| Luciano Parmiggiani |
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| Rottura col passato e nuovo modello di città | |
| Mille Annni - Lo sviluppo urbanistico a Correggio dalle origini agli inizi del XX secolo |
In questi anni l'inutilità delle mura dal punto di vista militare, le nuove esigenze di scambi commerciali e un consistente incremento demografico stimolarono una nuova impostazione dei rapporto fisico città territorio. Dalla seconda metà dell'Ottocento in poi, si avvertì anche per Correggio la frattura storica con il vecchio modello di città. Non fu certo l'industrializzazione a far da volano a questi ripensamenti, come spesso troppo schematicamente si è considerato; Correggio infatti, come tutta la zona della bassa reggiana, conobbe l'espansione industriale solo dopo la II guerra mondiale.
Passeggiata sulle mura. La pubblica passeggiata sulle mura dal lato di Via Asioli, praticata nel1854. Foto Bassi 1879-80.
Furono piuttosto le nuove politiche sociali (nuove scuole, orfanotrofi) e infrastrutturali (stazione, viali di circonvallazione e di penetrazione) a mutare la fisionomia della città, anche se dobbiamo aggiungere che Correggio, fortunatamente, non fu sottoposta a quegli ampliamenti e sventramenti dissennati che interessarono gran parte delle città italiane. Già nel 1850 si concesse al Collegio Seminario di chiudere quel tratto di strada che a settentrione correva lungo le mura (la prosecuzione dell'attuale Via Conciapelli) e che delimitava a Nord e Nord Ovest il Collegio seminario. Le spese furono a carico della Ducal Camera. Con questa decisione tutta l'area della città a Nord Ovest fu posta a disposizione del Collegio seminario, ponendo seri limiti all'attraversamento e alla circolazione in quella zona. Con l'Unità Nazionale si adottarono in tutto il paese iniziative importanti nel campo sociale; una testimonianza di ciò la si riscontra anche a Correggio: nel1860 vennero aperte le scuole elementari gratuite (53) e nel 1870 l'asilo infantile, che fu ubicato presso parte dei convento dei Frati minori riformati (convento di S. Francesco). Dal 1859 il Collegio seminario fu gestito dal Comune e intitolato Istituto Antonio Allegri". Fu invece edificato ex novo il Collegio Orfanotrofio, aperto nel 1862 con un lascito di Caterina Contarelli. Questo nuovo istituto sorse inevitabilmente su area comunale, l'unica in buona parte ancora non edificata nel centro urbano. Venne scelta l'area adibita ad orto e a scuderie dietro il Palazzo dei Principi (54).A poca distanza troviamo il Teatro, il cui completo rifacimento non era più rinviabile. Era rimasto ancora così come fu ristrutturato nelle metà dei 1700; per una città in espansione e con nuove ambizioni certamente non poteva più soddisfare le esigenze culturali dei correggesi.
Nel 1850 si approvò il progetto di una sua ricostruzione, firmato da Francesco Forti. Con i primi anni '80 dei XIX sec. iniziò il dibattito sulla ferrovia e sull'ubicazione della stazione. Dal dibattito si può notare come era già acquisito, in sostanza , il concetto di apertura della città verso l'esterno. Le porte di accesso, di conseguenza, venivano viste come un semplice ingombro e ostacolo per chi voleva entrare in città. Nel 1879 venne abbattuta Porta Modena (55) (il sollievo alla disoccupazione era la motivazione più richiamata ogni qualvolta si trattava di sostenere l'abbattimento di pezzi di mura, porte di accesso ed edifici fatiscenti).Nel frattempo (1881) usci il nuovo regolamento d'Ornato: è importante notare quelle che ancora venivano considerate le vie principali e cioè: la Strada Maestra, via Antonioli, Piazza S. Quirino, Piazza dei Mercato (Piazza Castello di fronte al Teatro) e Piazza delle Erbe (Piazza Garibaldi). Erano le vie dei potere politico, ecclesiastico e dei ceti possidenti ed egemoni; il trascorrere dei secoli, evidentemente, non scalfì la gerarchia delle vie che contrassegnavano l'immagine di Correggio. Nel 1882 il Consiglio Comunale conferì un incarico per progettare le strade di accesso alla Stazione ferroviaria (56). In quella seduta il consigliere Isaia Sinigaglia sollecitò un piano regolatore complessivo: a suo giudizio la Stazione, anche se posta 'extra mura', avrebbe influenzato tutta la viabilità cittadina. Evidentemente questo consigliere, importante proprietario terriero e possessore di capitali, aveva già intravisto una opportunità speculativa su tutta la città. Infatti, tre anni dopo egli sostenne che il progetto che l'Amministrazione stava approntando avrebbe dovuto prevedere un accesso dalla Strada Maestra passando per via Antonioli, la Rocchetta, la Nitreria (57).
