Viller Masoni
La conservazione del patrimonio artistico
Correggio - Cinque secoli di politica culturale

2.3.1. La Galleria del Palazzo Comunale

Non sarebbe del tutto corretto sostenere che durante il periodo qui considerato Correggio non ebbe un Museo, anche se non fu una struttura specificamente ed esclusivamente destinata a raccogliere, classificare, conservare e rendere fruibili le opere d'arte di proprietà pubblica.
Altrove invece (con particolare intensità fra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo) sorsero numerosi Musei sulla base culturale dell'enciclopedismo e con intenti democratici, destinati alla conservazione di 'modelli' da proporre alla conoscenza e classificati con chiarezza.
In Emilia, e quasi ovunque in Italia, agirono su questo fenomeno due principali tipi di sollecitazione:
"il mecenatismo delle grandi famiglie rinascimentali, eredi di una fortuna culturale strettamente connaturata ai luoghi e alle città di origine; e l'intervento politico che portò alla demanializzazione di percentuali altissime di beni chiesastici dopo l'arrivo delle armate francesi il trattato di Tolentino" 147
Due furono pure le finalità verso le quali si indirizzarono questi Musei. Innanzitutto l'utilità didattica e scolastica; molte volte anzi essi nacquero collegati alla scuola - la scuola d'arte si fondava infatti sull'esercizio della copia da opere originali.
Un altro fine fu quello di documentare, qualificare e rendere finalmente visibili le testimonianze di un passato storico nel quale la comunità trovava la sua autorevolezza, la sua convalida civile.
Entrambi questi obiettivi, se non altro a livello di desideri, erano presenti anche a Correggio.
Ma qui mancavano le condizioni materiali e politiche per consentire una loro concretizzazione in un vero e proprio Museo.
Le importanti opere d'arte che avevano arricchito, un tempo, le dimore signorili erano ormai in gran parte disperse e specialmente le più preziose (i quadri del Correggio) se ne erano da secoli involate lontano, vendute o trafugate.
D'altra parte Correggio non possedeva più i requisiti (di autonomia e autorevolezza politica, di disponibilità finanziaria, di adeguate sedi disponibili) per concedersi un tale lusso.
Ciò nonostante un passato illustre ed esigenze 'educative' attuali premevano perché qualcosa si facesse. Perciò qualche tentativo di recuperare quel che era possibile fu fatto e il punto di raccolta divenne quello che era allora il simbolo della città: il Municipio. Alcune sue sale furono quindi destinate allo scopo, che andò via via precisandosi, di accogliere una Galleria d'arte.
Fu una soluzione minimale che non risolse affatto né i problemi conservativi delle opere (anzi alcune di esse, ad esempio la collezione di arazzi fiamminghi, subirono danni irreparabili per poter essere adattate alle possibilità espositive che tali sale offrivano), né quelli della fruizione pubblica (ché gli spazi assegnati mantenevano pur sempre la loro primaria finalità di pubblici uffici).
Tantomeno costituì un punto di riferimento per una politica culturale di conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico esistente in città (ad esempio le opere d'arte presenti nelle chiese, gli edifici di valore storico, ecc.); d'altra parte una concezione aperta e dinamica dei Museo e dei beni culturali si sarebbe affermata a Correggio, come ovunque, solo in tempi recentissimi.
Fu comunque una soluzione che caratterizzò l'intervento del Comune in questo campo per oltre un secolo; conviene quindi seguire nel dettaglio questo sviluppo.
