| Luciano Parmiggiani, |
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| Lo sviluppo urbanistico dalle origini alla fine del XIX secolo | |
| Correggio, identità e storia di una città |
Sullo stesso argomento vedi anche "Mille Anni" di L. Parmiggiani
| 1009 | Per la prima volta si nomina in un atto testamentario una chiesa a Correggio (dedicata a S. Michele Arcangelo). |
| 1316 | La Confraternita dei Verberati di S. Maria della Misericordia gestisce un ospedale in Borgovecchio. |
| 1372 | Guido da Correggio inizia la costruzione della prima cinta muraria della città. |
| 1459 | Inizio della costruzione di una nuova cerchia muraria da parte di Manfredo da Correggio. |
| 1480 | Si termina la costruzione della chiesa di S. Francesco. |
| 1508 | Terminata la costruzione del Palazzo dei Principi. |
| 1516 | Terminata la costruzione della Basilica di S. Quirino. |
| 1546 | Inizia la costruzione del baluardo S. Rocco (quello del Convitto Nazionale). |
| 1550 | Inizia la costruzione dei baluardo S. Martino (al termine della Via Carlo V). |
| 1555 | Rinaldo Corso scrive l'ordine sopra l'Ufficio dell'Edilità di correggio. |
| 1557 | Correggio è elevata al rango di città. |
| 1557 | Si opera la "tagliata" di tutte le case e chiese poste attorno le mura cittadine. |
| 1561 | I Domenicani iniziano la costruzione in città del complesso chiesa convento (che ospita attualmente il Convitto Nazionale). |
| 1626 -1630 | Viene dipinta ad olio su tela, ad opera di anonimo, la più antica rappresentazione di Correggio fin qui pervenutaci. |
| 1655 | Rilevanti interventi di rifacimento delle mura. |
| 1660 | All'interno del Palazzo di Niccolò II (posto nell'area dell'attuale teatro "B. Asioli") viene ricavato un piccolo teatro in legno. |
| 1660 ca. | Vengono demolite su richiesta dei Domenicani alcune case su C.so Mazzini per aprire una piazza davanti alla loro chiesa (l'attuale piazza Don Andreoli). |
| 1683 | Inizio della costruzione dell'ospedale degli Infermi (tra Via del Carmine e Via Marconi). |
| 1750-1790 | Fase di selciatura delle strade. |
| 1771 | Viene emanata l'importante grida Per l'abbellimento delle case di Correggio. |
| 1782 | Istituzione del ghetto ebraico in Via Casati. |
| 1800 ca. | Inizia la costruzione del cimitero urbano nei pressi della chiesa dedicata alla Madonna della Rosa (di fronte a P.ta Reggio). |
| 1832-1836 | Si apre la piazza S. Quirino. |
| 1839-1840 | Si rifanno tutte le strutture fognarie della città. |
| 1850-1860 | Fase di forte ristrutturazione edilizia. |
| 1853 | Viene eseguita una pubblica passeggiata (filare di tigli, panchine) sul tratto di mura a meridione. |
| 1879 | Abbattimento di Porta Modena. |
| 1886 | E' aperta la ferrovia Correggio-Bagnolo-Reggio e inizia la demolizione della Rocchetta. |
| 1911-1922 | Fase di demolizione delle mura. |
| 1914 | Abbattimento di Porta Reggio. |
Correggio prende il proprio nome da Corrigia, che significa striscia di terra in mezzo a paludi.
Già dal nome emerge con evidenza la scarsa stabilità dei terreni circostanti il primo nucleo abitato. Almeno fino alle forti bonifiche che prenderanno avvio attorno ai secoli XI-XII il territorio correggese sarà caratterizzato da scarsi e precari insediamenti umani.
Ciò è provato dall'esistenza, proprio a partire dal sec. XI di numerosi documenti che attestano la presenza di un borgo.
Nel 1039 si nomina una Chiesa ("S. Michele e S. Quirino") posta nel " Castrum di Correggio".
Sono appunto gli anni attorno al 1000 che segnano in tutta la Val Padana una notevole espansione demografica. Correggio sicuramente partecipa a questo incremento, ma non è di certo un polo attrattivo importante (come lo erano invece i centri posti sulla Via Emilia o sul Po). Non era ancora cioè quel borgo fortificato che si imporrà più tardi sulle ville e i castelli che lo attorniavano.
Per questa ragione, con tutta probabilità nei secoli XI-XII-XIII le fortificazioni del castello di Correggio (per castello intendiamo tutto il borgo fortificato) non erano particolarmente imponenti. Si può supporre l'esistenza di un fossato ad andamento circolare (che girava attorno alla parte contrassegnata con n° 1 della fig. 1) e di un terrapieno eseguito con la terra ricavata dallo scavamento della fossa. All'interno è ipotizzabile l'esistenza del cosiddetto maschio, un'ulteriore difesa sopraelevata a forma di torre che fungeva da estrema difesa del Signore, costruita in legno o altri materiali più rudimentali.
Una conferma indiretta dell'incremento demografico è la stipula nel 1172 di un accordo fra i consoli di Correggio, Budrio e Rio, con placet di Alberto da Correggio, riguardante lo sfruttamento delle acque di un canale passante fra Budrio e Correggio; la volontà di regolare l'uso di quelle acque denota sicuramente un insediamento già ben definito e di una certa consistenza.
Il primo vero nucleo cittadino di Correggio è situato nell'area che verrà definita per molti secoli "Castello" o "Castelvecchio".
