| Luciano Parmiggiani |
![]() ![]() ![]() |
| Decadenza di Correggio | |
| Mille Annni - Lo sviluppo urbanistico a Correggio dalle origini agli inizi del XX secolo |
Le vicende politiche degli ultimi decenni del cinquecento portarono prima alla crisi, poi alla caduta del Principato (1635). Grosse novità in campo urbanistico non ce ne furono in questo periodo, a parte la notevole attività degli Ordini e Confraternite religiose, galvanizzate dall'egemonia culturale contro riformistica e dalla crisi profonda dei poteri laici. Furono edificate nuove chiese: S. Sebastiano (1590-91), nel 1607 S. Giuseppe Patriarca (nell'attuale sede del Municipio), chiesa e convento del Carmine (1616, detta oggi la "Casa di gomma"). Davanti a S. Quirino fu costruito un ampio sagrato, riducendo parte del fossato che ancora esisteva davanti la chiesa e portando il ponte che lo scavalcava da 3 a 1 volto (la fossa era ancora quella della prima cinta!) (281 Nel 1626, in luogo della piccola cappella dedicata alla Madonna della Rosa, venne eretta una vera e propria chiesa (tutt'ora esistente). Nel 1616 venne costruito il portico nel Palazzo di Giustizia (Palazzo Cattini), sorto nel '500 a ridosso della vecchia porta della cinta muraria trecentesca (l'attuale strozzatura tra c.so Mazzini e Via Roma). Si praticarono alcune fognature a cielo aperto, in particolare sulla "strada maestra" (C.so Mazzini), verso Porta Reggio.
Negli anni'30 del XVII secolo fu dipinta ad olio su tela un'immagine molto dettagliata di Correggio (299 (vedi carta n° 1 della cartografia storica). I primi decenni dei '600 furono indubbiamente un periodo nero per la città: la perdita del l'indipendenza, la peste del 1630, la guerra dei trent'anni, indebolirono fortemente Correggio. Segnale di questa crisi è la mancanza, dal 1630 fino alla fine dei '700, di qualsiasi nuova rappresentazione cartografica della città. Numerose invece sono le carte di quel periodo che tracciano esclusivamente il perimetro delle mura: si ha l'impressione che agli Estensi - dal 1635 nuovi padroni del Principato - Correggio interessasse solo come fortezza militare o come nuovo cespite d'entrata fiscale. Gli Estensi in questi decenni si occuparono solo delle fortificazioni, se escludiamo la costruzione nel 1683 dell'Ospedale degli Infermi, gestito dalla Confraternita di S. Sebastiano (nell'attuale Via del Carmine) e la nascita di un teatrino ricavato in uno stanzone del vecchio palazzo di Niccolò ll (di fianco al Palazzo dei Principi) donato dal Duca Alfonso d'Este. L'Ospedale degli Infermi sorse su un'area donata dal Duca Estense sopra un guasto di case poste nella cosiddetta "contrada della Ca "Nova" (tra l'attuale Via Marconi e Via del Carmine). E' interessante notare che il Duca raccomandò bene che l'ospedale avesse carattere laico. I lavori continuarono fin oltre il 1695 e (30) l'oratorio venne aperto il 1712 Per le esigenze di ricovero sempre crescenti, l'ospedale fu ampliato più volte nel corso del '700. L'aumentare del fabbisogno finanziario indusse la confraternita di S. Sebastiano ad acquistare, attorno al 1770, gli ultimi edifici fatiscenti della contrada per ricavarci complessivamente 2000 mq. di orti: prova di quanto fossero importanti in quell'epoca. In pratica alla fine del '700 tutta l'area della contrada venne occupata dall'ospedale. (Vedi n° 30 della legenda della carta n° 6 della sezione ricostruttiva) il teatro, sorto a seguito di alcuni lavori di allargamento e ristrutturazione dello stanzone del palazzo di Niccolò II, fu aperto nel 1660. La struttura era in legno, le spese per le attrezzature e gli arredi furono anticipate da un facoltoso mercante, Pietro Rosa, il quale per ottenere il rimborso delle somme dovette addirittura appellarsi al Duca. Finanziariamente i correggesi nel '600 erano in ginocchio: continui esborsi per rinnovare e mantenere le fortificazioni, crediti verso il governo cittadino mai riscossi (per aver dovuto alloggiare gli alemanni nel 1630, durante la guerra dei trent'anni). Non era certo il momento per poter effettuare investimenti nel settore edilizio, sia da parte dei privati che dell'amministrazione cittadina. Si inasprì l'imposizione fiscale verso il contado, continuando tuttavia a mantenere un regime di esenzione sulle terre dei nobili e degli ecclesiastici. Per evitare questa mannaia agli abitanti delle ville e della campagna non restò che chiedere la cittadinanza correggese (che costituiva indubbiamente un privilegio dal punto di vista fiscale). Ln sostanza il calo demografico della città dovuto alla peste della prima metà del seicento venne quasi completamente compensato da questa costante immigrazione, mantenendo il numero degli abitanti di Correggio attorno a cifre costanti (2200-2300 circa), fino al primo cinquantennio dell'800. Nel '600 i rapporti fra gli Estensi, nuovi padroni di Correggio, e gli Spagnoli, che mantenevano in città un forte presidio, non erano certamente buoni. Si stipularono accordi di reciproco rispetto, impegni solenni: gli Estensi accettarono di aprire una porta di soccorso dietro alla Rocchetta per gli Spagnoli ivi alloggiati e quest'ultimi si impegnarono a difendere tutta la città in caso di attacco (31).
