Gabriele Fabbrici | |
Appunti sulla storia del territorio correggese | |
Mille Annni - Lo sviluppo urbanistico a Correggio dalle origini agli inizi del XX secolo |
In alcuni dei suoi saggi più recenti, Corrado Corradini, ha precisato, alla luce di considerazioni fortemente documentate, una cronologia che scandisce la storia del territorio correggese in tre grandi periodi che rispecchiano altrettante profonde trasformazioni politico
istituzionali, nonchè territoriali. Il primo di questi periodi va dal IX secolo al 1371, il secondo dal 1371 al 1635, il terzo dal 1635 all'Unità nazionale per poi giungere fino a oggi. Vediamo, sia pure in sintesi, le vicende che hanno caratterizzato ciascuno di tali periodi. Il primo, che si estende, come ricordato, dal IX secolo all'ultimo quarto del XIV, coincide con la comparsa dei primi insediamenti documentati da fonti scritte (sono note le presenze pre-romane e romane testimoniate da ritrovamenti archeologici) e con l'affermazione della famiglia dei da Correggio e del "castrum" di Correggio. Se all'anno 806 risale il primo documento in cui viene citata una località del correggese, nel caso specifico Mandrio, si deve attendere quasi un secolo e mezzo per vedere ricordato il toponimo "Coregia" (946). E' nel corso del X e dell'XI secolo che si viene a comporre un primo quadro territoriale di insediamenti sufficientemente documentato in cui alle località prima ricordate si vengono via via ad aggiungere Budrio, Canolo, Tentum iuges" (nella zona dell'attuale via Centododici), Corviatico (tra Canolo e Mandriolo), Fazzano, Fosdondo e Camporotondo, Lemizzone, Mandriolo, San Biagio, San Prospero e Prato. In questo arco di tempo accanto ai diversi insediamenti, le fonti del tempo ricordano un numero crescente di strutture fortificate (che convenzionalmente si possono definire castelli, anche se il più delle volte si doveva trattare di apprestamenti difensivi assai elementari). Era la risposta tangibile a quel vuoto di potere a livello centrale e alle invasioni ungare (che tra la fine del IX e la metà del X secolo portarono la devastazione nella pianura reggiana) che crearono i presupposti per la formazione di signorie territoriali e il sorgere di una fitta rete di castelli che di quelle signorie erano quasi sempre la più tangibile delle espressioni. Il correggese non fu certo estraneo al fenomeno che, anzi, vi ebbe connotati particolarmente significativi. A Fazzano un castello è ricordato già nel 976, a Mandrio vi è un "castrum novum" (con tutto quanto sottintende di precedente questa espressione), a Budrio e a Correggio castelli sono menzionati a partire rispettivamente dal 1006 e dal 1009. A San Biagio Villanova di un castello si parla nei primi decenni dell'XI secolo. Di pochi anni posteriore (seconda metà dell'XI secolo) è il castello di Prato, di proprietà del vescovo di Reggio Emilia. Probabilmente coevi a questi, seppure documentati due secoli e mezzo più tardi (1216 e 1274), erano il castello di Canolo e il sistema fortificato di Fosdondo, imperniato su tre castelli di Fosdondo, appunto, Camporotondo e degli Orsi. I castelli furono al centro di un processo di riorganizzazione economico fondiaria e demografica del territorio rurale su cui esercitavano il proprio controllo. Processo al quale non furono estranee, anzi contribuirono in misura decisiva per la loro capillarità, le istituzioni ecclesiastiche. Nel correggese fu la pieve di Camporotondo Fosdondo, già nota nel 980, il fulcro attorno al quale si attuò il processo di evangelizzazione e di organizzazione socio economica del territorio attraverso le numerose chiese e cappelle dipendenti (Budrio, Canolo, Mandrio, ad esempio). Questa presenza importante non impedì, tuttavia, che numerosi enti religiosi del reggiano giungessero a vantare non poche dipendenze e diritti in territorio correggese. Ricordiamo i monasteri di S. Tommaso e di S. Prospero (con Fazzano e S. Biagio il primo, S. Prospero il secondo), i Canonici della Cattedrale (con Mandriolo e S. Martino Piccolo). Dopo la morte di Matilde di Canossa (1115) dalle lotte che apponevano le famiglie già vassalle della "Gran Contessa" emersero i signori di Correggio (già appartenenti al gruppo di casate più vicine alla dinastia canossana) che, forti dei loro castello, riuscirono a ritagliarsi una sfera di influenza sempre più ampia e solida. La loro "curia", cioè la giurisdizione territoriale e signorile facente capo ad un castello, è nota già a partire dal 1172. In un contado in cui alla crescita del potere signorile locale facevano da contraltare l'esistenza (almeno dal XIII secolo) di comuni rurali e la crescente influenza del comune cittadino di Reggio Emilia, lo scontro tra i diversi poteri si trascinò per circa un secolo. Solo nel 1277 la stipula di un accordo tra Reggio e i da Correggio sancì l'instaurarsi di nuovi equilibri, con il comune reggiano che conservava il territorio tra Budrio e San Prospero e i signori di Correggio che acquistavano definitivamente i castelli di Fosdondo, Camporotondo e degli Orsi.
