Viller Masoni
Gli ultimi anni
Correggio - Cinque secoli di politica culturale

Premessa

Non è senza un certo imbarazzo che mi accingo ad affrontare le questioni relative allo sviluppo delle istituzioni culturali correggesi negli ultimi anni.
Rimane il dubbio, infatti, che la vivezza e la persistente problematicità di quelle esperienze, oltre al fatto di avervi direttamente partecipato, possano pregiudicare la possibilità che la ricostruzione storica si delinei con la chiarezza che sarebbe necessaria.
D'altra parte condivido la posizione di coloro che rifiutano di definire la storia quale scienza del passato. In base a questo principio, infatti, verrebbero preclusi alla ricerca tutti quei fenomeni che, sotto un profilo sia cronologico che semantico, sono effettivamente contemporanei all'esistenza dello storico.
"L'operazione storica - ha scritto Jean Lacouture - mira prima di tutto alla ricerca di una linea di intellegibilità, di una relazione tra causa ed effetti, fra mezzi e fini, fra rumore e significato ". 1
Dal momento che "i nessi causali, le catene di antecedenti, le relazioni genetiche si intrecciano in filamenti sia diacronici che sincronici, è possibile analizzare un fenomeno contemporaneo o simultaneo con occhio di storico, senza per questo invadere il terreno né del sociologo, né del giornalista dedito al puro cronachismo ". 2
La storia immediata, come la chiama Lacouture, offre al ricercatore grandi vantaggi. Innanzitutto una enorme disponibilità quantitativa e qualitativa di fonti; in secondo luogo la possibilità di essere testimone degli avvenimenti che studia, anzi a volte di esserne protagonista attivo - in questo secondo caso, però, mi pare corretto che l'autore metta i lettori in grado di conoscere la parte da lui svolta, superando l'imbarazzo dell'autocitazione. Ma questi vantaggi sono armi a doppio taglio, che rischiano ad ogni momento di ritorcerglisi contro, travolgendolo o disorientandolo.
E' evidente, infatti, che se nella storia immediata il singolo avvenimento riacquista il suo peso e i suoi contorni, il movimento che si vuole ricostruire con la ricerca si pone invece al di fuori del frastuono degli avvenimenti. E questo richiede un'aumentata capacità di metodo e di analisi critica, da giocare però nel breve periodo che la ricerca immediata consente.
Lo storico immediatista insomma, per dirla con una bella immagine del solito Lacouture, "innalza il suo studio come una scala appoggiata a un muro, il muro dell'avvenimento. Deve salirne in fretta, scrutarne rapidamente il paesaggio, fare le sue scoperte, esprimersi in una sorta di impeto, di concitazione e di calore ". 3
Se a queste difficoltà obiettive si uniscono i limiti soggettivi di chi scrive, l'avvertenza iniziale trova tutta la sua giustificazione.