Nel 1813 il Podestà prese l'iniziativa di accogliere "in un sol luogo accessibile al pubblico" i ritratti dei correggesi illustri al fine sia di sottrarli al "pericolo di perdersi, cui sono esposti restando presso privati cittadini", che di offrirli all'attenzione e allo studio della "gioventù correggese". Vennero perciò scritte lettere alle famiglie più prestigiose della città per invitarle a donare i ritratti in loro possesso, i quali sarebbero stati sistemati in un "sito" che la Commissione di Pubblica Istruzione avrebbe individuato. 148 Il risultato non fu eccezionale e richiese diversi anni per essere conseguito. 149 Ma fu probabilmente in quella occasione che pervenne al Comune una parte almeno dei ritratti tutt'oggi conservati. Negli anni successivi la raccolta comunale si arricchì di nuove opere, in due modi sostanzialmente: attraverso donazioni, soprattutto di artisti locali che regalavano loro opere (Giuseppe Asioli, Giuseppe Saccozzi, Samuele Jesi, Felice Zalman e altri); 150 oppure tramite acquisti, che furono quasi esclusivamente indirizzati verso copie delle opere del Correggio: nel 1830 venne comprata, con una spesa non indifferente dal modenese Garuti, una collezione di una cinquantina di pessime copie ad olio; 151 negli anni seguenti fu la volta delle pregevoli incisioni di Paolo Toschi (e della sua scuola) riproducenti gli affreschi parmensi dell'Allegri. 152
Intanto si era venuto sempre più precisando il proposito di allestire in alcune sale del Municipio una vera e propria Galleria d'arte esponendovi le opere che pervenivano (per dono o acquisto) "onde in tal guisa emulare e animare vieppiù la nostra gioventù allo studio delle Belle arti". 153
Tanto che nel 1850, nell'ambito di un progetto di ristrutturazione del palazzo comunale, venne prevista una sala nella quale poter finalmente unire con un certo ordine le opere che fino ad allora, probabilmente, erano state collocate un po' a caso in diversi uffici dei Municipio stesso. 154
Nel 1879 la Giunta decise di destinare addirittura "tutto il braccio occidentale del Palazzo Comunale al decoroso ufficio di conservare gli antichi arazzi, le incisioni del Toschi e Raimondi ed in genere le memorie patrie" ricavandone tre sale da aprire "al pubblico solo nelle solenni circostanze". 155
Per inciso, da queste ultime parole sembra di riscontare che, anche nella già mediocre realtà correggese, si ebbe un qualche riflesso dell'involuzione che colpì il modello di museo nel corso dell'età romantica: da luogo di conservazione a fini di studio a luogo di contemplazione o svago intellettuale. Nel 1875 il Ministro Bonghi separò la gestione del museo da quella della scuola, ponendo così fine alla vita didattica e quindi dinamica del museo ed assegnandogli invece una finalità staticamente conservativa. 156
Tornando alla realtà locale, va sottolineato come il provvedimento poc'anzi ricordato fu seguito, a poca distanza di tempo, da altre decisioni ugualmente tese a prefigurare l'istituzione di un piccolo Museo in Municipio 157 e ad integrarne, pur in modo assai modesto, le raccolte. 158
Il risultato di tutto ciò possiamo leggerlo in una Guida del Palazzo Comunale di Correggio, pubblicata proprio nel 1880. 159 Si tratta di una vera e propria guida storico-artistica che descrive l'entità e la disposizione delle raccolte d'arte presenti allora in Municipio. Nei due vestiboli (al piano terra e al primo piano) e lungo lo scalone d'onore erano state raccolte diverse iscrizioni lapidarie o epigrafi. Vi era poi la Galleria delle incisioni (che ospitava la quarantina di incisioni del Toschi e della sua scuola), la Galleria dei quadri ad olio (nella quale vi erano le copie dei quadri dell'Allegri), le due Sale degli arazzi (che allora si riteneva fossero opera della scuola di Rinaldo Duro), la Sala del Consiglio (con alcuni busti).
Come si vede la preoccupazione maggiore era quella di documentare e rendere omaggio, in qualche modo, all'opera del Correggio.
Per questa stessa ragione il 1880 fu un anno memorabile, caratterizzato da un grande fervore culturale e mondano che ebbe al suo centro l'inaugurazione di un magnifico monumento ad Antonio Allegri, opera dello scultore ticinese Vincenzo Vela (Fig. 18).
