| Gabriele Fabbrici |
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| Affreschi Ritrovati | |
| Museo in linea, rubrica de "Il Correggio", n. 4/97 |
Otto santi affrescati nelle nicchie del tamburo della volta. Questo è lo spettacolo, davvero inusuale, che si è presentato agli occhi dell'Ing. Dazzi e degli operai che svolgono i lavori di consolidamento statico della chiesa di S. Giuseppe.
Già danneggiata dai precedenti terremoti degli anni ottanta di questo secolo, la chiesa ha infatti subito gravissime lesioni dal sisma del 15 ottobre 1996.
Sisma che ha determinato anche l'inagibilità dell'attiguo complesso conventuale, con il trasferimento di tutte le scuole che vi avevano sede.
Ed è proprio durante i lavori di consolidamento effettuati all'interno della chiesa di San Giuseppe che, nello scorso mese di marzo, è venuto alla luce un importante apparato decorativo ad affresco di cui si ignorava completamente l'esistenza.
Dovendo chiudere le ampie fessurazioni che interessavano in più punti la muratura della cupola, compromettendone la statica, i tecnici della ditta incaricata dei lavori hanno eseguito, sotto la costante guida della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Bologna, alcuni preliminari saggi stratigrafici là dove le lesioni si presentavano più preoccupanti.
Ciò ha portato alla scoperta di otto grandi nicchie semicircolari, tamponate da murature posteriori, che occupano in altezza i due terzi del tamburo della cupola stessa.
Demolite in sette delle otto nicchie le murature, sono venute alla luce altrettante figure di grandi dimensioni, superiori al naturale, rappresentanti santi e monaci.
Nell'ottava, non completamente aperta, non è stata al momento trovata traccia di alcuna decorazione.
Durante l'abbattimento delle tamponature sono state altresì rinvenute, sotto un anonimo strato (forse ottocentesco) di pittura murale colore verde, alcune significative tracce di fasce pittoriche, a motivi floreali, che si sviluppano su tutto il tamburo raccordando le nicchie le une alle altre.
Allo stato attuale della ricerca sono del tutto premature ipotesi attributive circa l'autore (o gli autori) delle raffigurazioni e sulla data di esecuzione, pur non sembrando inverosimile fissarla, in prima battuta, entro il primo quarto o al massimo entro la metà del Seicento (quindi in concomitanza, o subito dopo, con i lavori di ristrutturazione del complesso conventuale e chiesastico).
Anche l'identificazione dei soggetti rappresentati è abbastanza problematica per l'attuale stato di conservazione degli affreschi, appena liberati dalle tamponature che ne precludevano la visione.
Solo dopo un'intervento di pulitura e consolidamento si potranno avere elementi di giudizio più sicuri per esprimere giudizi ponderati.
In tre figure non sono al momento ravvisabili, per i motivi contingenti prima ricordati, attributi simbolici tali da condurre all'identificazione del personaggio.
In altre due, pur non potendo anche in questo caso andare al di là di considerazioni generiche, sussistono taluni elementi di valutazione.
Un austero monaco, dallo sguardo penetrante e profondo (la parte inferiore del volto è assai danneggiata, come pure parte del corpo), con un nero saio (benedettino?), reca un pastorale, simbolo di autorità e prestigio.
Abbastanza rovinato è anche un Vescovo raffigurato con il pastorale nella mano sinistra e nella destra un modello di città, nell'atto tipico della dedicatio, la cerimonia durante la quale si intitolava un edificio di culto ad un determinato Santo o si poneva una città sotto la protezione di un patrono.
Anche se al momento non sussistono tutti gli elementi per stabilire un'esatta corrispondenza, appare evidente quanto meno l'eco del celebre affresco del Correggio già nella chiesa di San Quirino (oggi alla Galleria Estense di Modena) in cui San Quirino sorregge sulle ginocchia un modellino della città di Correggio.
Gli ultimi due casi sono più fortunati: le condizioni degli affreschi infatti consentono di identificare i Santi raffigurati.
Fondatore dell'omonimo ordine, San Domenico (al secolo Domenico Guzman, spagnolo di Calahorra nella Nuova Castiglia) è stato tra i più importanti riformatori e rinnovatori (con il contemporaneo San Francesco d'Assisi) della Chiesa occidentale medioevale.
Il nostro affresco, per la verità abbastanza rovinato nella parte inferiore della figura, ce lo presenta in età matura e con due dei simboli tipici che caratterizzano le rappresentazioni del Santo: la rossa stella in fronte e un ramo di giglio fiorito.
Il domenicano San Pietro Martire (al secolo Pietro da Verona, martirizzato a Seveso nel 1252) godette in vita e in morte di grandissima fama, non inferiore allo stesso fondatore dell'ordine e a San Tommaso d'Aquino.
Qui è stato effigiato nelle sue vesti domenicane con gli attributi tipici del suo culto: la spada conficcata in testa (che ricorda le "crudeli . . . e smanianti ferite" che ne provocarono la morte) e la palma del martirio.
Dal costato spunta l'impugnatura di una spada lì conficcata.
Data l'importanza degli affreschi, sottolineata anche dalla Soprintendenza bolognese, è auspicabile, oltre a un intervento di salvaguardia, un loro completo rilevamento grafico e fotografico che possa permettere l'avvio di un approfondito studio stilistico e storico, per rispondere (in tutto o in parte) alle innumerevoli domande che la scoperta (una delle più importanti a Correggio negli ultimi anni) ha sollevato.
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