivano abrogate le disposizioni dell'antico statuto di Correggio e limitata alla sola classe Patrizia la pubblica Amministrazione.
Sotto, al centro fra le due iscrizioni, busto di Giuseppe Garibaldi, notevole e interessante opera di Vincenzo Vela. L'effigie dell'eroe è scolpita in marmo di Carrara e venne collocata in luogo nel 1883, a cura dei Reduci delle patrie battaglie. In alto, a destra, stemma in gesso della città. (il sole fra la correggia).
Nel lato sinistro dello scalone, iscrizione marmorea a ricordo del sacerdote Nicolò da Correggio che istituì il Monte di pietà, nell'anno 1544.
La lapide è del 1556 e doveva essere posta in Corso Mazzini murata ad una parete, sotto il portico, di fianco all'attuale negozio Razzoli.
Più sotto è una grande iscrizione marmorea già collocata nel 1771 sulla porta di Modena, o di S. Giovanni. (La porta venne abbattuta nel 1875).
Nel lato destro dello scalone una lapidina in cotto, a forma rettangolare, porta l'arme di Giberto, Arcivescovo di Ravenna ed indi Antipapa, col nome di Clemente III, dal 1080 al 1100. Trattasi del famoso Antipapa che appoggiò l'Imperatore Arrigo IV nei confronti di vari papi, fra cui Gregorio VII, ed ostile a Matilde di Canossa. Detto Giberto venne già ritenuto appartenente alla casata dei da Correggio.
Nello stesso lato, in basso è il Campione dei materiali e delle misure in uso nel Principato di Correggio. Si notano le misure dei materiali da costruzione, nonchè del braccio da stoffa e di quello da legno. (Per le dette misure, si veda in appendice).
Salendo lo scalone, appare di fronte una interessante iscrizione su marmo, di cui si dà la seguente traduzione in volgare:
A SYRO D'AUSTRIA CHE CONTINUA LA DIGNITA'DELLA CASA DOMINANTE PER UNA SERIE DI CIRCA MILLE ANNI CHE SALENDO AL PRINCIPATO CON GIUSTI E PRUDENTI ESEMPI SUPERO' MOLTE INVIDIE LA CITTA' AL PRINCIPE QUESTO MARMOREO MONUMENTO PER BUONA MEMORIA POSE. GIROLAMO AUGUSTONI PRIORE E COSTANTINO DONATO PROVVISORE CURARONO L'ANNO DELLA SALUTE 1616 MESE DI GIUGNO
La lapide, abbastanza menzognera circa le virtù di Siro, doveva essere posta nel Palazzo del Podestà, ch'era contiguo al Palazzo di Giustizia. L'iscrizione si trova nel palazzo Comunale da almeno un secolo.
Procedendo oltre si entra in un vasto androne che immette nelle sale del Municipio. Sulle pareti dell'androne sono dipinte iscrizioni rammemoranti i fasti dei Signori da Correggio e la gloria dei cittadini più illustri.
Nello specchio principale, a sinistra, sono ricordati Giberto (Antipapa); Niccolò Postumo (Umanista e Poeta); Giberto Il Difensore (Uomo d'armi); Azzo (Uomo d'armi, che fu amico del Petrarca); Girolamo (Cardinale).
Nei due specchi laterali, Girolamo Bernieri (Cardinale); jacopo Corradi (Cardinale); Borso Merli (Vescovo); Sigismondo Donati (Legato Pontificio); Ottavio Bolognesi (Diplomatico). Nel lato destro, in mezzo, figurano i nomi di Antonio Allegri (Pittore); Antonio Bernieri (Pittore e Miniatore); Claudio Merulo (Musicista); Bonifacio Asioli (Musicista); Samuele Jesi (Incisore); Luigi Asioli (Pittore).
Negli specchi laterali sono ricordati i nomi di Girolamo Ferrari (Filologo); Federico de' Donati (Medico); Marcello Donati (Medico); Antonio Leprotti (Medico); Carlo Antonioli (Letterato e Filologo); Michele Antonioli (Storico). '
Nello specchio della finestra si notano le iscrizioni allusive a Ubertino Zuccardi (Giurista); Alessandro Gilocchi (Giurista); Giovan Battista Lombardi (Medico,e Filosofo).
A sinistra si entra nelle sale del Municipio. La Sala del Consiglio, molto spaziosa, venne decorata dal pittore Capretti, nonchè - nelle figure del soffitto - dal pittore Luigi Asioli.
Nell'atrio ed in altre sale si notano, nei soffitti, decorazioni pre-raffaellesche dello stesso Capretti.
Discesi in istrada si osservi il Corso Mazzini e, in fondo a destra, l'insieme del Palazzo Cattini sormontato dall'orologio pubblico. Questo è opera di Quirino Asioli, orologiaio ed organaro, padre di Bonifazio; venne montato in luogo nella seconda metà del sec. XVIII.
Attraversata la piazza, si giunge sotto il portico del Palazzo, ancor oggi denominato come CASA DEL POPOLO perchè acquistato nel secolo scorso da una Società Cooperativa fondata dai Socialisti. Il fabbricato venne eretto nel 1762 dal Nob. Francesco Alessandro Contarelli, sulla arca di quattro case preesistenti. La costruzione, progettata dall'architetto correggese Francesco Cipriani Forti, nonno di altro arch. Forti, è di notevole interesse artistico, con portale centinato, fiancheggiato da mensoloni che reggono il balcone del primo piano. Bel cancello in ferro battuto, intonato al palazzo, costruito nel 1936 su disegno dell'ing. Guido Tirelli, da Reggio.
Il cortile - con porticato già aperto da tre lati - è a colonnato. Il portico interno conduce ad un interessante scalone barocco di forma quadrata. Il palazzo venne restaurato nel 1935-36 dal detto ing. Tirelli. Nella volta dello scalone, bel dipinto di maniera tiepolesca, opera del pittore Emilio Meulli (sec. XX). Dopo la seconda guerra mondiale - a motivo utilitaristico - il salone del primo piano, ornato da un notevole soffitto a cassettoni con fregio sottostante, venne frazionato ad uso uffici statali, ed il porticato al, pianterreno ridotto, onde ricavarne negozi.
Sotto il portico esterno di Via Mazzini, si veda la lapide-ricordo dell'eccidio compiuto il 31 dicembre 1920, in cui trovarono la morte i due cittadini correggesi Zaccarelli e Gasparini.
Si percorra Via Antonioli sino alla Piazza S. Quirino, col MONUMENTO AD ANTONIO ALLEGRI. Esso è opera di Vincenzo Vela e venne inaugurato il 17 ottobre 1880.
Il basamento è di granito rosa di Baveno. La statua, in marmo bianco di Carrara, è di dimensioni quasi due volte al naturale e sullo zoccolo, incorniciata da un serto di rose, vi si legge la scritta, scolpita a basso rilievo:
AL CORREGGIO LA PATRIA
Sotto il monumento giacciono sepolti i creduti resti dell'Allegri. Benchè la tumulazione avvenisse con solennità, risulta che le ossa di cui si parla, levate dal Convento di S. Francesco nel 1786 per ordine del Duca di Modena Francesco III, non appartennero al corpo del pittore. Pure assai incerto è il ritratto a cui si ispirò il Vela per scolpire il volto del Correggio, poichè sebbene l'immagine originaria rechi la scritta " Antonius Choregius", facilmente tale immagine raffigura il volto del miniatore concittadino Antonio Bernieri (1516-1563 c.).
