Odoardo Rombaldi
Gli Statuti
Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979

Correggio - di Campagnola e Fabbrico non sappiamo - dovette avere norme giudiziarie dal momento in cui si cominciò a rendere giustizia nella terra. Purtroppo, la fase prestatutaria non è documentata; lo stesso dicasi di quella successiva, fino alla redazione degli statuti. Questi esistevano certo nel 1458 - "lavorerà le terre a modo degli statuti di Correggio" - in una redazione che non ci è pervenuta. A fianco degli statuti veri e propri, che si caratterizzano per l'ordine e la sistematicità del dettato, si andò sviluppando una normativa occasionale, le grida, volta a regolare le più disparate materie, come richiedeva il momento, finchè‚ anche queste disposizioni, rielaborate, entreranno negli statuti (1).
Questi ci sono pervenuti in redazioni scritte e in testo a stampa. La Biblioteca Civica di Correggio conserva delle prime tre esemplari. Il primo, appartenente a Quirino Frassetti, correggese, 1570 1 aprile, corredato dalla nota: Publicatum fuit die Iulii anni 1577 (c. 91 r.) contiene due libri di statuti, di 113 e 148 capitoli rispettivamente, integrati da indici e rubriche delle materie. Il secondo esemplare si apre con la dichiarazione: "Questo si è il primo statuto di Correggio, il quale fu composto, ordinato e fatto dal Canonico Flaminio Brunori, alias Correggia, dottore, rettore a quel tempo di Campagnola, vicario di Correggio dalla. 1592 sino al 1628, secretario e primo consigliere di Camillo d'Austria e ultimamente di Giovan Siro"; anche questo comprende 113 e 148 capitoli. La terza redazione manoscritta contiene gride e statuti. Le prime sono distribuite in 4 libri, di capitoli 20, 31, 17 e 18 rispettivamente, con una conclusione, datata 20 luglio 1615 e completata da indici. Seguono gli statuti, in due libri; il numero dei capitoli non diverge dalle precedenti raccolte; seguono 40 statuti de damnis datis. Questo è quanto si può dire degli Statuti avanti la loro stampa, avvenuta a Modena, nel 1675, riproducendo in gran parte le redazioni manoscritte su ricordate.
Gli Statuta Civitatis Corrigiae comprendono due distinte parti: gli statuti in tre libri e le Costituzioni in quattro. Nel 1635 furono registrate 77 costituzioni, confluite in gran parte nella raccolta a stampa del 1675. Fin dal 1635, accogliendo il governatore estense, la Comunità aveva chiesto che il Principato fosse liberato da ogni dipendenza dal maggior magistrato e totalmente separato da esso, in modo che le appellazioni, le riduzioni ad arbitrium boni viri, le restituzioni in integrum, i compromessi e le cause di ricorso fossero decisi a Correggio. La comunità volle non solo l'indipendenza dal governo ma la preminenza su tutte le terre dello stato; così ottenne che tutte le cause civili sorte nella città di Correggio e nel suo comitato, tra qualunque persone, si decidessero in Correggio; si concesse però che Fabbrico avesse podestà proprio, ma non competenza limitata alle cause non superiori a L. 5, con facoltà di irrogare solo le pene stabilite dal Podestà di Correggio (St. 1. 2.).
Tralasciando le molte disposizioni comuni agli statuti di quest'età, giova esaminare quelle che regolano materie che hanno carattere locale; tra queste è certo la disciplina della proprietà e dei patti agrari. Tutte le norme si ispirano alla difesa rigorosa della proprietà privata e a precisi obblighi in fatto di agricoltura. Il primo aspetto si coglie nel libro III, sui danni dati; esso prevede una serie di ufficiali: notai, consoli, massari, stimatori, custodi delle chiusure e delle pendici di Correggio, campari delle ville e gualdemanni. A costoro spettano compiti di polizia rurale, di vigilanza e di denunzia dei reati.
