Luciano Parmiggiani
La logica cartografica correggese
Mille Annni - Lo sviluppo urbanistico a Correggio dalle origini agli inizi del XX secolo

Quando si utilizzano le fonti cartografiche bisogna usare molta cautela. Fonte "volontaria" per antonomasia, la cartografia urbana è "modellata" secondo gli interessi e la cultura dei rispettivi cartografi e committenti. Ogni elemento che la caratterizza (scala, orientamento, angolatura dell'immagine, disegno degli oggetti urbani) non è mai casuale e costituisce un patrimonio di informazioni ben precise. Per quanto riguarda Correggio il dato più semplice e più eloquente da sottolineare è la scarsa riproduzione, nel corso dei secoli, della sua immagine urbana. Se da un lato non possiamo scartare l'eventualità della perdita di alcune carte, mancando l'archivio signorile dei da Correggio, dall'altro permane questa scarsità anche per quei secoli molto più ricchi di documenti. Le prime immagini urbane prodotte hanno avuto generalmente una precisa funzione politica e militare: conoscere come è fatta una città. Nel secolo XVIII nasce l'imposizione catastale e con essa l'esigenza di una cartografia topografica rigorosamente zenitale e rilevatrice dei confini delle proprietà private. Esistono poi dal secolo XVI riproduzioni contestuali a viaggi o ad erudizioni storico architettoniche e mostra dei patrimoni monumentali. Questi sono sommariamente i motivi che inducono alla produzione cartografica; confrontiamoci ora con l'iconografia della città di Correggio. Correggio conosce il suo massimo splendore politico, culturale e artistico nel Rinascimento: era però una piccola corte padana inserita nel gioco politico e strategico dei grandi Stati. In questo periodo sono soprattutto i grandi Stati Regionali a disegnare piante delle città di loro diretta appartenenza. L'assenza di carte attorno alla metà dei '500 per Correggio è dimostrata da quella frase di Rinaldo Corso nel suo "Ordine dell'edilizia", in cui si afferma che sarebbe stato opportuno disegnare una carta della città (non sappiamo poi se la carta auspicata venne effettivamente eseguita). Nella seconda metà del '500 fu redatta una carta dei territorio correggese (vedi la carta C1 della cartografia storica). Probabilmente ciò fu motivato dall'esistenza di contrasti ereditari fra i da Correggio, sui quali fecero leva attori politici esterni molto importanti (Spagna, Impero, Estensi), per entrare nel gioco con scopi egemonici. La preferenza nel rappresentare, anziché la città, il territorio della contea in modo tra l'altro molto vago e a scala piuttosto piccola, preoccupandosi principalmente di evidenziare in quale regione essa era collocata può anche significare un interesse più per il valore economico e strategico della contea (agricoltura, corsi d'acqua come vie di comunicazione, posizione strategica) che per quello della città (sappiamo della sua scarsa attività artigianale e commerciale).

In sostanza per tutto il '500 non disponiamo di immagini urbane se si eccettua quella a carattere simbolico dell'Allegri dei 1511, in cui i santi patroni tengono in mano la città. Solo coi primi dei '600 Correggio può specchiarsi in sue riproduzioni. Il Principato attraversava in quel periodo una crisi molto profonda e il Principe Siro, con la sua debolezza, ne stava mettendo in pericolo l'autonomia; contemporaneamente si facevano più agguerriti i diversi pretendenti. La dedica a Siro e l'esortazione a tenersi Correggio che appare nel quadro dedicato a Siro (vedi la carta A1) ci svela l'intento quasi simbolico di quella pianta, un invito a considerare le bellezze artistiche della città. Tali bellezze sono meglio evidenziate inclinando l'abitato, allargando oltre il normale le strade, torcendo la disposizione di alcuni edifici, fissando l'orientamento da ovest (per vedere le facciate dei palazzi dei Signore e delle chiese più importanti). 1635: Correggio entra nel Ducato Estense. Per gli Estensi ciò che conta di Correggio sono le sue mura e la sua capacità di costituire un punto militarmente valido e strategicamente importante per i conflitti in cui si trovava coinvolto il Ducato. L'arretratezza amministrativa e istituzionale del Ducato, che le fasi più o meno lunghe di conflitti militari non risolsero di certo, indusse a questa scarsa considerazione della città. Se poi aggiungiamo che per gran parte del '600 si registrò a Correggio un blocco degli investimenti edilizi, indubbiamente dovuto a una crisi demografica ed economica, comprendiamo perché durante tutto questo secolo e per il primo cinquantennio di quello successivo di Correggio vengono rappresentate solo le mura e la città scompare dalle carte. Ma scompare anche l'esterno: Correggio diventa macchina da guerra. In questa fase l'orientamento della carta non ha grossa rilevanza; nulla dentro e fuori merita di essere rappresentato (a parte la Rocchetta dove alloggiavano gli Spagnoli). Gli unici dati che interessano sono l'ubicazione delle Porte di accesso (chiamate con riferimenti geografici come "di Modena" e "di Reggio" oppure "di sopra" e "di sotto" e non con i loro veri nomi) e dei baluardi. E per avere una cognizione esatta della forma e degli elementi difensivi della cinta (essenziale per regolare la disposizione dell'artiglieria di difesa) la pianta doveva essere disegnata con criteri rigorosamente zenitali. Una volta completati i frequenti lavori di ristrutturazione delle fortificazioni in occasione delle varie guerre, il Duca di Modena abdicò al ruolo di committente di piante. Nei periodi di pace Correggio, per gli Estensi, non meritò nessuna rappresentazione. Nel '700 è assente per Correggio una cartografia di viaggio o di erudizione storico architettonica. I viaggiatori, anche stranieri, che visitano le città emiliane, si fermano a Correggio solo brevemente e nei loro diari di viaggio la città è menzionata soprattutto per aver dato i natali ad Antonio Allegri. Latitanti gli Estensi, gli unici a produrre una carta della città sono proprio i Correggesi. Ma lo fanno con una impostazione e una metodologia tali da costituire un esempio piuttosto negativo delle modalità di rappresentazione urbana in quell'epoca (è la carta n° A3). La città dopo più di un secolo e mezzo ricompare ma quasi non la si riconosce, non perché siano avvenute rivoluzioni nell'assetto urbanistico e viario, ma perché ciò che si nota non sono vie e isolati, ma linee rette, spezzate, figure geometriche. Prevale il gusto per la geometrizzazione di tutto, ogni curva o sinuosità non compare.