La delimitazione di Castelvecchio è senz'altro quella che ci ha descritto lo storico locale Riccardo Finzi: "Castelvecchio, primo vero nucleo cittadino ad arca circolare doveva essere limitato da una fossa corrente a cerchio da Via Filatoio verso Piazza S. Quirino, ed indi Piazzale Carducci (in parte) Viale Cottafavi (in parte) sino a Via dei Carmine; per congiungersi con la Via del Filatoio" (fig. 1).
Esisteva inoltre una porta a settentrione munita di torre che possiamo ancor oggi chiaramente individuare nell'attuale campanile della basilica di S. Quirino.
Dalla porta a settentrione verso l'interno partiva la strada principale (che diventerà poi piazza Castello, ora Corso Cavour) che divideva in due "spicchi" il nucleo di Castelvecchio: da una parte vi si affacciavano gli edifici religiosi, difensivi e la dimora del signore (con dietro i giardini), dall'altra si trovavano le abitazioni civili, probabilmente degli armigeri e di coloro che erano più vicini al signore. E una sistemazione topografica
caratteristica, che tendeva a separare urbanisticamente ciò che era gerarchizzato socialmente. La "cittadella" di Carpi ha un disegno e una concezione sorprendentemente simili. L'odierna Corso Cavour risultava essere l'asta distributrice e ordinatrice di Castelvecchio; a sinistra di questo rettifilo le parallele vie del Carmine, Cairoli, Casati: è un sistema viario a carattere ortogonale che, sebbene non rimandi a nessuna epoca particolare, con tutta probabilità rivela il tentativo di ordinare e organizzare l'insediamento urbano.
| Fig. 1. Tratta dal volume di Riccardo Finzi L'urbanistica della città di Correggio dalle origini ai giorni nostri Correggio, 1959. Le linee e i numeri sovrapposti a tale planimetria sono opera di Finzi e tendono a delimitare i nuclei urbani secondo le diverse fasi di accrescimento ipotizzate dall'autore. |
A nord di Castelvecchio troviamo un borgo: si tratta di "Borgovecchio" (contrassegnato con n° 2 della fig. 1). Anche nel caso di Borgovecchio è difficile credere ad uno sviluppo spontaneo e casuale. La regolarità degli isolati, che creano un disegno a scacchiera, fa parte di uno schema di sistemazione urbanistica largamente praticato nel medioevo (è stata fatta un'ipotesi secondo la quale Borgovecchio sarebbe di origine romana perché le sue vie risultano dimensionate con misurazioni di quell'epoca; tale ipotesi avrebbe bisogno di altre prove in quanto le misure romane continuavano ad essere regolarmente usate anche nelle urbanizzazioni medievali).
Nel 1316 si ha la prima notizia della presenza in Borgovecchio della Confraternita dei Verberati di Santa Maria della Misericordia (fonderà poi la chiesa di Santa Maria); più tardi, nel 1348 tale Confraternita aprirà il primo ospedale di Correggio. t probabile che sia stato proprio questo ente religioso il soggetto lottizzatore e regolatore della vita collettiva in Borgovecchio: non è da escludersi, essendo a conoscenza di numerosi casi italiani analoghi, che la comunità vivente in questo borgo fosse regolata e governata in modo autonomo da quella del castello.
Chi abitava nel borgo era di bassa estrazione sociale tanto da non aver diritto ad abitare nel castello (inizialmente erano i contadini e gli artigiani che servivano l'aristocrazia del castello).
Il 1371 è un anno di fondamentale importanza per Correggio: Bernabò Visconti, dopo anni di battaglie, investì ufficialmente i da Correggio della piena potestà di governo sul territorio. La legittimazione e la stabilità politica che ne derivarono stimolarono le prime importanti opere di difesa del castrum correggese. Si tratta della costruzione di una rocca (detta nova per distinguerla dalla "rocca vecchia", irrimediabilmente danneggiata e posta probabilmente nell'area contrassegnata dai mappali 136-137 della fig. 1), posta perpendicolarmente sull'attuale Corso Cavour, demolita alla fine del XIX sec. (parte di essa è ancora visibile nel fabbricato denominato "ex carceri"); di valide mura con torri merlate che cinsero anche Borgovecchio e di un'alta torre all'altezza della porta di Castelvecchio (l'attuale campanile della basilica di S. Quirino).
L'operazione compiuta con questa fortificazione era di grossa importanza: per la prima volta Castello e Borgovecchio avevano una difesa comune. Prese consistenza cioè una visione più ampia e unitaria della città: Borgovecchio evidentemente ospitava in quel periodo attività e famiglie importanti per la vita dell'aristocrazia residente nel nucleo più antico. Permaneva in ogni caso, ed è ben sottolineata, la differenza gerarchica fra i due comparti: Castelvecchio continuava ad essere il centro politico ed il cervello della città. Lo dimostra la torre a sua difesa e la permanenza del vecchio fossato interno. Inoltre il posizionamento della rocca nuova sullo stesso asse della porta di entrata al castello (l'attuale via Antonioli) evidenzia l'inerzia nel concepire strategie di difesa limitate principalmente al centro originario.
Certezza del potere politico e ripresa demografica dopo la depressione della metà del '300 dovuta alla peste (che falcidia circa 1/3 della popolazione), rimisero in moto l'espansione della città. Malgrado le origini temporali oscure, a nostro giudizio la nascita di Borgonuovo avvenne principalmente verso la fine del XIV secolo, quando presero corpo le premesse sopracitate. (Ipotesi anticipatrici dovrebbero in qualche modo spiegare le ragioni della mancata fortificazione di questo nucleo nel 1372).