Il regime dei campi aperti è ormai superato; quegli ufficiali dovevano andare in giro di giorno e di notte e impedire che gli armenti danneggiassero i raccolti; si distinguevano due epoche, dal primo aprile al 30 settembre, dal primo ottobre al 31 marzo; "galisegna maggiore" erano detti i danni recati dal bestiame di notte, alla presenza o non dei custodi nella prima epoca; "galisegna minore" gli stessi nella seconda epoca (galisegna maior: bestiae damnum dantes de nocte vel damnum datum per bestias de nocte super alienis rebus cum custode, vel sine custode).
La difesa della proprietà privata risulta altresì dal divieto di tener bestie di qualunque genere, proprie o d'altrui, a chi non possedesse almeno 20 biolche di terra nella villa in cui si praticava il pascolo; a braccianti e lavoratori era concesso di tenere una vacca con un vitello di un anno, 10 pecore, 2 porci e un asino, purchè non danneggiassero i vicini (St. III. 44).
Le terre delle chiese non godevano della protezione ricordata, a meno che gli ecclesiastici non ne facessero richiesta.
Le terre protette dal pascolo vago dovevano essere intensamente lavorate; prima della semina erano prescritte almeno 4 arature, le vigne andavano zappate 2 volte, tra aprile e maggio, e avanti la mietitura (St. 11. 126-127). I mezzadri non potevano far carreggi o lavorare terre proprie con i bovi comuni o del padrone; essi dovevano accettare i battitori dati dal padrone; contro gli abusi si procedeva con rito sommario (St. 11, 128-135). Affinchè gli estimi rusticali non perdessero la loro consistenza, si prescriveva che le terre censite come rustiche non perdessero tale quantità e quindi l'onere cui erano soggette quando passavano in mano di cittadini.
In secoli caratterizzati dal vincolo corporativo, tanto evidente nei consorzi religiosi, i professionisti e i lavoratori si organizzarono in corpi, retti da particolari statuti; questi non ci sono pervenuti ma siamo certi che a Correggio esistettero un collegio dei notai, retto da consoli, e una congregazione dell'arte dei muratori e dei garzoni, che aveva proprie regole e competenza sulla città e il Principato.


1 A. S. MO. Rettori dello Stato, Correggio, b. 4 Nota delle gride che si ritrovano nell'Officio di Correggio. Sono 77 gride che andrebbero studiate e confrontate con quelle comprese nella codificazione posteriore. Ecco alcuni titoli:
3. Alienazione dei beni stabili da non farsi in forestieri.
8. Alcuno non compri (vettovaglie) o altra roba da mangiare nella piazza di Correggio per rivenderla.
19. Che i cittadini non habitino in villa dall'11 di novembre sino per tutto maggio sotto pena di scudi 25.
22. Che le donne che si maritano fuori dello stato non possano godere l'entrata dei frutti d'alcuna parte dei beni in questo stato se non per valore di scudi 500 di capitale.
28. Dell'estrazioni proibite, cioè dei bestiami, sciami, canape, sermurte di canape, latticini, candele di sego, frumento, fava, vezza, orzo, spelta, vino, uva, legna, pani, legnami da lavorare. 32. Che le gravezze dei terreni si pongano alle partite dei compratori e che ciascuno prima di fare alienazione, faccia strappuntare la gravezza dei beni alla partita dell'acquirente, pena nullità del contratto.
36. Degli ebrei banchieri e che in qualsivoglia modo esercitano le usure: se questi in qualsivoglia modo commetterà fraude, cada nella pena di scudi 10 ogni volta, e della perdita del pegno o credito, e che debbano scrivere in lingua italiana, sotto l'istessa pena.
46. De matrimoni clandestini e delitti di carne. Chi contrarrà matrimonio clandestino non guadagni la dote o perda la donazione propter nuptias e ogni altra cosa che possa avere sulle ragioni e beni di sua moglie, in virtù di contratto o d'ultima volontà o di statuto. Un cristiano che conoscerà carnalmente un'ebrea e viceversa cada nella pena della morte e della confisca dei beni.
50. Che non si vendano misture o farine alloiate.
64. Portare i follicelli in piazza al pavaglione, e tenerveli per un'ora, sotto pena di perderli.