E' la carta di Correggio dove lo spirito di astrazione è più ostentato: i portici sono tutti uguali, le chiese si individuano solo dal segno curvato richiamante l'abside; il segno geometrico sostituisce il segno disegnato e da questo momento in poi scompare per sempre nelle carte il vero valore paesistico e architettonico di Correggio. Da ciò che sappiamo su Correggio, non risulta che gli Estensi abbiano costituito catasti urbani tali da indurre a nominare un'equipe di cartografi e tecnici coi compito di rilevare le città dei ducato, almeno fino all'Ottocento. L interessante notare come molte carte rappresentino la città come se fosse sospesa nel nulla, come se all'esterno delle mura ci fosse il vuoto, l'ignoto. L annullato qualsiasi rapporto visivo fra campagna, o agglomerati urbani circostanti, e città. Invece sappiamo bene quanto fosse consistente e vitale il cordone ombelicale che legava Correggio con la campagna; la città non avrebbe retto un sol giorno senza questo continuo travaso di ricchezze agricole verso il centro. Ma la cultura cittadina urbanocentrica era già egemone da un po' di tempo: con questo stacco netto fra città e dintorni si vuole sottolineare (non importa se l'azione è volontaria o inconscia) la differenza qualitativa, la rottura fra dentro e fuori; le mura a questo punto non sono solo un mezzo di difesa, ma segnano il confine fra un ordine sociale, politico ed economico ed un altro, fra un mondo e un altro. Nel 1826 invece viene redatta una carta (A4) che riporta anche il suburbio (in modo preciso e fedele). Questa volta è il Ducato che s'incarica dell'esecuzione (il tenente Araldi del Genio Militare). Si potrebbe supporre che gli Estensi stessero facendo una ricognizione cartografica di tutte le città di loro appartenenza e che a Modena, per ragioni militari, interessasse anche il contado (non tanto dal punto di vista economico ma in quanto teatro di eventuali manovre armate). Si arriva in sostanza alla fine dell'Ottocento, in cui furono eseguite esclusivamente piante commissionate dal Comune al fine di predisporre quegli interventi urbanistici che diventano caratteristici un po' di tutte le città in quell'epoca: abbassamento di mura con sistemazione di viali alberati e nuovi piani viari per gli accessi alla stazione ferroviaria. Carte, quindi, tematiche che illustrano solo una parte della città, quella interessata dall'intervento, oltre le mura, le aree e gli edifici pubblici della Ducal Camera; in pratica il cervello della città. ln sostanza, le carte di Correggio sono poche per diverse ragioni: Stato debole, poco interessato (se non militarmente) e incapace di una politica efficiente verso le comunità; carenza di modifiche consistenti dell'assetto urbanistico (dalla seconda metà del '500 in poi), eccetto l'area dell'attuale Convitto e quella sud
est, quasi tutta di proprietà pubblica; scarsa considerazione della città da parte dei viaggiatori e degli eruditi. Il segno socialmente agricolo della città, la scarsa spinta economica e quindi edilizia (rispetto ai grossi centri) ha salvaguardato in larga parte la fisionomia dei centro storico di Correggio. La demolizione della Rocchetta e delle mura sono gli unici interventi demolitori di un certo rilievo che hanno modificato la scena urbana correggese. In sostanza, una serie di elementi frenanti per la crescita della città (una certa chiusura, uno sviluppo economico, non dirompente, almeno sino ai primi dei '900, una posizione decentrata rispetto alle grandi vie di comunicazione), hanno determinato per gran parte il mantenimento della sua memoria urbana.