5.l. Gli Istituti Culturali

5.1.1. Il modello

La creazione degli Istituti Culturali e la riapertura dei Teatro Asioli costituirono, dunque, il coronamento dell'enorme sforzo che il Comune di Correggio aveva espresso nei dieci anni precedenti in direzione di una 'rinascita' delle proprie istituzioni culturali e che si era ispirato all'obiettivo di realizzare un sistema di servizi culturali moderni, qualificati e coordinati fra di loro, in grado di rispondere in modo duraturo ai nuovi bisogni culturali della città.
Come abbiamo visto, gli Istituti Culturali sono nati dallo sforzo creativo di coniugare il recupero e il restauro di un grande edificio cinquecentesco, il Palazzo dei Principi, con la ricerca di soluzioni architettoniche, culturali e organizzative adeguate all'esigenza di dar vita ad un moderno centro culturale (Figg. 86/87). Si trattava, quindi, di riprogettare l'uso sociale del patrimonio storico - artistico - documentario pubblico che si era venuto concentrando (o era ritornato) più o meno casualmente nel Palazzo nell'arco di un quarantennio. In un modo, però, che non solo fosse rispettoso delle caratteristiche strutturali dell'edificio, ma altresì fosse funzionale ad un'azione educativa ed informativa rivolta all'intera popolazione.
La soluzione fu trovata nella dimensione di un Centro culturale polivalente articolato in Museo, Archivi Storici, Galleria delle esposizioni, Sale per le attività culturali e Biblioteca la quale doveva costituire "il centro gravitazionale, la forza motrice" dell'intero Complesso. 4
Questo ruolo centrale della Biblioteca venne ulteriormente accentuato nello Statuto, nel quale gli altri Istituti Culturali erano concepiti come parte o servizi della stessa. 5
Il modello di biblioteca a cui ci si ispirò, alla cui definizione teorica-pratica anzi l'istituto correggese dette un proprio originale contributo, fu quello della biblioteca-centro culturale. Si trattava di una nuova concezione della biblioteca pubblica che si andava diffondendo in Italia proprio in quegli anni come modello culturale e organizzativo di impronta progressista che cercava di dare una risposta aggiornata e assolutamente nuova, nelle finalità e nei metodi, ad un problema che da circa un secolo angustiava il nostro Paese - cioè il mancato rapporto fra masse popolari e cultura - rispetto al quale il ruolo dei poteri pubblici fino ad allora era stato tutt'altro che irreprensibile.
Una questione, come si è visto, che si era posta con forza già sul finire del secolo scorso, in corrispondenza soprattutto di un processo di progressiva industrializzazione del paese. Questo sviluppo per un verso trovava un ostacolo nella situazione di enorme analfabetismo e ignoranza della popolazione e, per un altro verso, contribuiva a creare forze produttive e organizzazioni politiche che vedevano, seppur confusamente, nel superamento di tale condizione un fattore importante per la loro emancipazione politica e sociale. Ciò ebbe effetti (peraltro assai inadeguati) sull'espansione dell'istruzione pubblica e in parte anche sulla diffusione della pubblica lettura. Su questo secondo versante si manifestarono iniziative (soprattutto di emanazione privata-filantropica e politico-sindacale) che ebbero come denominatore comune la creazione di una rete (con maglie assai larghe e distribuzione disomogenea sul territorio nazionale) di biblioteche popolari. Si trattò di un modello, per così dire, 'divulgativo' di centro di pubblica lettura che si collocò a fianco, in modo palesemente separato, dei modello 'colto' rappresentato dalla biblioteca classica. Caratteristiche peculiari delle biblioteche popolari furono l'estemporaneità, la povertà di mezzi (spazi, fondi librari e finanziari, personale qualificato), la limitatezza della diffusione, l'uniformità dell'utenza (tutta di provenienza popolare). Esse, in quanto tali, non furono in grado (e in molti casi questo non rientrava davvero nelle loro finalità) di svolgere un autonomo compito di produzione e diffusione di fatti culturali e politici alternativi all'egemonia esercitata, in modo greve e autoritario, dalle classi dominanti.
Queste loro caratteristiche ne permisero una 'riconversione' in strumenti di controllo culturale sugli strati popolari durante il ventennio fascista, quando il regime per la prima volta interpretò in modo cosciente ed esplicito la determinazione del potere economico politico di affermare la propria supremazia di classe anche attraverso una vera e propria politica culturale. Essa ebbe la sua finalità principale nella soppressione di ogni forma di dibattito e di dissenso e nella diffusione di valori e comportamenti conformistici da raggiungere con l'impiego, abilmente propagandistico, di tutti i canali di diffusione culturale: dal libro alla radio, dal cinema alle arti figurative e cosi via. Ma le contraddizioni intrinseche del regime e la debolezza delle istituzioni statali preposte alla direzione della politica bibliotecaria impedirono di dar vita ad un sistema di pubblica lettura efficiente e ben strutturato, anche solo rispetto ai fini propagandistici assegnatigli dal fascismo.
La tradizione delle biblioteche popolari (magari con nomi mutati: biblioteche del contadino, centri del libro, ecc.) continuò anche nei primi anni successivi alla Liberazione, attraverso interventi governativi che, con metodi e contenuti adeguati al nuovo sistema democratico, si proposero di utilizzare questo modello per una diffusa operazione di propaganda politica, sfruttandone l'impostazione culturale arretrata e subalterna.
Un decisivo mutamento nella concezione dell'istituto bibliotecario e delle sue funzioni sociali avvenne quando, nella situazione di maggior dinamismo economico, politico e culturale che si verificò all'inizio degli anni sessanta cominciò ad affermarsi anche in Italia il modello di derivazione anglosassone della public library.
La filosofia che l'ispirava era quella dell'equivalenza democrazia=cultura diffusa, secondo la quale, appunto, uno sviluppo sociale ed economico equilibrato e ordinato necessitava di una diffusione della cultura che finalmente coinvolgesse anche le grandi masse di cittadini che ne erano state storicamente private. Occorreva perciò offrire a tutti maggiori opportunità formative. ai fini sia di un arricchimento culturale che di un autoaggiornamento professionale.
La biblioteca, per le sue caratteristiche di relativa duttilità e diffusione, si prestava particolarmente a interpretare il ruolo di struttura extra-scolastica di base per questa operazione di diffusione di massa di prodotti culturali aggiornati, quali l'industria editoriale italiana era ormai in grado di fornire.
Una estesa rete di moderne ed attrezzate biblioteche pubbliche, che superasse la distinzione classista fra biblioteche popolari e classiche, avrebbe perciò dovuto assicurare un democratico accesso di tutti i cittadini alla fonte prima della conoscenza: il libro. A questo fine le biblioteche, da affidare a preparati e motivati bibliotecari, avrebbero dovuto assumere un atteggiamento attivo, che non si limitasse ad aspettare gli utenti, ma li raggiungesse nei luoghi di vita e di lavoro e li accompagnasse per mano sulle strade del sapere. Questi furono in buona sostanza il messaggio e la proposta contenuti in quel fondamentale documento che l'A.I.B. diffuse nel 1964: La biblioteca pubblica in Italia. Compiti istituzionali e principi generali di ordinamento e di funzionamento. Se lo Stato (nella sua dimensione centralistica e burocratica) fu sostanzialmente sordo a quell'importante apertura culturale, una pronta sensibilità dimostrarono invece gli Enti locali, che la accolsero come punto di riferimento per le centinaia di biblioteche cui dettero vita in quegli anni. 6
Le carenze di questo modello non tardarono a manifestarsi, soprattutto in coincidenza di un tumultuoso processo politico-sociale che per un verso ne mise in evidenza il maggior limite intrinseco (cioè una pretesa 'neutralità' della impostazione politico-culturale che lo rendeva impotente ad evitare la trasformazione del lettore in mero consumatore di libri merce), per l'altro verso lo spiazzò dando rapidamente vita ad un nuovo scenario.
In quegli anni, infatti, proprio sui fenomeni culturali si giocò uno scontro assai aspro fra le classi dominanti da una parte, assai determinate per motivi economici e politici ad intervenire in modo ancor più deciso sui canali e sulle forme di produzione culturale, e il movimento operaio dall'altra, ormai consapevole dell'importanza decisiva di contrastare anche nel campo culturale l'egemonia dell'avversario di classe cercando nuovi contenuti e nuove alleanze per la propria lotta. L'atteggiamento critico verso i prodotti culturali divenne perciò prioritario rispetto al loro consumo, mentre d'altra parte l'affermarsi su larga scala dei nuovi mezzi di comunicazione audio-visuali tolse al libro il primato di maggior veicolo della cultura. Maturavano così le condizioni per l'elaborazione di un nuovo modello di biblioteca che venne intesa come strumento di base non solo per la diffusione culturale, ma soprattutto per la costruzione di una coscienza critica dei cittadini. Cinque sembrano essere le caratteristiche della politica culturale che ha avviato la realizzazione di questo nuovo tipo di biblioteca.
l. Una visione egualitaria delle opportunità culturali, nel senso che la cultura veniva ritenuta un bene primario al quale tutti avevano diritto. Si poneva perciò il problema di una sua più ampia diffusione, attraverso il superamento degli ostacoli e delle barriere (politiche e organizzative) che storicamente avevano contribuito a tenere lontana la maggior parte dei cittadini e in particolar modo le masse lavoratrici. L'intento era quello di sostituire una concezione egualitaria della cultura a quella elitaria. Era questo l'elemento che veniva ereditato dal modello delle public library.
A questo principio egualitario si ispirava anche l'iniziativa per il decentramento culturale, che muoveva dalla considerazione che tutti i cittadini dovessero avere le stesse opportunità culturali, sia che abitassero nel centro o in un quartiere periferico di una grande città o che risiedessero in un piccolo paese di provincia.
Non è certamente un caso che tale questione fu strettamente connessa, condividendone i successi ma anche le battute d'arresto, a quella del decentramento dello Stato e dell'affermazione delle autonomie regionali e locali.
2. Una visione alternativa della cultura. Essa derivava in numerosi casi da una interpretazione classista della società che vedeva i contenuti e i modelli culturali dominanti come funzionali all'ideologia capitalistica. In altri casi come reazione, più morale che politica, ad un processo di mercificazione e massificazione della produzione culturale che si concretizzava nella diffusione di modelli culturali e comportamentali stereotipati ritenuti lesivi di una crescita consapevole ed autonoma della personalità individuale. La prima attenzione doveva, quindi, essere rivolta a sollecitare e attrezzare un atteggiamento critico dei cittadini verso i messaggi culturali diffusi attraverso i nuovi dilaganti mass media (soprattutto la TV). Quest'opera di decodifica doveva poi essere accompagnata da una ricerca tesa ad elaborare contenuti culturali alternativi a quelli dominanti, sia andando alla riscoperta delle tradizioni culturali autenticamente popolari, sia rivedendo criticamente e selezionando i momenti significativi, in quanto portatori di valori universali, che la cultura cosiddetta alta aveva saputo cogliere e interpretare.
3. Una visione politicizzata della cultura, nel senso che una sua diffusione critica doveva servire non solo ad un arricchimento morale ed ideale dell'individuo, ma anche a favorire e a precisare i contenuti dei sostanziali cambiamenti socio-politici di segno anticapitalistico che si perseguivano. Questa impostazione non fu certamente comune a tutte le iniziative e realizzazioni promosse in quegli annida numerosi Enti locali; ma su queste posizioni si trovò schierata una vasta area di forze di matrice politica ed ideologica diversa, unita dalla stessa convinzione che il modello capitalistico di società era storicamente (o moralmente) superato e che uno dei fronti privilegiati su cui condurre la battaglia per una sua profonda trasformazione o eliminazione era proprio quello della cultura. Pertanto le sedi istituzionali della produzione e diffusione culturale non potevano rimanere neutrali rispetto ad un conflitto che coinvolgeva ogni aspetto e ogni segmento dell'organizzazione sociale.
4. Una visione globale della cultura, capace cioè di ricomporre tutti gli aspetti della vita, del pensiero e dell'attività dell'uomo, tutti i prodotti della sua creatività, tutti i risvolti dell'ambito sociale, economico e naturale entro il quale egli vive ed opera. Ne derivava il rifiuto di ogni separatezza nei concetti di cultura e di bene culturale, così come la ripulsa per ogni gerarchizzazione che pretendesse di collocare a gradi diversi di valore assoluto questo o quel bene culturale, questa o quella forma di creazione culturale. Veniva insomma abbracciata una visione complessiva della cultura che accoglieva tutti i modi di socializzare, di comunicare e di informare cui l'uomo aveva storicamente dato vita. In questa prospettiva assumevano nuova forza anche i valori locali del patrimonio culturale che spesso nel passato erano invece stati oggetto di scherno, perché giudicati coi parametri restrittivi di una concezione istituzionale e non antropologica dei beni culturali. 7
5. Una visione partecipata dell'organizzazione culturale, nel senso che il cittadino oltre al ruolo di fruitore/produttore di cultura era chiamato ad esercitare (in forme dirette o delegate a suoi rappresentanti) quello di gestore dei servizi e soprattutto delle attività erogate dalle istituzioni culturali. Questo atteggiamento rientrava nel progetto più generale di dar vita ad una democrazia partecipata, la quale doveva soprattutto concretizzarsi in una presenza più attiva e diffusa dei cittadini nella gestione della cosa pubblica. Proprio nei servizi sociali e culturali questa scelta politica ebbe maggiore diffusione e produsse i risultati più stimolanti.
Sulla base di questi presupposti politico-culturali 8 all'inizio degli anni settanta la biblioteca pubblica venne decisamente orientata verso il modello di biblioteca-centro culturale. In questa nuova versione culturale e organizzativa, la biblioteca ha avuto una diffusione e un'importanza sociale come mai, probabilmente, aveva avuto nella sua precedente storia. 9
Si trattava di una concezione che dilatando al massimo il modello della public library, ne superava l'impostazione paternalistica proponendo il passaggio della biblioteca da centro ili consumo a centro di promozione e di produzione della cultura. 10
Assieme al compito tradizionale della organizzazione e distribuzione del libro (che comunque veniva rinnovato con l'adozione di nuove procedure biblioteconomiche - gli scaffali aperti e la classificazione decimale Dewey - e un diverso atteggiamento culturale - l'animazione del libro) prendeva corpo e si affermava come secondo polo di importanza anche maggiore il compito della promozione culturale.
L'asse culturale della biblioteca, già spostatosi con il modello di importazione anglosassone dal rapporto biblioteca-catalogo a quello biblioteca-utente, subiva ora un ulteriore allineamento verso il rapporto biblioteca-territorio. L'attività culturale era per un verso rivolta a 'catturare' nuovi lettori, per costruire una nuova e più ampia utenza; per un altro verso essa si proponeva di inserire la biblioteca "nel vivo della dinamica comunitaria", con lo scopo di "coinvolgere" le categorie sociali storicamente escluse dalla vita culturale (operai e contadini soprattutto) in uno sforzo di "elaborazione comune dei problemi comuni ". 11 Vi era quindi un intervento diretto sul territorio che si proponeva non solo di richiamare nuovi utenti in biblioteca (visto come risultato lontano e perfino secondario) quanto quello di giocare un ruolo di agente socio-culturale a tutto campo. Di qui la definizione di centro culturale tout court, dove la caratteristica peculiare della biblioteca (il suo rapporto col libro e il lettore) finiva col mescolarsi (a volte smarrendosi) a tutta un'altra serie di funzioni che per lo più erano di supplenza (se non addirittura di invadenza) rispetto alle carenze di altri soggetti (scuola, associazionismo culturale e ricreativo, ecc.) o rispetto a fenomeni ed esigenze sociali nuove alle quali momentaneamente la biblioteca/centro culturale, per la sua particolare duttilità strutturale e dinamicità promozionale, riusciva a trovare risposte convenienti.
Per assolvere più compiutamente ai nuovi obiettivi, la strumentazione venne allargata alle forme e alle tecniche della comunicazione audiovisiva, per cui si parlò inizialmente di bibliocineteca.
Il professionista, l'operatore di queste nuove realtà era l'animatore culturale, risultato della metamorfosi a cui fu sottoposta la figura del bibliotecario tradizionale. 12
Più in generale l'animazione culturale divenne la nuova filosofia della biblioteca/centro culturale. Tale impostazione privilegiava, anche dal punto di vista tecnico-organizzativo, i momenti orizzontali (complessivi) rispetto a quelli verticali (specifici). In altri termini l'elemento dominante diveniva quello dell'organizzazione culturale sul territorio, della quale
la biblioteca doveva essere il punto di riferimento e di raccordo (ma più spesso di promozione), rispetto allo sviluppo e alla qualificazione di quegli aspetti (di informazione e documentazione aggiornata, di conservazione e promozione dei fondi librari e documentari) più legati alle specifiche caratteristiche dell'istituto.
Questo, mi pare, è il quadro di riferimento al quale vanno rapportati anche gli sviluppi )degli Istituti Culturali di Correggio nel corso degli anni settanta.
Lo sfondo, quindi, fu quello della parte d'Italia che promosse e sostenne uno sforzo intelligente e generoso per la diffusione della cultura e l'emancipazione civile, a fronte di un'altra parte, assai consistente, del paese che, verrebbe da dire, 'conservò' l'immobilismo e l'arretratezza culturale.
Ancora una volta ci piace prendere a prestito le parole - appassionate ma giuste - di Giovanni Lazzari per delineare un bilancio complessivo di quegli anni.
"Oggi, nel tempo in cui molti miti della cultura di quel periodo sono stati decantati, per un più maturo spirito critico talvolta o più spesso per la considerazione realistica e indulgente al pessimismo delle difficoltà e dei limiti di quelle utopie, della biblioteca centro culturale polivalente, di quella elaborazione teorica e programmatica, si sottolineano le inadempienze e gli errori. [... ] Eppure [... ] non deve essere dimenticato il loro valore fondamentale, il loro rappresentare un impegno nuovo dell'autorità politica che si saldava da un lato con le capacità progettuali dei bibliotecari e che dall'altro aveva radici ben riconoscibili nella elaborazione culturale contemporanea. [... ] Essi non erano dunque 'salti in avanti' impropri, per la completa assenza di una base reale di biblioteche pubbliche funzionanti, ma necessarie configurazioni dell'unica politica possibile in una realtà generalizzata di disaffezione alla lettura, di estraneità dei ceti popolari dal circuito culturale delle grandi città e degli intellettuali, di cui legittimamente si rifiutavano i privilegi. Un più attento esame critico di quelle esperienze potrebbe infine dirci che il loro fallimento, se esso in realtà si sia verificato, possa ricondursi in ultima analisi alle difficoltà esterne, al peso dei condizionamenti di una situazione di crisi economica generale più che a vizi propri ". 13
Nel caso di Correggio non c'è dubbio che tali difficoltà esterne pesarono in modo decisivo, ancorché non esclusivo, nel determinare i difetti o, meglio, i ripiegamenti rispetto Al modello di Centro culturale polivalente inizialmente abbozzato.
Se, come si è visto, da subito alla Biblioteca venne assegnato il ruolo di perno, di forza motrice degli Istituti Culturali, è altresì vero che questi erano concepiti come un complesso multifunzionale di cui avrebbero dovuto far parte anche il museo, gli Archivi, una Videoteca, Sale per esposizioni e per altre attività culturali. Il fatto è che all'apertura della Biblioteca si riteneva di poter far seguire in tempi abbastanza ravvicinati quella degli altri Istituti.
La realtà è stata assai diversa. Per motivi prima di tutto economici e amministrativi la realizzazione delle altre strutture e servizi è stata molto diluita nel tempo, anzi è ancora oggi incompiuta. Ciò ha comportato una effettiva discrasia fra modello progettuale e realtà, ma anche fra singole parti del modello. E' cioè avvenuto che a una realtà incompleta sono stati assegnati, più o meno consapevolmente, il nome e i compiti dell'intero modello. Di fatto alla Biblioteca, che a lungo è stato l'unico istituto culturale funzionante, non solo sono stati affidati i compiti e la denominazione di centro culturale, di centro cioè di aggregazione sociale e di promozione culturale legata al libro e agli altri strumenti di comunicazione di massa, ma essa ha dovuto altresì interpretare il ruolo e i compiti dell'intero Centro culturale polivalente, trovandosi in qualche misura a sostituire istituzioni o servizi che ancora non c'erano (il Museo) o erano state concepite senza poter prevedere l'enorme sviluppo - sotto il profilo sia sociale che tecnologico - che le avrebbe investite di lì a poco e che ne avrebbe messo in evidenza l'inevitabilità di uno sviluppo autonomo (il settore audiovisivi).
La Biblioteca si è trovata così ad attivare, all'interno della propria iniziativa di promozione culturale, anche depositi storico-artistici, attrezzature e problematiche estranee alla sua natura e non supportate dalle corrispondenti istituzioni.
Il Centro culturale polivalente non si è insomma realizzato attorno ad una equilibrata integrazione di diversi Istituti (con tutto ciò che essi comportano in termini di spazi, problematiche culturali e tecniche, immagine e, soprattutto, personale), ma su una dilatazione esterna della Biblioteca (della sua immagine, del suo campo d'intervento, delle competenze richieste al suo personale) che ha finito col diventare il Centro culturale polivalente tout court.
Questi sviluppi degli Istituti Culturali nel corso degli anni settanta sono riscontrabili, oltre che nel loro modo di operare concretamente, anche nel dibattito che si svolse tra le componenti della gestione sociale (all'interno della quale ebbero un ruolo di rilievo anche gli operatori) e tra le forze politiche correggesi. 14
Un dibattito che, per la verità, si occupò assai più dei problemi della gestione sociale e degli obiettivi politico-culturali degli Istituti Culturali che direttamente del loro modello tecnico-organizzativo.
In questo confronto, come vedremo in modo più analitico occupandoci della gestione sociale, vennero via via precisandosi due opzioni politico-culturali.
Da una parte vi era chi, rendendo operativa la coincidenza fra politica e cultura, intendeva gli Istituti Culturali e la loro gestione sociale come un soggetto politico-culturale autonomo, pienamente abilitato a impegnarsi a tutto campo sui problemi sociali-politici-economici della città confrontandosi da pari a pari con il sindacato, i partiti, le associazioni sociali , culturali e con la stessa Amministrazione Comunale.
A questo approccio corrispondeva una minore preoccupazione per le questioni tecnico-organizzative, per gli aspetti più di istituto e, quindi, per la diversificazione e valorizzazione dei singoli 'comparti' che componevano il centro culturale; interessava di più, semmai, individuare una specificità del modo di operare degli Istituti Culturali rispetto ai suoi diversi interlocutori: gli insegnanti, i ragazzi, i lavoratori, ecc.
Non a caso uno dei cavalli di battaglia, e assieme una delle rivendicazioni nei confronti della Giunta Municipale, promosse da chi si riconosceva in questo orientamento, fu la richiesta di dotare gli Istituti Culturali di un proprio autonomo organo di informazione: un periodico che facesse capo al Comitato di gestione.
Il secondo approccio, pur partendo da molte considerazioni analoghe, venne via via mettendo l'accento sul compito esclusivamente culturale di tali Istituti, che dovevano pertanto rinunciare alla 'pretesa' di sostituirsi, di volta in volta, al sindacato, all'associazionismo, ai consigli di quartiere, alla scuola, ecc.
Questo orientamento era anche preoccupato di evitare polemiche e contrasti fra la gestione sociale e l'Amministrazione Comunale, riconoscendo che, pur con l'autonomia che li doveva contraddistinguere, gli Istituti Culturali erano pur sempre un servizio comunale.
Tale approccio era più sensibile agli aspetti specificamente tecnico-culturali dei Centro e anzi si fece via via portavoce dell'esigenza di svilupparne e valorizzarne ogni singola struttura individuando, pur all'interno dello stretto collegamento interdisciplinare che doveva caratterizzare il Centro culturale polivalente, tre poli di sviluppo: biblioteca/archivi, fonoteca/audiovisivi, museo/pinacoteca.
Con una qualche forzatura, perché queste due opzioni non sempre e non necessariamente coincisero con schieramenti partitici, si può dire che nel primo orientamento si riconosceva soprattutto il PSI, nel secondo soprattutto il PCI.