Inizialmente Borgonuovo doveva essere compreso fra le attuali Via Roma, Via Azzo da Correggio, Via del Carmine e Via Filatoio (v. fig. 1 zona 3).
Probabilmente un nuovo fossato cingeva Borgonuovo e l'andamento circolare di Corso Mazzini e Via Roma ci fa propendere con sicurezza per l'ipotesi che tali vie ricalchino l'antico tracciato di quella fossa.
In ogni caso nel'300 i tre nuclei urbani erano ancora separati fra di loro da fosse e canali che solo successivamente verranno ridotte per riempimento; i da Correggio in quel periodo avevano ancora ambizioni e mire molto più alte per occuparsi di Correggio e della sua struttura urbana.
Nel 1443 la redazione del primo catasto rurale ci informa della presenza di numerosi proprietari terrieri già residenti in Borgonuovo; evidentemente nell'arco di 50-60 anni si verificò in quella parte della città una rapida crescita urbana che assunse forme spontanee o in un certo qual modo disorganizzate, almeno rispetto all'evidente pianificazione di Borgovecchio. In Borgonuovo le case sono tutte semplicemente addossate al tracciato della vecchia fossa di Castelvecchio dalla parte occidentale (Via Filatoio).
Proprio in questo nuovo blocco iniziò ai primi del '400 la costruzione della chiesa di S. Francesco, fortemente voluta dai da Correggio.
Non c'è dubbio che proprio i bassi strati della comunità erano i maggiori inquilini di Borgonuovo.
Ai primi del '400 abbiamo segnali di un'economia e di una città in forte espansione: la già menzionata edificazione di S. Francesco, la nascita di un nuovo ospedale (dedicato assieme alla chiesa a S. Antonio fuori mura di fronte a porta Reggio), l'apertura di un primo banco di pubblico prestito ad usura da parte di un ebreo (1436'da parte di Datelino figlio di Leucio da Perugia) e infine l'istituzione del primo catasto rurale correggese (1443).
Senza alcun dubbio l'istituzione del catasto rurale costituì l'atto più importante di tutto il 1400 per Correggio; la sua applicazione rivela, con chiarezza, dati di consolidata forza politica e organizzativa del governo cittadino sulla comunità e sul contado.
Dall'analisi dei libri catastali si può rilevare che i cognomi dei proprietari terrieri del castello non compaiono negli elenchi degli altri due borghi (se non con poche eccezioni); al contrario, più frequenti sono i cognomi che troviamo sia in Borgovecchio che in Borgonuovo. t una conferma del medesimo connotato sociale dei due nuclei.
Il loro carattere artigianale era evidenziato inoltre dalla presenza di numerosi cognomi che fanno riferimento a lavori umili (Strazacappa, Careterius, Cabalarius, ecc.) o di soprannomi piuttosto coloriti (Culbasso, Fichetto).
Permaneva in sostanza una gerarchia spaziale che faceva riferimento chiaramente a quella sociale.
Il 25 Giugno 1452 l'imperatore Federico III con un suo diploma conferì ai da Correggio il titolo di Conti dell'Impero e ne elencò i territori, le ville, i castelli di loro diretta competenza.
Questo importantissimo riconoscimento indusse i nuovi conti a compiere un ulteriore salto di qualità nella considerazione della città. Malgrado i vasti domini ancora posseduti nel Parmense, i da Correggio riconoscevano ora la centralità della cittadina di origine; a partire da questa data essi concentrarono qui le loro maggiori attenzioni politiche e quindi difensive e urbanistiche.
In pochi anni Manfredo da Correggio compì tre atti fondamentali ai fini di assicurarsi l'economia e la difesa della città:
- 1456: accordo con Borso d'Este che definiva i confini fra lo Stato Estense e quello di Correggio;
- 1459: opera fondamentale, la costruzione di una nuova cerchia muraria;
- 1462: altra convenzione con Borso d'Este; ora l'oggetto era l'utilizzo delle acque del Canal d'Enza, scavato per decisione del Duca estense. Con questo accordo Manfredo si assicurava il riempimento delle fosse della cerchia muraria e soprattutto la possibilità di due macinature all'anno per i mulini correggesi.
Come abbiamo detto si tratta di tre atti politici molto oculati, che facevano parte di un disegno coerente teso a riorganizzare la Signoria correggese attraverso presupposti certi.
Per quanto riguarda la nuova cinta muraria del 1459, lo storico locale Caffarri, nel suo manoscritto "Dieci secoli di storia dei luoghi pii di Correggio" afferma che si aprirono quattro porte, cioè S. Giovanni (poi di Modena) ad oriente, S. Maria a Nord, spostando od ampliando quella aperta nel 1372; S. Antonio (poi di S. Paolo o di Reggio) ad occidente e quella della Montagna (poi degli Spagnoli) a Sud (vedi ricostruzione ipotetica del Pergetti, fig. 2).
Non possediamo testimonianze iconografiche o documentarie coeve su questa cinta; sappiamo però che gli interventi successivi sulle mura furono di ristrutturazione, di rifacimento, di costruzione di bastioni, ma non di ampliamento per includervi borghi esterni.
Quindi, con tutta probabilità l'area contenuta in queste nuove mura era la stessa racchiusa da quelle ancora esistenti ai primi del XX secolo, quando le fortificazioni furono completamente abbassate.