Da secoli la comunità di Correggio aveva in animo di rendere concreto omaggio alla figura del proprio cittadino più illustre e anche negli ultimi decenni se ne era discusso alcune volte in Consiglio Comunale. L'occasione buona finalmente arrivò nel 1877, quando il Consiglio venne informato del lascito di 10.000 lire del pittore Luigi Asioli (1817-1877) al fine di costruire un monumento all'Allegri. Qualche mese dopo, nell'agosto 1878, l'incarico della sua realizzazione fu affidato al Vela per il bel compenso di £. 25.000, lanciando nel contempo una pubblica sottoscrizione per raccogliere la cifra mancante. L'inaugurazione ebbe luogo il 17 ottobre 1880 e ad essa fu collegato un programma di manifestazioni fra cui spiccava una serie di rappresentazioni dell'Aida in Teatro. Il tutto si svolse all'insegna della soddisfazione generale, con pubblicazioni e articoli apparsi su diversi giornali. 160 Si trattò di un episodio indubbiamente rilevante sul piano culturale che finì però, probabilmente per ragioni di prestigio municipalistico, col prendere la mano agli Amministratori che persero il senso della misura e indebitarono la città per una cifra consistente. 161
Indubbiamente servì anche a dare uno scossone alla vita della città, che appariva assai opaca e provinciale (non solo in campo culturale), consentendole per un attimo dì rivivere con orgoglioso protagonismo i fasti dell'antica (piccola) capitale principesca.
Inoltre l'avvenimento funzionò da catalisi per altre iniziative: probabilmente la stessa migliore sistemazione della Galleria d'arte in Municipio, l'acquisto della "casa dell'Allegri", 162 un salto di qualità nella stagione teatrale.

2.3.2. Prime ipotesi di allestimento di un Museo nel Palazzo dei Principi

Negli anni successivi da alcune parti si cominciò a formulare la proposta di trovare una sede autonoma ove allestire in modo adeguato il patrimonio artistico di proprietà comunale.
Nel 1886 la Giunta accolse in linea di massima la proposta avanzata dall'Ing. Maestri di "adattare la casa Allegri ad uso Galleria delle copie dei quadri ed incisioni degli affreschi del Correggio". 163 Era un'ipotesi piuttosto riduttiva che del resto non ebbe nessun seguito.
Fu Arnaldo Ghidoni, nel 1897, a proporre in Consiglio Comunale di
"adibire la sala ora ad uso di scuola di Musica [cioè la sala del soffitto a cassettoni del Palazzo dei Principi], essendo essa la più conveniente, ad uso di raccolta di quanto si trova di artistico di proprietà comunale".
L'Assessore On.le Vittorio Cottafavi gli rispose che la Giunta avrebbe già provveduto a ciò se avesse potuto trovare un'altra sistemazione alla Scuola di Musica. 164
Si trattava di una motivazione ridicola se si pensa alla notevole ampiezza del Palazzo stesso.
Il fatto è che l'idea di un recupero e di una destinazione ad uso culturale di quel maestoso edificio era lontanissima dalla mente degli Amministratori dell'epoca.
Qual era stata, infatti, la sua sorte nell'ultimo secolo, da quando cioè aveva cessato di essere sede del Governatore?
Si era trattato di un ben misero destino che lo aveva condotto ad un grave decadimento sul piano architettonico e ad una sua emarginazione dalla vita culturale e politica della città.
Era stato visto come un grande contenitore da destinare agli usi più diversi e meno congrui alle sue caratteristiche.
Era servito per spettacoli; per un decennio almeno dopo l'Unità era stato sede di un reparto di Cavalleria; 165 negli anni successivi poi vi avevano trovato dimora diversi inquilini, una tipografia, alcuni uffici pubblici, magazzini, una fabbrica di brillanti industriali, un ospedale per ammalati di vaiolo, lavorazioni del trucciolo e della seta, una scuola di scherma e altro ancora. 166 Neppure un deciso invito della Prefettura a far cessare questi usi che mettevano in forte pericolo l'integrità e la salvaguardia del Palazzo, "annoverato fra i monumenti Nazionali", 167 provocò un ripensamento da parte dell'Amministrazione Comunale che anche in seguito continuò a fare concessioni analoghe. 168
Dopo l'incendio del Teatro del 1889, e la conseguente sua chiusura per un decennio, il Palazzo divenne anche sede di diversi spettacoli teatrali, balli e feste (tanto che si parla di una "sala ad uso Teatrino" organizzati, spesso per beneficenza, dalla locale Compagnia filodrammatica o da altri. 169
Fatto sta che il Palazzo in quei decenni fu alla mercé di tutti, senza alcun controllo. Inoltre furono apportate modifiche di rilievo che fortunatamente non toccarono, se non marginalmente, la parte cinquecentesca del Palazzo. 170 Gli interventi di manutenzione furono ridotti al minimo, giusto quando crollava qualcosa, e il risultato fu che alla fine del secolo il Palazzo si trovava in uno stato miserevole (Figg. 21-22).