Il ruolo della DC in quegli anni fu invece piuttosto marginale, affidato all'apporto personale di qualche suo esponente; non fu cioè sorretto da uno sforzo di elaborazione originale, limitandosi di tanto in tanto a richiedere obiettività e pluralismo culturale, principi peraltro condivisi da tutti e in larga parte corrisposti dai fatti, o ad avanzare critiche e riserve su questa o su quella attività. Nell'insieme la Democrazia Cristiana teneva una sorta di atteggiamento difensivo, sospettoso, a volte quasi indispettito: da maggiore partito di opposizione era forse portata a considerare gli Istituti Culturali soprattutto come un formidabile strumento in mano alla maggioranza di sinistra: valido tanto per usi interni (ad esempio per consentire all'ente locale di introdursi in un terreno, quello della scuola, tradizionalmente egemonizzato dal mondo cattolico), quanto per usi esterni (l'attenzione che prestigiosi studiosi e istituzioni culturali di rilievo regionale o nazionale, nonché la stampa, rivolgevano al Centro culturale correggese, finiva col riflettersi positivamente sull'intera Amministrazione Comunale 'rossa').
Anche tenendo conto di questo va quindi interpretato il suo continuo insistere sulla necessità di un pluralismo delle istituzioni, sulla sua richiesta di un ridimensionamento dell'iniziativa degli Istituti Culturali e del Teatro.
Se il suo ruolo di opposizione impedì alla DC un atteggiamento più aperto e costruttivo nei confronti delle istituzioni culturali comunali, è forse anche vero che il ruolo di governo fece velo alla sinistra nella comprensione degli esatti termini del
"rapporto tra l'attività notevole degli Istituti Culturali e un certo grado di carenza del libero associazionismo culturale. Bisogna chiedersi - si sosteneva nel già citato documento DC del 1977 - se gli istituti Culturali hanno veramente lavorato per far nascere nuove esigenze culturali nella popolazione, esigenze che poi essa cercherà autonomamente di soddisfare, o non hanno più o meno inconsciamente riempito tutti gli spazi ".
Non ci si poteva lamentare, come spesso faceva il Consiglio di gestione o la stessa Amministrazione Comunale, delle carenze dell'associazionismo culturale e contemporaneamente tenere una condotta che di fatto finiva con l'assorbire all'interno della gestione sociale tutti i fermenti e i leaders emergenti dal sociale, tagliando così l'erba sotto i piedi all'associazionismo medesimo.
In questo modo l'Ente locale, anche senza averlo come consapevole obiettivo, assumeva un ruolo pressoché esclusivo nel campo culturale, pur garantendo, attraverso la gestione sociale, un alto livello di rappresentanza e di pluralismo culturale.
Al di là delle diverse, per qualche aspetto assai diverse, interpretazioni che se ne davano tutti i protagonisti della vita culturale e politica correggese concordavano sul fatto che una delle caratteristiche salienti e qualificanti degli Istituti Culturali fosse il suo configurarsi come Centro culturale polivalente, che faceva di Correggio uno dei punti avanzati, quantomeno a livello regionale, dell'intervento pubblico in campo culturale.
Che questa considerazione non fosse solo frutto delle velleità di amministratori, operatori, esponenti politici e culturali correggesi, lo attesta la circostanza che, nel luglio 1976, l'Assessorato regionale alla Cultura scelse proprio Correggio per tenere una consultazione su quella che poi sarebbe diventata la L.R. 27 giugno 1977 n. 28, Interventi per la creazione di servizi culturali polivalenti e per iniziative di rilevazione e conservazione del patrimonio bibliografico e artistico.
A tale incontro partecipò una cinquantina fra amministratori e operatori di piccole e medie città emiliano-romagnole che con più prontezza e convinzione si stavano muovendo nella realizzazione di Centri culturali comunali.
E parimenti certo che quelli che si chiamavano Istituti Culturali erano in quel momento essenzialmente una versione dilatata della biblioteca/centro culturale: nei fatti - per le ragioni che si sono poc'anzi dette - e nell'elaborazione teorica.
"Non c'è dubbio - sostenne il direttore degli Istituti Culturali in una comunicazione tenuta nel 1976 ad un Convegno nazionale di Italia Nostra - che un connotato che viene a poco a poco delineandosi nel panorama dell'organizzazione culturale dei Comuni minori sulla scia di esempi che tendono a moltiplicarsi, è quello di puntare sulla Biblioteca Pubblica come ad una attrezzatura culturale di base, come all'Istituto più idoneo per assolvere ai compiti della promozione,
dell'informazione, dell'animazione di una comunità. Ed ecco allora l'esigenza di creare e configurare la Biblioteca Pubblica come un vero e proprio centro culturale polivalente "
.
Un indicatore significativo di questo stato di cose è rappresentato dall'evoluzione del profilo professionale degli operatori culturali: assunti all'inizio degli anni settanta con le qualifiche (previste dallo Statuto della Biblioteca Comunale del 1972) di aiuto-bibliotecario e animatore culturale della sezione ragazzi della Civica biblioteca, nel corso del decennio abbandonarono questa specifica connotazione e si occuparono del complesso dei servizi e delle attività promosse dal centro culturale; tanto che in una "riorganizzazione degli uffici e servizi" deliberata nel 1979 con atto n. 210, le loro qualifiche vennero assimilate e ridenominate animatore culturale, mentre il posto di Direttore Biblioteca venne riqualificato in Direttore Istituti Culturali e Biblioteca civica.
Verso la fine degli anni settanta, come si sa, si cominciò a mettere in discussione il modello di biblioteca/centro culturale, prima con critiche in 'ordine sparso', poi via via con contestazioni sempre più globali e con l'esplicito intento di sostituirlo con un nuovo modello di biblioteca di base; punto di arrivo delle prime e catalizzatore del secondo può essere ritenuto il Convegno Biblioteca, quale modello, organizzato nel novembre 1981 dalla Provincia di Milano e dal Comune di Novate Milanese. 15
Al modello biblioteca/centro culturale veniva riconosciuto il grande merito di avere per la prima volta messo in contatto la generalità dei cittadini con la biblioteca e le problematiche culturali, sancendo in modo irreversibile il carattere 'obbligatorio' dell'intervento pubblico nel settore della cultura.
Il limite 'politico' di tale operazione era semmai il fatto che essa era stata promossa e sostenuta da una parte sola dell'apparato pubblico, quella costituita dall'insieme delle autonomie locali, mentre lo Stato centrale aveva continuato a manifestare un'insufficiente mobilitazione (di risorse finanziarie e di impegno politico) e una dannosa visione centralistica e burocratica.
Nel contempo veniva però sottolineato
"che la biblioteca, attratta da nuove suggestioni, non è riuscita a sviluppare il suo ruolo primario legato alla lettura, all'informazione, alla documentazione; ruolo che progressivamente si è come appannato e immiserito ". 16
Soprattutto era mancata
"una 'cultura della biblioteca come servizio' che contribuisse ad equipararla ad altri servizi di base (per esempio quelli sociali o sanitari) che vengono da tempo erogati 'con convinzione' dall'ente locale; è stato invece quasi sempre vissuta, in termini riduttivi e confusi, come mero `momento promozionale ". 17
L'affermazione della biblioteca come servizio comportava l'assunzione di un ruolo autonomo da parte della biblioteca stessa, che doveva pertanto essere liberata da tutta una serie di compiti e di funzioni (centro di aggregazione giovanile, luogo di socializzazione, struttura di doposcuola e sussidio parascolastico, centro di organizzazione di spettacoli e iniziative varie per il tempo libero, ecc.) che erano si importanti (e andavano magari sviluppate mettendo a punto politiche e strutture ad hoc) ma dei quali non era possibile far carico stabilmente alle biblioteche, 'pena l'immobilismo nei loro servizi fondamentali e uno stile improvvisato e raffazzonato anche nell'adempimento di quelli surrogati ". 18
Una nuova funzione delle biblioteche, dunque, comportava come primo passo "il reinserimento del libro e della lettura nel panorama della comunicazione, dal quale sono stati in parte emarginati ". 19
Era innanzitutto in questa direzione che doveva esercitarsi il ruolo attivo e promozionale della biblioteca: senza nostalgie per una impostazione 'bibliofila' di vecchia memoria, ma impegnata invece in un più ampio processo di "rifondazione e rilancio di una moderna cultura del libro ". 20
Il che non significava pensare che la biblioteca dovesse tornare ad essere un asettico luogo di distribuzione di libri e informazioni.
Vi era chi, infatti, raccomandava di tener vivo il ruolo 'educativo' della biblioteca: partendo dalla constatazione che "non ogni attivazione delle informazioni è di per sé valida", questa opinione invitava i bibliotecari, nel pieno rispetto delle coscienze altrui e dei pluralismo culturale, a preoccuparsi non solo della quantità delle informazioni da mettere a disposizione degli utenti, ma anche della stimolazione di un loro uso critico. 21
Veniva quindi considerata auspicabile la promozione di una "attività culturale
estensiva"
dei servizi istituzionali della biblioteca, a condizione però che essa non risultasse centrale rispetto ai servizi stessi. 22
In definitiva il dibattito che si aprì nei primi anni ottanta portò a delineare un mode biblioteca/centro di informazione e di documentazione capace di essere, per il territorio di sua competenza:
a) il punto di riferimento centrale per tutto ciò che riguarda l'informazione e la documentazione bibliografica generalmente intesa, sia sotto il profilo didattico e di educazione alla lettura, sia sotto quello più strettamente informativo;
b) l' 'archivio naturale' della produzione bibliografica e documentaria locale, al fine di arricchire sia la memoria storica che l'informazione attuale. 23
In quegli stessi anni anche la Regione Emilia-Romagna avviava un ripensamento rispetto alla strada aperta con la L.R. 28/1977. Già nel 1979 veniva precisato che essa non aveva inteso dar vita a "centri polivalenti", cioè a "contenitori polifunzionali, che raccolgono in sé le diverse istituzioni presenti nel territorio, privilegiando l'una o l'altra (bibliocentrismo, museocentrismo, ecc.) ". 24
Successivamente si sottolineò autorevolmente la differenza fra centri e servizi culturali polivalenti.
Il 'centro' polivalente è una espressione che lascerebbe pensare ad uno spazio unico chiamato ad assolvere ad un complesso di esigenze. Quando parliamo di servizi 'culturali polivalenti parliamo invece di una unicità che è più logistica che non organizzativa [... ] Non si tratta tanto di allestire un centro 'culturale polivalente che contemporaneamente si occupi di cinema, teatro, animazione, ed altro, quanto di collocare in quello splendido 'contenitore' egregiamente recuperato, 25 la sede di diversi 'servizi' culturali polivalenti; che certamente raggiungono la loro unità, ma nel momento della programmazione, dell'intervento. Più di una volta questa espressione `centro culturale polivalente' ha spinto a non rendere sempre percepibile il tratto specifico di un 'servizio' culturale ". 26
Di fatto si era già imboccata la strada - sancita poi con corrispondenti provvedimenti legislativi 27 - di definire finalità, strumenti organizzativi, strutture funzionali, profili professionali del personale, procedure di finanziamento, ecc. di specifiche istituzioni e servizi destinati ad occuparsi, di volta in volta, di materiale bibliografico o museografico (e relative problematiche), di attività teatrali, musicali, cinematografiche o di promozione culturale in genere.
E' evidente che tutto ciò ebbe dei riflessi sull'esperienza che si stava svolgendo a Correggio.
Si riaprì un dibattito che ormai da alcuni anni languiva, di pari passo con gli organismi di gestione sociale che, nel bene e nel male, negli anni precedenti erano stati punto di incontro di forze culturali e sede di confronto e di riflessione sulle questioni di politica culturale.
L'uno e gli altri si erano scontrati, oltre che con una situazione generale di crisi dei centri culturali e della partecipazione, con una gestione dell'Assessorato alla cultura (che trovò accondiscendenza da parte della direzione tecnica) troppo preoccupata di giocare l'immagine delle Istituzioni culturali comunali in termini di consenso politico per essere disponibile a confrontarsi con posizioni dissenzienti o semplicemente problematiche.
Ciò ebbe conseguenze negative sulla verifica che allora più che mai, dopo quasi un
decennio di attività con caratteristiche sperimentali, era necessario compiere per non rimanere spiazzati rispetto all'evoluzione della situazione nazionale regionale e, per qualche aspetto, anche provinciale.
Il confronto risultò invece inquinato perché per un verso fu visto come il fumo negli occhi, quindi da evitare il più possibile (anche ricorrendo ad atteggiamenti autoritari), per un altro verso risultò fuori misura, perché caricato del compito di contestare anche politicamente quel tipo di conduzione.
In questa chiave va letto un documento che il PCI diffuse alla fine del 1981. 28
In esso si sosteneva la necessità di superare una situazione che vedeva i singoli Istituti (museo, Fonoteca, Archivi, ecc.) come parte della Biblioteca:
"Si può ormai pensare all'esistenza autonoma (anche se non separata e autarchica), accanto alla Biblioteca-Archivi (al complesso cioè delle strutture e delle problematiche che fanno riferimento allo strumento e al documento scritto), di un Servizio Audiovisivi (che faccia perno su Fonoteca,
Cineteca e Videoteca e in genere sugli strumenti audiovisivi e sulle relative problematiche) e di una Pinacoteca-Museo (che si occupi anche della salvaguardia e della valorizzazione del patrimonio e della creazione artistica, nel loro ventaglio più vasto e dilatato) "
.
Veniva in sostanza proposto, accanto al criterio di un approccio interdisciplinare verso i diversi aspetti della cultura e gli strumenti della sua comunicazione, l'esigenza di soddisfare la specificità di ognuno di essi, evitando inopportune sovrapposizioni gerarchiche, teoriche e metodologiche.
Si andava però chiaramente oltre questo proposito quando si proponeva una Assemblea degli utenti e un Comitato di gestione per ognuno dei tre Istituti: a tali organismi doveva essere assegnato, con una certa diversificazione di ruoli, il compito di gestire con ampia autonomia ogni aspetto del funzionamento dell'Istituto a cui erano preposti.
Ad evitare i rischi di separazione avrebbe dovuto provvedere un Comitato di Coordinamento (formato dai tre Comitati di gestione riuniti assieme) cui sarebbe spettato fissare le linee generali di programmazione dell'intero complesso, stabilire le priorità di intervento, suddividere le disponibilità finanziarie fra i tre Istituti.
Contestualmente il PCI, in occasione della discussione in Consiglio Comunale delle linee programmatiche degli Istituti Culturali per il 1982, propose l'organizzazione di un Convegno che riaprisse fra le forze politiche, sociali e culturali della città il confronto sulla politica culturale dell'Ente locale. 29
A questa 'offensiva' del PCI - rafforzata da un incontro pubblico organizzato nel maggio 1982 col significativo titolo "Una svolta nella politica culturale della nostra città 30 - il PSI (del quale era leader l'assessore alla cultura) replicò con un documento nel quale si dichiarava innanzitutto l'intenzione di
"sgombrare il terreno da un'ipotesi di strutturazione organizzativa degli Istituti Culturali/Centro polivalente della nostra città che ne prefigura una loro parcellizzazione e frantumazione e conseguentemente una autonomia gestionale dei singoli istituti (la biblioteca e gli archivi, il museo, la fonoteca e gli audiovisivi). Occorre precisare che l'ipotesi del centro polivalente nei comuni medio-minori (e cioè la sua organizzazione e articolazione all'interno di un contenitore) ne contempla anche una unitarietà e interdipendenza di funzioni che possono essere assicurate solo da una unitarietà di gestione ". 31
Cosicché anche queste problematiche entrarono a far parte di una verifica più complessiva che si concluse all'inizio del 1983 con l'uscita del PSI dalla maggioranza.
Dopo di allora la situazione si è venuta via via rasserenando, ma il confronto pubblico sulle istituzioni culturali è rimasto sostanzialmente limitato ad affrettati e sporadici dibattiti in Consiglio Comunale: in occasione dell'approvazione dei programmi 'stagionali' delle attività culturali o di provvedimenti particolari, seppure di rilievo. Ad esempio non si è ancora svolta la Conferenza Comunale sul ruolo delle Istituzioni Culturali, benché il Consiglio Comunale l'avesse approvata (coi voti del PCI) nel gennaio 1984.
Ha invece avuto attuazione il Regolamento di gestione delle Istituzioni culturali pubbliche, approvato dal Consiglio Comunale (con i voti del PCI e della DC) nel gennaio 1985, il cui art. 18 così si esprime:
"Gli Istituti Culturali di Correggio si configurano come Centro polivalente al cui interno si individuano 3 sezioni: 1) Archivio - Biblioteca. 2) Museo-Pinacoteca. 3) Centro Audiovisivi. Le tre sezioni rappresentano il fulcro intorno a cui si svolge in modo prevalente l'attività degli Istituti Culturali ".
Come si vede si è pervenuti ad una soluzione equilibrata che nell'impostazione supera la connotazione bibliocentrica che ha contraddistinto la vita degli Istituti Culturali, ,confermandone tuttavia la peculiarità della polivalenza (Figg. 72/74).
In questo risultato sono probabilmente confluite, con un po' di approssimazione non essendovi stata l'occasione per un ampio confronto di politica culturale, sia mediazioni politiche sia riflessioni individuali di carattere tecnico-culturale che, storicizzando l'esperienza locale fin qui condotta e tenendo conto anche del dibattito nazionale, sono venute via via maturando, pur con diverse accentuazioni, le coordinate entro cui realizzare un aggiornamento del modello di Centro culturale polivalente, o almeno della versione che si è venuta concretizzando nel tempo a Correggio.
Così, ad esempio, a proposito delle "possibili forme di organizzazione delle raccolte storiche locali da parte delle istituzioni culturali
pubbliche dei Comuni"
, è stato sostenuto che "sul piano strutturale (sempre tenendo presente che l'ipotesi va riferita ai centri medio-piccoli) sono da preferirsi spazi multipli all'interno di un modello polivalente articolato sulla coabitazione in uno stesso contenitore di istituti e servizi complementari e integrati. Le raccolte di documentazione locale a seconda della natura del supporto saranno collocate a disposizione dell'utenza, con metodologie appropriate e differenziate, nella biblioteca, nel museo, negli archivi storici, nella mediateca ". 32
Altrove 33 si è sostenuto che la definizione di un nuovo modello di biblioteca che distingua i due termini precedentemente uniti 'biblioteca' e 'centro culturale polivalente', permette di porre in modo più corretto anche la ricerca di una definizione concettuale e organizzativa di quest'ultimo, superandone la connotazione bibliocentrica che l'ha finora quasi sempre contraddistinto.
Consente cioè il recupero di una serie di obiettivi e caratteristiche che inopportunamente erano stati affidati alla sola biblioteca e che erano perciò risultati mortificati e mortificanti (delle specificità proprie di quest'ultima). Ci si riferisce in particolare ad un approccio globale verso i fenomeni culturali che evidenzi, parafrasando le parole del sociologo Everardo Minardi 34
- la natura sociale - essenzialmente unitaria - dei processi culturali, cui fa seguito la necessità di procedere alla ricomposizione dei molteplici approcci disciplinari e settoriali che stanno alla base dei diversi criteri di classificazione dei fatti culturali;
- un modello di integrazione e di comunicazione interdisciplinare delle diverse forme di espressione culturale, teso ad evidenziarne l'unità sociale nell'ambito del territorio e della popolazione da cui sono state prodotte ed organizzate;
- un modello di organizzazione delle modalità di accesso e di fruizione dei beni culturali da parte della popolazione che si fondi sulla permanente integrazione degli istituti culturali con diversa specializzazione.
Impostato in questi termini, il problema della definizione delle caratteristiche concettuali e organizzative del 'centro culturale polivalente' evidenzia l'esistenza di momenti verticali e di momenti orizzontali che debbono trovare un giusto intreccio che non penalizzi i primi e contestualmente valorizzi i secondi (che sono quelli maggiormente innovativi).
Questo modello organizzativo può, ad esempio, trovare una proficua realizzazione in quelle realtà di media entità in cui esiste una pluralità di istituzioni culturali (biblioteca, museo, archivi storici, teatro, ecc.) alle quali una lunga tradizione ha consentito di accumulare un prezioso bagaglio di sedi storiche, di fondi documentari e artistici, di esperienze culturali e tecniche, ecc.
Se, infatti, le dimensioni modeste di queste istituzioni per un verso le rendono più fragili 41 piano strutturale e organizzativo, per un altro verso consentono un rapporto più dinamico col territorio e una maggior possibilità di interagire fra di loro.
In questi casi diviene possibile dar vita a Centri integrati di servizi culturali diversi, nei quali siano rispettate le caratteristiche istituzionali di ognuno e una pari dignità sul piano culturale.
In simili situazioni diviene anzi proficuo trovare forme di collegamento orizzontale che valorizzino gli aspetti intercomunicanti dei fenomeni culturali.
Risulta, in altri termini, più ravvicinato
"l'obiettivo di un'effettiva integrazione delle strutture di offerta dei servizi sociali alla persona e alla comunità, anche se caratterizzate da non lievi diversità negli approcci di lettura dei bisogni
e nelle metodologie di intervento "
. 35
Ma dove, a che livelli vanno individuate queste forme di collegamento orizzontale?
Innanzitutto al livello iniziale, quello dell'impostazione della politica culturale dell'ente locale e della programmazione più articolata delle sue fasi e dei suoi indirizzi.
Infine a livello conclusivo, quello dell'erogazione dei servizi (e delle loro attività estensive): sia dal punto di vista della domanda (cioè della possibilità dell'utenza di fruire, in parte o in toto, della gamma di opportunità offerte), sia, ma non necessariamente, dal punto di vista della offerta (cioè della sua volontà e capacità di offrire anche prodotti culturali complessi, frutto di collaborazioni multidisciplinari).
Fra questi due livelli vi è una parte centrale che è invece costituita dai vari 'momenti verticali' (cioè settoriali). Qui si manifestano le specificità (culturali, metodologiche, organizzative, professionali, ecc.) dei singoli servizi; in questo ambito ognuno di essi svolge autonomamente il proprio ruolo e sviluppa la propria immagine.
Il successo di una simile impostazione è, a mio parere, fortemente legato alla capacità di ridefinire ed aumentare la professionalità degli operatori delle istituzioni culturali, nell'ambito di una più adeguata e dinamica organizzazione del lavoro.
In particolare il ruolo dell'operatore deve essere giocato non più solo sul piano di evanescenti capacità di 'animazione', ma su quello ben più solido delle capacità 'professionali'. Le prime infatti risiedono su una presuntuosa 'superiorità generico-culturale' e su una pretenziosa 'superiorità motivazionale' dell'operatore rispetto all'utente; caratteristiche che senza essere legate a precise e verificabili 'abilità' dovrebbero fare dell'operatore-animatore un individuo adatto principalmente a stimolare e rendere cosciente l'utente dei propri 'autentici' bisogni culturali.
Le capacità professionali si basano, invece, su una - effettiva 'competenza tecnica' dell'operatore che gli permette ugualmente di svolgere un ruolo attivo, propositivo, socializzante verso gli utenti, basato però su precise, riconoscibili e, soprattutto, riconosciute abilità tecniche. Perché questo possa avvenire occorre che l'operatore svolga il suo lavoro in un contesto tecnico-culturale dominabile, cioè delimitato da conoscenze tecniche e,
procedure metodologiche ben precise.
Evitare una cristallizzazione di queste conoscenze e metodologie, ed anzi favorire una loro continua crescita e 'modernizzazione', è compito di un aggiornamento professionale permanente per il quale gli enti preposti (Provincia e Regione) debbono predisporre programmi e mezzi adeguati.
Queste conoscenze e capacità debbono, insomma, corrispondere alle caratteristiche funzionali e organizzative di un 'servizio' (biblioteca o museo o teatro, ecc.) e non alla complessità delle istituzioni e delle politiche culturali.
Contestualmente deve esistere una disponibilità, opportunamente coordinata e diretta, a lavorare collegialmente (in gruppi che prevedano la presenza di operatori con capacità tecnico-professionali simili e/o diverse) per la predisposizione e realizzazione di progetti di dimensioni più vaste dei compiti assegnati ai singoli operatori o anche alle singole istituzioni.
In conclusione un Centro integrato di servizi culturali diversi deve poter contare su specifiche professionalità disposte ad una collaborazione coordinata sulla base di progetti di attivazione complessiva del Centro stesso, progetti che permettano l'attuazione delle linee di politica culturale la cui definizione è compito degli organi politico-amministrativi. 36
Da questo punto di vista va sottolineato che il Comune di Correggio, nell'ambito di una recentissima "ristrutturazione" degli uffici e servizi comunali 37, ha rivisto sostanzialmente l'organico degli Istituti Culturali, che ora risulta composto da: Direttore Istituti Culturali, Istruttore Direttivo-Bibliotecario, Istruttore Direttivo Museo (posto di nuova istituzione), Assistente di biblioteca, Animatore culturale-tecnico audiovisivi (tale posto verrà riqualificato in Istruttore Direttivo Centro audiovisivi allorquando tale servizio sarà completamente attivato), Collaboratore professionale, Commesso agli Istituti Culturali, Addetto agli Istituti Culturali.
Mi pare una prova decisiva della piena convinzione e determinazione di andare verso il definitivo superamento di una concezione degli Istituti Culturali come indistinto Centro culturale polivalente in cui generici animatori culturali attivano di volta in volta questo o quel servizio o promuovono le iniziative culturali più diverse.