Si dava per scontata quindi l'ipotesi che la costruzione della stazione richiedesse ristrutturazioni anche dentro la città murata. Nel maggio dei 1886 si discusse la relazione conclusiva della commissione appositamente costituita per esaminare i due progetti presentati. Nella relazione si fece notare che sia il progetto Parmiggiani che il progetto Aimi prevedevano un collegamento stretto fra centro città e stazione; tale scelta venne giustificata con l'esigenza di congiungere il centro delle attività e degli affari direttamente con la stazione. Sempre nella relazione si sostenne che così facendo i passeggeri giunti a Correggio si sarebbero trovati di fronte ad un viale monumentale su cui si sarebbero affacciati Teatro, Palazzo dei Principi, basilica di S. Quirino e monumento dei Vela (dedicato ad Antonio Allegri sulla piazza di S. Quirino): un viale contornato da una doppia fila di alberi che si intendevano piantumare lungo tutto il percorso. Anche questo scenario avrebbe giustificato pienamente a detta della Commissione tale scelta. Ben poche città, concluse la Commissione, potrebbero vantare un accesso così decoroso. La decisione di creare un viale alberato, a costo di coprire parzialmente le facciate degli edifici più decorosi, non supera però una piatta aderenza alle tendenze urbanistiche dell'epoca. Per quanto riguarda la Rocchetta se ne propose l'abbattimento, non per scarsa sensibilità verso gli edifici storici si sostenne in Consiglio Comunale ma perchè essa non conservava più le caratteristiche originarie; nello stesso tempo si accettò la proposta di una petizione presentata da 205 cittadini che chiedeva la salvaguardia della mura; per ora di esse verrà abbattuta solo la Nitreria sulla ex porta "degli Spagnoli", per il collegamento stazione città. Infine si proposero due vie di circonvallazione che si collegassero con le strade che conducevano nelle campagne e nelle città limitrofe. Ma la commissione, intuendo che i finanziamenti non sarebbero bastati per tutte le opere, propose di dare priorità al collegamento stazione centro e di rinviare successivamente la costruzione delle strade di circonvallazione. Anche questa proposta rivela un'ottica urbanocentrica e tutta estetica: una soluzione di questo tipo penalizzava il rapporto fra la campagna (i cui prodotti sarebbero stati uno dei principali oggetti di trasporto) e la stazione, obbligando ogni merce o persona interessata a questo mezzo di trasporto a passare per il centro cittadino. Il Consiglio Comunale approvò la relazione tecnica e decise appunto di finanziare solo i lavori della via interna (58) (cioè dei viale, l'odierno Corso Cavour),penalizzando il rapporto tra la ferrovia e il commercio dei prodotti agricoli. Il 23 ottobre 1896 fu aperta la ferrovia Correggio Bagnolo Reggio (il tratto Correggio Carpi verrà aperto successivamente). Un mese dopo la Strada Maestra assunse il nome di Corso Vittorio Emanuele e la ex Piazza Castello, Corso Cavour. La costruzione della stazione portò con sé, pertanto, la distruzione dei più antico luogo di Correggio: Piazza Castello. Anche se è vero che la Strada Maestra aveva già soppiantato Piazza Castello, sia come attenzione al decoro, sia come 'carta di presentazione" della città (Piazza Castello ospitò addirittura il mercato dei bestiame, fino a quando, nel 1836, venne aperto il piazzale Contarelli dietro al Teatro), è pur vero che si trattava di una piazza e non di un corso. Il mutamento è evidente. Corso Cavour diventerà un asse di distribuzione e di penetrazione nel centro storico (da sud e da est attraverso via dei Principato). La stazione ferroviaria, assunta a simbolo dei nuovi tempi, diventò il nuovo polo di attrazione: la sua facciata divenne visibile dal cuore della città, all'altezza di via Antonioli. Per fare ciò ovviamente era indispensabile l'abbattimento della Rocchetta, punto di chiusura a sud di Piazza Castello. Ciò avverrà nei primi anni '90, malgrado esistesse un progetto di attraversamento dei 1885 ad opera dell'ing. Aimi, allegato al progetto delle vie alla stazione, che tentava un compromesso visivo fra stazione e questo edificio (il progetto è conservato presso la Biblioteca Comunale).La vicenda delle mura è ancor più ingarbugliata e controversa. Se ne incominciò a parlare nel 1908 quando il Sindaco fece presente che esse erano continuamente danneggiate da vandali o menomate da furti di mattoni. Il 4 Novembre 1911 avvenne un fatto importante: si affermò di voler adottare un piano regolatore per regolare la crescita urbana di Correggio. L'ingegnere illustrò le linee a cui si doveva ispirare il piano:
1) Abbattimento delle mura di cinta;
2)Allargamento di via S. Maria con atterramento dei fabbricato ad uso trattoria dei Giglio, al fine di prolungare la via predetta, congiungendo le case erette e da erigersi fuori mura sul fondo Cavazzoni;
3) prolungamento di Via Carlo V, Via del Giardino e via dell'Orfanotrofio;
4) individuazione delle aree fabbricabili (59).