Di fronte al monumento sorge la BASILICA DETTA DI S. QUIRINO, dedicata ai Santi Michele Arcangelo e Quirino Vescovo e Martire, ietta da un Prevosto con Capitolo. In essa si conservano alcune reliquie indicate per quelle dei Santi Martiri Quirino, Ermete, Tiburzio, Veronica e Reparata, nonchè le spoglie di Santa Clementina.
Un'altra chiesa dedicata alla " B.V. Assunta ed ai Santi Michele e Quirino ", sorgeva precedentemente In fra Castro Corrigia, all'estremità nord del già Palazzo Vecchio dei Signori da Correggio (Palazzo Cagarelli) con la facciata rivolta a ponente. Detta chiesa, nei primi anni del sec. XVI risultava cosi angusta e cadente che fu demolita (o crollò da sola) e nel 1516 si intraprese la fabbrica dell'attuale chiesa, in un luogo denominato Ortazzo, che altro non era se non la colmata fossa del lato nord del Castello.
La Basilica, dopo lunga interruzione, venne ultimata nell'anno 1587 e si può dire rinnovata nell'interno verso la fine del sec. XIX.
La facciata - già intonacata, e dipinta a chiaroscuro nel secolo scorso ad opera del Crespolani - è stata interamente rifatta a nuovo in questi ultimi anni, in cotto e marmo, secondo lo stile classico, come da progetto di Carmela Adani, che ha curata l'opera di rifacimento.
L'interno è a tre navate, divise da pilastri, con trabeazione dorica e coperta da volta a botte nella nave centrale. Nelle navi laterali si aprono 12 cappelle, sei per lato, e tre cappelle stanno a capo delle navi.
L'abside è profonda. Il presbiterio è rialzato per far posto alla cripta, semplice ed armoniosa, con colonne in breccia di Verona che sorreggono volte a crociera.
Le pareti della cripta vennero rivestite cori lastre marmoree negli anni 1940-1944. Della stessa ultima epoca è l'altare, pur esso marmoreo, di serena armonia, eretto da Carmela Adani e che racchiude 12 reliquie di S. Quirino e di altri Martiri.
Pure di C. Adani è il notevole trittico in bassorilievo, con al centro l'effigie di S. Quirino.
Una epigrafe latina in caratteri paleografici, scolpita in pietra, ricorda la ricognizione e la riposizione delle reliquie del Santo, compiute nell'anno 1186 dal Vescovo Albricone.
L'interno della Basilica venne ornato nel sec. XIX dai pittori Crespolani e Manzini, mentre Luigi Asioli, nel 1843, affrescava nel catino della abside " S. Quirino in gloria ".
Nel complesso la decorazione venne effettuata all'interno ed all'esterno, dal 1834 al 1870. Notevole si presentò la decorazione del prospetto e tale rimase sino a questi ultimi anni, in cui il presunto restauro diede alla facciata l'attuale aspetto di cotto a vista e con marmi.
Alcune cappelle sono ornate dal pittore Emilio Meulli (sec. XX).
Le cappelle più notevoli, cominciando da sinistra, sono le seguenti:
1) (Battistero) Sotto ad un dipinto del sec. XIX rappresentante il Battesinzo di Gesù, sta un affresco della II metà del sec. XVI, raffigurante altro Battesimo di Gesù dipinto da ignota buona mano.
2) La " Madonna col Bambino " adorato da S. Antonio, e un Angelo che addita la scena: opera di Girolamo Donnini.
6) Ancona in cotto dipinto con le statue della B.V. della Cintura, di S. Nicolò da Bari e di S. Vincenzo Ferreri. Nell'altare, in nicchia, statua di S. Antonio da Padova, opera della seconda metà del sec. XVII, con ricordi clementeschi.
Entrando a sinistra, Cappella della Confraternita del SS.mo Sacramento. In essa sono contenuti due notevoli dipinti su tela, attribuiti a Leandro Bassano. In uno di essi Scena di mercato
con la cena in Emmaus; nel secondo, Cena in Betania.
Ritornando in chiesa, a capo della prima nave Cappella del SS. Sacramento con due moderni affreschi, non ultimati, della correggese Italina Santini, rappresentanti un Cenacolo e Cristo in Gloria. Gli affreschi coprono precedenti affreschi dipinti nel sec. XIX da Luigi Asioli. Nell'altare marmoreo, bassorilievo di Carmela Adani.
Nella cappella dell'Altar Maggiore, bella tela di Girolamo Donnini, raffigurante L'Assunta coi Santi Michele, Quirino e Romano. Inoltre: a) due cantorie riccamente intagliate a fregi e scudi, con ricca decorazione barocca (sec. XVII); b) parte lignea dell'organo, intagliata e dipinta in grigio, con prospetto sormontato dalla statua di S. Quirino e due Angeli portanti l'emblema del martirio (sec. XVII). L'organo è pneumatico tubolare con due tastiere, 53 tasti, 27 pedali (Ditta Mascioni) costruito nel sec. XX.
A capo della terza nave, Cappella Guzzoni (Altare del Sacro Cuore) ornata da marmi nel 1946-47, su progetto ed esecuzione di C. Adani. Alla parete di sinistra, Visitazione di Ignoto del sec. XVII. Al centro Il Redentore, statua dell'Adani. In alto, nelle lunette laterali, due affreschi di Dante Pantaleoni, raffiguranti Il figliol prodigo e Pietro salvato da Gesù che cammina sulle acque (sec. XX). Sul pavimento, stemma della famiglia Guzzoni.
In Sagristia, nella volta della seconda saletta, si nota un interessante affresco raffigurante S. Quirino in veste bianca e piviale rosso, che ha ai piedi l'Angioletto con le palme- del martirio e la macina. L'opera è di buona mano del principio del sec. XVII: però si va deteriorando nell'intonaco.
Ritornando in chiesa e proseguendo il giro delle cappelle:
8) SS.ma Trinità con in basso i Santi Girolamo e Francesco, dipinto del novellarese jacopo Borboni (sec. XVII).
9) Madonna col Bambino che appare a S. Luigi Gonzaga, con Angeli; dipinto su tela del sec. XVIII. Nelle pareti laterali, due discreti dipinti rappresentanti S. Ignazio di Lojola e S. Stanislao Kostka. Nell'altare i resti del corpo di S. Clementina. Paliotto con l'immagine della Santa.
10) Altare Zuccardi: S. Martino in contemplazione del Redentore, che è circondato da cherubini. Eccezionale dipinto su tela, di Domenico Ferri (o Feti) (t 1589), a cui fu commesso per la chiesa. L'opera è ancora del periodo romano del suo autore e ne conserva la tonalità cinerea con qualche sprazzo rossastro. E' il più bel dipinto della Basilica. Nel sottoquadro, dipinto rappresentante S. Antonio Abate, opera di Enrico Bertolini (sec. XX).