5.1.2. La gestione sociale

Si è già avuto modo di dire in più occasioni che la gestione sociale è stato uno degli aspetti caratterizzanti della vicenda degli Istituti Culturali, anzi esso ne rappresentò uno degli elementi, per così dire, 'costituenti'.
Ancora oggi un apposito regolamento comunale affida al Comitato di gestione compiti importanti. Non è dunque irrilevante cercare di sintetizzare l'evoluzione che in sede locale hanno subito la concezione e la regolamentazione di tale organismo.
Ci si è già soffermati, a conclusione del precedente capitolo, sulla filosofia della gestione sociale così come venne delineandosi nel dibattito e nell'azione che accompagnò l'avvio degli Istituti Culturali.
Si sono altresì descritti gli organi di gestione, la loro composizione e i loro compiti così come vennero fissati nello Statuto della Biblioteca Comunale del 1972.
Non è superfluo ricordare le decine di incontri, aperti a tutta la cittadinanza o rivolti a gruppi più ristretti, che fra il 1969 e il 1973 contribuirono a determinare l'impostazione degli Istituti Culturali e della loro attività promozionale, la formazione di un Comitato provvisorio di gestione, il varo dello Statuto e, finalmente, il 10 marzo 1973, la convocazione della prima Assemblea degli utenti 'ufficiale'.
Essa discusse e poi approvò, a larghissima maggioranza, un programma di attività culturali ed elesse (i voti espressi furono ottanta) i propri 12 rappresentanti all'interno del Consiglio di gestione (Cdg).
Si trattò davvero di un fenomeno di partecipazione svincolato da ristretti e immediati interessi di parte che registrò, invece, il concorso costruttivo di una pluralità di espressioni culturali e politiche.
Ben presto all'interno del Cdg si andarono delineando quelle due concezioni della gestione sociale di cui si è già detto, con un prevalere forse dell'impostazione che oggi potremmo definire 'movimentista'.
"Poiché per noi - scrisse nel 1974 il presidente del Cdg - la 'cultura' non riguarda solo la letteratura o la pittura, ma anche tutti gli avvenimenti che si verificano e che direttamente o indirettamente ci investono come singoli o classe, risulta evidente che un'analisi seria ed approfondita, ad
esempio, sulla condizione dei contadini, degli operai, sulla situazione economica e sociale del nostro paese, sulla realtà scolastica o sulla realtà e condizione degli anziani, per noi è fare cultura, e farla nel modo più vero, ed è altrettanto evidente che nessuna classe sociale e nessun individuo, qualunque sia la sua condizione economica, la sua età, e il suo grado di istruzione è escluso dal discorso che gli Istituti Culturali cercano di portare avanti "
. 38
Contemporaneamente si parlò di "autogestione degli Istituti Culturali" intesa come "gestione aperta al dialogo e alla collaborazione fattiva con tutte le forze sociali che operano nella nostra Città ". 39
Un primo bilancio della gestione sociale venne fatto in occasione del rinnovo del Cdg, all'inizio del 1976. Anche in questo caso non si trattò di un'operazione burocratica, ma fu preceduta e accompagnata da numerosi incontri e documenti di confronto e riflessione.
Nelle Linee di discussione sul rinnovo della gestione degli Istituti Culturali, messe a punto e divulgate (con un ciclostilato) dal Consiglio uscente, venivano ricordati i principi ispiratori della gestione sociale e, soprattutto, se ne ribadiva la validità. Non si mancava, tuttavia, di riscontrarne i limiti. Innanzitutto
"l'isolamento del Consiglio dalla base assembleare da cui era stato espresso. E' venuta in tal modo a determinarsi una sorta di delega agli addetti ai lavori mentre, per converso, non si è riusciti a coinvolgere la base in un'attività di ricerca e di dibattito ".
Ciò veniva attribuito ad un "indebolimento della spinta partecipativa della collettività, non ancora abituata a forme nuove di gestione e tradizionalmente carente sul piano dell'associazionismo ". In secondo luogo si riscontravano limiti nel collegamento con il Consiglio Comunale, in particolare ci si lamentava dell'inadeguato "lavoro di collegamento e di stimolo", nonché delle croniche assenze, dei suoi rappresentanti nel Cdg.
I rimedi proposti erano essenzialmente due: a) "una più vasta opera di animazione culturale [.. ] per favorire processi di aggregazione sociale e di spinta alla partecipazione ", b) alcune modifiche dello Statuto nel senso soprattutto di accrescere la rappresentatività e l'autonomia del Cdg.
Una di esse, particolarmente significativa, venne poi approvata dall'Assemblea degli utenti del 21 febbraio 1976 e successivamente 'ratificata' dal Consiglio Comunale: prevedeva che il Presidente del Cdg non fosse più il Sindaco o un suo delegato, ma venisse scelto direttamente dal Cdg fra i suoi componenti.
Sui problemi sollevati da queste Linee, avanzò le sue Proposte di discussione sulla gestione e l'attività degli Istituti Culturali, attraverso un ciclostilato, la Commissione culturale del PCI.
Anch'essa ribadiva il valore innovativo della gestione sociale, e più in generale dell'attività degli Istituti Culturali, rilevando però che
"quella partecipazione dei cittadini attraverso l'Assemblea che quattro o cinque anni fa veniva data per scontata e assicurata una volta per tutte (scambiando a volte l'adesione spontanea e frammentaria; caratteristica di quegli anni, per una partecipazione completamente consapevole e duratura) deve essere ancora in parte costruita ".
Essa doveva, pertanto, essere considerata un obiettivo da raggiungere, "prima di tutto, crediamo, con un diverso e più proficuo modo di lavorare del Cdg ".
Innanzitutto quest'ultimo doveva occuparsi delle questioni di fondo del funzionamento degli Istituti Culturali, lasciando gli aspetti tecnici e organizzativi alla competenza dei funzionari e di specifiche commissioni di lavoro.
In secondo luogo occorreva rinunciare a "sostituirsi al sindacato o all'associazionismo o ai Consigli di quartiere o alla scuola, ecc." individuando il ruolo specifico degli Istituti Culturali, anche sviluppandone e valorizzandone ogni suo singolo comparto, nella conservazione del loro patrimonio artistico-culturale e nella diffusione dei livelli più alti della produzione culturale contemporanea.
Una lettura (non neutrale) del dibattito in corso venne offerta da Spazio aperto, rilevando
"che i punti di partenza sono diversi; di fatto, da una parte si privilegia il momento della creatività, della partecipazione popolare, dell'autentica gestione sociale, mentre dall'altra si vuole la formazione di tecnici in grado di elaborare e proporre (o propinare) una cultura che pare non tenere conto delle reali esigenze della base ". 40
In questo contesto cominciava già a porsi con forza un problema che sarebbe via via divenuto più acuto col passare degli anni: il rapporto/conflitto fra le competenze degli organi di gestione sociale e quelle degli operatori.
Polemiche e screzi non mancavano neppure allora, ma per il momento prevalevano gli aspetti positivi di tale rapporto, come ebbe a rilevare anche il direttore degli Istituti Culturali:
"per quanto riguarda il personale, ci sembra che nella gestione sociale la sua qualificazione aumenti nel senso che esso viene chiamato a svolgere, oltre alle mansioni di carattere tecnico, anzitutto un ruolo di sostegno, di collaborazione, di collegamento con i membri delle Commissioni, con possibilità di partecipazione alla fase di elaborazione progettuale delle iniziative e non solo a quella puramente esecutiva e subalterna ". 41
Spazio aperto, inoltre, sollevava un altro problema, anch'esso tutt'altro che nuovo ma che in quel periodo stava lievitando: il rapporto/conflitto fra partiti e gestione sociale.
L'articolo già citato, in particolare, denunciava "una imprevista (ma deliberata) prova di forza" del PCI che, in occasione dell'Assemblea del 21 febbraio 1976, "si è mobilitato e ha fatto eleggere tutti e sette i suoi candidati, dimostrando di credere assai poco nell'Assemblea e di ragionare più in termini di potere che di serietà e d'impegno delle singole persone ".
Quella denuncia era senza dubbio vera, come attestano i risultati delle elezioni e testimonianze dirette, compresa la mia. Meno obiettivo era l'attribuire solo al PCI (che certamente operò informe più eclatanti degli altri partiti) una mobilitazione per fare eleggere i candidati più graditi. In realtà si trattò di una prassi abbastanza diffusa, in quella e in successive circostanze. Cosicché si determinava un'ambiguità fra la proclamata autonomia della gestione sociale e l'effettiva ingerenza dei partiti, che influivano direttamente sulla composizione del Cdg tanto nella sua componente eletta dall'Assemblea che in quella nominata dal Consiglio Comunale.
Questo non solo finì con l'inficiare i principi dell'autonomia e della spontaneità della partecipazione agli organismi della gestione sociale, ma, in qualche caso, portò a subordinare i criteri della competenza e dell'impegno a quello della fedeltà politica nella scelta dei singoli candidati da far eleggere o nominare.
Se il confronto fra le diverse anime della gestione sociale non veniva mai meno e si misurava 'quotidianamente' con i problemi del concreto operare degli Istituti Culturali, il rinnovo del Cdg costituiva pur sempre una scadenza particolarmente sentita (non necessariamente a fini strumentali), in prossimità della quale, quindi, il dibattito riprendeva intensità e spessore.
Così fu anche in occasione del secondo rinnovo nel 1978.
Il via, questa volta, venne dato dal PCI che nel mese di maggio organizzò addirittura un (partecipato) seminario di tre giorni su Le Istituzioni Culturali pubbliche a Correggio. L'analisi e le proposte dei comunisti.
Anche in questa occasione si tentò un'analisi retrospettiva dell'esperienza di gestione sociale realizzata a Correggio, ripercorrendone le tappe e sottolineando il momento di crisi che essa stava attraversando, dovuto - si sostenne - tanto a mutamenti sociali generali (diminuzione dell'entusiasmo e della partecipazione spontanea, sviluppo di una nuova problematica giovanile che legava in modo diverso dal passato dimensione personale e impegno politico, situazione di crisi economica che si ripercuoteva sensibilmente sulla disponibilità finanziaria pubblica per la cultura, ecc.), quanto a motivi locali (maggior peso dato ai servizi e alle strutture piuttosto che all'attività di promozione culturale, tendenza a favorire iniziative di studio e ricerca su temi lontani dalle problematiche culturali contemporanee, maggiore disimpegno di amministratori e politici verso le questioni e le istituzioni culturali, ecc...42
Cionondimeno si continuava ad esprimere un giudizio positivo sulla gestione sociale e ad auspicarne un rilancio. Questo avrebbe potuto avvenire innanzitutto rinunciando a considerarla come partecipazione spontanea tout court: "partecipare, anche attivamente, e gestire democraticamente - si sostenne - sono due cose diverse"; la partecipazione, inoltre, non doveva andare a scapito della funzionalità delle istituzioni.
"Questo significa innanzitutto, per il Comitato di gestione, essere in grado di esprimere una maggiore capacità di fissare gli obiettivi degli Istituti Culturali e di elaborare dei progetti e dei programmi di ampio respiro culturale [... ] Per far questo è necessario, fra l'altro, che nel Comitato digestione vi siano persone non solo rappresentative di diversi orientamenti ideali e culturali [... ] ma che siano anche portatrici di esigenze ed elaborazioni più precise, che siano, infine, persone capaci e preparate, consapevoli del proprio ruolo 'pubblico' ". 43
La reazione degli altri partiti a questa posizione fu, per così dire, strabica.
Da una parte, infatti, si ribadì il valore dell'autogestione, intesa come
"gestione rappresentativa di tutte le forze del tessuto sociale, che deve promuovere la partecipazione, il dialogo, il contributo dei cittadini, delle organizzazioni politiche, sociali e dei circoli culturali [... ] In questo modo la cultura perde la sua connotazione elitaria, perché è la base stessa che delibera una politica culturale, in rapporto alle esigenze della collettività, col confronto e la collaborazione ". 44
Dall'altra parte, 'per quanto riguarda gli organi di gestione dei vari enti ed organismi che offrono un servizio pubblico e che fanno capo all'amministrazione comunale' si sostenne la necessità di "riaffermare con vigore la centralità, e perciò la relativa responsabilità, del Consiglio comunale nei loro confronti e in quelli di tutta la gestione della 45 cosa pubblica.
Tesi, quest'ultima, che nel documento predisposto dal Cdg uscente, in preparazione del rinnovo della gestione degli Istituti Culturali, venne considerata "una mortificazione e uno svuotamento della gestione sociale", pur riconoscendo la necessità di un "coordinamento inteso ad assicurare validità ed efficacia pratica agli indirizzi e alle scelte degli organi gestionali 46
In quella sede, alla domanda " crisi di gestione o crisi di crescenza" si rispondeva in questi termini:
"Le indicazioni che in questo campo vengono dalla nostra città sono oggetto di attenzione, di studio e di confronto da parte di numerose Biblioteche italiane: la nostra esperienza, infatti, pur con le sue carenze, non rappresenta soltanto una formula nuova, ma costituisce un tentativo reale, verificabile di partecipazione dal basso alla gestione delle istituzioni culturali pubbliche. E' questo principio, questo nuovo modo di fare cultura 'compartecipata'(dei cittadini, dei gruppi sociali e culturali), pluralistico, che deve essere ribadito e rilanciato in alternativa alla 'non gestione' o ai pericoli di un monopolio o di una gestione amministrativa ". 47
All'Assemblea degli utenti per la rielezione del Cdg, che si tenne il 16 dicembre 1978, vi fu ancora una volta una discreta partecipazione (164 votanti), seppure inferiore a quella del 1976.
Quella fu l'ultima elezione diretta del Cdg (o meglio dei 2/3 dei suoi componenti). Dopo di allora, infatti, si andò via via acuendo la crisi del Cdg, sempre più teatro di scontro fra una parte consistente dei suoi componenti e l'Assessore alla Cultura che di fatto ne emarginò la funzione. Il confronto (e la polemica) avvenivano sulle singole iniziative o, anche, su delicate questioni quali: ruolo del Cdg, rapporto fra gestione sociale e personale tecnico, equilibrio fra attività di promozione culturale e servizio istituzionale, ecc.
Più complessivamente il Cdg si trovò ad essere, assieme, cassa di risonanza e concausa di una difficile convivenza fra gli stessi partiti della maggioranza, il cui infelice esito abbiamo già visto.
Questo contribuì alquanto a ridurne definitivamente non solo la funzione di 'governo' degli Istituti Culturali, ma anche la credibilità di laboratorio di nuove idee e strategie sulla gestione sociale.
Le sedute del Cdg - sempre più rare, improduttive e disertate (non poche fallirono per mancanza del numero legale) - si trascinarono fino alla fine del 1981; nel settembre 1982, con una tardiva lettera di dimissioni del suo Presidente, esalò l'ultimo respiro:
"Sarebbe un grave errore ritenere che la gestione sociale degli Istituti Culturali di Correggio sia
andata esaurendosi perché in ogni dove la gestione è in crisi [... ] Mi sento invece di dovere affermare [... ] che le cause che hanno determinato la crisi attuale già recepibile fin dal 1980, crisi di credibilità nella gestione sociale, sono altre."
La lettera, inoltre, indicava in un confronto più sereno e costruttivo fra le forze politiche, nonché in una maggiore valorizzazione degli operatori e delle "intelligenze presenti nel nostro Comune", le strade per "trovare nuove forme di gestione sociale ". 48
Erano considerazioni giuste, avvalorate dalle vicende e dal dibattito locali che siamo venuti via via ricostruendo in questo e nel precedente paragrafo.
Quelle considerazioni, tuttavia, costituivano solo una parte della verità: l'altra parte consiste nel fatto che in quegli anni in Italia stavano davvero cambiando le coordinate politiche e culturali - e anche i rapporti di forza - in cui erano nate e si erano positivamente espresse la filosofia e la pratica della gestione sociale.
Non è certamente il caso, perché sono ancora fresche nella memoria di tutti, dilungarsi qui sulle analisi critiche e sulle contestazioni - talvolta giuste, talvolta ingenerose o interessate - che vennero mosse alle forme e agli strumenti della gestione sociale e della partecipazione diffusa: dalle accuse di essere mostruose creature della ubriacatura ideologica sessantottesca a , quelle di rappresentare strumenti di mortificazione dell'efficienza e della buona organizzazione dei servizi, dall'etichetta di velleitarismo utopistico alla denuncia di comprimere le competenze professionali degli operatori e quindi le potenzialità di sviluppo delle istituzioni, e cosi via. 49
Per rimanere nell'ambito della Regione Emilia-Romagna, è particolarmente significativo di quella riflessione critica e autocritica il passaggio dalla L.R. 28/1977 alla L.R. 42/1983.
Mentre nella prima si parla di "servizi culturali a carattere polivalente finalizzati, sulla base di una gestione sociale, all'uso collettivo e reciproco della comunità e delle istituzioni scolastiche (art. 1), nella seconda ci si limita a comprendere fra le funzioni dei Comuni - relative "all'istituzione, alla gestione, allo sviluppo e al coordinamento delle strutture e dei servizi bibliotecari ed archivistici sul territorio" di loro competenza - quella di nominare "gli organi di gestione" (art. 6). E' evidente che la differenza non è solo lessicale.
Al di là degli aspetti più strettamente contingenti o locali, infatti, si può osservare una stretta concomitanza fra, da una parte la perdita di capacità di aggregazione nonché il ridimensionamento del ruolo di autonomo soggetto socio-culturale da parte del Consiglio di gestione, dall'altra l'esaurirsi del modello di biblioteca/centro culturale polivalente, fortemente sbilanciato verso una promozione culturale (quando non direttamente politica) a tutto campo.
Probabilmente entrambi rispondevano coerentemente ad una medesima visione della politica culturale.
Una forte spinta verso una multiforme attività di animazione culturale sul territorio venne proprio dalla gestione sociale. Se questa, come si è già detto, contribuì a far nascere un diffuso impegno culturale pubblico e a saldarlo alle istanze provenienti dai ceti popolari o dai settori intellettuali più dinamici, finì però col legarlo ad una programmazione culturale destrutturata, informale, di breve durata. Ciò a scapito degli aspetti più istituzionali, strutturali e di lunga durata che debbono invece essere attivati da capacità politico amministrative e professionali di cui sono titolari altri soggetti: gli organi politici degli enti e i loro apparati tecnici.
Verso questa direzione - pur con qualche ambiguità - pare essersi sviluppata a Correggio negli ultimi anni la ricerca di nuove forme di gestione.
Nel 1985 il Consiglio Comunale ha approvato un Regolamento di gestione delle istituzioni culturali pubbliche che rivede sostanzialmente quanto previsto dallo Statuto della Biblioteca Comunale del 1972.50
Esso stabilisce che la gestione degli Istituti Culturali e del Teatro Asioli venga affidata a rispettivi Comitati digestione che, sulla base delle indicazioni di politica culturale espresse dal Consiglio stesso, debbono autonomamente predisporre programmi di attività culturale.
La gestione viene vista come "garanzia del rispetto dell'autonomia della cultura, della professionalità, della competenza e della riconosciuta disponibilità all'impegno" (art. 3).
Sulla base di questi stessi criteri e di proposte nominative, formulate dai gruppi consigliari (proporzionalmente alla loro consistenza), il Consiglio Comunale nomina i membri dei Comitati. La loro Presidenza "è affidata all'Assessore delegato alla cultura che funge da tramite tra organi di gestione e Consiglio Comunale e a quest'ultimo rende direttamente conto dell'attività delle Istituzioni Culturali" (art. 15).
1 Direttori degli Istituti Culturali e del Teatro sono membri effettivi dei rispettivi Comitati.
Spetta ai Comitati (che vengono rinnovati ogni tre anni) sollecitare, attorno all'attività delle Istituzioni cui sono preposti, la collaborazione delle espressioni culturali presenti nella società civile.
Il Comitato di gestione degli Istituti Culturali è composto da 9 membri (oltre all'Assessore e al Direttore) e si articola in tre commissioni di lavoro, una per ciascuna delle sezioni di cui si compongono gli Istituti medesimi: Archivio-Biblioteca, Museo-Pinacoteca, Centro audiovisivi.
Ogni commissione, il cui lavoro è coordinato dal funzionario degli Istituti Culturali responsabile della sezione, "dovrà allargarsi ai cittadini interessati ad impegnarsi, anche su singoli progetti" (art. 22).
Il coordinamento generale della programmazione e dell'attività del Comitato di gestione, nonché la direzione tecnico-organizzativa delle iniziative e del personale, spettano al direttore.
Nel giugno 1986 il Consiglio Comunale ha poi provveduto, all'unanimità, a nominare i componenti del Comitato, 51 che si è riunito per la prima volta nel successivo mese di settembre.52
Resta da fare, infine, un breve accenno all'attività di promozione culturale. Essa ha fortemente risentito del progressivo aggiustamento di tiro che ha caratterizzato il funzionamento degli Istituti Culturali e della loro gestione nell'ultimo quindicennio (Figg. 64171 e 82185).
Abbandonati dopo i primi anni i temi e gli interventi di carattere politico-sociale, l'attività promozionale si è venuta via via concentrando su problematiche squisitamente culturali.
Più precisamente le iniziative si sono orientate attorno a due filoni fondamentali: da una parte l'attività di divulgazione e di dibattito su temi culturali generali (con una netta prevalenza degli argomenti di carattere letterario, filosofico e artistico), dall'altra l'attività di ricerca e conoscenza della storia e dei patrimonio culturale locale (soprattutto attraverso l'allestimento di mostre).
Nel complesso è stato offerto ai cittadini (e soprattutto alla scuola) un ricco, qualificato e pluralistico panorama di occasioni di informazione e di approfondimento culturale. 53
Solo in qualche caso, però, si è saputo dar vita a nuove forme di ricerca e produzione culturale, secondo un accostamento interdisciplinare, mettendo a frutto un uso contestuale e creativo delle potenzialità multimediali del Centro culturale polivalente.
In questa direzione mi pare che il punto più alto sia stato raggiunto con l'organizzazione dell'iniziativa che va sotto il nome di Seminari sulla Storia d'Italia, condotta in collaborazione con la Casa Editrice Einaudi e rivolta alle scuole medie superiori di Correggio (Figg. 60163). L'iniziativa, voluta innanzitutto dall'Assessore Lucio Levrini, si svolse nel 1975 ed ebbe un'appendice nell'anno successivo, richiamando l'attenzione della stampa nazionale per la novità dell'approccio metodologico che la caratterizzò.
Essa infatti realizzò (in un ottimale laboratorio costituito dagli spazi, dai mezzi tecnologici e dai fondi documentari degli Istituti Culturali e con la mediazione di illustri studiosi di varie discipline) una verifica pratica delle potenzialità che uno strumento di grande spessore conoscitivo e metodologico (com'è la Storia d'Italia Einaudi) poteva giocare in un disegno di rinnovamento non solo della cultura in astratto, ma anche, più concretamente, dei contenuti e delle didattiche operanti nella scuola. Un autorevole 'attestato' del valore di quell'esperienza è stato, per così dire, consegnato alla storia da Ruggiero Romano e Corrado Vivanti che, nella premessa al primo degli Annali della Storia d'Italia ("Dal feudalesimo al capitalismo"), riferendosi ai seminari correggesi hanno scritto:
'Va curiosità e la capacità di cogliere anche le novità più impegnative della 'Storia d'Italia' ci hanno dato un segno tangibile delle grandi possibilità che sono e restano aperte allo studio del passato, della funzione civile che esso continua ad assolvere, quando non lo si riduca a stanche ripetizioni di imparaticci, ma si sappiano indicare nuovi orizzonti e nuovi campi di ricerca"
(p. XXIII).