In sostanza dalla metà del '400 Borgonuovo entrava a far parte anche fisicamente della città.
Il dipinto attribuito ad Antonio Allegri (Madonna col Bambino e i SS. Francesco e Quirino) pur non avendo nessuno scopo di descrizione urbana, ci dice che le mura della città tenuta in mano dai due santi erano alte e merlate, così come lo erano quelle di tutte le città italiane, prima delle ristrutturazioni cinquecentesche dovute alla nascita dell'artiglieria mobile.
Manfredo lascerà ai figli l'onere di finire la cinta, ma a lui va attribuita la scelta di includervi Borgonuovo e soprattutto alcune aree libere (orti) disponibili per future espansioni della città; una scelta quest'ultima che denota la volontà sua di non fermarsi a ciò che esisteva, ma di creare uno scenario fisico di riprogettazione della città, di programmazione.
In altre parole, emergeva una cultura urbanistica tutta nuova, quella del Rinascimento.
| Fig. 2. Disegno dell'architetto Mario Pergetti tratto dalla ricerca dello stesso (Lo sviluppo urbanistico di Correggio, cit. in bibliografia). E' una ricostruzione della città dopo l'innalzamento della cinta muraria avviata nel 1459 da Manfredo Da Correggio. E' interessante notare come fossero ancora ben distinti e separati i tre nuclei originari di Correggio (Castelvecchio, Borgovecchio e Borgonuovo) malgrado fossero racchiusi di un'unica cinta muraria. |
Di fronte agli uomini del Rinascimento il problema urbanistico principale consisteva nel cercare di rendere unitaria una città che al suo interno manteneva fossati che ancora separavano i vari borghi.
Da dove cominciò l'opera di raccordo? Si può presumere dalla Via Cairoli detta "strada longa". - la strada che collega direttamente il complesso di S. Francesco a Piazza Castello (oggi C.so Cavour). E, una delle più lunghe e diritte del centro storico: collegamento fra il centro politico e il nuovo centro religioso, la "strada longa" "Contrada longa" era la cortina di case affacciate alla via) non presentava nessun incurvamento od ostacolo visivo. In questo modo il richiamo visivo fra vecchio palazzo comitale di Piazza Castello e complesso di S. Francesco ne accorciava la reale distanza. La rilevanza del collegamento era evidenziata anche dalle due scarpe angolari poste all'inizio della via dalla parte di C.so Cavour.
Ma l'opera sicuramente più rilevante e impegnativa fu la nascita di Piazza Castello (C.so Cavour). Come abbiamo scritto l'area di proprietà signorile posta ad est nel vecchio nucleo era completamente libera e si eccettua il vecchio palazzo centrale comitale del 1140. C'era la possibilità di attuare un progetto unico applicando criteri e ideali completamente nuovi.
Nel 1475 in un atto si citavano i palazzi dei Signori e si obbligavano i proprietari delle case di fronte a chiudere i loro portici.
Non conosciamo le ragioni di tale chiusura. 1 portici erano luogo di mercato e di attività artigianali: forse si voleva proprio evitare che esse si svolgessero a ridosso dei palazzi signorili, essendo piazza Castello non molto larga.
Nel 1496, secondo lo storico locale R. Finzi, fu terminata la costruzione del palazzo di Niccolò Il (dove ora sorgono Teatro e Via del Giardino). Alla fine del Quattrocento iniziava la costruzione del Palazzo dei Principi; le sue caratteristiche architettoniche ci fanno respirare un'aria fortemente sprovincializzata e nuova. Niccolò Il da Correggio, figlio di Beatrice d'Este, fu allevato ed educato nella stupenda corte ferrarese. Esistono inoltre documenti che testimoniano contatti e rapporti con Biagio Rossetti, uno fra i più famosi architetti e urbanisti del Rinascimento, al servizio degli Este di Ferrara.
Da questa amicizia e da una serie di affinità architettoniche con gli edifici progettati dal Rossetti a Ferrara, potremmo supporre che il famoso urbanista non fosse estraneo al disegno del Palazzo dei Principi. Anche il rapporto spazio/altezza degli edifici di Piazza Castello non era casuale: la cortina di case di fronte ai palazzi dei Signori era più bassa, onde permettere a quest'ultimi un'illuminazione prolungata con la luce del tramonto.
Nel 1516 avanzava la cortina monumentale di Piazza Castello; sempre nell'area di proprietà signorile detta "Ortazzo" si avviava la costruzione dell'imponente Cattedrale di S. Quirino. Con quest'ultima opera, il cervello politico e religioso di Correggio si spostava verso il centro della città.
L'impianto che aveva come risultato voluto un accorciamento della distanza tra i due nuclei più antichi di Correggio - Castello e Borgovecchio - rivelava una spiccata concezione unitaria della città. Un altro esempio emblematico di questo rinato spirito civile, attento alla vivibilità dei centro, è sicuramente il manoscritto di Rinaldo Corso del 15 5 5 intitolato Ordine sopra l'ufficio dell'edilità di Correggio. Si tratta di
importanti suggerimenti tendenti a regolare tutta la materia edilizia e
urbanistica sia sotto il profilo amministrativo (organismi, commissioni'
ecc.) che quello più specificatamente normativo (prescrizioni igienico
sanitarie, estetiche, ecc.).