11) Si veda a sinistra il piccolo monumento funebre al Generale delle truppe Estensi, Agostino Saccozzi, con busto del defunto.
Nel tesoro della Basilica, bel calice d'argento del sec. XVI, con ornati e figure, donato alla chiesa dal Card. Girolamo Bernieri nell'anno 1540. In oltre Croce astile d'argento con nel recto il Crocefisso e alle quattro estremità i SS. Ambrogio, Gregorio, Agostino e Girolamo. Alla base della croce, seduto sulla città di Correggio ed in atto di benedire, il Vescovo S. Quirino; altri simboli e figure. La croce è opera dell'orafo correggese Gian Maria Piamontesi, che la fece nell'anno 1612.
Sempre nel tesoro della Basilica sono conservati vari reliquari, dal sec. XVI al sec. XVIII, calici, ostensori, ecc., fra cui il Braccio di S. Quirino, in argento sbalzato, contenente un osso del braccio del Santo medesimo.
Un altro oggetto assai interessante è un Cofanetto d'osso intagliato e legno, uscito dalla bottega degli Embriachi. Lungo i lati del cofanetto si scorgono lamelle d'osso finemente lavorate con figure, senza si noti un concetto unitario nella loro disposizione, concetto che dovette esistere, ma che si perdette allora che le lamelle vennero confusamente mescolate. Il cofanetto, molto prezioso, venne donato alla Chiesa nell'anno 1467 dalla Contessa Bianca Rangone.
Presso la porta principale della Basilica si nota un monumento a ricordo dei Caduti in Guerra (1915-1918) opera di Enrico Bertolini.
Usciti dalla Chiesa, si osservi, subito a sinistra la TORRE CIVICA, campanaria della Chiesa omonima, ma di proprietà del Comune. Essa fu già baluardo del castello di Correggio e venne eretta da Guido VII da Correggio circa nel 1
assumendo l'aspetto di torre più tardi, al tempo di Manfredo II, nell'anno 1459.
Un recente restauro ha posto in luce i diversi rimaneggiamenti subiti, nel tempo, dalla Torre.
Prima del dominio del predetto Guido, il baluardo delimitava il Castello di Correggio a nord, ed era difeso da un largo fossato che veniva superato da un ponte levatoio appartenente al baluardo stesso. Ma circa un secolo dopo, in occasione dell'ampliamento della cerchia delle mura - cerchia che venne a comprendere, oltre il castello, l'intero abitato cittadino del tempo - il baluardo, perduta la sua funzione di principale strumento difensivo, venne alzato per assumere t'aspetto di torre per l'osservazione e l'offesa.
Nella cella campanaria, oltre le campane della Chiesa, è sito il CAMPANONE CIVICO, fuso nel 1709 dal parmigiano Pietro Bosi, per conto della città di Correggio.
Esso è del diametro di m. 1,53 e del peso di circa 26 quintali. E' finemente istoriato a bassorilievo e reca una iscrizione latina di cui si riporta in lingua italiana il brano principale: Lodo il Dio vero - Chiamo il Clero - Raduno il popolo - Piango i morti - Disperdo le tempeste.
Vuole la tradizione che la fusione della grande campana abbia avuto luogo davanti alla Basilica e che la cittadinanza sia andata a gara nell'offrire, oltre i rami di casa e i piatti di stagno, anche metalli preziosi d'argento e d'oro.
Proseguendo il giro, subito a sinistra si scorge il maestoso PALAZZO DEI PRINCIPI, fastosa dimora costruita da Francesca di Brandeburgo, vedova del Conte Borso da Correggio.
Una lapide-ricordo posta sulla facciata, indica la data del 1507.
Benchè del progetto di costruzione dell'opera non appaia memoria, quasi certamente il palazzo venne eretto su disegno di Biagio Rossetti (1446-1516) il grande architetto ferrarese, perchè la sua impronta ha riscontro sia nella pianta del palazzo che nel suo prospetto. Quest'ultimo è in cotto a vista, con semplici monofore e bifore centinate a rilievo e bella cornice sottotetto. Ha paraste angolari e cornice del primo piano, marmoree, ed un bellissimo portale centinaio, con gli stipiti riccamente decorati a bassorilievo. Il portale è opera di ignoto maestro dell'area di Pietro Lombardo ed appare uno dei più significativi dell'età umanistica.
Gli stipiti del portale - che raffigurano frutta, animali, armi e grottesche - sostengono l'architrave con fregio a leoni alati e festoni, sul quale tre mensoloni reggono l'elegante balcone. Al centro dell'architrave, e cioè nel mezzo dell'arco, è scolpito lo stemma dei da Correggio. In uno degli stipiti è il motto Amicis e nell'altro 7 Fidei. Malgrado varie credute interpretazioni, il senso del motto è ancora sconosciuto.
Sia la facciata del Palazzo che l'interno vennero restaurati dall'arch. Guido Zucchini nel 1925-1927.
All'interno, piccolo atrio con volte a crociera sostenute da capitelli pensili, e due porticine incorniciate in marmo.
Entrando per la porta di sinistra si nota una sala avente un fregio sulle pareti raffigurante amorini che giocano e, nel soffitto, una balaustra con scimmie, pappagalli, uccelli; nelle lunette, figure varie. Si pensa che l'autore degli affreschi sia Antonio Bartolotti degli Ancini, pittore locale di mediocre valore. Gli affreschi vennero dipinti verso l'anno 1525.
Nella sala accanto, destinata alle conferenze. si nota un fregio assai rovinato che reca scritte allusive ai fasti della Casa di Correggio, fregio dipinto nel sec. XVI.
Ritornando nell'atrio, da esso si accede nell'ampio cortile, difeso da un artistico cancello in ferro battuto. Detto cortile è con porticato ad archi su colonne marmoree di ordine composito. Alcuni capitelli recano suggestivi bassorilievi, raffiguranti testine, armi ed oggetti diversi.
Nel piano superiore, ad ovest, le finestre sono centinate con decorazione in cotto e sormontate da altre finestre rettangolari nel secondo piano.
La parte est del Palazzo è di epoca posteriore di circa due secoli, ed attualmente in corso di restauro. Forse in origine il palazzo era aperto
ad oriente e, anzichè cortile, possedeva un giardino che si estendeva ininterrotto sino alle mura.
Sotto il portico si vede un leone accosciato, opera frammentaria di una grande tomba romana .rinvenuta nel territorio correggese. L'iscrizione posta nel basamento G. FUFICIUS HILARIO già facente parte della tomba, forse rammenta il personaggio inumato.
Il modellato sommario del leone, in pietra dura, e i caratteri paleografici dell'iscrizione, suggeriscono la data dell'opera fra il IV ed il V secolo d. C.
Accanto al citato frammento sta un piccolo pezzo d'artiglieria, in ferro (sec. XVI) già facente parte della difesa delle mura.
Nel cortile è posta una Vera da pozzo avente agli angoli quattro larghe foglie, su uno dei lati lo stemma di un Signore da Correggio e nella cornice la sigla di quel Signore (GI. CO. 1507) (Giberto Corrigiae, cioè il conte che sposò in seconde nozze Veronica Gambara). Detta " Vera " era anticamente posta nell'attuale Piazza Garibaldi.