5.1.3. I servizi

A) Biblioteca

La Biblioteca è probabilmente il servizio degli Istituti Culturali che ha subito meno trasformazioni negli ultimi anni, essendo stata profondamente rinnovata in occasione della riapertura dei 1971.
Essa si articola sostanzialmente in due parti:
- la sezione di pubblica lettura a scaffali aperti - composta dalla sala ragazzi (recentemente ampliata), dalla sala adulti, dalla sala di consultazione e dalla zona ingresso, cataloghi e distribuzione/informazione - occupa un'area di c.a 200 mq., con un fondo librario di c.a 21.000 volumi e c.a 55 posti a sedere (Figg. 75/76);
- la sezione di conservazione - composta dalle sale di storia locale, dei periodici, delle cinquecentine, delle capriate e da altri magazzini - occupa una superficie di c.a 460 mq. ed ospita diversi fondi librari con più di 40.000 volumi, oltre all'Archivio di memorie patrie - collocato nella sala di storia locale - formato da 180 buste con oltre 30.000 documenti.
Ad eccezione del grande e suggestivo salone delle capriate - situato nell'ala ovest del secondo piano - la Biblioteca è sistemata nell'ala est del primo piano (Fig. 77).
Mentre i volumi della sezione di pubblica lettura - nella quale il pubblico accede liberamente nelle ore di apertura (26 settimanali) - sono ordinati secondo la classificazione decimale Dewey, i fondi della sezione di conservazione sono sistemati secondo un tipo di collocazione semimobile.
Esistono cataloghi generali per autori, materie e soggetti nonché cataloghi speciali per specifici fondi (periodici, storia locale, cinquecentine, incunaboli, libri per ragazzi, ecc.). Nei fondi antichi della Biblioteca diversi sono i pezzi pregevoli. A cominciare dalla piccola raccolta di venti incunaboli, fra cui l'edizione principe del De Coelo et mundo di Alberto Magno e un'edizione veneziana con miniature del De Civitate Dei di S. Agostino.
Numerose le edizioni veneziane anche fra le oltre 1.200 cinquecentine, fra cui si annoverano esemplari di Aldo Manuzio e dei suoi credi, di Comin da Trino, di Gabriel Giolito de' Ferrari, dei Griffi, dei Giunta, degli Scoto, dei Valgrisi, ecc.
Questa raccolta comprende anche quello che si ritiene essere il primo libro stampato a Correggio: Delle private rappacificazioni di Rinaldo Corso, stampato nel 1555 dal correggese Giaccarelli.
Diversi motivi di interesse anche fra le edizioni dei secoli XVII, XVIII e XIX: su tutte spiccano gli Atlanti stampati ad Amsterdam nel 1649 dal Blaeu, con numerose incisioni acquerellate (Fig. 89).
Fra le raccolte speciali della Biblioteca vanno inoltre ricordati il fondo pergamenaceo (Fig. 90), il fondo manoscritto (che ha prevalentemente un carattere storico-giuridico) e il fondo musicale (che comprende quasi tutta l'opera autografa di Bonifazio Asioli). 54
Di particolare interesse, infine, la Fototeca, in via di ordinamento, che raccoglie alcune migliaia di esemplari, soprattutto di interesse locale, fra i quali spiccano le belle riprese fotografiche di Correggio realizzate da Gildaldo Bassiall'incirca fra il 1878 e il 1880.
Un quadro significativo del servizio offerto al pubblico dalla Biblioteca dal 1971 ad oggi lo si può desumere dall'esame delle statistiche annuali. 55
1 dati assoluti relativi al periodo 11 maggio 1971 (giorno della sua apertura)- 31 dicembre 1987 danno la misura di un'utenza di notevoli dimensioni. In sedici anni e mezzo si sono infatti registrati: 4.461 giornate di apertura, 288.221 presenze, 162.112 volumi prestati a domicilio, 7.478 iscrizioni.
Un esame degli indici annuali di questi tre ultimi aspetti (considerando il periodo 1.1.1972 - 31.12.1987) aiuta poi ad approfondire l'analisi e a mettere in evidenza luci ed ombre del fenomeno (grafico 1).
Per quanto riguarda le presenze si possono notare altissimi livelli dal 1972 al 1978, con punte massime nel 1973 e nel 1974. Nel 1979 si verifica un vero e proprio crollo, con un andamento sostanzialmente omogeneo negli anni successivi.
Relativamente ai volumi prestati si riscontra, invece, una maggiore uniformità durante tutto il periodo preso in considerazione, con un trend negativo dal 1978 al 1980 (anno in cui si registra il valore più basso in assoluto) seguito da una progressiva ripresa che ha consentito di raggiungere nel 1986 il più alto valore in assoluto. Infine, per ciò che concerne le iscrizioni, possiamo osservare un forte, quanto ovvio, calo dopo il primo anno (nel quale si è costituita la base iniziale degli utenti) e poi, dal 1973, una sostanziale continuità con piccole variazioni annuali; va però segnalato il picco negativo verificatosi proprio nell'87 - anno in cui, peraltro, vi sono stati circa 20/25 giorni di apertura in meno rispetto ai precedenti, a causa di lavori di ristrutturazione.
Quali considerazioni fare?
Fra le molte possibili una è particolarmente evidente. I dati, cioè, starebbero a dimostrare che si è verificato un assetto dell'utenza, nel senso di una domanda quantitativamente inferiore ma caratterizzata da una superiore specificità.
L'altissimo dato dei primi anni si spiega anche col fatto che in quel periodo la Biblioteca tendeva ad offrirsi e ad essere intesa come punto di incontro in senso lato, nel quale specialmente i giovani e i ragazzi potevano ritrovarsi per le attività scolastiche, stare in compagnia, coltivare le proprie amicizie e, anche, utilizzare i libri della Biblioteca. Nel corso degli anni nella città altri centri di socializzazione sono stati creati e si sono sviluppati proprio coltivando in modo precipuo queste vocazioni. D'altra parte la Biblioteca ha teso sempre di più a presentarsi e ad essere intesa come luogo specifico di informazione, ricerca e intrattenimento basato sull'utilizzo (anche in prestito) della propria materia prima: i libri, le riviste e gli altri strumenti della documentazione scritta. Anzi si può dire che da questo punto di vista si è verificato un aumento della domanda (considerando il rapporto quantità di lettori/quantità di volumi prestati) cui non ha fatto riscontro un adeguato aumento dell'offerta (il numero medio dei volumi acquisiti annualmente dalla Biblioteca dal 1972 al 1987 è stato di c.a 1.200/1.300 unità).
Questo è dimostrato in modo evidente dal fatto che se negli ultimi 9 anni sono quasi dimezzate le presenze, altrettanto non è avvenuto per i prestiti e le iscrizioni che invece si sono mantenute, salvo un picco negativo nel periodo 1979-82 per i primi e nel 1987 per le seconde, abbastanza costanti durante i 16 anni considerati.
La comparazione dei dati dell'utenza locali con quelli regionali, considerando anche che quella emiliano-romagnola è una delle realtà sul piano del servizio bibliotecario più avanzate a livello nazionale, mette in evidenza la buona salute del caso correggese.
L'esame rivela, infatti, che il rapporto volumi/abitanti è 1,5 a livello regionale e ben 3 a Correggio; la frequenza ogni 1.000 abitanti è 339 a livello regionale e 636 a Correggio; i prestiti di volumi ogni 1.000 abitanti sono 308 a livello regionale e 485 a Correggio. 56
Fra i diversi aspetti che hanno caratterizzato la vita dell'istituzione bibliotecaria correggese in quest'ultimo ventennio uno va senz'altro menzionato in virtù della sua grande attualità: la ricerca della cooperazione con altre biblioteche.
Abbiamo già visto che fin dal 1968 il Comune di Correggio si fece promotore, presso gli altri Comuni del Comprensorio, della proposta di costituire un Sistema bibliotecario, proposito che venne sostanziato di idee e motivazioni politiche e culturali nel corso del Convegno organizzato nel 1971 sul tema La biblioteca ed i sistemi bibliotecari.
L'intenzione era quella di creare un sistema comprensoriale o zonale, in alternativa alla prevalente sperimentazione di consorzi provinciali sulla scorta dell'esempio bolognese.
L'arca individuata era quella comprendente i Con)uni di Correggio, Campagnola, Fabbrico, Rio Saliceto, Rolo, S.Martino in Rio, con una popolazione complessiva di c.a 45.000 abitanti.
Il modello organizzativo riecheggiava l'impostazione del SNL, prevedeva cioè
"un punto di servizio maggiore (Biblioteca centro-rete), punti di servizio minori (Biblioteche collegate o alimentate dei Comuni che aderiscono all'iniziativa),punti di servizio minimi (posti di prestito e stazioni di distribuzione), servizi mobili (bibliobus) ". 57
Lo strumento giuridico doveva essere un Consorzio fra i sei Comuni interessati il cui funzionamento sarebbe stato regolato da un apposito Statuto (del quale venne stesa una bozza) che contemperasse il ruolo guida della Biblioteca di Correggio (la maggiore e l'unica pienamente funzionante) e l'autonomia e pari dignità degli altri partners.
Per dare gambe a tale progetto si svolsero decine di incontri, si scrissero articoli e documenti, si richiesero contributi allo Stato e alla Regione (fra il 1973 e il 1978 si ottennero alcune decine di milioni), si promossero iniziative culturali per sperimentare la collaborazione fra i sei enti, soprattutto si dette avvio - da parte degli altri cinque Comuni - a lavori di sistemazione e rinnovamento (anche grazie ai contributi ottenuti da Ministero e Regione) delle rispettive strutture bibliotecarie: dai locali alle suppellettili librarie, dall'ordinamento catalografico al personale, dalla gestione sociale alla attività culturale.
Nonostante tutti questi sforzi - che comunque permisero una precoce e diffusa dinamicizzazione dell'attività bibliotecaria e culturale nella zona - il Sistema bibliotecario non venne costituito.
Incisero fattori locali - soprattutto una tendenza ad assumere un ruolo eccessivamente preminente da parte di Correggio e, per contro, una certa resistenza a rinunciare a una piena autonomia da parte degli altri Comuni - che finirono con l'indebolire l'impegno per dar vita ad un vero e proprio sistema.
Ma, più di tutto, influì una situazione provinciale e regionale che era ancora in ritardo in questo campo e che perciò lasciò isolata l'esperienza correggese.
Negli anni più recenti, un'autentica. adesione al principio della cooperazione - assieme alla convinzione di potere e dovere giocare un ruolo più ampio di quello comunale - ha spinto la Biblioteca di Correggio non solo a seguire attivamente il confronto apertosi in Provincia e in Regione, soprattutto dopo l'emanazione della L.R. 42/1983, sulle forme e sui contorni da dare ai sistemi bibliotecari locali, ma anche a partecipare a iniziative concrete di cooperazione bibliotecaria.
Essa ha perciò aderito al progetto di spoglio automatizzato dei periodici promosso circa quattro anni fa dalle Biblioteche Comunali di Modena, Reggio Emilia, Parma e Correggio nonché dalla Biblioteca Estense e dalla Biblioteca della Fondazione-Collegio S.Carlo di Modena.58
Inoltre, nel 1987, l'Amministrazione Comunale di Correggio ha sottoscritto una Convenzione che la impegna - assieme alla Regione Emilia-Romagna, alla Provincia e al Comune di Reggio Emilia, ai Comuni di Cavriago, Scandiano e Guastalla - a collaborare alla creazione di una rete SBN come struttura di supporto a un Sistema bibliotecario locale da realizzare in provincia di Reggio Emilia. 59