Fu la Direzione generale delle antichità e belle arti, nel 1890, a sollecitare l'Amministrazione Comunale ad intervenire in modo più deciso e poi, vista la risposta negativa della stessa, a finanziare direttamente qualche piccolo intervento urgente. 171
Intanto la proposta di allestire nel Palazzo dei Principi una "piccola ed unica galleria" raccogliendovi "tutti gli oggetti artistici del nostro Municipio", venne ripresa nel 1904 da Il Risveglio Democratico. Il giornale lamentava che l'idea, già lanciata anni prima, fosse rimasta senza seguito, mentre invece 'Il tempo e soprattutto la colpevole trascuratezza di tutte le nostre amministrazioni" non avevano risparmiato "nemmeno l'arte: prova ne sia l'abbandono, il disordine e peggio in cui sono lasciate quelle poche cose artistiche che il nostro paese ancora possiede". 172
Quattro anni dopo lo stesso giornale tornava sull'argomento ripresentando la stessa proposta. L'urgenza di una tale soluzione era giustificata con il colpevole stato di abbandono in cui si trovavano le opere; si denunciava il fatto "che gli arazzi furono tagliuzzati e ridotti nella forma adatta a decorare alcune sale del Municipio", che "le copie dei quadri del Correggio giaciono disperse per gli uffizii" dello stesso, nel quale "scomposto ed abbandonato riposa pure il pregevole camino del Rinascimento". 173
La conclusione era lapidaria:
"questo patrimonio artistico è nostro e noi cittadini di Correggio lo vogliamo assicurato contro qualsiasi possibile danno, lo vogliamo esposto al pubblico perché è nostro diritto". 174
Evidentemente la sistemazione (certamente precaria e inadeguata, ma pur sempre abbastanza ordinata) che nel 1880 era stata data alla Galleria d'arte in Municipio, nel frattempo si era dissolta o quasi.
Il Risveglio Democratico nel 1909 tornò ancora alla carica su questo problema; 175 Mentre nel 1913, con due successivi articoli, denunciò il fatto che "oggetti di valore e pregio artistico che erano pervenuti in proprietà del Comune quando questi si sostituì al demanio che aveva incamerati i beni delle Confraternite" (con le 'leggi eversive' del 1866) e che erano conservati nella chiesa di S. Francesco, "con la scusa di proteggerli meglio, avevano preso la via di altre chiese non di proprietà del Comune". Anche qui l'invito era esplicito:
"ai mezzi più efficaci e sicuri doveva e poteva benissimo pensarvi del proprio il Comune, mantenendo il suo patrimonio artistico in casa sua e non in casa d'altri, specialmente trattandosi di cose preziose". 176
Soprattutto:
"sapendosi come in generale siano andati a finire oggetti di notevole valore artistico, imperante il sistema dei passaggi illegali da un luogo ad un altro. Chi non ricorda le infinite detrazioni subite dal nostro Archivio di Memorie Patrie?". 177
Che l'importante patrimonio artistico conservato in S. Francesco non fosse completamente al sicuro lo dimostra anche il fatto che già due anni prima, in Consiglio Comunale, era stata evidenziato il grave pericolo di deterioramento che correva la grande pala d'altare ispirata a San Bernardino che risana lo storpio, opera di Mattia Preti, a causa di un'infiltrazione d'acqua dal tetto. 178
Sempre nel 1911 il Consiglio Comunale aveva approvato all'unanimità la costituzione di una commissione (composta da Vittorio Cottafavi, Arturo Guzzoni degli Ancarani, Enrico Montessori e Mario Cattania) con l'incarico di presentare una proposta per la realizzazione di "una raccolta di cimeli e di ricordi riguardanti il Correggio". Nella discussione Cottafavi caldeggiò l'idea di localizzare nelle sale migliori del Palazzo dei Principi la sede di tale raccolta, che 'potrebbe anche estendersi a cimeli ed oggetti artistici che non hanno riferimento al Correggio, ma sono sempre da custodirsi gelosamente". Ovviamente, essendo il Palazzo dei Principi monumento nazionale, avrebbe dovuto esservi "il concorso del Governo". 179
Naturalmente ancora una volta non se ne fece niente. Insomma le diverse parti politiche ormai convergevano sull'ipotesi di istituire nel Palazzo dei Principi una qualche forma di Museo o Galleria, sebbene il progetto culturale che la sorreggeva sembri piuttosto confuso o comunque limitato.