La seconda Vera da pozzo, sita all'angolo est del cortile, più rustica della precedente e con archi di forma irregolare, è quella originaria del Palazzo.
Per il largo scalone sud si accede al piano nobile, già appartamento dei Conti ed indi dei Principi.
Una porta monumentale, incorniciata da fine bassorilievo in pietra tenera, immette nella BIBLIOTECA CIVICA, con annesso museo in fase di trasformazione, museo che raccoglie molte opere d'arte della Città.
Dal Vestibolo si passa alla Sala Magna. E' la più ricca dei Palazzo, provvista di un notevolissimo soffitto a cassettoni, dipinto con decorazioni monocrome e figure grottesche su fondo oggi iscurito.
Lungo le pareti corre un fregio pure monocromo, in cui è raffigurato Nettuno fra Sirene, Ninfe, Grifi e Amorini, che si intrecciano fra le volute del fogliame. Ai lati del fregio sono dipinte 4 tavolette: una contenente la data MDIIIIIII; la seconda, la sigla S.P.Q.R.; la terza Q.C.N.; la quarta un'altra sigla di dubbia interpretazione.
Evidente è il significato di S.P.Q.R., meno certo il Q.C.N., che vorrebbe significare Quis contra nos? (Chi contro di noi, se con noi è l'Imperatore?).
Incerta del tutto è l'interpretazione della quarta sigla. Si è voluto che essa significasse Erexit Francisca de Brandeburgo ed il famoso poliglotta Card. Mezzofanti vi lesse addirittura: E' opera di Antonio Allegri.
Al centro del fregio è dipinto lo stemma di Borso da Correggio e Francesca di Brandeburgo.
L'autore della decorazione è ignoto. Si è fatto il nome di Antonio Allegri, del Bartolotti e di Cesare da Reggio; ma l'autore dei fregio è certamente un eccellente decoratore formatosi nell'arca ferrarese della seconda metà del sec. XV.
Fra le due finestre della Sala trovasi il Camino, in pietra da taglio, con fregio in bassorilievo del sec. XVI, di squisita fattura e che ricorda l'arte del portale esterno. Al centro del fregio stanno due leoni alati che racchiudono la Correggia.
Dalla Sala Magna si passa alla Sala piccola in cui si scorge qualche frammento del soffitto a cassettoni ivi un tempo esistente.
Le opere più pregevoli conservate nella Biblioteca-museo sono costituite dagli ARAZZI, tessuti di non comune interesse.
Essi sono in numero di 12, più quattro candeliere e due frammenti. Gli stessi arredarono originariamente le sale in cui sono oggi conservate. Dai documenti presentati da Quirino Bigi, studioso correggese del secolo scorso, appare che gli arazzi furono tessuti in Correggio dal Fiammingo Rainaldo Duro, con la cooperazione di Conto della Zinella da Trento, Enrico da Lodi e Bartolomeo da Milano. La scuola d'arazzeria fiammingo-italiana avrebbe operato in Correggio nella seconda metà del secolo XV. Ma osservazioni successive di Arturo Pettorelli, riferentisi a confronti con altri arazzi e particolarmente ai costumi delle persone effigiate, assegnano la tessitura degli arazzi alla seconda metà del sec. XVI e alla scuola nettamente fiamminga, anzi brussellese, con esclusione di apporti italiani.
Lo stesso Pettorelli cosi descrive le opere d'arte: " Gli arazzi di Correggio appartengono al genere verzura che comprende caccie, giardini e scene villereccie.
Le caccie - in numero di cinque - si svolgono entro boschi e parchi, popolati di qual che fiera e di selvaggina, le cui piante si diradano per lasciar scorgere ubertose colline lontane, giardini e frutteti, chiese gotiche e castelli turriti. Le azioni venatorie sono assai animate. Vi partecipano cacciatori a piedi e a cavallo, battitori e guardie provviste di corno: i caccia tori a piedi sono muniti di lancie e schioppi e portano alla cintura la fiaschetta della polvere da sparo: non mancano i cinghiali, i lupi e gli orsi che si gettano sui temerari cacciatori, mettendo a dura prova l'aggressività e la difesa dei cani.
Una di queste caccie rappresenta il riposo dopo una battuta, in un convegno signorile al quale sono intervenute tre giovani dame giuntevi in carrozza trainata da focosi cavalli.
Mentre i battitori ancora attendono ai cani ed alla selvaggina uccisa, e i falconieri richiamano i falchi, dopo una lenta colazione sul l'erba, cavalieri e dame, a coppie, si danno sol lazzo con erotici intendimenti e brindano all'amore fra gioiosi canti e suoni di mandole.
Altri arazzi - in numero di sei - ci offrono le visioni di graziosi giardini all'italiana, con siepi di carpini e di bossi, con muriccioli, portici, nicchie, costrutti di vivo verde (ingegnosa opera di architettura topiaria) con basse griglie di legno o con balaustre marmoree, entro le quali si abbarbicano rose e fiori rampicanti, con chioschi architettonici ricoperti di arbusti fioriti: e qua e là disseminati con gusto, alberi frondosi, c fontane, cancellate, statue e vasi; il tutto rappresentato su uno sfondo di colline ove si disegna no macchie di casolari, di templi, di costruzioni fortificate.
Danno vita alle scene, animali domestici (cani, tacchini, anitre, fagiani, pavoni, tartarughe, conigli, aironi, ecc,) e molte figure di donne elegantemente vestite, intente a raccogliere frutta e fiori a tessere idilli con intraprendenti garzoni, con personaggi maturi in costume di guerrieri antichi.
L'ultimo arazzo rappresenta una festa rusticana; davanti a due misere capanne di legno, alcuni contadini stanno allegramente banchettando, mentre su un piccolo spiazzo nel bosco, a sinistra, i più giovani danzano il girotondo come in una Kermesse di David Teniers.
Il tono generale degli arazzi tende al giallo chiaro. Gli sfondi collinosi sono d'un verde tenero con luci bianche, come di neve sulle cime.
Biancori nevosi sembrano rilucere sulle fabbriche lontane, sulle chiese e sui castelli irti di pinnacoli e di guglie. Le frasche abbondanti degli alberi hanno tonalità verde bluastro, talvolta scure, con le parti in luce color giallo chiaro: i piccoli graticci di legno e le griglie sono di color rossastro.
I costumi virili non hanno tinte sgargianti: quelli delle donne sono in rosso chiaro con luci giallette, oppure accoppiano il giallo dei manti con il bleu tenue, quasi sbiadito delle vesti spesso arricchite di gallonature e di ricami.
La tessitura degli arazzi in pura lana è diligente ma non molto fine; è ottenuta con otto fili per centimetro".
Cosi scrive il Pettorelli nella sua opera " Gli Arazzi di Correggio ", pubblicata nel " Bulletin de l'Institut bistorique Belge de Rome - 1936 ".