B) Archivi storici

Collocati in un ampio salone e in due sale (con una superficie complessiva di 370 mq.) dell'ala est del secondo piano del Palazzo dei Principi, essi costituiscono un complesso documentario di rilevantissimo valore: fonte insostituibile per ogni ricerca storiografica su Correggio, il suo territorio, i suoi personaggi, le sue istituzioni dal XV secolo in poi (Fig. 78).
Il livello di conservazione è ottimo, come pure l'ordinamento, anche se resta da completare l'inventariazione analitica delle carte secondo i moderni canoni
dell'archiviazione.
Una descrizione sommaria dei diversi fondi che lo compongono, ricavata dai relativi inventari, può meglio offrire un'idea del valore e dell'interdipendenza dei patrimonio archivistico conservato presso gli Istituti Culturali.

Archivio Storico Comunale

I documenti più antichi sono costituiti da registri del Catasto Rusticale della Contea di Correggio istituito nel 1443, unici superstiti delle diverse dispersioni ed eliminazioni che hanno distrutto la parte più remota dell'Archivio.
Il periodo che va dal 1640 al 1858 comprende invece, fra buste e registri, circa 420 unità.
Sul periodo compreso tra il 1959 e il 1956 esistono 1160 buste oltre a circa 200 registri (libri di protocollo, giornali di cassa, ecc.). Di particolare importanza sono poi i 121 registri contenenti verbali del Consiglio Comunale e della Giunta Municipale dal 1779 al 1952.

Archivio Notarile

Costituisce probabilmente il fondo più importante.
Comprende atti e documenti dal 1442 al 1880, per un totale di circa 1170 fra buste, libri e registri. Si tratta in gran parte di compravendite, testamenti, prestazioni d'opera, perizie, contratti di dote, affittanze, donazioni e altri atti ancora rogati da 151 notai che hanno operato a Correggio dal XV al XIX secolo.
Gli atti sono corredati da indici, repertori e rubriche che consentono di orientarsi fra le centinaia di migliaia di documenti che compongono l'Archivio stesso.

Archivio giudiziario

Conserva - in oltre 700 fra buste, registri e libri - atti civili e penali dal sec. XV al 1828. Si tratta di atti relativi a processi, denunce, cause, grazie, inquisizioni, ecc. redatti dai notai che esercitarono le funzioni di cancelliere nell'antica organizzazione cittadina della giustizia.
Archivi diversi
Sono costituiti dai seguenti fondi (ammontanti complessivamente a circa 160 fra buste, libri e registri):
- agrimensura pratica (con documenti dei secoli XVIII e XIX);
- perizie e progetti vari (con documenti dal 1838 al 1906);
- Oratorio di S. Giuseppe(con documenti dal 1594 al 1723);
- Collegio degli Scolopi (con documenti dal 1552 al 1805);
- Confraternita di S. Sebastiano.

Archivio delle Opere Pie

E' stato recentissimamente affidato in deposito dalle Opere Pie Riunite ed è ora in via di riordinamento grazie ad un intervento della Regione. Si tratta di un Archivio assai importante sia per la consistenza che per la qualità dei documenti, che vanno dal sec. XIV al 1938.
Grazie anche alla loro buona organizzazione, gli Archivi Storici di Correggio hanno costituito una fonte preziosa per numerose ricerche di studiosi italiani ed esteri (ad esempio essi contengono alcuni importantissimi documenti sulla vita e l'attività di Antonio Allegri), nonché per la compilazione di diverse tesi di laurea.
Più recentemente, a questo uso che possiamo definire tradizionale se ne sta affiancando un altro che vede negli Archivi storici - integrati con gli altri fondi documentari e artistici ospitati negli Istituti Culturali - uno strumento fondamentale per avviare un diverso e più moderno approccio alla didattica della storia; in questa prospettiva - mettendo a frutto una proficua collaborazione avviata già da alcuni anni con la scuola - si sta costituendo un laboratorio di storia locale che, col tempo, si propone di fornire alla scuola strumenti, materiali e percorsi opportunamente articolati in organiche unità didattiche. 60

C) Centro audiovisivi

Fin dalla riapertura della Biblioteca furono presenti, nell'attività di promozione culturale, interventi sulle problematiche e sugli strumenti audiovisivi: dibattiti, cieli di film, impiego attivo del video-tape, ecc.
Questo rientrava nella concezione della Biblioteca
"come fulcro di un sistema culturale interdisciplinare che tiene conto dell'interdipendenza e della
comunicazione fra i canali culturali, in modo che il libro debba essere considerato come un
oggetto integrato con gli altri sistemi di comunicazione e di acculturazione, non da Solo "
. 61
Un vero e proprio servizio permanente in questo settore cominciò ad operare dal giugno 1974 con l'apertura della Fonoteca, avente gli scopi di "raccogliere e mettere a disposizione degli utenti nastri e dischi onde fornire i mezzi per educarsi alla musica", nonché di costituire "un archivio sonoro sugli aspetti più salienti della realtà locale" 62
Si trattava allora di un servizio quasi unico nel suo genere: ordinato e funzionante quotidianamente con criteri simili a quelli biblioteconomici degli 'scaffali aperti', esso si è fatto altresì periodicamente promotore di attività di animazione e informazione culturale (ascolti guidati, corsi di educazione musicale e linguistica, iniziative didattiche rivolte alla scuola, ecc.).
L'utenza fu altissima nei primi anni (oltre cinquemila presenze annue), per poi calare progressivamente fino ad attestarsi, nell'ultimo periodo, fra le 1500 e le 2000 presenze annue.
Parallelamente si è registrato un progressivo calo dell'immagine e del ruolo culturale della Fonoteca, sempre più schiacciati da un utilizzo ripetitivo e passivo - soprattutto da parte di adolescenti - per l'ascolto delle novità di musica leggera.
Mentre la sede è rimasta la stessa dalla sua inaugurazione (una sala per l'ascolto e una cabina per gli impianti di trasmissione per complessivi 80 mq. di superficie), la strumentazione è stata via via adeguata tenendo conto dei progressi tecnologici avvenuti in questo settore (Fig. 79). Essa dispone di 8 punti di ascolto che permettono di collegare in cuffia (separatemente o collettivamente) c.a 40 utenti; il suo patrimonio consiste in oltre 2.400 fra dischi, audio-cassette e compact-disc (di musica, prosa, poesia e lingue) e in circa 200 nastri (per complessive 1.500 ore di registrazione relative a Consigli Comunali, dibattiti, concerti, seminari, ecc.) che costituiscono l'archivio sonoro di interesse locale; l'apertura al pubblico è di 20 ore settimanali.
Nel 1988 verrà avviato il servizio di prestito domiciliare dei compact-disc; in questo modo ci si propone di raggiungere segmenti di pubblico adulto con interessi musicali culturalmente significativi che l'attuale modalità di fruizione (ascolto in sede) sfavorisce, parallelamente gli acquisti saranno particolarmente rivolti alla costituzione di fondi specializzati nei settori della musica jazz e classica.
Nel 1988, soprattutto, prenderà avvio la Videoteca, dando così maggiore consistenza al progetto, ipotizzato già da diversi anni, di dar vita presso gli Istituti Culturali a un vero e proprio Centro audiovisivi.
L'apposito spazio, già predisposto a fianco della Fonoteca, verrà dotato di due punti video da 2 persone, uno da 4/5 persone e uno collettivo da 25/35 persone, oltre a due visori di diapositive.
Le funzioni del Centro consisteranno nel coordinamento fra le agenzie educative e culturali pubbliche che già ora nel territorio distrettuale utilizzano o si occupano di audiovisivi, nella catalogazione-duplicazione-ricerca-acquisizione di prodotti audiovisivi, nella promozione della cultura audiovisiva; inoltre in prospettiva vi è la creazione - presso il Centro - di un laboratorio dotato delle attrezzature necessarie perla produzione di filmati e audiovisivi, in particolare con finalità didattiche.
La sala del Centro viene vista anche come integrazione (soprattutto per il cinema di qualità) della programmazione cinematografica cittadina. 63
A questo proposito va detto che già dal 1985 il Comune di Correggio, tramite una convenzione stipulata col proprietario, gestisce per circa 100 serate all'anno l'unica sala cinematografica ancora esistente in città, che diversamente avrebbe cessato l'attività.

D) museo

Il museo è la tessera ancora mancante sia per il completamento degli Istituti Culturali come Centro integrato di servizi culturali diversi, sia per la definitiva sistemazione e il pieno reimpiego del Palazzo dei Principi.
Pur essendo stato uno dei punti ricorrenti nei programmi dell'Amministrazione Comunale fin dall'immediato dopoguerra, solo da un decennio si è cominciato ad operare concretamente per la sua progettazione e realizzazione.
Risale infatti al 1977 la messa a punto e l'approvazione di un organico progetto per la sistemazione del museo che, rivedendo sostanzialmente quello predisposto quindici anni prima, pose le basi culturali e tecniche (pur con successivi aggiustamenti) per avviarne la concreta realizzazione.
Il progetto venne messo a punto dal dott. A. Ghidini (direttore degli Istituti Culturali) e dall'ing. A. Ferretti (dirigente dell'Ufficio Tecnico Comunale), sulla base anche di consultazioni e discussioni che coinvolsero il Consiglio di gestione ed esperti esterni, e approvato all'unanimità dal Consiglio Comunale. 64
Grazie ad un duplice contributo regionale (di complessivi 150 milioni) ottenuto in base alla L.R. 28/1977 e soprattutto ad un impegno finanziario considerevole da parte del Comune, la realizzazione ha potuto avviarsi nel 1980 65 e poi procedere (con qualche pausa dovuta al venir meno dei finanziamenti) attraverso tre successivi stralci. Essi hanno interessato diverse zone del Palazzo dei Principi consentendo il recupero, oltre che di spazi da destinarsi al servizio museale, anche del grande salone delle capriate in cui è stata sistemata l'antica biblioteca di conservazione, di una sala per la sistemazione di fondi archivistici, di spazi per l'allestimento della videoteca e dei laboratorio audiovisivi, di un ammezzato per l'ampliamento e la sistemazione degli uffici.
Nel 1987 è stato approvato un quarto stralcio che consentirà, a partire dal 1988, sia di recuperare e sistemare (con operazioni di tipo strutturale e la posa dei necessari impianti) la gran parte degli spazi da destinare al museo, sia di provvedere all'allestimento vero e proprio delle opere. 66
Questa lunga situazione di "lavori in corso" non ha tuttavia bloccato completamente l'attività degli Istituti Culturali in campo artistico.
Per un verso, infatti, è proseguita l'opera di tutela e di restauro del patrimonio artistico comunale. In questa ottica va visto anche il ricovero temporaneo presso il Palazzo dei Principi di opere d'arte o paramenti sacri di pertinenza di alcune chiese di proprietà comunale le cui precarie condizioni non solo ne impedivano l'apertura al culto, ma non garantivano neppure l'integrità e la sicurezza dei quadri e dei paramenti in esse ospitati.
Questi verranno allestiti nel museo fino a quando le condizioni delle chiese di provenienza (al cui recupero si sta in qualche caso già lavorando) non consentiranno un loro ritorno nei siti originari.
L'altra direzione in cui gli Istituti Culturali hanno operato è stata quella della divulgazione: sia nel senso di far conoscere il patrimonio artistico correggese, sia nel senso di creare occasioni (soprattutto attraverso mostre didattiche e cicli di conferenze) di informazione e approfondimento su momenti e aspetti della storia dell'arte.
L'obiettivo che sta alla base di quanto si sta realizzando a Correggio è quello di dar vita ad un museo locale vivo: un'istituzione cioè che non si presenti come un rigido reliquiario di oggetti (artistici, archeologici, artigianali, ecc.)'deportati' dai luoghi in cui avevano avuto una funzione organica al contesto che li aveva prodotti, ma come spazio che ne assicuri un'adeguata conservazione ai fini di un'attività espositiva e didattica tesa a ricontestualizzare tali oggetti.
Questo obiettivo è certamente più immediato per le opere d'arte che, salvatisi dalla dispersione dei beni dei da Correggio, dopo secoli potranno ritornare ad essere adeguatamente esposte in quelle stesse sale in cui anticamente si trovavano.
Le raccolte del museo, però, non si limitano a quei capolavori; pertanto il suo ambito di intervento non si esaurisce all'interno del contenitore che lo ospita, ma si allarga idealmente fino a comprendere il complesso del patrimonio storico-artistico della città.
La sua azione si concretizzerà, quindi, tanto in direzione della conservazione, del recupero e della tutela dei beni artistici e culturali, quanto in direzione della loro fruizione, dell'informazione, della ricerca. In questo senso il museo verrà ad assumere il ruolo di strumento cardine per stabilire un collegamento diretto fra i cittadini e la 'memoria storica' della loro città, favorito in ciò dall'essere inserito in una struttura che integra, rispettandone le specifiche caratteristiche, i più importanti fondi documentari e artistici che la città ha prodotto o raccolto nel suo plurisecolare sviluppo sociale e culturale.
Ne consegue la necessità che l'istituzione museale correggese assuma una forte connotazione conoscitiva e didattica, che non può non avere come referente privilegiato, anche se non esclusivo, la scuola.
Il percorso espositivo, rispecchiando i criteri generali testè succintamente richiamati, sarà articolato nel modo seguente.

I. Sala dei depositi archeologici e delle collezioni numismatiche

In essa troveranno sistemazione il materiale di scavo di epoca romana e medievale rinvenuto nel territorio correggese, la raccolta di medaglie effigianti personaggi locali o coniate per conto di ditte e circoli locali, la collezione di monete della zecca di Correggio (sec. XVI-XVII).

II. Sala del Mantegna

La sala - impreziosita da un magnifico soffitto cassettonato con fregio sottostante e da un grande camino marmoreo con fregio in bassorilievo, entrambi del sec. XVI (Fig. 88) - ospiterà il Redentore, un capolavoro realizzato su tela da Andrea Mantegna nel 1493, già facente parte delle antiche raccolte dei Conti di Correggio (Fig. 91).
Di queste stesse raccolte faceva parte anche un'altra opera ugualmente destinata a questa sala: la Madonna col Bambino e i Santi Rocco e Sebastiano dipinta su tavola dal ferrarese Domenico Panetti intorno al 1503 (Fig. 92). 67
Saranno inoltre esposte nella sala: la Madonna del Rosario contornata dai quindici misteri- una pala d'ispirazione correggesca recentemente attribuita al modenese Francesco Madonnina, proveniente dalla Chiesa di S.Giuseppe - e un Lombardo della seconda metà del sec. XV - un'edicoletta in legno intagliato e policromato proveniente dalla Chiesa di S.Francesco.