Ciò che più colpisce è la serie di divieti e prescrizioni riferiti alla edilità:
"- Né lasci gir per le piazze, nel davanti delle chiese, in su i terragli accostati alle mura del Castello, porci né oche, intendendo per la piazza davanti à ss.ri et dall'una all'altra porta per il diritto, et la piazza nuova [Piazza Garibaldi]
- Né lasci fare ogli di noce nell'esercizio di pellacano in luogo donde ne riesca l'odore su dette piazze.
- Né approvi si stendano panni ad asciugare, se non s'appendono tanto alto che non tocchino il capo di chi passa, né tolgano il lume ai vicini.
- Né che vi si versi acqua né altra cosa bagni, o imbratti, o vero offenda.
- Né che vi si faccia contadinesco esercizio come di conciar lini o canape, o lavoretti, o simili altre cose."
Dall'individuazione delle vie interessate a queste prescrizioni è curioso notare come si tratti delle strade tuttora più importanti del centro storico correggese (C.so Cavour, C.so Mazzini, Piazza Garibaldi). Con quest'ordine si stabilì in sostanza anche una scala degli spazi, delle vie pubbliche; si ignoravano di fatto le condizioni delle contrade più umili. Già a partire dal XVI secolo venne reso esplicito ciò che diventerà l'immaginario urbano di Correggio, la sua tessera di riconoscimento: la piazza davanti a' Signori, la strada dall'una all'altra porta, la piazza Nuova".
Rinaldo Corso ci parla della strada che va "dall'una all'altra porta", mentre abbiamo visto che nella metà del Quattrocento le porte erano quattro. Che cos'era successo?
Semplicemente che due di quelle porte (quella di S. Maria e quella della Montagna) erano state chiuse. Ciò avvenne probabilmente alla metà del XVI sec., allorquando, al fine di approntare più efficaci tecniche difensive in vista delle guerre contro la Francia e gli Estensi (Correggio era schierata con la Spagna e l'Impero), si operò una completa revisione della struttura fortificatoria della città.
Nel 1546 fu edificato il bastione di S. Rocco (quello dell'attuale Convitto); nel 1550 quello (letto di Carlo V (dove ora è situato il Torrione), per meglio contrastare i fuochi dell'artiglieria. Le nuove tecniche di difesa, richiedevano veloci spostamenti di uomini e artiglierie sempre più ingombranti a protezione delle porte stesse.
Pertanto le strade cittadine che conducevano alle porte dovevano essere larghe e il più possibile diritte; questi requisiti non permettevano certo una difesa rapida ed efficace delle porte di S. Maria e della Montagna: la soluzione di chiusura divenne allora inevitabile.
Una scelta militare in questo caso determinò profondamente le linee del successivo sviluppo del centro urbano: l'accesso alla città attraverso le uniche due porte rimaste aperte (dette di Modena e di Reggio) modificava il valore della "Strada Maestra" (l'odierno Corso Mazzini). Da semplice collegamento fra i vari borghi essa assunse il ruolo di maggiore asse di sviluppo commerciale e residenziale di Correggio. Al contrario i due quartieri dirimpetto alle porte ora chiuse perdettero progressivamente di valore e importanza.
Le tecniche militari rimodellarono non solo l'interno dell'abitato. Nel 1557 Girolamo da Correggio ordinò per ragioni di difesa un'imponente "tagliata" tutt'attorno alla città; case, chiese e conventi situati nelle aree a ridosso delle mura vennero completamente distrutti per garantire una maggior visibilità dell'eventuale nemico.
Dopo la pace di Cateau-Cambresis del 1559 anche per Correggio iniziava un periodo di ricostruzione.
Per la città si aprì una nuova fase di crescita: gli ordini religiosi e i contadini, penalizzati dalla "tagliata" optarono ora per una ricostruzione in città delle loro sedi. Nacque il quartiere di Piazza Padella (contrassegnato coi numeri 6a e 6b della fig. 1) e iniziò la costruzione del convento domenicano (l'attuale sede del Convitto Nazionale) in un'area ancora destinata ad orti.
In pratica Correggio si riempì in ogni angolo. Le nuove unità abitative di Piazza Padella risultarono molto piccole e modeste a fronte di una forte domanda di gente umile
| Fig. 3. In questa carta, conservata presso l'Archivio di Stato di Modena sono raffigurate le fortificazioni cinquecentesche e quelle esterne. Non esiste datazione di questa pianta. E' comunque ipotizzabile che essa sia stata redatta nella seconda metà del XVII dai tecnici militari per raffigurare le fortificazioni esterne, costruite rapidamente tra il 1655 e il 1658 dagli Estensi (alleati dei francesi) per fronteggiare gli spagnoli. |
Le vicende politiche che principiarono negli ultimi decenni del 1500 portarono prima alla crisi, poi alla caduta del Principato (1635). Grosse novità in campo urbanistico non ce ne furono in questo periodo, a parte la notevole attività degli ordini e Confraternite religiose, galvanizzate dall'egemonia culturale controriformistica e dalla crisi profonda dei poteri laici.
Ai primi dei Seicento furono edificate nuove chiese: S. Sebastiano, S. Giuseppe Patriarca (nell'attuale sede del Municipio), chiesa e convento del Carmine (detta oggi la "casa di gomma"). Davanti a S. Quirino fu costruito un ampio sagrato riducendo parte del fossato che ancora esisteva davanti alla chiesa (era ancora la vecchia fossa della prima cinta!).
Negli anni '30 del XVII secolo fu dipinta ad olio su tela la prima immagine dettagliata di Correggio.