La Biblioteca-museo raccoglie pure dipinti di qualche interesse, fra cui i seguenti ritratti:
a) Già presunto ritratto di Veronica Gambara, bella opera attribuita a Sante Peranda. Il retro della tela porta la scritta: " Veronica Gambara Principessa di Correggio, 1508, nella sua età di anni 24. Fatto in Brescia". Ma trattasi, in verità dell'immagine di altra Dama, forse quella di Anna Pennoni, consorte di Siro, principessa di Correggio.
b) Cardinale Girolamo da Correggio, figlio della Gambara, dipinto attribuito a Bartolomeo Passerotti e che, come forma e colore, si avvicina all'arte del Morone. In alto porta la scritta: Hieronymus ab Austria Cardinalis - Corrigia S.R.E. -MDLXXL
c) Pellegrino Carisi, di Ignoto, su tela applicata a tavoletta. Notevole dipinto di piccole dimensioni, della fine del sec. XVII.
d) Conte Antonio Arrivabene, Segretario del Principe Siro. Piccola tela della prima metà del sec. XVIL Di buona mano.
e) Domenico Ravicio, medico correggese, dipinto della prima metà dei sec. XVII.
f) Bonifacio Asioli, musicista correggese (1769-1832), dipinto su tela dal di lui nipote Luigi Asioli.
Oltre i ritratti, i dipinti più notevoli sono i seguenti:
g) Sacra Famiglia e due angeli, dipinto su tela attribuito a Giulio Cesare Amidano (sec. XVI).
h) Ecce Homo, dipinto del sec. XVII, prossimo all'arte di Luigi Cardi detto il Cigoli.
i) Sposalizio di S. Caterina, su tavoletta, di Scuola Venera della prima metà del sec. XVI, attribuibile a Bonifacio de' Pitati.
l) Visitazione di Santa Elisabetta, opera di Girolamo Donnini, sec. XVIII. E' di piccole dimensioni e costituisce il bozzetto dell'altra " Visitazione " collocata nella Chiesa di S. Sebastiano.
m) Pianta della Città di Correggio, del sec. XVII. Interessante dipinto di valore soprattutto storico, di ignoto autore. In alto è raffigurato S. Quirino, protettore della città, con la Madonna ed il Divin Fanciullo. Un putto regge lo stemma dei da Correggio ed una fascia con la scritta latina: Accipe et. accingere hec. Est. Tua Corrigia Sijre, scritta allusiva alla leggenda Gibertina.
n) Madonna col Bambino di derivazione Carraccesca (Sec. XVII).
o) Riposo nella fuga in Egitto, copia del dipinto del Correggio, compiuta dal Boulanger. E' questa la copia lasciata a Correggio, dopo che il Duca di Modena si era preso l'originale.
p) Cena in Emmaus, bel lavoro del correggese Giovanni Giaroli (sec. XIX), d'ispirazione malatestiana.
q) Antiope, sanguigna di derivazione correggesca.
Di Adeodato Malatesta sono tre disegni a pastello, e di Enrico Montessori vari lavori ad olio ed acqueforti.
Si notano pure i seguenti dipinti, aventi interesse storico od iconografico: ritratti del Principe Siro; del Conte Camillo da Correggio; Francesco Guzzoni: Vescovo Borso Merli; Canonico Torricelli; Marcello Donati; Veroni; Zuccardi Grassi; Card. Girolamo Bernieri; vari membri della Famiglia Zuccardi; Luigi Asioli; l'Allegri; numerose tele in parte riproducenti dipinti del Correggio, come di altri autori; scene di genere ed un bronzo di Vincenzo Vela raffigurante Dante Alighieri.
Nella collezione sono conservati un centinaio di dipinti della pittrice correggese " Marianna Ruffini", di cui 20 originali della pittrice, comprendenti due autoritratti, figure, fiori e composizioni varie. Altri lavori sono copie di dipinti esistenti nella Galleria degli Uffizi di Firenze.
In bianco e nero sono da annoverare alcune belle stampe dei correggesi " Samuele Jesi ", " Giuseppe Asioli ", " Francesco Redenti ", nonchè altri disegni, litografie ed infine numerose stampe tratte dai dipinti di Antonio Allegri.
Un interessante busto in marmo raffigura Francesco IV, Duca di Modena, in toga romana. Un secondo busto, in cotto verniciato, rammenta l'effigie di Antonio Correggio, rettore di Villa S. Martino, Fu creduto, o fatto credere, un busto dell'Allegri e nell'incavo posteriore di cotto portò racchiuse presunte ossa del Maestro.
Nelle belle sale si notano altri lavori di minore interesse quali incisioni, litografie e fotografie di dipinti correggesi.
La biblioteca, a motivo della ricca collezione libraria, è molto importante e può venire annoverata fra le principali della regione emiliana. La collezione, dalle lontane origini, venne lentamente formandosi.
Sino dal sec. XVIII era custodita nel Palazzo del Comune una raccolta di antichi volumi e nel 1818 doveva già esistere una regolare biblioteca, perchè un " Regolamento per la Biblioteca Comunale di Correggio " è datato 24 gennaio dell'anno predetto.
Nel 1870 veniva aperta a Correggio una "biblioteca Classica", unendo all'antica raccolta quella già posseduta dai Padri Scolopi dei locale Collegio. Nel medesimo tempo veniva aperta al pubblico una "Biblioteca Popolare Circolante".
Le due biblioteche furono allogate nell'exConvento di S. Francesco. -
Nell'anno 1926 esse passavano nell'attuale sede del Palazzo dei Principi, arricchire dall'importante fondo già appartenente al sacerdote Don Carlo Cattania.
Si compiva indi l'ordinamento e la collocazione delle opere, unificando i tre fondi. L'attuale biblioteca Civica veniva aperta al pubblico nell'anno 1930, sotto la direzione di Riccardo Finzi.
La biblioteca è dotata di fondi annuali da parte del Comune, sottoposta Ala tutela della Soprintendenza Bibliografica Statale ed ammessa al prestito reciproco con le consorelle governative.
Comprende circa 50.000 volumi ed un Archivio di Memorie Patrie. Sono poi alla dipendenza della biblioteca -- conservati al piano superiore - l'Archivio Storico Comunale, nonchè l'archivio Storico Notarile di Correggio, Solo quest'ultimo possiede non meno di 180.000 atti.
La Biblioteca è fornita di moderni cataloghi per autori e soggetti, nonchè di cataloghi speciali.
La suppellettile libraria è assai ricca di incunaboli, cinquecentini, libri figurati e di pregio, atlanti e diverse e comprende enciclopedie, dizionari ed altre opere di consultazione, moderni e perfettamente aggiornati. Comprende inoltre opere contemporanee di letteratura italiana e straniera.
Collezioni speciali, quali: musica asioliana e dell'ottocento, carte geografiche, incisioni di scene teatrali, opere di medicina, religione ed altre riguardanti il Correggio, la famiglia Asioli, come pure album ecc. sono provenienti da vari lasciti di privati, succedutisi nel tempo. Fra i generosi donatori sono da rammentarsi i seguenti, od in loro memoria: Dott. Ernesto Setti, Dott. Vincenzo Magnanini, Società Reduci Patrie battaglie, Prev. D. Rozzi, Avv. Curbonieri, Don Carlo Cattania (lascito il più cospicuo), Dott. Pietro Ruffini, Giuseppe Zuccardi, Riccardo Finzi, M.o Francesco Sologni, Maria Asioli.
