| Gabriele Fabbrici |
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| La Rocchetta | |
| Museo in linea, rubrica de "Il Correggio", n. 10/97 |
Ripercorriamo la storia di un edificio che ha avuto una grande importanza per Correggio e che potrebbe "tornare a vivere" come ostello.
Nell'ultimo scorcio del Trecento l'intero territorio reggiano venne sconvolto da gravi contrasti, culminati con la forzata cessione di Reggio Emilia a Bernabò Visconti da parte di Feltrino Gonzaga, rivoluzionando antichi quanto fragili equilibri.
In un contesto di così accentuata precarietà, i da Correggio intrapresero le più opportune iniziative per mantenere saldo il dominio sul loro piccolo Stato.
Nel 1372 Guido VII da Correggio, forte dell'appoggio della truppe di Bernabò Visconti, si rese signore del feudo di Correggio spodestando lo zio Giberto VI e i suoi figli e ottenendo dal Visconti l'investitura dello stesso, che comprendeva, oltre alla capitale, anche Fabbrico, Campagnola e numerose altre località e frazioni limitrofe.
Per rafforzare ulteriormente il controllo di Correggio, Guido pose mano anche alla ricostruzione delle fortificazioni urbane, sfruttando abilmente i vecchi apprestamenti sui quali innestò nuove mura e la rocca "nuova", così detta per distinguerla da quella "vecchia", del cui destino non si hanno notizie.
Forse, data la fatiscenza delle strutture, non convenne riadattarla o forse era stata irrimediabilmente danneggiata durante la guerra contro Bernabò Visconti intrapresa dai parenti di Guido.
L'intervento fu di grande rilievo, come scrive Parmiggiani, l'operazione compiuta con questa fortificazione fu di rilievo assoluto: per la prima volta il Castello, centro politico della città, e Borgovecchio, sede di famiglie importanti per la vita cittadina ma anche di altrettanto importanti attività economiche, ebbero una difesa comune che unificò le due zone urbane secondo una visione più ampia e unitaria della città.
D'altra parte Correggio stava vivendo un periodo di grandi trasformazioni, connaturate la ruolo che il piccolo Stato, dopo i tentativi espansionistici del primo Trecento, andava assumendo nel contesto dell'area medio-padana in generale e reggiana in particolare: un nodo nient'affatto secondario nell'ambito delle vie di comunicazione che univa le zone gravitanti attorno alla via Emilia e all'oltrepò lombardo-veneto, in direzione di quella "strada teuthonicorum" (la "strada dei Tedeschi" che scendeva dal passo del Brennero via Verona) che da sempre era stata l'asse di penetrazione degli Imperatori di Germania nelle ricche pianure italiane.
Un ruolo confermato, indirettamente, anche dall'elevato numero di ospizi, ospedali e ostelli per viandanti e pellegrini che sorgevano nel territorio correggese e nelle sue immediate adiacenze.
L'ubicazione della rocca "nuova" (o rocchetta, come è più conosciuta) ne enfatizzava il ruolo di ulteriore baluardo a protezione del lato sud della cerchia muraria.
Ad un solo piano e di dimensioni tutto sommato contenuto, era comunque, stando alle descrizioni e alle rappresentazioni iconografiche, ben proporzionata e di eleganti forme gotiche con merlature.
Nei secoli che seguirono la costruzione, la Rocchetta se da un lato conservò la sua natura militare, dall'altro andò incontro ad un progressivo e inarrestabile declino della sua importanza quale fortificazione: la costruzione dell'ampia cinta murata cinquecentesca sancì la fine di un'epoca (quella dei castelli con mura alte e turrite) e l'inizio di un'altra, in cui le battaglie erano combattute a suon di cannonate e archibugiate.
Svilita nel suo ruolo la Rocchetta divenne, nel corso dell'Ottocento, caserma e carcere mandamentale, funzione quest'ultima che mantenne anche dopo la completa ristrutturazione di fine secolo.
Si giunse così al 1885, anno in cui il Consiglio Comunale affrontò la discussione sul destino dell'edificio nell'ambito nel piano di ridefinizione della viabilità urbana di accesso alla stazione ferroviaria.
Due erano le ipotesi: la completa demolizione dell'edificio o una drastica ristrutturazione dello stesso, con apertura di un grande arco di collegamento e la costruzione di un altro corpo di fabbricato destinato ad ospitare una caserma di Reali Carabinieri.
Prevalse una soluzione nettamente diversa, che portò all'abbattimento di buona parte della Rocchetta e alla realizzazione del grande viale alberato (oggi Corso Cavour) che univa il centro cittadino alla stazione ferroviaria.
Oggi sono ancora visibili, sui lati est e sud, i muri medioevali, alcuni merli tamponati, parte degli apparati a sporgere (beccatelli e caditoie) e le decorazioni in cotto di una finestra.
All'interno, in un cortiletto, si conservano ancora alcuni vani trecenteschi, con volte a vela che recano nella chiave lo scudetto con effigiata l'arme originaria dei da Correggio.
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