Il Trecento fu un secolo cruciale nella storia di Correggio e del suo territorio. Da un punto di vista strettamente insediativo si venne a sancire l'esistenza e il ruolo dei numerosi comuni rurali che esistevano nella zona. Comuni che seppure soggetti alla supremazia del Comune cittadino di Reggio Emilia conservavano un certa sfera di autonomia organizzativa. Nel 1315, anno della redazione della fonte fiscale reggiana nota come "Liber focorum", risultavano essere presenti sul territorio correggese le comunità rurali, debitamente strutturate da un punto di vista giuridico amministrativo, di Budrio, Canolo, Fazzano, Ardione, Fosdondo, Lemizzone, Mandriolo, Prato e, naturalmente, Correggio, il centro più importante attorno al quale gli altri finivano, chi in un modo, chi nell'altro, per ruotare. Accanto a questi centri maggiori esisteva, tuttavia, una rete fittissima di insediamenti rurali minori che, soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo in poi, si consolidano definitivamente: le "ville". Di tali insediamenti si hanno notizie, in verità, già dalla metà dell'XI secolo (Villa Sanguineto nel 1136), ma la loro progressiva espansione data a partire dai due secoli seguenti, in concomitanza della prima ondata colonizzatrice nel territorio correggese. L'opera dei coloni indusse trasformazioni radicali portando il ridimensionamento degli spazi incolti e delle aree boschive (da cui i tanti "ronchi", cioè le terrene disboscate e messe a coltura di cui ancora rimane traccia nella toponomastica attuale) a tutto vantaggio delle terre lavorate e all'aumento della produttività nelle aree già coltivate. Le ricadute sull'assetto insediativo del territorio rurale, con la formazione di un numero crescente di insediamenti: villa Camera (tra le attuali via Conventino e via Monache), villa Sanguineto (attuale omonima via), villa Ardione (via Ardione a S. Biagio), villa Alberica (nei sobborghi di Correggio), villa Carella (vicino a S. Martino di Correggio). E ancora, le ville Bellesia, Bernolda, Schiatta, Lovana, Zaccarella. Completata nel Trecento, questa capillare distrettualizzazione del territorio rurale non conobbe più, nei secoli seguenti, sostanziali variazoni. E sempre nel Trecento che l'attenzione e l'interesse dei da Correggio si fissarono definitivamente sui luoghi che erano stati la culla della loro potenza. Fino a quel momento, infatti, essi avevano perseguito, fra Duecento e Trecento, una politica di ampio respiro che andava ben oltre i ristretti confini locali per proiettarsi su Parma, Cremona e l'oltrepo' mantovano con il dichiarato fine di costituirvi una grande e autonoma signoria. Definitivamente tramontato l'ambizioso sogno, i da Correggio "ripegarono" su Correggio che divenne il perno del loro dominio reggiano. Con un'accorta politica riuscirono ad ottenere una serie di investiture che, dal 1304 in poi, li rafforzarono nei territori di Correggio, Fabbrico, Bedollo e Campagnola. Nel 1371 Guido da Correggio ottenne da Bernabò Visconti l'investitura che sanzionava definitivamente il predominio correggese in una vasta area della pianura reggiana centro
orientale. Alla nobile famiglia furono attribuiti i castelli di Correggio, Fabbrico e le ville di Campagnola, Fosdondo, S. Prospero, Camera, Fazzano, S.Biagio, S. Giovanni, S. Martino, Mandrio, Caprile, Mandriolo, Saliceto e Bedollo. Nonostane le pesanti battute d'arresto indotte dalle epidemie di peste (in particolare quella del 1348-49), dalle carestie e dalle guerre, il quadro insediativo a cavaliere fra il Trecento e Quattrocento si presenta ancor più articolato che in passato, con agglomerati e case sparse che costellano le singole ville il cui territorio viene anche a coincidere con quello delle diverse parrocchie rurali cui era fatto carico di provvedere alle necessità pastorali risultando ormai del tutto insufficiente un struttura centralistica e centralizzata. Questo processo di identificazione Villa-Parrocchia conobbe le prime sostanziali eccezioni solo nella seconda metà del Cinquecento.