In sostanza fu in questi anni che maturò l'idea dei l'abbattimento delle mura. Le ragioni si ricavavano, secondo parecchi interventi dei Consiglieri Comunali, dai dati costituenti i presupposti dei piano: cioè la crescita demografica e l'esigenza di nuove aree fabbricabili. Altri consiglieri, a sostegno della demolizione, affermarono che la passeggiata sulle mura di mezzogiorno non rispondeva più alle intenzioni originarie, in quanto era sempre ingombrata da carri agricoli destinati alla stazione ferroviaria (ciò a dimostrazione della scelta miope di non accompagnare la costruzione della stazione con collegamenti diretti con le campagne). Il secondo obiettivo dei piano era la logica conseguenza dei progetto di abbattimento delle mura: creare più numerosi accessi alla città attraverso delle "cerniere" tra le nuove aree edificate e il centro storico. Per fortuna l'allargamento di via S. Maria non fu mai attuato. L'approvazione da parte dei Consiglio di tali proposte di piano diede inizio allento smantellamento delle mura, che avvenne in diverse riprese e in momenti dettati o dalla richiesta di alcuni privati di aree edificabili o dalla necessità di alleviare la disoccupazione. Il primo tratto ad essere demolito fu il pezzo da Porta Modena all'ex bastione Carlo V (su cui oggi sorge il cosiddetto "Torrione"). Lo stesso anno (1913) contestualmente al prolungamento di Via Carlo V, si decise l'esproprio di tutte le "basse" poste a settentrione. Con questa operazione si volevano evitare speculazioni ad opera dei proprietari delle stesse. Il 27 febbraio 1914 si decise di abbattere l'ultima porta rimasta in piedi, quella di Reggio, con l'intenzione di rendere meno pericolosa e più spedita la viabilità. Il 20 Ottobre dello stesso anno il Consiglio Comunale decise di abbattere la parte di passeggiata sulle mura sud (dall'imbocco meridionale di Corso Cavour all'ex Porta Reggio).L'anno dopo iniziò la costruzione della strada circondaria esterna da Corso Cavour all'ex Porta Reggio, già prevista addirittura dal 1885, in occasione del piano di accesso alla stazione. Dopo cinque anni (1919) fu la volta della demolizione dell'altro tratto meridionale di mura (da Corso Cavour all'ex Porta Modena). Ma i tempi di decisione politica e amministrativa in questo caso precedettero d tre anni l'esecuzione vera e propria. Nel 1922 avvenne la concessione dei mutuo e con la demolizione di quest'ultimo tratto si concluse la vicenda dei l'abbattimento delle mura decisa già dal 1911. tutt'oggi le strade di circonvallazione costruite sulle "basse" non fanno altro che ricalcare a grandi linee il perimetro delle fortificazioni; gli accessi principali al centro storico rimangono dopotutto gli stessi dei secoli precedenti. Sarà così la stragrande maggioranza delle città italiane, segno che le mura continuano la loro presenza invisibile, ad essere elemento distintivo e pregnante della maggior parte dei centri storici italiani.
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