| Odoardo Rombaldi |
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| Premessa | |
| Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979 |
Delle migliaia di documenti, degli innumerevoli giudizi o proposizioni che questi contengono, gran parte resta inerte sotto l'occhio del lettore, altra invece s'illumina nel nostro intimo e prende a vivere non solo la sua vita di un tempo ma una nuova, che risulta da un collegamento con la mente che interroga; e questa, in ragione dei diversi significati, ordina quelle proposizioni in categorie o strutture storiche; le quali, coi contenuti che le sostanziano, si definiscono reciprocamente grazie ad un processo di integrazione che non obbedisce a leggi preordinate ma coincide con lo stesso farsi della conoscenza storica.
La materia di questo lavoro si è disposta in capitoli secondo il processo su riferito. Nostro compito era ricostruire le vicende del Principato di Correggio; per questo abbiamo esaminato gran parte della documentazione reperibile; il risultato dell'indagine si condensa in quattro capitoli, più un quinto di raccordo con il tempo presente.
Il Principato di Correggio ha avuto esistenza dal 1616 al 1796 e rappresenta la conclusione di un processo avviato molto tempo prima da una famiglia che, dal centro in cui operò, si disse da Correggio. Era dunque necessario trattare anzitutto di questa famiglia, non trascurando gli inizi del suo governo. Proprio qui abbiamo incontrato le prime difficoltà ma, a ben vedere, solo apparenti. Fin dalla fine del sec. XVIII, infatti, Gerolamo Tiraboschi, nel quinto volume delle sue Memorie Storiche Modenesi, messa da parte la leggendaria origine dei da Correggio, accreditata da Rinaldo Corso e seguita dal Sansovino e dai cronisti locali, aveva proposto l'unica possibile, quella indicata dalle carte. Il risultato della indagine del Tiraboschi, per quanto modesto possa sembrare, è il solo accettabile, nè ci pare consentito cercare di nobilitarlo suggestionando il lettore con elementi di fantasia, e nemmeno con dati probabili; H probabile e il possibile sono diversi dal certo che risulta da carte autentiche e fededegne. Trattando della famiglia abbiamo raccolto tutto quanto conferiva alla storia di Correggio, tralasciando le vicende personali dei singoli membri interessanti altri centri di potere.
Nel secondo capitolo abbiamo ricostruito il patrimonio della famiglia dei da Correggio, dalla prima fase in cui il pubblico e il privato si confondevano nelle forme del feudalesimo, alla seconda in cui si afferma la tendenza a differenziare i due elementi e a distinguere ciò che è proprio della famiglia da ciò che è dello stato. Alla proprietà allodiale, poi signorile, documentata da contratti di locazione nei secoli XV e XVI e da descrizioni o elenchi del secolo XVII, abbiamo data tutta l'attenzione possibile perchè è la parte meno osservata dagli storici; ci è parso interessante determinare non solo l'ampiezza del patrimonio ma i modi di conduzione e le condizioni stesse dell'agricoltura.
Via via che, anche per effetto delle dottrine giuspubblicistiche, la Famiglia si va distinguendo dal corpo dello Stato, le questioni dinastiche: sistema di successione e divisione del patrimonio, acquistano rilievo crescente e la mancata soluzione di esse produrrà nella famiglia una crisi che, cominciata intorno al 1570, si concluderà nel 1635.
L'estinzione dello stato dei da Correggio non coincide con la fine del Principato; questo sopravvive all'ultimo regnante, Siro; gli Estensi, infatti, signori di Correggio dal 1635, conserveranno il Principato fino al 1796, non solo per forza di inerzia ma per deliberato proposito, come attesta in modo evidente la stampa degli Statuti (1675), riconoscimento eloquente dello status particolare che il Principato di Correggio aveva nel complesso dei Ducati. Ma mentre le materie regolate dagli Statuti: diritto giudiziario, famigliare, ecc. si tramandavano in forme tradizionali, fino alla pubblicazione del Codice Estense (1771), la vita amministrativa fu a discrezione del Governo che, ora nel rispetto della tradizione, ora e più spesso nella rottura di questa, avvicinerà le terre del Principato alle altre dei Ducati; con questo si tocca un tema interessante, quello di accertare, nella struttura composita dei Ducati, l'azione uniformatrice del Governo nel campo amministrativo, la quale procede e matura lentamente, parallelamente a quella che porterà all'unificazione dei codici; e forse nell'ambito amministrativo-finanziario va anche collocata la fine della dinastia dei da Correggio, dovuta non solo alla decadenza fisiologica della stirpe ma all'impossibilità del loro stato, data la insufficienza della base finanziaria, di sopravvivere ai nuovi tempi.
Trattando della città di Correggio - terzo capitolo - entriamo nella materia più nota; ma anche qui si trattava di cogliere ciò che è essenziale al termine città - titolo di cui Correggio si decora dal 1559, - ossia ciò che giustifica quel termine e il suo esser diversa dalla campagna; lo status dei cittadini è diverso da quello dei rustici; ma la città risulta, oltre che dai cittadini, dalle istituzioni, dagli enti, dall'esser centro della corte, del governo, degli uffici, della vita religiosa (parrocchie, monasteri), dell'assistenza e dell'istruzione (scuola, teatro, accademie), della vita economica (fiera, mercato, zecca). L'evoluzione di Correggio da borgo a città fu opera dei da Correggio e di essa è parte essenziale quella cultura che, cosa singolare, emana dagli stessi detentori del potere, da Niccolò da Correggio a Veronica Gambara; da qui l'ingentilirsi dei costumi, quel tratto di urbanitas o di civilitas che si contrappongono alla rusticitas o alla villania, non per dato naturale ma storico, prodotto di scelta deliberata.
Il quarto capitolo - il Principato - cerca di determinare la consistenza dello Stato, come popolazione, distribuzione della proprietà e del reddito dei maggiorenti, descrive le comunità principali: Correggio, Fabbrico, Campagnola, i bisogni finanziari della città, il mercato dei grani, la manifatture, il commercio. Nel Settecento avvengono quelle riforme di struttura che preparano l'età contemporanea. La riforma delle Opere Pie trasferisce ai laici la disponibilità dei loro beni e prepara il passaggio di proprietà; la formazione del Catasto estense riflette, intorno al 1790, l'avvenuta secolarizzazione di grandissima parte della proprietà fondiaria. La soppressione di enti ecclesiastici: monasteri, Confraternite, etc., favorisce la maturazione della mentalità borghese (spirito di intrapresa) che, con la proprietà individuale, è la base del mondo contemporaneo. 1 governi dell'età napoleonica portano all'estremo sviluppo la base che sosterrà la proprietà individuale, tanto da giustificare, per reazione, gli ideali solidaristici assegnati alla proprietà dai governi della Restaurazione.
L'ultimo capitolo - Correggio di ieri - vuol essere un saggio sulle idee e la realtà di un mondo tramontato, già degno soggetto di storia: un proceder lento tra reazione e democrazia sociale.
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