III. Sala del Correggio

Come si sa nessuna opera del Correggio è rimasta nella sua città natale. E' certo che fino all'inizio del sec. XVII erano presenti a Correggio almeno cinque sue opere (la Madonna del S.Francesco, il Riposo durante la fuga in Egitto, i Quattro Santi, il trittico della Umanità di Cristo, la Madonna col Bambino fra i Santi Francesco e Quirino) che in seguito vennero o trafugate dal Duca di Modena o vendute.
Nei secoli successivi gli amministratori e gli studiosi correggesi cercarono di acquisire copie dei suoi quadri, spesso di pessima qualità. Non è questo il caso delle incisioni ottocentesche provenienti dallo studio di Paolo Toschi in gran parte dedicate al ciclo dei grandi affreschi parmensi dell'Allegri (la Camera di S.Paolo, la Cupola del Duomo e la Cupola di S.Giovanni); né è il caso della copia del Riposo durante la fuga in Egitto (sec. XVII) eseguita da Giovanni Boulanger.
La Sala, inoltre, avrà un carattere informativo sulla vita e sull'opera dell'Allegri che verranno presentate con documenti &archivio, bibliografici e visivi (ad esempio una serie di diapositive a colori di grande formato).

IV. Salone degli arazzi

Verrà qui allestita la notevole collezione di arazzi fiamminghi della seconda metà del cinquecento che quasi sicuramente pervenne alla corte di Correggio al tempo del Conte Camillo o del Principe Siro.
Si tratta di nove magnifici pezzi di misure diverse: tre della serie cacce (al cinghiale, all'orso, all'anitra con convegno campestre), cinque della serie giardini e uno raffigurante una festa rusticana. La collezione è completata da quattro candeliere e due frammenti di candeliera (Figg. 93194).
Attraverso alcune pannellature verrano inoltre creati nel salone spazi per dipinti (ritratti cinque-seicenteschi dei Signori di Correggio fra cui - particolarmente pregevole - il Ritratto di nobildonna di Sante Peranda) e per oggetti (due mappamondi di Carlo Price, corone di alabarde, cassapanche, ecc.).

V. Sala del seicento e settecento

Qui verranno esposti i dipinti più significativi dei secoli XVII e XVIII di proprietà comunale.
Si tratta in gran parte di grandi pale d'altare provenienti da chiese sconsacrate. Alcune sono di notevole pregio, ad esempio: la Madonna della Neve (1603) di Baldassarre Aloisi detto il Galanino, il S.Bernardino che risana lo storpio di Mattia Preti (Fig. 95), la Crocefissione (1680) del correggese Giuseppe Capretti, la Visitazione di Maria ad Elisabetta (1742) - affiancata da un bozzetto di cm. 39x27 - di Girolamo Dormini (Fig. 96).
Nella sala verranno inoltre collocate una serie di nature morte dei sec. XVII provenienti dalla Congregazione di Carità oltre a mobili e specchiere d'epoca di proprietà comunale.

VI. Aula didattica

Attraverso un collegamento verticale il percorso proseguirà al secondo piano, innanzitutto con un'aula didattica destinata a:
a) proiezioni (diapositive, film, ecc.) riguardanti sia il materiale esposto nel museo, sia quello conservato nei magazzini, sia i suoi aspetti interdisciplinari);
b) laboratorio con possibilità di servirsi di diversi materiali a scopo creativo, di ricerca o di studio;
e) spazio per conferenze e seminari.

VII. Sala dell'ottocento

Qui verrà collocato il molteplice materiale (quadri, sculture, cimeli, arredi, ecc.) del sec. XIX che comprende pezzi significativi: il S.Mauro di Adeodato Malatesta, diversi dipinti di Luigi Asioli, incisioni di Samuele lesi e Giuseppe Asioli, sculture di Vincenzo Vela, ecc. Si intende conferire a questa sala un carattere di flessibilità e di interscambiabilità per far ruotare al suo interno tutto il materiale dell'800 conservato nel museo.

VIII. Galleria del Novecento

Essa ospiterà opere di pittura, scultura e grafica che il museo ha acquisito negli ultimi decenni attraverso acquisti e donazioni. Le collezioni comprendono soprattutto opere di artisti correggesi scomparsi che hanno saputo conquistarsi uno spazio critico anche al di fuori dell'ambito locale: Enrico Montessori, Carmela Adani, Camillo ed Enrico Bertolini, Bruto Terrachini, Raimondo Giovanetti, ecc. Il criterio di flessibilità e intercambiabilità delle diverse opere a disposizione del museo verrà applicato anche per questa sezione.

IX. Salone delle capriate

L'itinerario comprende anche questo salone in cui sono stati sistemati i fondi antichi della Biblioteca ancora conservati nelle originarie scaffalature. Al centro della sala si trovano inoltre alcune grandi bacheche lignee in cui verrà allestita una mostra documentaria di storia locale.

X. Galleria dei ritratti

Essa ospiterà ritratti di personaggi locali (il museo ne possiede alcune decine) il cui interesse è prevalentemente di carattere storico-iconografico.
L'inserimento nel percorso del Salone delle capriate così come la contiguità, attraverso le Gallerie del novecento e dei ritratti, con gli Archivi storici sottolineano la concezione interdisciplinare che caratterizza l'organizzazione degli Istituti Culturali: essa ha così modo di evidenziarsi anche in una comunicazione circolare fra fondi musicali, archivistici e bibliografici, pur nel rispetto delle specifiche tecniche di ordinamento e utilizzazione. 68

5.2. Il Teatro Asioli

Le vicende del Teatro, dalla sua riapertura nel 1973 ad oggi, vanno inquadrate nel vivace clima culturale che ha caratterizzato Correggio in quest'ultimo quindicennio e le cui linee essenziali si è cercato di ricostruire nei paragrafi dedicati agli Istituti Culturali.
In queste ultime pagine ci limiteremo pertanto a rimarcare alcuni avvenimenti e questioni che hanno toccato più da vicino l'Asioli caratterizzandone il funzionamento e l'attività (Figg. 80181 e 97199).
A questo proposito il Regolamento Statutario del Teatro Comunale "Bonifazio Asioli", approvato all'unanimità dal Consiglio Comunale alla fine del 1976, 69 costituisce certamente una tappa fondamentale, anche perché fu l'occasione per tracciare un bilancio dei primi tre anni di attività. Essi furono sintetizzati in questi termini, significativi perché approvati da tutti i gruppi politici:
"Siamo consapevoli che non tutte le intenzioni si sono realizzate; tuttavia ci pare di poter affermare che il Teatro Comunale di Correggio ha costituito in questi tre anni un momento fondamentale della vita culturale correggese, non solo avvicinando ampi settori della comunità alla cultura teatrale e musicale, ma impostando anche una attività di promozione e di animazione nei confronti della scuola, tesa a collocare lo specifico teatrale nella formazione dei giovani. L'Amministrazione Comunale ha, insomma, cercato di assicurare lo svolgimento di queste attività, considerandole come servizi sociali fondamentali per la vita dei cittadini ". 70
Da queste considerazioni venivano fatti derivare compiti e finalità del Teatro: diffusione dello spettacolo culturale e dell'educazione e animazione musicale e teatrale, accostamento critico dei cittadini al fatto culturale, iniziative tese a favorire l'esistenza di gruppi di base locali, collaborazione con la scuola, promozione - in collaborazione con gli Istituti Culturali - di occasioni di approfondimento e ricerca sulla cultura teatrale e musicale, gestione sociale dei servizi e delle iniziative.
A proposito di quest'ultima questione, facendo tesoro dell'esperienza maturata negli Istituti Culturali, si evitarono soluzioni assembleari.
Venne sì prevista una Consulta Teatrale aperta in pratica a tutti i cittadini, destinata però ad essere sede solo di confronto, non di decisioni; peraltro tale organismo non è stato quasi mai convocato.
La gestione vera e propria fu invece affidata ad un apposito Comitato - nominato dal Consiglio Comunale - composto da un Presidente in qualità di incaricato del Sindaco, da otto membri in rappresentanza proporzionale dei diversi gruppi consigliari (anche senza essere necessariamente consiglieri comunali), dal responsabile delle attività teatrali con compiti di segretario.
Al Comitato di gestione spettava, in sostanza, predisporre il programma ed il piano finanziario dei Teatro - che però doveva, per diventare operativo, essere approvato dal Consiglio Comunale - e poi sovrintenderne l'attuazione.
Il Regolamento prevedeva altresì la pianta organica del Teatro, consistente in un responsabile delle attività teatrali e in un custode-elettricista. Mentre il secondo posto venne fin dall'inizio ricoperto con personale di ruolo, l'assegnazione dei primo - e più delicato
incarico durante le prime stagioni teatrali ebbe soluzioni provvisorie, per quanto a volte qualificate; dal 1978, invece, il posto è stato affidato a personale di ruolo e la sua denominazione è stata opportunamente trasformata in direttore del Teatro.
Va infine sottolineato che già in quel Regolamento si avvertiva la necessità U dare, in prospettiva, all'attività e alla gestione, un ambito più ampio di quello comunale. Noi crediamo, infatti, che il coordinamento e la programmazione su scala comprensoriale delle attività del Teatro sia auspicabile, per rendere più qualificata culturalmente e più economica ed efficace la gestione I.. j rapportandosi in ciò con il Sistema bibliotecario comprensoriale e con il Distretto Scolastico, entrambi di prossima istituzione "
.
Questo aspetto è stato in qualche modo ribadito nel Regolamento per la gestione delle Istituzioni Culturali del 1985 71 , laddove si dice che "dato il carattere intercomunale dell'attività teatrale alle riunioni del Comitato di gestione possono partecipare i rappresentanti dei Comuni limitrofi su invito dello stesso e senza diritto di voto" (art. 28).
Inoltre, fra i compiti del Comitato di gestione si individua anche quello di assicurare "la collaborazione con i Teatri che operano sul territorio" (art. 29).
In quello stesso Regolamento - dei cui principi generali ci siamo già occupati - la composizione del Comitato di gestione del Teatro è stata fissata in sette membri nominati dal Consiglio Comunale oltre all'Assessore alla Cultura, in qualità di Presidente, e al direttore (art. 27); quest'ultimo, oltre ad essere membro effettivo del Comitato, deve altresì curare il coordinamento generale della programmazione nonché assicurare la direzione tecnico-organizzativa delle iniziative (art 30).
L'attività svolta dall'Asioli in quattordici stagioni teatrali può essere eloquentemente sintetizzata con alcune cifre: 696 rappresentazioni (di cui: 281 di prosa, 285 di musica, balletto, operetta, ecc., 130 per la scuola) alle quali hanno assistito complessivamente 244.067 spettatori, con una media di 351 presenze per ogni apertura 72 (Figg. 1001103).
Ogni stagione ha ruotato attorno ad un cartellone offerto in abbonamento, al quale si sono aggiunti spettacoli fuoriprogramma (in parte promossi dal Comune, in parte da associazioni, enti, scuole, compagnie a cui è stato concesso - per l'occasione - l'uso del Teatro).
Il cartellone fino alla stagione 1977/78 consisteva in 18-20 spettacoli (rappresentati in serata unica) tanto di prosa che di musica (prevalentemente classica, ma anche jazz, folk, ecc.), con una certa prevalenza della prima.
Dalla stagione 1978/79, invece, i programmi di prosa e di musica sono stati separati in due distinti cartelloni, uno di prosa e l'altro di concertistica. Quello di musica ha però retto solo per alcune stagioni poi è stato sospeso, di conseguenza i concerti negli ultimi anni sono divenuti più rari ed episodici.
L'attività dell'Asioli, insomma, si è venuta via via caratterizzando soprattutto per il cartellone di prosa che, dalla stagione 1980/81, è stato articolato in due turni (dieci titoli con replica).
Negli ultimi anni, inoltre, si sono venute consolidando altre due iniziative.
La prima si intitola Teatro ragazzi, è stata avviata nella stagione 1980/81 e consiste in un programma di spettacoli teatrali per ragazzi (7-8 titoli con una ventina di rappresentazioni) che coinvolge numerosissime classi della scuola dell'obbligo del Distretto.
La seconda, denominata Per diletto e per teatro, è giunta alla terza edizione e consiste in una rassegna di Compagnie filodrammatiche che operano in diversi Comuni delle Provincie di Reggio Emilia e Modena. A questo proposito va segnalato il fatto che a Correggio esistono attualmente quattro gruppi teatrali "amatoriali", quasi tutti costituitisi negli ultimissimi anni.
In definitiva non c'è dubbio che il Teatro Asioli, dalla sua riapertura ad oggi, è venuto via via qualificandosi come un importante punto di riferimento culturale non solo per Correggio ma anche per tutto il territorio limitrofo. Questo grazie ad un'attività continuativa e di buon livello qualitativo che ha offerto le produzioni artistiche di alcune delle più quotate compagnie teatrali - pubbliche e private - che hanno calcato le scene italiane in questi ultimi quindici anni.
Dignitosi pure i programmi musicali, anche se hanno dovuto rinunciare quasi completamente all'allestimento di opere liriche e a concerti sinfonici con Orchestre importanti a causa dei costi elevati; notevoli sono stati invece i cieli di concerti jazz che hanno proposto alcuni autentici protagonisti deljazz americano ed europeo (Gerry Mulligan, Don Cherry, Sam Rivers, Earl Hines, Lee Konitz, Giorgio Gaslini e altri).
Certamente non sono mancati momenti di crisi (soprattutto negli anni 1976-78) e cadute di tono, né mancano ora problemi di prospettiva, legati sia a limiti locali nelle scelte culturali sia a difficoltà oggettive di carattere finanziario, organizzativo e culturale con cui si trovano a scontrarsi istituzioni teatrali ben più consistenti di quella correggese.
Attualmente a livello locale è aperta una riflessione tesa a riesaminare, anche autocriticamente, gli equilibri sia fra i programmi di prosa e quelli di musica (vi è, in particolare, preoccupazione per la progressiva emarginazione di quest'ultima) che fra i generi rappresentati (vi è oggi certamente una prevalenza di spettacoli di impronta tradizionale e di intrattenimento rispetto a quelli di maggiore tensione culturale e di ricerca).
Si avverte, inoltre, l'esigenza di trovare nuove formule organizzative e culturali che, da una parte consentano di rispondere più adeguatamente all'articolazione dei pubblici, dall'altra tengano conto del ruolo extra-comunale che l'Asioli ha ormai assunto - il 46% dei 410 abbonamenti alla stagione di prosa 1987/88 proviene da altri Comuni. 73
I problemi più propriamente economici, infine, sono di grande rilievo, soprattutto alla luce dello stato di grande precarietà e prostrazione in cui si trovano i bilanci degli Enti Locali.
Il Comune di Correggio dal 1970 ad oggi ha progressivamente aumentato il proprio impegno politico e finanziario nel campo delle istituzioni e delle attività culturali. Consistenti sono stati gli investimenti per recuperare e rinnovare le strutture e i servizi, in gran parte finanziati con mutui.
Man mano che le istituzioni sono state messe in grado di funzionare ed espletare la propria attività promozionale è conseguentemente aumentata anche l'aliquota della spesa corrente ad esse destinata.
Se fra il 1970 e il 1973 alla cultura fu destinato il 2-3 % della spesa corrente stanziata nei bilanci annuali di previsione, dal 1974 (da quando cioè oltre agli Istituti Culturali ha iniziato ad operare anche l'Asioli) tale aliquota ha cominciato ad oscillare fra il 4 e il 5%, nell'ultimo lustro essa ha raggiunto percentuali ancora superiori (5,1-5,3%).
All'interno di questo stanziamento complessivo per le Istituzioni Culturali, che mi pare di tutto rispetto, il Teatro si è venuto ritagliando una fetta sempre più consistente: fra il 30 e il 40% fra il 1974 e il 1979, fra il 47 e il 49% nel triennio 1980-1982 e, infine, oltre la metà (fra il 50 e il 54%) nel quinquennio successivo.
Nel 1987 la spesa corrente prevista è arrivata a questi valori assoluti:
Istituti Culturali: 305 milioni (oltre a 180 milioni per le rate dei mutui relativi alla sistemazione del Palazzo dei Principi e del museo). Teatro Asioli: 337 milioni (oltre a 74 milioni per le rate del mutuo relativo al recupero del Ridotto e ad altri lavori di sistemazione del Teatro). Scuola di Musica: 44 milioni.74
In totale, quindi, sono stati stanziati 686 milioni per la spesa corrente e 254 milioni per ammortamento mutui. Poiché nei prossimi 2-3 anni verranno pienamente attivati altri servizi culturali (il Centro audiovisivi e il museo), con la conseguente necessità di garantirne il funzionamento anche attraverso adeguati stanziamenti, i problemi di carattere finanziario sono probabilmente destinati ad aumentare.

