Gabriele Fabbrici
Gli ebrei a Correggio
Museo in linea, rubrica de "Il Correggio", n. 5/97

Nel 1436, allorché Correggio sta vivendo una fase di notevole espansione urbana e di forte crescita, l'ebreo Datelino, figlio di Leucio da Perugia, apre un banco di prestito su pegno destinato a rappresentare il primo momento di una storia, quella dell'insediamento ebraico a Correggio, destinata a durare oltre cinque secoli
Favorito da condizioni favorevoli e dal benevolo e interessato atteggiamento dei da Correggio (tolleranti sì, ma anche attenti alla non disprezzabile fonte di introito che la presenza ebraica avrebbe garantito con le tasse loro imposte e alla possibilità di accedere, in casi di bisogno, a prestiti di denaro ad interessi favorevoli) l'insediamento ebraico si sviluppa rapidamente.
Nel 1459 gli ebrei ottengono la concessione della possibilità di acquistare un appezzamento di terra per costruirvi un primo cimitero nei pressi della Rocchetta.
E' nel XVI secolo, tuttavia, che la comunità ebraica inizia quell'ascesa che l'avrebbe portata, nel corso dei secoli, ad essere la seconda del reggiano (dopo il capoluogo) tanto per numero dei membri, quanto soprattutto per importanza economica e sociale.
Il raggio d'azione dell'attività si espande: alla gestione del banco di Correggio e di quello di Rossena, feudo dei da Correggio, si uniscono il banco di Fabbrico, secondo centro dello Stato, dove primeggia la famiglia dei Monselici, e proficue relazioni economiche con i correligionari di Mantova, Modena, Carpi, Novellara.
In non pochi casi queste relazioni sono anche il frutto di accorte politiche matrimoniali, che legano le famiglie ebraiche correggesi ad altre di centri limitrofi.
Tipico esempio dell'intraprendenza commerciale degli ebrei correggesi, la cui attività non è solo limitata al prestito su pegno, è Lucio, nipote di Bonaventura, che nella seconda metà del secolo gestisce attività a Correggio, Modena, Carpi, Novellara e Finale Emilia.
Il Seicento si presenta con forti luci e ombre.
Dal 1603 al 1613 e dal 1627 al 1629 ebrei correggesi vengono chiamati alla gestione della locale Zecca e dal secondo quarto del secolo in poi la loro presenza in campo agricolo nella conduzione di fondi propri o di cristiani, nonostante le proibizioni Estensi, aumenta in modo costante, ma dalla fine degli anni Sessanta in poi una grave crisi economica colpisce la città, non risparmiando la comunità ebraica.
Particolarmente sentita è la decadenza della lavorazione della seta che getta sul lastrico non poche famiglie.
Il Seicento, tuttavia, si chiude nel segno di una ripresa che trova una decisa accelerazione nel secolo seguente (significativa è l'introduzione della lavorazione del truciolo con la ditta degli ebrei carpigiani Norsa e Usiglio nel 1752-53), che trova riscontro anche con l'incremento demografico della comunità, che passa dai 60 membri del 1708 agli oltre 200 del 1787, con Correggio che diviene polo di attrazione per altre comunità minori in fase di netta decadenza (San Martino in Rio, Fabbrico).
Anche il Settecento, però, fa registrare, nella seconda metà, una nuova grave crisi economica con forti ripercussioni.
Ciò tuttavia non toglie che nel 1787 ben undici 'ditte' ebraiche figurano tra i maggiori possidenti locali.
Nel frattempo, nel 1779, dopo due tentativi andati a vuoto nel 1736 e nel 1737, viene eretto nell'attuale via il ghetto in cui parte degli ebrei viene rinchiusa.
L'arrivo delle truppe francesi, nel 1796, porta una ventata di libertà e l'abolizione delle antiche restrizioni, che neppure la restaurazione estense reintroduce completamente.
Nel 1819, su progetto di Domenico Marchelli, viene costruita la nuova e ampia Sinagoga di Corso Mazzini (utilizzando in parte un preesistente luogo sacro), funzionale alle esigenze di una comunità che nel 1824 raggiunge i 228 membri e può contare su numerose attività commerciali all'ingrosso, al minuto e imprenditoriali.
Non dissimilmente a quanto stava accadendo in tutta l'Italia settentrionale, anche la comunità di Correggio, dopo avere raggiunto l'apice nei primi decenni dell'Ottocento, deve affrontare una progressiva e inarrestabile decadenza, che la porta a ridursi a 152 membri nel 1849 e a contrarsi ulteriormente dopo l'Unità nazionale (alla quale anche gli ebrei correggesi partecipano attivamente come avevano fatto nei moti risorgimentali).
L'emorragia continua nel corso del Novecento tanto che nel 1921, nonostante una decisa e forte opposizione, la Comunità, che ormai conta meno di 30 membri, perde la propria autonomia amministrativa.
Negli anni che seguono il declino si accelera ulteriormente, tanto che la persecuzione razziale seguita alle leggi del 1938 trova a Correggio pochissimi ebrei delle famiglie Finzi e Sinigaglia.
E proprio alla famiglia Finzi appartiene Lucia che, arrestata e rinchiusa nel campo di Fossoli, viene deportata ad Auschwitz dove trova la morte.
Nel secondo dopoguerra, mancando ormai una presenza ebraica a Correggio, la Sinagoga viene smantellata e le porte dell'aron (l'armadio che racchiude i testi sacri) vengono portate a Gerusalemme.
Della lunga presenza ebraica a Correggio rimangono oggi poche, seppur significative tracce: il ricordo dell'antico ghetto in via Casati, il vano della Sinagoga del Marchelli (oggi inglobato in una casa di proprietà privata) e, soprattutto, l'ottocentesco cimitero attiguo alla chiesa della Madonna della Rosa, in cui numerose lapidi testimoniano della vita e delle opere degli ebrei correggesi.