1 primi decenni del Seicento furono indubbiamente un periodo nero per la città: la perdita dell'indipendenza, la peste del 1630, la guerra dei trent'anni indebolirono fortemente Correggio. Dal 1630 fino agli ultimi anni del Settecento non si ebbe nessuna nuova rappresentazione cartografica della città.
Numerose invece sono le carte che tracciano esclusivamente il perimetro delle mura: si ha l'impressione che agli Estensi - dal 1635 nuovi padroni dei Principato - Correggio interessasse solo come fortezza militare o come nuovo cespite d'entrata fiscale: in questi decenni si occuparono solo delle fortificazioni, se escludiamo l'edificazione nel 1683 dell'ospedale S. Sebastiano (nell'attuale Via del Carmine) e la donazione ad alcuni giovani di uno stanzone del vecchio palazzo di Niccolò Il (di fianco al Palazzo dei Principi) per ricavarvi un teatrino. Finanziariamente, i correggesi nel Seicento erano in ginocchio. Aumentò l'inasprimento fiscale verso il contado e fu mantenuto un regime di esenzione sulle terre dei nobili e degli ecclesiastici.
In questo secolo i rapporti fra gli Estensi, padroni di Correggio, e gli Spagnoli, che dal 1580 mantenevano in città un forte presidio, non erano certamente buoni. Si stipularono accordi di reciproco rispetto, impegni solenni (gli Estensi dovettero aprire una porta di soccorso dietro alla Rocchetta per gli Spagnoli ivi alloggiati e quest'ultimi si impegnarono a difendere tutta la città in caso di attacco). Ma la convivenza nel 1655 si interruppe definitivamente: gli Estensi, approfittando del generale indebolimento del Regno sullo scacchiere europeo, cacciarono gli Spagnoli dalla città e diedero avvio a forti e pesanti lavori sulle fortificazioni.
In questo secolo l'unico intervento urbanistico degno di segnalazione avvenne, non a caso, per opera di religiosi (siamo in epoca di Controriforma).
Il potente ordine dei Domenicani, situato nell'area nord-ovest del centro urbano (il loro convento è oggi sede del Convitto Nazionale), sfruttando la forte amicizia con il Duca estense e nonostante le proteste della comunità correggese, ottenne il permesso di abbattere alcune case sull'attuale C.so Mazzini per consentire il collegamento diretto fra il corso principale e la loro chiesa (dedicata a S. Giuseppe). Si aprì così l'odierna Piazza Don Andreoli.
Nel primo cinquantennio dei XVIII sec. assistiamo ad una lenta ripresa delle attività economiche e ad una maggior efficienza e organizzazione dell'Amministrazione ducale. Ma gli interventi edilizi furono ancora scarsi: l'accumulazione di capitali era ancora insufficiente. Se nel 1651 erano computate 379 case, tante pressappoco rimasero nel 1717, anno in cui avvenne un altro censimento.
Nella seconda metà del XVIII sec., grazie alle aumentate disponibilità finanziarie dello Stato dovute all'eliminazione di alcuni privilegi, si sviluppò una certa politica di realizzazione di opere pubbliche tese al risanamento urbano e al riordino edilizio.
Si proseguì con la prima numerazione civica (1786) che ripartiva Correggio in sei quartieri: S. Quirino, del Portico Lungo (Borgovecchio), Filatoio, S. Domenico, S. Francesco, Piazza Padella. Le case numerate erano 362. Nel 1790 venne emanato il primo Regolamento dell'Ornato. Ma la norma più importante ed organica fu sicuramente la grida del 1771 dal titolo Per l'abbellimento delle case di Correggio. Si trattò sicuramente del provvedimento più maturo dei secoli XVII - XVIII - XIX e rifletteva notevolmente lo spirito delle riforme politiche e culturali del Settecento illuminato. Notiamo in questa grida una attenzione per il dettaglio, il decoro urbano, la pulizia visiva che in certi punti addirittura anticipava i provvedimenti delle grandi città (come nel caso della prescrizione dei colori delle facciate).
Riportiamo le parti più significative di tale grida:
I. Che ogni possessore di case, le quali abbiano il loro prospetto nelle strade sopra indicate che non sia pulitamente intonacato, colorito debba farne intonacare con calcina i muri di tutto il rispettivo prospetto, e fare conseguentemente riattare ove bisogna le colonne che sostengono i muri stessi nella più decente forma coll'abbellirli con qualche tenero colore sullo esempio dei più colti paesi.
II. Sarà poi lecito, anzi dipenderà dal piacere di ogni rispettivo possessore qualunque colorito ne di prospetti purché non usi del semplice bianco, o di colore troppo forte ed osceno, o diveltam.te contrario al gusto delle fabbriche moderne.
Ma ove due case contigue fossero messe in modo che la loro unione cadesse nel mezzo di un arco della facciata allora per evitare la irregolarità che ne seguirebbe necessariamente, saranno tenuti i due possessori dare nell'una e nell'altra delle case così contigue lo stesso colorito. "
Gli investimenti pubblici più importanti di questo fine '700 furono la costruzione del cimitero fuori mura di fronte a Porta Reggio (1790), la ristrutturazione del teatro, l'istituzione nel 1785 del Collegio Civico Ducale (nell'attuale Convitto Naz.le). I privati invece erano ancora quasi completamente fermi. Discorso a parte merita l'istituzione del ghetto ebraico nel 1782 (almeno un secolo dopo quelli di Reggio e Modena) in Via Casati.