L'investitura comitale del 1452 "fotografa" uno Stato ormai perfettamente definito da un punto di vista territoriale. Tra le decine e decine di possedimenti maggiori della famiglia, vennero ricordati, nella nostra zona, Correggio, Fabbrico, Campagnola, Fazzano, S. Biagio, Ardione, Villa Albrizzi, Ronchi di Fosdondo, Camatta, S. Genesio, Cornacchione. Spiccano le assenze di Budrio, Lemizzone e Prato: ciò non deve stupire perchè le tre località furono per secoli appannaggio di altri padroni (Budrio e Prato sotto Reggio Emilia, Lemizzone sotto S. Martino in Rio, marchesato estense). Parimenti completata appare anche, come ci documentano gli estimi quattrocenteschi, l'organizzazione del territorio rurale, ove sono ricordate, tra gli altri, le ville e i luoghi di Cerca, Camera, S. Prospero, Fosdondo, Fazzano, S. Biagio, Ardione, Albriga, Carella, Camatta, Sanguineto, Rebolis, Zaccarella, Lovana, Bellesia, Bernolda, Schiatta (o Schiattarina), Vico, Mandrio, Mandriolo, Caprile, S. Martino, Canolo, Saliceto, Vettigano, oltre alle località dei territori di Campagnola e Fabbrico. Nei secoli che seguirono, fino alla seconda metà del Settecento (cioè ben oltre l'annessione del Principato da parte del Ducato di Modena e Reggio) se non si verificarono trasformazioni dell'assetto territoriale particolarmente traumatiche, le naturali dinamiche demografiche e insediative portarono ad una parziale rimodellazione degli insediamenti rurali. Non poche località minori ricordate dalle fonti del Trecento e del Quattrocento scomparvero, determinando da un lato un processo dì aggregazione e concentrazione della popolazione nei centri rurali maggiori e dall'altro l'instaurarsi di una fitta rete di case e caseggiati sparsi secondo un modello insediativo che è sopravvissuto fino ai nostri giorni. Queste graduali trasformazioni ebbero un'incidenza anche sul versante religioso, determinando, soprattutto nella seconda metà del Cinquecento in poi, una parziale ridefinizione degli ambiti parrocchiali non più strettamente coincidenti con il territorio delle antiche "ville". Così nel 1788 il Ricci descrisse l'antico Principato: "Comprende nella parte meridionale Fazzano, Fosdondo, Mandrio, Mandriolo, S. Biagio, S. Martino e S. Prospero; e nella parte settentrionale Campagnola, Fabbrico, e Rio tutta giurisdizione immediata". Pochi anni dopo, sotto i regimi rivoluzionari francesi furono accorpati Prato e Lemizzone (fino ad allora sotto S. Martino in Rio), ma vennero tolti S. Prospero e Fosdondo che entrarono a far parte, rispettivamente, dei neocostituiti comuni di Budrio e di Canolo. Questi esperimenti territoriali ebbero vita breve e nel 1815, con l'avvento della restaurazione austro-estense, si diede vita ad un generale riordinamento delle singole municipalità. A Correggio furono attribuite le località di Mandrio, Mandriolo, Fazzano, San Martino, San Biagio, San Prospero, Fosdondo, Budrio, Canolo e Rio Saliceto, cui si aggiunsero successivamente Prato, Lemizzone, S. Michele della Fossa e Cognento di Campagnola. Finalmente, con la proclamazione del Regno d'Italia e la promulgazione delle leggi istitutive dei nuovi comuni, Correggio ricevette l'ordinamento territoriale che ancor oggi conserva, perdendo definitivamente Rio saliceto, S. Michele della Fossa e Cognento di Campagnola.