1 J. Lacouture, La storia immediata, in La nuova storia, a cura di J. Le Goff, Milano,
Mondadori, 1980, p. 21 l.
2 V. Evangelisti, Snuffs. La crudeltà come spettacolo, 'Il Mulino', XXXIX, 1985, 5, pp. 803
804.
3 J. Lacouture, op. cit., p. 220.
4 A. Ghidini, L'attività culturale della Biblioteca Comunale di Correggio e le Biblioteche, in
Lettura pubblica e organizzazione dei Sistemi bibliotecari (Atti del Convegno di Roma. 20
23 ottobre 1970), Roma, F.lli Palombi Editori, 1974, p. 170.
5 Comune di Correggio, Statuto della Biblioteca Comunale, op. cit., pp. 5 e 13.
6 Solo in Emilia-Romagna fra il 1961 e il 1970 vennero istituite 73 biblioteche, ma numerose
altre fondate anche negli anni successivi adottarono, almeno in un primo momento, quel
modello. Cfr. Le Biblioteche degli Enti locali dell'Emilia-Romagna, a cura diM. Bova e G.
Tonet, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna,
1984, p. 15.
7 Cfr. A. Emiliani, Una politica dei beni culturali, Torino, Einaudi, 1974.
8 Cfr. Le autonomie e la politica culturale, a cura di M. Modica, 'Il Comune Democratico',
quaderno n. 1, 1972; Autonomie e beni culturali, 11 Comune Democratico', XXX, 1975, 6,
(numero monografico).
9 Ad esempio delle 425 biblioteche presenti nel 1983 in Emilia-Romagna, ben 246 (il 58%)sono state fondate dal 1971 in poi. Cfr. Le Biblioteche degli Enti locali dell'Emilia-Romagna, op. cit., p. 15.
10 Cfr. F. Sellino, Tipologia e ruolo delle biblioteche, in Problemi della normativa regionale
perle biblioteche egli archivi (Seminario di studio promosso dal Servizio cultura della Giunta
Regionale. 14 maggio 1979. Villa Salina, Castel Maggiore - Bologna), Bologna, Regione Emilia-Romagna, 1979, pp. 25-27.
11 Cfr. A. Ghidini, L'attività culturale della Biblioteca Comunale di Correggio e le Biblioteche, op. cit., p. 172.
12 Cfr. A. Ghidini, La Biblioteca Comunale di Correggio rinnovata nelle strutture e nei servizi, Correggio, Comune di Correggio, 1971, p. 28. Per una descrizione delle caratteristiche socio culturali e professionali dell'animatore culturale si veda in particolare: G. Baracchetti, F. Vergetio, Guida per gli animatori delle biblioteche, Monza. MB, 1974.
13 G. Lazzari op. cit., pp. 163-164.
14 Per quanto riguarda il dibattito all'interno della gestione sociale, le fonti scritte sono costituite dai verbali (e relativi allegati) del Comitato di gestione e dell'Assemblea degli utenti (conservati presso gli Istituti Culturali) nonché dai numeri unici pubblicati in quegli anni: 'Una città con gli operai della Benassi. Numero unico a cura degli operai con la collaborazione del Collettivo di lavoro degli Istituti Culturali Comunali di Correggio', febbraio 1971; 'Correggio - Istituti Culturali. Numero unico a cura degli Istituti Culturali Comunali', marzo 1974.
Le idee e le proposte dei partiti politici sono invece documentate dai verbali del Consiglio Comunale e da articoli e opuscoli sullo specifico argomento prodotti in quel periodo. In particolare per il PSI vanno considerati gli articoli apparsi in 'Scelta Socialista' (che usciva con cadenza più o meno annuale come supplemento de 1l Socialista Reggiano'); significativi sono anche i tre numeri di 'Spazio aperto (periodico locale d'intervento politico e religioso)', usciti fra il 1975 e il 1976 a cura di un gruppo di giovani cattolici in gran parte di area socialista. Per il PCI vanno soprattutto considerati due documenti ciclostilati: Proposte di discussione sulla gestione e l'attività degli Istituti Culturali (febbraio 1976) e Le Istituzioni Culturali pubbliche a Correggio. L'analisi e le proposte dei comunisti (atti del Seminario di studio svoltosi a Correggio nei giorni 5-6-7 maggio 1978). Per la DC, infine, rimandiamo ai capitoli dedicati alla cultura dei due opuscoli: La Democrazia Cristiana di Correggio per le elezioni amministrative 1975 (Reggio Emilia, AGE, 1975) e Bilancio Comunale 1977: l'impegno e le proposte della D.C. correggese - forza di opposizione - per un modo nuovo di amministrare la città (Correggio, Eurograf, 1977).
15 Cfr. Biblioteca, quale modello (Atti del Convegno di Novate Milanese, 19-21 novembre 1981. Raccolti e ordinati a cura di Massimo Belotti e Gianni Stefanini), Milano, Mazzotta, 1982.
16 N. Sansoni, Ipotesi per un servizio culturale di base, in Biblioteca, quale modello, op. cit., p. 22.
17 Ivi, p. 23.
18 Ivi, p. 27.
19 Ivi, p. 33.
20 Ibidem.
21 Cfr. A. Ardigò, Introduzione cautelativa, in L'organizzazione culturale del territorio: il
ruolo delle biblioteche, a cura di E. Minardi, Milano, Angeli, 1980, pp. 11 -20.
22 Cfr, N. Sansoni, op. cit., p. 35.
23 Cfr. G. Colombo, A.M. Quacquero, La Biblioteca pubblica e i nuovi sistemi di informazione, 'A.I.B. Bollettino d'informazioni', XIII, 1983, 4, p. 410.
24 F. Cecchini, Linee e interventi della Regione Emilia-Romagna nel campo culturale, in Problemi della normativa regionale per le biblioteche e gli archivi, op. cit., p. 78.
25 Il discorso si riferiva al caso specifico di Palazzo Marescalchi a Bologna, portato come esempio della tesi sostenuta.
26 F. De Nigris, Corticelli. Abbattiamo i campanili (intervista a Giuseppe Corticelli, assessore regionale alla cultura), 'Quarantacinque' (mensile a cura del Comitato regionale Lega cooperative e mutue dell'Emilia-Romagna), V, 1983, 1/2, p. 27.
27 Mi riferisco alla L.R. 27 luglio 1983 n. 42 Norme in materia di biblioteche e archivi storici di enti locali o di interesse locale, al progetto di legge presentato dalla Giunta regionale nell'autunno 1984 (attualmente in discussione) su Norme in materia di musei di enti locali o di interesse locale, alla L.R. 4 aprile 1985 n. 11 Norme in materia di promozione delle attività teatrali, musicali e cinematografiche, alla L.R. 10 aprile 1986 n. 9 Norme in materia di promozione culturale. 28 Cfr. V. Masoni, Autonomia e gestione democratica della cultura. Sintesi del documento del PCI sul rilancio e la riorganizzazione della gestione degli Istituti Culturali e del Teatro
'Asioli', 'Primo Piano' (periodico mensile del PCI di Correggio), 1981, 9, p. 4.
29 Cfr. l'intervento del consigliere Marcello Rossi. ACC, acc (Seduta del 21 dicembre 198 1).
30 Cfr. V. Masoni, Idee per una cultura della città. Le proposte dei comunisti, 'Primo Piano', 1982, 5, p. 2.
31 Cfr. Partito Socialista Italiano. Gruppo Consiliare Correggio, Schema di discussione e di
proposte in ordine alla gestione e all'attività degli Istituti Culturali e del Teatro, 15 maggio
1982, (dattiloscritto).
32 A. Ghidini, Per la costruzione di centri integrati di risorse storiche locali, in La memoria
lunga. Le raccolte di storia locale dall'erudizione alla documentazione, Milano, Editrice
Bibliografica, 1985, pp. 115 e 122.
33 Cfr. V. Masoni, La Biblioteca e le altre Istituzioni culturali di Correggio. Dalle loro origini
ai giorni nostri, Tesi di laurea, A.A. 1984-85, Università di Bologna, Corso di laurea in
Scienze Politiche, pp. 398-411.
34 Cfr. E. Minardi, Per una programmazione della politica culturale: il servizio di pubblica
lettura attraverso sistemi, in L'organizzazione culturale del territorio: il ruolo delle biblioteche, op. cit., p. 161.
35 Ivi, p. 166.
36 Sulle questioni inerenti la professionalità degli operatori culturali, con particolare riferimento alla realtà della provincia di Reggio Emilia, cfr.: V. Masoni, Nuove professionalità nei servizi culturali degli enti locali, 'Umus', 1987,4, pp. 37-40; V. Masoni, Dalla parte delle piccole biblioteche, 'Biblioteche Oggi', V, 1987,3, pp. 69-76; L'evoluzione delle figure professionali nei servizi culturali dell'ente locale (Atti del Convegno organizzato dalla Federazione Lavoratori Enti Locali CGIL-CISL-UIL di Reggio Emilia il 17 novembre 1986), Reggio Emilia, Centro Stampa della Camera del Lavoro, 1988.
37 Cfr. ACC, ace (Seduta del 22 giugno 1987).
38 E. Dallai, 1974: l'anno del decentramento. Note per il programma culturale della biblioteca, 'Correggio-Istituti Culturali', op. cit., p. 3.
39 Istituti Culturali e gestione democratica, 'Scelta Socialista. Informazioni PSI/FGS
Correggio', 1974, 7, p. 2.
40 Istituti Culturali, 'Spazio aperto. Periodico locale d'intervento politico e religioso', (ciclo
stilato), Correggio, 1976, 3, p. 4.
41 A. Ghidini Aspetti e problemi della gestione sociale della Biblioteca pubblica-Centro
culturale polivalente nei Comuni medie minori. L'esperienza di Correggio (Comunicazione
tenuta al Corso residenziale 'Quale personale per quali servizi' organizzato in Roma
dall'Associazione Italia Nostra dal 28 novembre al I' dicembre 1976), (dattilo scritto).
42 Cfr. C. Pantaleoni, Il problema della gestione sociale, in Le Istituzioni Culturali pubbliche a Correggio. L'analisi e le proposte dei comunisti, op. cit., pp. 42-48.
43 Cfr. V. Masoni, Relazione introduttiva, in Le istituzioni culturali pubbliche a Correggio.
L'analisi e le proposte dei comunisti, op. cit., pp. 11-13.
44 Cfr. Commissione cultura del PSI di Correggio, Note per una politica della cultura a
Correggio, 'Scelta socialista', 1978, 11, p. 4.
45 Cfr. L'impegno della DC correggese per il pluralismo e il democratico funzionamento delle istituzioni, 'Dimensione Correggio' (periodico del Comitato Comunale DC di Correggio), 1, 1978, 2, p. 4.
46 Città di Correggio. Istituti Culturali, Linee di discussione sul rinnovo della gestione degli
Istituti Culturali, a cura della gestione uscente, (ciclostilato), 1978.
47 Ivi.
48 Cfr. la lettera di dimissioni inviata da Antonio Rangoni (presidente del Cdg) in data 21 settembre 1982, essa è allegata ai verbali del Cdg. Finché fu provvisorio il Cdg fu presieduto dall'Assessore alla Pubblica Istruzione e Cultura; dal 29 maggio 1973 presidente (in qualità di delegato del Sindaco) fu Eden Dallai, di arca socialista; dall'1 aprile 1976 gli subentrò (eletto all'unanimità dal Cdg) Luciano Bruschi, democristiano; dal 19 marzo 1979 (dopo una travagliata elezione a maggioranza) divenne presidente Antonio Rangoni, comunista.
49 Per una sintesi del dibattito in corso in quegli anni cfr.: A. Ghidini, La gestione sociale della biblioteca pubblica, in L'organizzazione culturale del territorio: il ruolo delle biblioteche, op. cit., pp. 313-335.
50 ACC, ace (Seduta del 28 gennaio 1985).
51 Ivi (Seduta del 25 giugno 1986).
52 Cfr. i verbali del Comitato di gestione degli Istituti Culturali.
53 Una informazione indicativa dell'attività sviluppata in questi ultimi quindici anni dagli Istituti
Culturali la si può ricavare dai 'consuntivi di legislatura' prodotti dall'Amministrazione Comunale: Comune di Correggio, Per lo sviluppo democratico della comunità. 1970-1975,
Correggio, F.G.T., 1975; Comune di Correggio, Correggiottanta. Comune di Correggio
1975-1980, Correggio, F.G.T., 1980; Comune di Correggio, Correggio cambia. Comune di
Correggio 1980-1985, Reggio Emilia, Litograf 5, 1985.
54 Per una più puntuale descrizione delle raccolte librarie cfr. A. Ghidini, Il Palazzo, le sue
raccolte e gli istituti culturali, op. cit.
55 BCC, ac.
56 1 dati regionali sono tratti da: Le biblioteche degli enti locali dell'Emilia-Romagna, op. cit., pp. 22-23. Pur essendo i dati più recenti, essi sono relativi al 1981 e pertanto sono stati comparati a quelli di Correggio del medesimo anno. Un quadro aggiornato della realtà provinciale è invece fornito da: V. Masoni, Nuove professionalità per più adeguati servizi culturali. La situazione dei servizi e degli operatori culturali in provincia di Reggio Emilia, in L'evoluzione delle figure professionali nei servizi culturali dell'ente locale, op. cit.
57 Cfr. A. Ghidini, La Biblioteca Comunale di Correggio rinnovata nelle strutture e nei servizi, Correggio, Amministrazione Comunale, 197 1.
58 Cfr. Spoglio dei periodici in sei biblioteche emiliane, Informazioni IBC', 11, 1986,4, p. 54.
59 L'apposita convenzione è stata approvata dal Consiglio Comunale di Correggio con atto n. 65 del 28 aprile 1987.
60 Cfr. V. Masoni, Un laboratorio di storia locale, 'Primo Piano', 1987, 10, p. 7.
61 Comune di Correggio, Per lo sviluppo democratico della comunità. 1970-75, op. cit., p. 50.
62 Ivi, p. 52.
63 Cfr. [A. Pelli], Linee per un progetto di Centro audiovisivi nel distretto di Correggio,
(dattiloscritto), [1987].
64 Cfr. ACC, acc: (Seduta del 5 ottobre 1977).
65 Questo ritardo nell'avvio dei lavori fu dovuto a successive valutazioni sul progetto (effettuate in collaborazione con la Sovrintendenza ai beni ambientali e architettonici e con l'Istituto dei beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna) che portarono ad alcune sue modifiche: in particolare alla decisione di non demolire il muro centrale del grande salone del primo piano in quanto, pur potendosi considerare una superfetazione rispetto alla struttura originale, ormai costituisce una caratteristica integrante dello sviluppo storico del fabbricato.
66 Cfr. ACC, ace (Sedute del 22 giugno e 16 novembre 1987 ).
Il progetto tecnico di tale intervento è stato predisposto dallo studio Manenti-Valli di Reggio
Emilia e comporta una spesa di c.a 950 milioni. Per quanto riguarda l'atteggiamento delle forze politiche va detto che, in modo contraddittorio rispetto alla posizione assunta nel 1977, il gruppo DC ha espresso voto contrario sostenendo che, pur trattandosi di un'iniziativa di 'grande valenza culturale', non rientra fra le 'priorità' dell'intervento comunale.
67 Entrambi questi dipinti sono di proprietà della Congregazione di Carità che li concederà in deposito al museo a fini espositivi.
68 Le informazioni sul percorso espositivo del museo sono tratte da: [A. Ghidini], Progetto di sistemazione ed allestimento del Museo nel quadro dei Centro Culturale sito nel Palazzo dei Principi e relativo piano di spesa, (dattiloscritto), [1987]. Le notizie sulle opere d'arte ivi ospitate sono invece desunte da: G. Adani-F. Manenti Valli-A. Ghidini, Il Palazzo dei Principi in Correggio, op. cit. E. Bertolini, Il Palazzo dei Principi in Correggio e gli arazzi che l'adornavano, op. cit. E. Bertolini, Le opere artistiche dei Principato di Correggio, op. cit R. Finzi, Correggio nella storia e nei suoi figli, op. cit. R. Finzi I Cimeli dei costituendo Museo Lapidario di Correggio, estratto da 'Atti e Memorie della Deputazione di storia patria per le antiche Provincie modenesi' Serie IX, vol. 1, 1961. A. Ghidiglia Quintavalle, Ritrovamenti e restauri a Correggio (a cura del Comune di Correggio), Panna, Tipografia La Nazionale, 1959. Mostra dei cimeli e della zecca della Città di Correggio (a cura del Comune di Correggio), Correggio, Cromotipografica, 1960, A. Pettorelli, Gli arazzi di Correggio, extrait du 'Bulletin de l'Institut historique belge de Rome' Fascicule XVII, Bruxelles-Rome, 1936. 69 Cfr. ACC, acc (Seduta del 21 dicembre 1976).
70 Ivi.
71 Cfr. ACC, ace (Seduta del 28 gennaio 1985).
72 Queste cifre sono ricavate da dati annuali forniti dalla Direzione teatrale.
73 Cfr. la relazione del direttore del Teatro e il dibattito svoltosi in occasione della Conferenza di produzione sul Teatro 'Asioli' tenutasi a Correggio il 22 dicembre 1987.
74 La Scuola di Musica e la Banda Cittadina continuano tuttora ad operare in stretta simbiosi: hanno sede negli stessi locali (al piano terra del Palazzo dei Principi) e sono dirette dallo stesso Maestro. La Banda, composta da una cinquantina di elementi mentre la Scuola ha circa 50/60 iscritti ogni anno. Pur nei limiti strutturali e d'impostazione che le caratterizzano ormai da decenni, esse costituiscono assieme un'indispensabile presenza nel panorama culturale cittadino, sia per la diffusione della cultura e del linguaggio musicale tra i giovani, sia per la salvaguardia di un patrimonio musicale specifico (quello bandistico) che - come si è visto nei precedenti capitoli - ha a Correggio una lunga tradizione. Il problema sarebbe semmai di prevedere un graduale potenziamento e completamento della Scuola di Musica nell'ambito di un progetto musica che coinvolga anche Scuola, Fonoteca e Teatro.