Gli ebrei detenevano un forte potere economico. isolarli non era facile; lo stesso Consiglio della Comunità, pur in modo garbato, cercò continuamente di rimandare questa decisione, voluta fortemente dal Duca d'Este. Dopo questi rallentamenti il ghetto venne effettivamente istituito, ma ospitò solamente gli ebrei più poveri. Nel 1786 SU trenta case abitate da ebrei censite a Correggio solo la metà era situata nel ghetto di Via Casati.
Nel primo cinquantennio si provvide al riammodernamento della rete fognaria e stradale. Il 18 Giugno 1816 venne letta al Consiglio della Comunità una relazione del delegato al riesame dei percorsi delle fognature e fosse, Gaspare Righetti, in cui si faceva presente al Podestà che originariamente le acque fuoriuscivano dalla città da due punti, mentre ora tutti gli scoli riversavano nella "dogara" a Sud della città.
La comunità probabilmente procedette a questa analisi in conseguenza dei focolai di tifo manifestatisi in alcune contrade della città. Ne seguì la rimozione degli impedimenti strutturali ad una maggior igiene urbana con interventi nelle contrade più degradate. Fra queste quella della Sirena i cui portici bassi e umidi con sopra granai vennero abbattuti nel 1832 assieme ai voltoni che ne chiudevano la via ai due estremi (così come i voltoni della contrada del ghetto).
Finalmente, nel 1839, si coprirono tutte le fogne della città che ancora scorrevano a cielo aperto.
L'esigenza di maggior decoro spinse la Comunità a sopprimere quegli orti che ancora si trovavano nel centro della città, cioè quelli di fronte alla basilica di S. Quirino (nell'attuale piazza S. Quirino). L'anno preciso non è documentato, ma siamo fra il 1832 (anno in cui si soppresse il voltone della contrada della Sirena che dava su S. Quirino) e il 1836, allorché fra Comune e cittadini proprietari delle case i cui retri si affacciavano sulla nuova piazza S. Quirino, si fissarono tempi e modalità per edificare decorose facciate sul fronte di questa nuova piazza.
La Commissione d'ornato a questo proposito stanziò fondi a cui poterono accedere i proprietari di quelle case. Nasce così la piazza S. Quirino.
Fra il 1850 e il 1860, con l'aumentata disponibilità finanziaria dei correggesi vennero rifatte moltissime facciate e ristrutturati molti fabbricati privati. Non dimentichiamoci, comunque, che è anche da tenere in considerazione la spinta alla ristrutturazione dovuta all'incremento demografico: se nel 1824 gli abitanti in città erano 2.157, nel 1847 salirono a 2.278 in 395 case (13 in più rispetto al 1797) e nel 1861 arrivarono a 2.596.
Ma l'intervento sicuramente più importante in materia di ordine e decoro urbano fu la decisione di praticare nel tratto di mura a meridione una pubblica passeggiata. L'intervento prevedeva un livellamento del terrapieno e la costruzione di una carreggiata attorniata da una fila di tigli che correvano su ambo i lati (sui quali venivano anche installate delle panchine).
Con quest'opera si dovette respirare un'aria sprovincializzata e culturalmente molto aggiornata in materia urbanistica. Era ciò che si stava facendo solo nelle città italiane più avanzate in materia di cultura e arredo urbano.
Ora l'inutilità delle mura dal punto di vista militare, le nuove esigenze di scambi commerciali e un consistente incremento demografico stimolarono una nuova impostazione del rapporto fisico città/territorio. Ma dalla seconda metà dell'Ottocento in poi si avverte anche per Correggio la frattura storica con il vecchio modello di città. Dobbiamo subito aggiungere che Correggio, fortunatamente, non sarà Sottoposta a quegli ampliamenti e sventramenti dissennati che interessarono gran parte delle città italiane.
| Fig. 4. Questa pianta, del 1816, è contenuta nel volume di R. Finzi L'urbanistica della città di Correggio dalle origini ai nostri giorni . , Op. cit.. E' la riproduzione, probabilmente ad opera dello stesso Finzi, di una pianta dell'epoca. E' importante notare come sia ben tracciato il disegno delle fognature. Da quest'elemento e dalla data riportata dal Finzi si può certamente supporre che la pianta originaria venne redatta in occasione dell'indagine tecnica di un certo Gaspare Righetti, incaricato dalla comunità correggese di analizzare lo stato della rete fognaria e di progettarne un completo rifacimento. L'intervento di recupero avvenne per rimediare allo stato di forte degrado che certamente non dovette essere estraneo ai focolari di tifo rilevati a Correggio proprio in quegli anni. |
Con l'unità d'Italia si adottarono iniziative importanti nel campo sociale: nel 1860 vennero aperte scuole elementari gratuite, nel 1870 l'asilo infantile, che fu ubicato presso parte del convento dei Frati minori riformati (convento di S. Francesco) e dal 1859 il collegio-seminario fu gestito dal Comune e intitolato "Istituto Antonio Allegri". Fu invece edificato ex novo il Collegio Orfanotrofio, aperto nel 1863 con un lascito di Caterina Contarelli. Questo nuovo istituto sorse inevitabilmente su area comunale, l'unica in buona parte ancora non edificata nel centro urbano (venne scelta l'area adibita ad orto dietro il Palazzo dei Principi). A poca distanza sorgeva il Teatro, il cui completo rifacimento non era più rinviabile. Era ancora quello ristrutturato a metà del Settecento e per una città in espansione le sue strutture non potevano più soddisfare le esigenze dei correggesi. Nel 1850 si approvò il progetto di una sua ricostruzione firmato da Francesco Forti.