L'ipotesi non riusciva però a decollare. Il fatto è che, accanto ai ritardi e alla limitatezza di visione degli Amministratori correggesi (sottolineati forse anche in modo interessato dall'opposizione), a livello nazionale si svolgeva un fenomeno preoccupante che portò a un impoverimento complessivo dell'intervento pubblico sul patrimonio artistico.
Lo Stato italiano solo nel 1902, dopo quarant'anni dall'Unità, era riuscito a darsi una legge per "la tutela e la conservazione dei monumenti e degli oggetti aventi pregio d'arte e di antichità", solo nel 1907 poi furono costituite le Sovrintendenze.
L'inizio del movimento legislativo in questa materia si era avuto con la legge 28 giugno 1871 n. 286 che in pratica aveva confermato, onde assicurare una tutela dei patrimonio artistico, i regolamenti degli Stati preunitari che però, nel nuovo sistema politico, risultarono svuotati della loro efficacia. Contemporaneamente si era sviluppato un intenso dibattito, anche in sede parlamentare, polarizzato sui temi dell'accentramento e del decentramento amministrativo, della salvaguardia dei diritti della proprietà privata e della difesa della pubblica utilità. " 180 D'altra parte le Sovrintendenze, una volta istituite, si rivelarono subito organi di controllo anziché di promozione e segnarono la supremazia del centralismo, del riferimento continuo ad autorità superiori, della collocazione in sede tecnica di problemi che in realtà erano d'ordine politico-culturale.
Ciò ebbe come conseguenza una sorta di delega-espropriazione dalla periferia al centro, con lo spostamento del dibattito e dell'intervento concreto dalle sedi locali, municipali, alle istituzioni di controllo statale.
Gli anni in cui si verificò questa svolta furono appunto quelli fra il 1907 e il 1910. 181 Così sul piano locale diventò inevitabile (e anche comodo) assumere un atteggiamento di trepida attesa per il benevolo intervento dall'alto, cercando al più di muovere le pedine giuste per ottenerlo.
E' significativo il modo in cui La Voce del Popolo nel 1913 riportò, con enfatica evidenza, il discorso pronunciato dall'On.le Cottafavi alla Camera per sollecitare provvedimenti a favore del Palazzo dei Principi. Altrettanto significativa la risposta del Ministro della Istruzione Pubblica Credaro, anch'essa riportata con soddisfazione, nella quale assicurava che avrebbe tenuto presente "nei limiti delle disponibilità di bilancio" queste raccomandazioni, che avrebbe mandato a visitare il Palazzo "e se realmente si rileverà che vi sono pericoli prenderò gli opportuni provvedimenti". 182
Nel 1916 una vicenda giudiziaria accesasi attorno alla proprietà dei quadro più prezioso presente a Correggio, il Redentore del Mantegna, riportò l'attenzione dei dirigenti locali sull'esigenza di istituire a Correggio un Museo che, quantomeno, assicurasse la salvaguardia del patrimonio artistico cittadino.
Era successo che il quadro, rimasto anonimo e ritenuto per le precarie condizioni una crosta, era stato incautamente alienato a un rigattiere dalla Congregazione di Carità che gestiva l'Istituto Contarelli, alla quale il quadro era stato lasciato in eredità cinquantanni prima dall'ultima discendente dei da Correggio. L'opera finì poi nelle mani di un appassionato collezionista, il marchese Campori di Modena. Nel frattempo il dipinto era stato portato all'attenzione di noti critici che lo riconobbero opera autografa dell'artista. Nel 1916, come si diceva, si accese una questione giudiziaria fra il Campori e la Congregazione di Carità che intendeva rientrare in possesso della preziosa tela. 183
Nel giugno di quell'anno, attraverso un'interrogazione, il Consiglio Comunale venne investito del problema; 184 sei mesi dopo il Sindaco si consultò con il Prof. Meulli, insegnante presso la Scuola Comunale di Disegno, e con l'Avv. Enrico Montessori, consigliere comunale e artista di talento. Questi fece presente la difficoltà di trovare una sede adeguata, ma anche la necessità, perché la cosa potesse essere seria, di abbandonare finalmente l'idea di incentrare il costituendo Museo sulle copie delle opere del Correggio, "vere infamie" . 185
Intanto, nonostante la vittoria della causa giudiziaria, la Congregazione di Carità non riusciva ancora a ottenere la restituzione del prezioso quadro. Si aveva
"il dubbio di inframmettenze potenti onde sottrarre a Correggio il prezioso cimelio col pretesto della mancanza di un luogo adatto a sala o galleria ove custodirlo a dovere".