Per aprire la porta di soccorso si collegò l'uscita sud della Rocchetta con la vecchia porta cittadina detta della Montagna, posta a meridione, chiusa dalla metà dei XVI sec. L'accordo, stipulato nel 1638, prevedeva che l'apertura di questa porta dovesse essere mantenuta nel più completo riserbo: infatti essa non compare in alcuna delle carte che rappresentano in questi decenni la cinta muraria. Ma la convivenza nel 1655 si interruppe definitivamente: gli Estensi, approfittando del generale indebolimento dei Regno spagnolo sullo scacchiere europeo, cacciarono gli spagnoli dalla città e diedero avvio a forti e pesanti lavori sulle fortificazioni.
L'Antico Ospedale degli infermi, dal lato di Via Marconi.
Alla cacciata seguirono diverse scorribande degli spagnoli per tutto il territorio estense, minacciando più volte anche la città. La guerra francoispana (che durò fino al 1659), vide impegnato notevolmente Francesco l d'Este, a fianco della monarchia francese. Le esigenze belliche imposero pertanto una completa ristrutturazione della cinta difensiva di Correggio. Dalla relazione sulle fortificazioni del Governatore estense a Correggio, del 1655, esce un quadro pesantemente negativo circa l'efficenza e la manutenzione delle stesse: si parla di fossato senza acqua, di parapetti oramai inesistenti, di porte senza portoni. Ci si chiede addirittura se non era il caso di demolire la Rocchetta, visto lo stato in cui fu lasciata dagli Spagnoli. Dopo 3 anni, nel 1658, gran parte dei lavori vennero svolti. Dalla descrizione del Governatore sullo stato dei lavori si può intuire che la maggior parte di essi riguardarono l'aggiunta di una seconda cinta esterna: si trattò di opere al passo coi tempi, che avvennero in gran parte delle città italiane, al fine di meglio contrastare la crescente gettata delle artiglierie. Lo sforzo finanziario per provvedere a tali lavori fu senz'altro elevato. Si può ragionevolmente pensare che anche questo fattore contribuì a rallentare, se non a bloccare gli investimenti nella città in questi decenni. A proposito della copertura finanziaria il Podestà di Correggio scrisse una lettera alla Comunità: "Comanda S.A.S. che Vs. Ill.mo faccia indistintamente concorrere al travaglio di codeste fortificazioni tutti gli esenti, di qualsiasi esenzione, ma che per hora illa soprasidi solo nel forzare gli immediati lavoratori del Sr. Maurizio (il principe di Correggio, n.d.a.) che le farà poi sapere sua Maestà. Esequisco io le commissioni datami dall'A. S. et a Vs. Ill.mo bacio affett. Le mani. Modena 1 Settembre 1657" (32).
Il senso della lettera è estremamente chiaro: tutti dovevano concorrere alle spese per le fortificazioni; le esenzioni fiscali che, come abbiamo scritto, nel Seicento furono largamente praticate, per far fronte invece a questo nuovo e gravoso impegno, non valsero. Si trattò di una decisione politica del Duca Estense di indiscutibile novità e determinazione. Ln questo secolo l'intervento edilizio-urbanistico più consistente avvenne, non a caso, per opera di religiosi (siamo in epoca di controriforma). Il potente ordine dei Domenicani, situato nell'area Nord-Ovest dei centro urbano (il loro convento è oggi sede dei Convitto Nazionale), nel 1653 inviò una lettera al Duca Estense (331 per chiedere l'autorizzazione ad aprire una larga strada o piazza che colleghi direttamente la "Strada maestra" (C.so Mazzini) con la loro chiesa (dedicata a S. Giuseppe), al fine di consentire la vista della chiesa dalla via principale della città. La richiesta comportava lo sventramento di un grosso rione e l'abbattimento di cinque case; una demolizione (la prima per Correggio, per fortuna saranno poche) avente esclusivamente scopo scenico, estetico. Malgrado alcuni problemi con la comunità correggese, il Duca, fortemente legato ai Domenicani, acconsentì. Si aprì così l'odierna Piazza Don Andreoli.
Abbastanza buoni furono in questo periodo i rapporti con gli ebrei. La loro abilità neI condurre attività economiche e finanziarie fu confermata anche a Correggio. Esisteva in città una sinagoga, un cimitero (dalla metà del seicento), una "università", con compiti di istruzione ed assistenza. Nel 1690 a Correggio esisteva una Comunità di circa 60 ebrei; è interessante notare come mentre a Modena e a Reggio furono istituiti i ghetti rispettivamente nel 1638 e nel 1671, a Correggio ciò avvenne solamente alla fine del secolo successivo (1782). Probabilmente i legami degli ebrei con la città e con le attività economiche fu tale che rese impraticabile un provvedimento così pesante per quei tempi.
![]() ![]() ![]() |