Con i primi anni '80 iniziò il dibattito sulla ferrovia: sul luogo in cui costruire la stazione e sulle vie di accesso a quest'ultima. Si era già entrati in un ordine di idee che concepiva un'apertura della città verso l'esterno e che considerava le porte di accesso un semplice ingombro e ostacolo allo sguardo di chi proveniva dall'esterno. Nel 1879 venne abbattuta porta Modena (la disoccupazione era la motivazione più usata per sostenere l'abbattimento di pezzi di mura, porte di accesso ed edifici fatiscenti).
Nel 1882 il Consiglio Comunale diede l'incarico di progettare le strade di accesso alla Stazione ferroviaria. in quella seduta il consigliere Isaia Sinigaglia sollecitò un piano regolatore complessivo: a suo giudizio la stazione, anche se posta extra mura, avrebbe influenzato tutta la viabilità cittadina. Evidentemente questo grosso proprietario terriero e possessore di capitali aveva già intravisto una opportunità speculativa su tutta la città. infatti tre anni dopo sostenne che il progetto che l'Amministrazione stava approntando avrebbe dovuto prevedere un accesso anche dalla Strada Maestra, passando per Via Antonioli, la Rocchetta e la Nitreria. Si adombrava quindi la possibilità che la costruzione della stazione richiedesse ristrutturazioni anche dentro la città.
Nel maggio del 1886 si discusse la relazione conclusiva della commissione appositamente costituita per esaminare i due progetti presentati.
Nella relazione si affermava che ben poche città avrebbero potuto vantare un accesso così decoroso. La decisione di creare un viale alberato lungo le facciate degli edifici più decorosi (Teatro, Palazzo dei Principi, ecc.) non supera però una piatta aderenza alle mode dell'epoca. Per quanto riguarda la Rocchetta se ne propose l'abbattimento, non per scarsa sensibilità verso gli edifici storici - si sostenne -, ma perché essa non conservava più le caratteristiche originarie; nello stesso tempo si accettò la proposta di una petizione che chiedeva la salvaguardia delle mura; verrà abbattuta solo la Nitreria sulla ex porta "degli Spagnoli" (la porta a sud all'inizio di C.so Mazzini), per il collegamento stazione-città. Infine si proposero due strade di circonvallazione che si collegassero con le strade che portavano nelle campagne e nelle città limitrofe. Ma la commissione, intuendo che i finanziamenti non sarebbero bastati per tutte le opere, propose di dare priorità al collegamento stazione-centro e di rinviare successivamente la costruzione delle strade di circonvallazione. Anche questa proposta si collega a un'ottica urbanocentrica o estetica: una soluzione di questo tipo penalizzava il rapporto fra la campagna (i cui prodotti sarebbero stati uno dei principali oggetti di trasporto) e la stazione, obbligando ogni merce o persona interessata a questo mezzo di trasporto a passare per il centro cittadino.
Il Consiglio Comunale approvò la relazione tecnica e decise appunto di finanziare solo i lavori della via interna. Il 23 ottobre 1886 fu aperta la ferrovia Correggio-Bagnolo~Reggio (il tratto Correggio-Carpi verrà aperto successivamente).
La costruzione della stazione modificò ciò che era la percezione e la considerazione del più antico luogo di Correggio: piazza Castello. Anche se è vero che la Strada Maestra (C.so Mazzini) aveva già soppiantato piazza Castello, sia come attenzione al decoro, sia come "carta di presentazione" della città, è pur vero che si trattava di una piazza e non di un corso. Il mutamento di destinazione è ora evidente.
Corso Cavour diventerà un asse viario di distribuzione e di penetrazione nel centro storico (da Sud e da Est attraverso Via del Giardino). La stazione, assunta a simbolo dei nuovi tempi, diventò il nuovo polo di attrazione: la sua facciata era visibile da C.so Vittorio Emanuele (ora C.so Mazzini), cuore della città, all'altezza di Via Antonioli.
La vicenda delle mura è ancor più ingarbugliata e controversa. Se ne cominciò a parlare nel 1908, quando il Sindaco fece presente che esse erano continuamente danneggiate da vandali o menomate da furti di mattoni. In sostanza era in questi anni che maturava l'idea dell'abbattimento delle mura.
Le ragioni sono implicite nei presupposti del piano, cioè la crescita demografica e l'esigenza di nuove aree fabbricabili, che emergono anche da parecchi interventi tenuti nel Consiglio Comunale di allora.
L'approvazione da parte del Consiglio di tali proposte diede inizio al lento smantellamento delle mura che avvenne in diverse riprese e in momenti dettati o dalla richiesta di alcuni privati di aree edificabili o dalle necessità di combattere la disoccupazione.
Il 27 febbraio 1914 si decise di abbattere l'ultima porta rimasta in piedi, quella di Reggio, con l'intenzione di rendere meno pericolosa e più spedita la viabilità.
A partire dal 20 ottobre di quell'anno iniziò la fase operativa di abbattimento delle mura che proseguì, seppur con lunghe pause, sino al 1922.
A tutt'oggi le strade di circonvallazione costruite sulle "basse" non fanno altro che ricalcare a grandi linee il perimetro delle fortificazioni; gli accessi principali al centro storico rimangono dopotutto gli stessi dei secoli precedenti.
Sarà così per la stragrande maggioranza delle città italiane, segno che le mura continuano, con la loro presenza invisibile, ad essere elemento distintivo e pregnante della maggior parte dei centri storici italiani.
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