e poterlo cosi tenere a Modena. 186 Questi dubbi, peraltro, ebbero conferme autorevoli, tanto che lo stesso On.le Cottafavi, prese le dovute informazioni, invitò il Sindaco a 'far subito sapere al Prefetto di Modena che il Comune ha ideato una pinacoteca o sala per cimeli storici e che [...] quindi il quadro sarà benissimo custodito". 187
Vennero così sbandierati a destra e a manca grandi progetti, ma si trattava solo di trovate 'tattiche' per riavere il quadro. Le reali possibilità e intenzioni di allestire un Museo non erano cambiate, anzi con la guerra erano semmai diminuite.
Cosi, quando nel marzo 1917 la Giunta propose al Consiglio Comunale '1o stanziamento di £. 3.000 per una erigenda pinacoteca", questi la respinse a grande maggioranza. A coloro che fecero presente la necessità di assicurare una sede adeguata al quadro del Mantegna, si rispose che poteva benissimo essere accolto "nelle sale del Municipio, dove sono raccolti anche ora arazzi e cimeli preziosi". 188
Ai tradizionali ostacoli ora si era aggiunta anche la guerra, con il suo pesante fardello di oneri umani e finanziari. Fra l'altro a Correggio ciò aveva comportato la requisizione e l'utilizzo da parte delle autorità militari dei due maggiori monumenti della città (la chiesa di S. Francesco e il Palazzo dei Principi) che da questa 'esperienza' ricavarono solo ulteriori danni. Lo dimostra, ad esempio, la circostanza che nel giugno 1919 il Sindaco scrisse una lettera al Comando della I' Divisione d'assalto per lamentare il fatto che il portale del Palazzo dei Principi, in cui aveva sede il comando stesso, era stato danneggiato dagli automezzi militari (Fig. 23). 189
Nell'agosto 1919, inoltre, il Sindaco, rispondendo ad una severa lettera dei Soprintendente regionale ai monumenti, precisava che "la chiesa di S. Francesco fino dai primordi della guerra venne requisita dall'autorità militare che la destinò a magazzeno di foraggio". 190
Ad esaltarsi, di questa situazione e soprattutto delle prospettive aperte dall'esito vittorioso della guerra, fu l'On. Cottafavi, che si armò di carta e penna e cominciò a scrivere a Ministri e autorità locali perché facessero tutto il possibile per avere i quadri del Correggio conservati a Dresda a titolo di risarcimento dei danni di guerra. 191 Non fu preso troppo sul serio e Correggio dovette proprio rassegnarsi a restare senza alcuna opera del suo grande figlio. Ma almeno si potè rinviare ancora l'istituzione di un museo.

2.3.3. La Scuola Comunale di Disegno

Nelle pagine precedenti si è avuto modo di citare la Scuola Comunale di Disegno che funzionò a Correggio per circa un secolo e vi svolse un importante ruolo di formazione culturale e professionale. Vale quindi la pena di accennare brevemente alle sue vicende, relativamente al periodo qui considerato.
Essa venne istituita nel maggio 1843 con Decreto ducale. Dall'autorità superiore, il Ministro di Pubblica Economia e Istruzione, fu pure nominato il primo maestro, Antonio Villa (1817-1888), cui fu assegnato uno stipendio mensile di £. 60. La Scuola venne collocata in Municipio e per diversi decenni funzionò regolarmente, con una media di 20-25 alunni ogni anno.
Nel 1884 il M.o Villa (che fu ottimo disegnatore e si dedicò in particolare all'incisione e alla litografia) venne collocato a riposo e per sostituirlo fu bandito un pubblico concorso. In quell'occasione venne pure approvato dal Consiglio Comunale un Regolamento per tale scuola, la quale aveva 'per iscopo di porgere gli elementi per l'insegnamento artistico a coloro che vogliono dedicarsi alle Belle Arti, alle minori ed ai mestieri" (art. 1). Si trattava di un lungo e organico articolato che delineava una scuola seria, permanente e funzionante tutto l'anno.
