| Odoardo Rombaldi |
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| Il Settecento: il rinnovamento, la Deputazione delle Opere Pie | |
| Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979 |
Nella prima metà del secolo XVIII si creano le condizioni propizie ad una generale ripresa della vita anche nel Principato di Correggio. Nell'ordine economico meritano del'esser rilevati i progetti di miglioramento del regime idraulico. Per i mulini di Correggio valeva sempre la convenzione borsiana - 1462, che assicurava al canal d'Enza due macinature; con provvedimento suecessivo si dispose che l'acqua del canale, dal tramonto della domenica fino alle ore 12 del giovedì di ogni settimana, cominciando dal 15 maggio a tutto settembre, dovesse correre ad esclusivo beneficio di Correggio tranne 2/4 di macinatura dati a Montecchio. Il canale naviglio permetteva ancora la navigazione al Po (1). Tutte le acque del Correggese scolavano nella Parmigiana; regolata nel 1650-53, e alla fine del Settecento, essa offriva la possibilità di esser utilizzata come via commerciale. Fu presentato un progetto di naviglio che doveva collegare questo cavo con Correggio; alimentato dalle acque dell'Enza e dal Tresinaro, avrebbe avuto la lunghezza di nove miglia e due sostegni. Da Correggio, dunque, le chiatte, attraverso la Parmigiana e il Secchia avrebbero raggiunto Ostiglia e di qui l'Adige e quindi Venezia e l'Adriatico, evitando il percorso del Po nel tratto ferrarese e risparmiando nel percorso e nei dazi; il naviglio avrebbe agevolato "il trasporto del frumento e dei marzatelli dal Mantovano negli Stati di Modena, tanto più che Correggio è posta nel mezzo della pianura di tutti gli stati esterni"; collegato con la strada della Montagna, il naviglio avrebbe messo in comunicazione ampie aree (2).
Analogo a questo progetto di ampliare l'antico naviglio Correggio - Fabbrico - Rolo - Parmigiana era quello di Don Livio Checchi, di 4aprire ai correggeschi un più libero cammino ai Mantovani e Guastallesi d'inverno"; il Checchi suggeriva, ancora, di bonificare le campagne (3).
Risultati tangibili si ottenevano nel campo dell'educazione e dell'istruzione. La confraternita di S.Giuseppe aveva in Correggio un oratorio e un ospedale (una cappella a S. Giuseppe è documentata nel 1520 - Antonio Maria qu. Turchi de Orsis lasciava alla cappella di S. Giuseppe noviter incepta 50 ducati - e nel 1554); nel 1707-08 il Duca progettò di cedere l'oratorio ai Barnabiti, che intendeva introdurre in città per l'istruzione dei giovani. Nel 1722 veniva ripreso il progetto; constatato che degli ordini esistenti: Domenicani, Conventuali, Carmelitani, Cappuccini, nessuno aveva "per istituto particolare l'ammaestramento della gioventù, onde è necessario condurre maestri mercenari", si diedero agli Oratoria i chiesa, casa, stabili, censi della Confraternita di S. Giuseppe, con l'obbligo di aprire le scuole; ai Barnabiti, che poi declinarono l'incarico, successero i Padri delle Scuole Pie, che ebbero, oltre ai beni suddetti, la rendita annua di 400 scudi romani. Le scuole, ordinate in tre gradi: Grammatica inferiore, Superiore o Rettorica, Umanità, cominciarono nel 1723 (4).
Nell'ultimo terzo del sec. XVIII disponiamo di notizie continue sulla popolazione, che, pur non dando pieno affidamento - si tratta delle denunzie dei parroci sullo stato e il movimento della popolazione, da una Pasqua all'altra - permettono tuttavia di stabilire un fatto importante: l'aumento reale della popolazione dei Principato.