Gli archivi sono forniti di cataloghi sommari a libro, aggiornati.
L'archivio di Memorie Patrie, che è il più importante per interesse, contiene documenti cartacci e pergamenacei (questi ultimi in più di cinquecento esemplari) dalla fine del sec. XIV al sec. XIX. Esso è raccolto in circa 200 grandi cartelle ed altre cartellette sparse.
In esse si notano documenti e lettere della Contea e del Principato, come di autorità civili e religiose, di chiese ed istituti cittadini. Ivi sono raccolti pure interessanti carteggi.
Fra quanto è conservato nell'archivio si notano lettere di Cristina ed Amedeo di Savoia, dei Duchi Estensi, di Veronica Gambara, dei Signori di Novellara, Sabbioneta, Mirandola ecc., nonchè gli autografi di molti Signori da Correggio. Fra il carteggio di illustri, si notano lettere del Tiraboschi, Antonio Scarpa, Lorenzo Magalotti, Antonio Magliabechi, Delagrange, Rosa, ecc. Nell'archivio della biblioteca sono poi conservati registri e documenti riguardanti i soppressi conventi di S. Francesco, S. Domenico, S. Chiara, nonchè dei Padri delle Scuole Pie.
Nella " Sala lunga " sono collocate bacheche a vetro per esposizioni, mappamondi, alabarde e la spinetta che appartenne a Bonifazio Asioli. Qui è conservata anche una piccola raccolta di monete della zecca di Correggio.
Usciti dal Palazzo si giri a sinistra, svoltando poco dopo in Via Contarelli. Il palazzo omonimo, di belle e severe forme, assai spazioso, venne eretto nel sec. XIX su progetto dell'arch. Francesco Forti, coi fondi della munifica Caterina Contarelli, che alla sua morte ivi volle fondare e dotare un collegio femminile per orfane.
Nell'interno si nota un interessante cortile a porticati sovrapposti. Negli uffici è conservato un notevole dipinto di ANDREA MANTEGNA, Il Redentore, eseguito nel 1493, di assai suggestiva espressione. Il Redentore è effigiato di fronte, con forza incisiva. Nel volto asimmetrico, lo sguardo riassume dolcezza e dolore. Quasi certamente il dipinto fece parte della collezione del Principe Siro, passò indi alla Nobile famiglia Contarelli e di qui all'ultima discendente Caterina che lasciava il suo cospicuo patrimonio alla Congregazione di Carità di Correggio. La Congregazione vendeva il dipinto, con altre tele, per una somma irrisoria. Scoperto il, valore del " Redentore " a seguito di un restauro, la tela veniva attribuita al Mantegna dai critici d'arte Frizzoni, Pogliaghi e Ricci. Nell'anno 1917, con sentenza dei Tribunale di Modena, il quadro tornava in possesso dell'Ente proprietario.
Sempre negli uffici è conservato un altro dipinto notevole: Madonna col bambino e i santi Rocco e Sebastiano, attribuito al ferrarese Domenico Panetti (? - 1513). Il restauro effettuato in questi ultimi anni " gli ha ridato il suo tono originale, madreperlaceo nel cielo e nell'incarnato, profondo e vellutato nei rossi e nei blu ... prezioso nei ricami d'oro e nei gioielli ... " (A. Quintavalle).
La Congregazione di Carità, oggi denominata "Opere Pie Riunite ", possiede nello stesso orfanotrofio, istituto denominato " Conservatorio Contarelli", mobili antichi di un certo pregio ed altre opere d'arte, se pure di minore interesse, quali: nature morte, ritratti allegorici, dipinti a soggetto figurativo e paesistico, disegni a carboncino ed incisioni.
Usciti dal palazzo si osservi il GIARDINO PUBBLICO e, tornati sul Corso, il TEATRO MUNICIPALE, dedicato a Bonifazio Asioli, elegante edificio di stile neoclassico, costruito su progetto dell'ing. Aimi nel 1890-1898 sulle rovine causate da un incendio di altro precedente teatro eretto dall'arch. Francesco Forti.
Il teatro si compone di due ampi atrii, una bella sala a ferro di cavallo - assai armoniosa e di un profondo palcoscenico.
Nel secondo atrio sono collocate due lapidi marmoree a ricordo dei musicisti correggesi Bonifazio Asioli e Claudio Merulo.
Il teatro ha tre ordini di palchi, comprendenti 60 palchetti ed il palco reale e, superiormente, una loggia.
La volta della loggia, decorata riccamente, è opera del reggiano prof. Giulio Ferrari; le altre decorazioni, pure di pregio artistico, vennero dipinte da G. Ponga.
Proseguendo il giro, oltrepassata la Via del Giardino, si osservi il palazzo contiguo, di proprietà Cagarelli, che fu già Palazzo Vecchio entro il Castello dei Signori da Correggio, sino da lontane origini, ed indi passò alle Monache dei Corpus Domini, che lo trasformarono in Convento. Dopo altri passaggi nel 1783 per volontà Ducale venne incamerato dall'Opera Generale dei Poveri di Modena. Espropriato nel 1798 dal Governo Repubblicano, passò infine a proprietà privata. L'attuale assetto gli venne dato verso la metà del sec. XIX.
Oltre il palazzo, a pochi metri, si nota il Carcere Mandamentale, parziale ricostruzione ottocentesca della preesistente Rocchetta, demolita nella seconda metà del sec. XIX, di cui si scorgono ancora, nel retro del carcere, alcuni merli, frammenti di beccatelli con archetti e decorazioni in cotto.
Detta Rocchetta venne costruita nella seconda metà dei sec. XIV, come forte interno di difesa, per opera del già nominato Guido VII da Correggio.
Il Tiraboschi, nel suo "Dizionario topografico-storico degli Stati Estensi ", la denomina Rocca Nuova, per distinguerla dalla Rocca Vecchia, di cui ai suoi tempi non rimanevano che il nome e qualche vestigia.
Si attraversi il Corso Cavour e si imbocchi Via del Carmine, suggestiva stradetta in curva, in leggera discesa, fiancheggiante il tetro e massiccio Convento delle Monache Cappuccine. Al termine della via, si osservi a sinistra il fabbricato sormontato da cupola ottagonale. Trattasi dell'ex-chiesa e convento dei Carmelitani. Subito a destra, in Via Filatoio e facendo angolo con Via del Carmine, si affaccia la CHIESA DI S. CHIARA.
Essa venne eretta nell'anno 1666 dalla Confraternita della SS.ma Trinità ed oggi appartiene alle Monache Cappuccine, insieme all'annesso Convento.
Già nel 1605 alcune pie donne, Terziarie Francescane, si unirono per condurre vita comune nella casa di una delle devote. Molto più tardi, essendo il loro numero aumentato, le fedeli acquistavano alcune case dirupate poste in Via del Carmine, corredate a nord da una zona ortiva, zona confinante con la Chiesa della SS.ma Trinità. Le consorelle riparavano i guasti della casa ed adattavano le costruzioni ad uso conventuale, costruendo fra l'altro la cappella interna per l'ufficiatura privata.