Nel gennaio 1885 venne nominato vincitore del concorso e nuovo maestro Andrea Capretti di Correggio. Questi nei mesi successivi propose ed ottenne il trasferimento della Scuola nell'edificio del Collegio, più precisamente nel locale dove si insegnava il disegno agli alunni della Scuola tecnica che perciò si presentava più idoneo e attrezzato della sede precedente.
Capretti fu un buon pittore e decorò buona parte dei palazzi (compreso il Municipio) che furono cretti o restaurati nel suo tempo a Correggio.
Nel 1892 egli si dimise, probabilmente per l'età già avanzata, e venne sostituito, dopo concorso, dal maestro Emilio Meulli (1869-1945) di Correggio, che fu valente decoratore e disegnatore, lasciando in particolare, numerose e belle vedute della città.
Intanto la Scuola si era sempre più trasformata in una istituzione di formazione e perfezionamento professionale, frequentata in prevalenza da operai ed artigiani; perciò, su proposta del socialista Diacci, nel 1908 divenne serale per favorire la partecipazione dei lavoratori alle lezioni. 192


147 A. Emiliani, I Musei, in L'Emilia-Romagna, Milano, Teti, 1974, p. 345.
148 ASCC, b. 162.
149 Una risposta di adesione all'invito del Podestà, relativa al ritratto di Francesco Palazzi, porta la data del 19 maggio 1819. ASCC, b. 187.
150 ASCC, bb. 187, 198, 216, 256.
151 ASCC, acc (Seduta dell'11 ottobre 1830).
152 Ivi (Seduta del 13 dicembre 1860).
153 Cfr. una lettera del 30 luglio 1833 con la quale la Comunità invitava la Congregazione di Carità a consegnare i quadri in suo possesso per destinarli a tal fine. ASCC, b. 203.
154 ASCC, acc (Seduta del 12 aprile 1850).
155 ASCC, agm (Seduta del 10 novembre 1879).
156 Cfr. A. Emiliani, Il museo dall'età illuministica al nostro tempo: ì diversi modelli di museo, in La didattica dei beni culturali, Brescia, Grafo, 1980, pp. 44-59.
157 ASCC, agm (Sedute del 18 dicembre 1879,15 gennaio 1880, 5 giugno 1880,30 giugno 1880).
158 Ad esempio, vennero acquistati in questo periodo sia il quadro del sec. XV11 riproducente la pianta di Correggio, "di provenienza della casa Berni" (ASCC, agm, Seduta dell'8 settembre 1880), che le fotografie artistiche (con vedute di Correggio) di Gildaldo Bassi, destinate ad essere raccolte in album e collocate nella Galleria (Ivi, Sedute del 17 luglio 1879 e 24 giugno 1880).
159 L. Bigi, Guida del Palazzo Comunale di Correggio, Correggio, Palazzi, 1880.
160 Notizie dettagliate su questo avvenimento si possono trovare soprattutto negli atti del Consiglio Comunale, in numerosi articoli apparsi su "Il Caporale di Settimana", nella documentazione posseduta dal Museo Vela di Ligometto e in parte reperibile, in fotocopia, anche nella BCC.
161 Nella seduta del 29 novembre 1880 il Consiglio Comunale prese atto che le spese direttamente o indirettamente collegate all'erezione del monumento ascendevano alla notevole somma di £. 28.279,30, con un disavanzo rispetto alle entrate (lascito Asioli e sottoscrizione) di £. 17.342,28 (da notare che in quello stesso anno erano state spese per l'assistenza ai poveri e. a 4.000 lire), per la qual cifrasi decise di contrarre un prestito da saldare in più anni (ASCC, acc).
162 Ivi (Seduta del 29 novembre 1880). Sulla "casa del Correggio" si veda R. Finzi, Correggio nella storia e nei suoi figli, op. cit., pp. 149-15 1.
163 ASCC, agm (Seduta del 12 maggio 1886).
164 ASCC, acc (Seduta del 9 dicembre 1897).
165 Cfr. R. Barbieri-R. Finzi-R. Giuliani, Progetto di consolidamento e restauro del Palazzo dei Principi. Relazione tecnica (dattiloscritto), Correggio, 1962, p. 5 (BCC).