Tra i nati e i morti negli anni 1771-1794, vi fu una differenza attiva di 1860 unità (102638403); negli stessi anni la popolazione denunziata saliva da 10006 a 11844 unità - differenza attiva 1838; è un fatto importante cui si collegava l'aumento dei fuochi: da 1719 a 2050 (+ 331); gli ebrei contribuivano con 28 fuochi e 147 individui; Correggio aveva nel 1772, 384 fuochi e 2077 abitanti; i dati riguardano le parrocchie di S. Quirino, Rio, S. Biagio, S. Martino, S. Prospero, Fosdondo, Fazano, Mandrio, Mandriolo, Campagnola, Fabbrico e Canolo; si tratta di un distretto che alle ville antiche aggiunge Rio e S. Martino; anche dedotto il contributo di queste all'aumento della popolazione, questo fu effettivo e non senza conseguenze sull'economia (5).
L'ultimo terzo del sec. XVIII è dominato dalle riforme introdotte dal Governo estense anche nel Principato; esse costituiscono il test più importante del rinnovamento.
Pare superflua una premessa intesa ad illustrare le motivazioni di principio o ideologiche e le valutazioni generali che decisero il Governo ad entrare nelle riforme delle opere pie; i fatti attinenti al Principato di Correggio riflettono abbastanza le une e le altre.
Le opere e le fondazioni pie adempivano da secoli a precisi scopi di culto e di assistenza; esse furono assoggettate ad una Deputazione sopra i Luoghi Pii della Città e Principato di Correggio, poi Congregazione (6), cui il Governo, in un primo tempo, diede facoltà di esigere regolari bilanci e di esercitare stretto controllo sugli enti sottoposti. In effetti, dal controllo di legittimità degli atti o di conformità di questi alle norme degli statuti interni, la Deputazione passò a modificare le basi statutarie e quindi a mutare le finalità di alcune istituzioni, o di certe parti di esse, fino a sostituire la volontà propria o quella dei testatori. Tutto il campo del culto e dell'assistenza subì una profonda rivoluzione, con effetti a lungo termine, sull'assetto della proprietà e, ciò che non meno importa, sui rapporti dei ceti sociali e sulle loro idee.
All'inizio, il Governo giustificò il suo intervento con la necessità di risolvere situazioni debitorie o di sofferenza degli enti che esercitavano funzioni di pubblica utilità, come gli ospedali, e ottenne lo scopo devolvendo loro l'avanzo di altre opere. Che dopo secoli di attività spontanea e non coordinata, e talora confusa, occorresse l'intervento della mano pubblica per correggere gli squilibri, che si erano creati, e per adeguare le vecchie istituzioni alla vita concreta degli uomini, è perfettamente giustificato; già questo modesto intervento non poteva effettuarsi che mediante un organo burocratico e mediante atti amministrativi non esenti da errori; ma il piano della Sovrana Giuridizione, cui tutto era soggetto, non fu tanto quello di correggere il vecchio, quanto di rivoluzionarlo per attuare un disegno proprio di assistenza; furono così colpite a morte istituzioni antiche e radicate nel cuore della gente, altre furono indirizzate ad altri scopi, non tenendo conto della devozione e del senso di carità dei fedeli.
Lo Stato, divenuto ente assistenziale ed elemosiniero, inaugurò la sua attività non integrativa ma sostitutiva di quella privata; ciò comporterà la soppressione di chiese e di monasteri, l'incameramento dei beni loro, la regolamentazione del culto; in tal modo, dai primi interventi, giustificati e saggi, si passerà ad un'azione ideologicamente motivata e sconvolgente, con forti lati negativi, che avrà però anche il merito di offrire al ceto borghese occasione di nuove attività economiche, negli acquisti di immobili urbani, nella conduzione delle terre (livelli). Un bilancio di questa vasta operazione non è fatto di sole cifre ma anche di valutazioni che investono la società; esso potrà, alla fine, apparire contradditorio e, dove risultasse errato o fallimentare, anche preterintenzionale, come gli errori insiti e inevitabili dell'agire umano.
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