Nel 1700 esse si stabilirono nel fabbricato ch'era stato in parte edificato di nuovo ed il Vescovo di Reggio, su domanda delle pie donne, approvava la Congregazione e lo stabilirsi del convento. Undici anni dopo le monache accettavano la regola di S. Chiara e pare che a quel tempo fossero già sottoposte alla clausura.
Nell'anno 1740 il Duca di Modena assegnava alle monache la chiesa ed i beni della Confraternita della SS.ma Trinità. Le monache restauravano
la chiesa - che fu sempre continua al monastero - ne edificavano una parte di nuovo, in modo da poter partecipare ai Divini Uffizi senza uscire dal convento. e dedicavano il tempio a S. Chiara.
Nell'anno 1810, a seguito della soppressione degli ordini religiosi, le sorelle furono allontanate da Correggio ed i loro beni vennero confiscati.
Quattordici anni dopo, la chiesa fu ancora una volta interamente restaurata, come venne rinnovato ed ampliato il monastero. Ciò allo scopo di ospitare le Monache Cappuccine dell'ex-convento di Spilamberto, che vi entrarono solennemente il I settembre 1825.
La legge del 1866 avocò allo Stato i beni delle Conventuali. Queste però non si mossero dalla loro sede e nel 1887, a rogito Cattania, riacquistavano il convento.
Nel presente secolo venne aperta nel convento una scuola elementare privata, curata dalle monache; e negli ultimi anni, per interessamento cittadino e pie offerte, lavori di ammodernamento vennero compiuti nella scuola ed in vari locali del convento.
La facciata della chiesa è ondulata, alla Borromini, con superiore frontone triangolare. L'interno è di forma ovale con piccola abside e due cappelle laterali.
Una bella trabeazione che corre tutt'intorno alle pareti è retta da colonne ioniche abbinate, con capitelli ornati da festoni. Sopra la trabeazione, paraste pure abbinate, sorreggono simbolicamente la cupola. Fra le coppie di paraste stanno nicchie con statue, in stucco, di Santi.
L'altare maggiore è ornato da una copia del " S. Girolamo " del Correggio, opera di Giovanni Giaroli.
Nelle due cappelle laterali si notano due dipinti di scarso interesse.
Usciti dalla chiesa, si percorra Via Cairoli, in direzione ovest, rasentando l'orto dell'ex-convento di S. Francesco.
Giunti nella piazzetta facente angolo con Via Azzo da Correggio si osservi il complesso formato dalla CHIESA DI S. FRANCESCO col suo caratteristico Campanile. Quest'ultimo è a base quadrata e cuspide poligonale, in cui si aprono quattro finestre archiacute.
La torre pende a motivo di cedimento del terreno. Nel 1708 lo strapiombo era di circa m. 1,50. Dopo il terremoto del 1832, che la danneggiò fortemente, essa venne restaurata e fortemente rafforzata con speroni.
Si percorrano indi pochi passi e si entri nel tempio. La costruzione dell'attuale chiesa di S. Francesco aveva inizio nel 1469 per opera del Conte
Manfredo Il da Correggio e della di lui moglie, Contessa Agnese Pio.
Costruita la cappella grande e le laterali, la fabbrica veniva interrotta. Ripresa nel 1475 da tal Magistrelli di S. Martino in Rio, la costruzione aveva termine nel 1484. Nel 1446 si procedeva all'erezione dell'omonimo Convento, ultimato poi circa un secolo dopo.
La chiesa subiva vari rimaneggiamenti in epoche successive, mentre le cappelle laterali venivano edificate nel 1647. Nel 1926 il tempio veniva restaurato nella parte interna, per opera del prof. Enrico Bertolini.
In quanto al vicino convento, esso fu rifatto nel 1760 secondo il progetto dell'arch. Francesco Cipriano Forti e lasciato incompiuto, malgrado i lavori venissero ripresi nel sec. XIX, su progetto di altro Forti. Attualmente l'ex-convento è adibito a scuole elementari.
Il campanile della chiesa è certamente anteriore al tempio attuale. Facilmente esso veniva eretto nell'anno 1420, per volontà di Giberto VIII da Correggio, assieme ad altra chiesa dedicata a S. Francesco.
Notizia sicura di tal costruzione ci è data dal rogito del notaio Balbi, in data 4 novembre 1446, in cui appare che tal Pietro Austoni Mazzucchi aveva costruita la chiesa. Essa veniva poi demolita per far posto al tempio attuale.
Nel fianco nord del campanile sono tuttora visibili traccie della chiesa che precedentemente vi si appoggiava.
Le memorie cittadine ci informano che nell'anno 1423 S. Bernardino predicò nella chiesa primitiva e che il pulpito marmoreo, ornato della sigla del Santo, che trovavasi nel tempio, fu fatto fare dal Santo medesimo colle elemosine dei correggesi.
Nella Cappella della Concezione è murata una lapide tombale in marmo rosso, già facente parte del sepolcro di Giberto VIII, ornata da una iscrizione già riportata in un precedente capitolo e di cui è data la seguente traduzione: " Giberto, uomo pio e giusto che, fondatore di questo tempio, già famoso nel mondo per le sue azioni di guerra, Conte di Correggio, giace coperto da questo manto ".
Passiamo ora a descrivere l'attuale tempio.
La facciata, francescana, è divisa in tre parti da lesene esterne, con archi su capitelli pensili, rosone centrale e portale centinaio in pietra a vista.
Sia sulla facciata che sui fianchi corre un fregio in cotto formato da conchiglie poggianti su mensoline.
L'interno, assai armonico, è a tre navate di forme ogivali quattrocentesche, con cappelle laterali seicentesche.
Le navate, rette da pilastri tondi capitellati, sono coperte da volte a crocera, esse pure ogivali, con nervature partenti da altri pilastri compositi.
L'abside è ad ombrello e, all'inizio del Presbiterio, quattro capitelli figurati, scolpiti a bassorilievo, contengono putti che reggono gli stemmi di Manfredo Il e di sua moglie Agnese di Marco Pio, e la correggia. Nei listelli di essi si leggono le seguenti iscrizioni: Manfredus-Agnes 1470 -Manfredus de Corigia - Agnes de Corigia fecit fieri.
I capitelli, ornati da putti, scolpiti da tal Antonio da Reggio, sono interessanti malgrado la loro primitività di forme.
Nei costoloni della volta e intorno al rosone, sono affrescati ornati quattrocenteschi, su fondo verde, posti in luce nei restauri del 1926.
In origine la chiesa aveva solo tre cappelle, mentre gli altari erano tutti a pari muro.
Le finestre barocche aperte nel corpo centrale della chiesa e nelle cappelle, risalgono al sec. XVIII.
Per molti anni ebbero posto nel tempio le bandiere strappate dai correggesi ai mussulmani durante la battaglia navale di Lepanto.
Il tempio fu ornato da due dipinti di Antonio Allegri. Il primo, rappresentava la Madonna di S. Francesco ed è attualmente a Dresda; il secondo, Il riposo nella fuga in Egitto è ora agli Uffizi di Firenze.