166 ASCC, agm (Sedute del 19 febbraio 1880, 22 dicembre 1885, 4 agosto 1886, 27 ottobre 1887, 15 marzo 1888, 20 marzo 1905).
167 Ivi (Seduta dell'1 1 maggio 1889). Il Palazzo fu dichiarato Monumento Nazionale con decreto ministeriale del 1887. Si può dire che questo fatto fu provvidenziale perché in quell'epoca il Consiglio Comunale stava quasi per decidere la vendita a un privato del prezioso fregio marmoreo del portale, ma la notizia dell'atto governativo, appresa da un giornale (sic!), indusse il Consiglio a soprassedere (ASCC, acc, Seduta del 10 settembre 1887). Del resto in precedenza la Giunta aveva anche preso seriamente in considerazione, per fortuna senza esito, la vendita a privati della collezione di arazzi (ASCC, agm, Seduta del 7 ottobre 1879).
168 Ivi (Sedute del 22 aprile 1880, 19 e 26 ottobre 1891).
169 Ivi (diverse Sedute dal 1890 al 1905).
170 Cfr. R. Barbieri- R. Finzi- R. Giuliani, op. cit., pp. 5-8.
171 ASCC, agm (Sedute del 22 aprile 1890 e del 16 maggio 1892).
172 Per una piccola Galleria di cose d'arte, 1l Risveglio Democratico", 1, 1904, 10, p. 4.
173 Si tratta del magnifico camino marmoreo della sala del soffitto a cassettoni del Palazzo dei Principi che da anni era stato smontato e trasportato in Municipio, probabilmente per un uso didattico da parte della Scuola di Disegno (Cfr. ASCC, agm, Seduta del 4 maggio 1886).
174 Il patrimonio artistico di Correggio, "Il Risveglio Democratico", V, 1908, 108, p. 3.
175 Cose d'arte. Seguiamo gli esempi, "Il Risveglio Democratico", VI, 1909, 140, p. 3.
176 Il patrimonio artistico del Comune, "Il Risveglio Democratico", X, 1913, 245, p. 2.
177 Ancora sugli arredi sacri di S. Francesco, "Il Risveglio Democratico", X, 1913, 253, P. 2.
178 ASCC, acc (Seduta del 13 maggio 1911).
179 Ivi (Seduta del 4 novembre 1911).
180 Cfr. A. Emiliani, La legislazione per la tutela e l'amministrazione del patrimonio storico-
artistico negli stati preunitari e nell'Italia unita, in La didattica dei beni culturali, op. cit., pp. 60-77. E inoltre: E. Mattaliano, Il movimento legislativo per la tutela delle cose di interesse artistico e storico dal 1861 al 1939, in Camera dei Deputati, Ricerca sui Beni Culturali, Roma, Grafica Editrice Romana, 1975, vol. I, pp. 1-26.
181 Cfr. A. Emiliani, Il museo dall'età illuministica al nostro tempo: i diversi modelli di museo, op. cit., pp. 52-53.
182 Per il nostro monumentale Palazzo dei Principi, "La Voce del Popolo", XIV, 1913, 21, p.
183 Cfr. A. Magnanini, Il Mantegna nascosto a Correggio, "Qui Touring notizie", XIV, 1984,7, p. 11.
184 ASCC, acc (Seduta del 6 giugno 1916).
185 ASCC, anno 1917/cat. IX.
186 Cfr. una lettera spedita dal Presidente della Congregazione di Carità al Sindaco in data 22 febbraio 1917. Ivi.
187 Cfr. una lettera di Cottafavi al Sindaco in data 28 febbraio 1917. Ivi.
188 ASCC, acc (Seduta dell'11 marzo 1917).
189 ASCC, anno 1919/cat. IX.
190 ivi.
191 Cfr. ASCC, anno 1918/cat. IX.
192 Sulle vicende della Scuola Comunale di Disegno cfr.: BCC, amp; ASCC, b. 294; ASCC, acc (Sedute del 23 ottobre 1884,30 ottobre 1884,15 gennaio 1885,15 ottobre 1885,30 luglio 1892, 3 novembre 1908) e inoltre: R. Finzi, Correggio nella storia e nei suoi figli, op. cit., pp. 283, 298, 290 e 29 l.