Ambedue i dipinti furono sottratti alla chiesa dal Duca Francesco 1, nell'anno 1638. Il Riposo nella fuga in Egitto venne sostituito da una copia,
fatta fare dal Boulanger dal Duca stesso. La copia è oggi conservata nella Biblioteca-museo di Correggio.
Si passi ad esaminare le Cappelle più notevoli del tempio, cominciando dalla destra dell'ingresso principale:
II Cappella: contiene il miglior dipinto della chiesa: S. Bernardino che risana lo storpio, opera insigne di Mattia Preti, detto il Calabrese. In primo piano si nota S. Bernardino, seguito da due confratelli, che mostra allo storpio una tavoletta con il monogramma della propria regola I. H. S. Accanto allo storpio, un giovane si trascina per invocare aiuto. In fondo, tre donne che assistono alla pietosa scena.
Si vuole che il quadro sia stato dipinto fra l'anno 1644 e il 1650, al tempo in cui l'artista lavorava nel Ducato di Modena.
IV Cappella: è interessante particolarmente dal lato storico. In essa si vede lo stemma dei Colleoni e di contro una iscrizione dipinta sul muro, ricordante l'erezione della Cappella, avvenuta nel 1475 per opera di Cassandra Colleoni, sposa a Niccolò detto il Postumo. Cassandra era figlia di Bartolomeo Colleoni, Generale della Repubblica Venera.
Delle cappelle di sinistra, nella prima si nota un dipinto su tela, della seconda metà del sec. XVII, raffigurante " S. Lucia ", incatenata, ed il carnefice, mentre dal cielo scendono angeli portanti corone.
Nella cappella seguente si vede il dipinto con " Quattro Santi ", copia arbitraria e di dimensioni maggiori, del quadro dipinto dall'Allegri intorno al 1514, e che ornò in Correggio la Chiesa della Misericordia.
Nella parete d'ingresso, oltre a dipinti di scarso interesse, si notano: al centro, una Crocefissione (forse opera di Giuseppe Capretti) su tela, della fine del sec. XVI. A destra dell'ingresso, un Re in ermellino seguito dalla corte, che rinuncia ad un Vescovo la sua corona: discreto dipinto della seconda metà del sec. XVI.
A sinistra, un affresco in cattive condizioni, figurante S. Lucia, d'intonazione peruginesca, ma di scuola locale, dipinto della fine del sec. XV.
Nella sagrestia è conservata una Edicoletta in legno di ignoto lombardo della seconda metà del sec. XV. Essa è con pannelli ornati - nell'interno e nell'esterno - dalle immagini di vari Santi.
Si esca dalla chiesa attraverso la porta laterale. Nel piccolo atrio, a sinistra, lapide a ricordo dei prof. Enrico Bertolini.
Sotto il portico pubblico, fra l'ingresso alla
chiesa e quello dell'ex-convento, si notano varie lapidi, fra cui alcune di notevole interesse.
A destra, in alto, una iscrizione su marmo sormontata da tavolozza, pennelli e compasso, è del seguente tenore:
D.O.M. ANTONIO ALLEGRI CIVI VULGO IL CORREGGIO ARTE PICTURE HABITU PROBITATIS EXIMIO MONUM. HOC. POSUIT HIER. CONTI. CONCIVIS SICCINE SEPARAS AMARA MORS OBIIT ANNO
ETAT. 40 SAL. 1534
L'iscrizione veniva posta sulla tomba del Correggio nel sec. XVII dal correggese Girolamo Conti, a memoria di tanto artista.
Molto più tardi, a seguito della ricostruzione del convento, la lapide veniva rimossa e collocata a poca distanza, nel luogo ove oggi si trova.
Vicino alla lapide si nota un monumento in marmo, con candeliere finemente ornate a basso-
rilievo e figuranti spoglie e trofei d'armi. Esso rammenta " Ercole Macone Córso " e fu tratto dall'interno della chiesa in un'epoca imprecisata. Nella parte superiore del monumento è scolpito lo stemma del Córso: un braccio la cui mano impugna una spada nell'atto di fendere un monte.
L'epigrafe latina, dettata da Rinaldo, figlio di Ercole, è stata cosi interpretata dal prof. Luigi Arata:
Alla memoria di Ercole Macone Corso
Figlio di Rinaldo
Prefetto designato della Coorte Tribunicia
che in lunghe perigliose imprese riportate in pieno petto ben trentacinque ferite
assalendo da ultimo al servizio di Venezia la città di Cremona
cadde colpito da una archibugiata superate ormai le mura battute dalle artiglierie.
Uomo insegne non meno per rettitudine che fortezza d'animo.
Mori in età di XLIV anni nel MDXXVI il giorno in cui Santa Madre Chiesa festeggia
l'Assunzione della Vergine al cielo. Il figlio Rinaldo pose. Fincbè mi fu dato vivere vissi quando è bello morire muoio.
Sopra il monumento si nota un marmo ricordante Isidoro Magnanini, diplomatico che svolse la sua opera fra il XVII ed il XVIII secolo e fu segretario del Re di Polonia e Canonico di Varsavia, morto nel 1738.
Più a destra sono altre lapidi, tolte dall'interno della chiesa e già ornanti le tombe di Nicolò da Correggio, sacerdote; Giuseppe Merli, studioso di pittura e architettura; Rizio Merli, dottore in legge.
Di fianco all'ingresso della chiesa è murato uno stemma in marmo bianco, raffigurante la testa di un cane, con * collare ed anello al collo.
Detta testa esce da una corona regia che cinge l'elmo circondato di piume. Sotto appare lo scudo, traversato orizzontalmente dalla correggia. A sinistra, in alto, in caratteri gotici, è scolpita la lettera G. fermata da un punto e a destra appare altra parola abbreviata. L'iscrizione vorrebbe significare: Giberto praedicto.
Detto stemma appartenne a Giberto IV da Correggio ed è un frammento del monumento un tempo esistente in S. Francesco.
Si riprenda il giro percorrendo il portico, che ha andamento curvilineo, oltrepassando la vista di Corso Mazzini e Piazza Garibaldi. Indi, dopo una svolta ad angolo retto, si sosti sotto il Palazzo Cattini, che fu detto " BANCA DELLA RAGIONE ", perchè ivi si amministrava la giustizia. Il palazzo è del sec. XVI, ma venne quasi interamente rifatto nel sec. XIX. Stando sotto il portico, vista del Corso Mazzini, di Via Montepegni e dello stretto spazio in cui, a nord, è ridotto il Corso.
In alto, sul muro, si osservi un affresco di Bonifazio Fantini, affresco in cattivo stato di conservazione, raffigurante una " Scena della Passione di Cristo ". La scena venne dipinta nel 1617, come monito a coloro che, nel palazzo, dovevano rendere giustizia.
Uscendo dal portico, si osservi il MONUMENTO Al CADUTI, opera insigne di Leonardo Bistolfi, che scolpi il marmo nel 1921-1923.
La scultura rappresenta una Vittoria Alata che raccoglie la fiaccola. Ai due lati della statua, il nome dei caduti nella guerra '15218 ed in altre guerre.
In alto, sopra la facciata del palazzo, è collocato l'orologio pubblico già prima nominato.