Riccardo Finzi
Azzo II
Correggio nella storia e nei suoi figli, Arca Libreria Editrice, 1984

Vedi anche "Azzo e il Petrarca" di O. Rombaldi

Una certa rinomanza fra i letterati d'Italia acquistò Azzo per la sua stretta amicizia con Francesco Petrarca che gli dedicò l'opera " De Remediis Utriusque Fortunae ", nella cui prefazione il poeta, rivolgendosi al correggese, così esclamava:
Tu eri per naturale inclinazione portato a una varia letteratura e a molteplice studio. La fortuna, che, come siamo soliti a dire, ha grande impero nel mondo, Ti ha gettato in un mare procelloso di sollecitudini e di travagli. Ma ella ti ha ben potuto rapire il tempo di leggere, non già la brama di apprendere, sicchè sempre non prendessi piacere dalla conversazione e dall'amicizia di uomini dotti e ne' giorni medesimi di occupazzioni maggiori, non procurassi di occupare, quando fosse possibile, qualche ora a renderti più istruito; nel che ti ho veduto io stesso invece dei libri usar della memoria, in cui non cedi ad alcuno ...
Più tardi, in occasione della morte di Azzo, il Petrarca così scriveva a Moggio de' Moggi, Segretario fedele del correggese:
Non vi era chi fosse da lui amato al par di me: diceva ch'io ero il solo, che non già gli avessi mai dato occasione di noia o di dispiacere con alcun mio detto, o con alcuna mia azione; che aveva bensì avuta qualche leggier contesa domestica colla sua moglie, donna per altro divina, e co' suoi figlioli benchè si dolci e ubbidienti; ma meco non aveva mai avuta giammai la menoma ombra di scontentezza.
Qualunque volta io andavagli innanzi, ben conoscevo io, che la sua amicizia per me andava sempre crescendo. Prendeva parte in tutto ciò che accadevami o di bene o di male' come se fosse accaduto a lui stesso. Cbiunque voleva da lui ottener qualche cosa, cominciava dalle mie lodi, sicuro che il mezzo più efficace a conseguire il suo intento era il fare elogi di me medesimo. Non solamente odiava coloro che sparlavano di me, ma non amava pur quelli, che mi lodavano scarsamente, o che cadevagli in sospetto di volergli uguagliare a me, cui egli considerava come un uomo insuperabile. Io trovavo in lui ogni cosa: i soccorsi di un padrone, i consigli di un padre, la sommissione di un figlio, la tenerezza di un fratello. Gran parte della mia vita ho passato con lui; ogni cosa era tra di noi comune, la sua fortuna buona o cattiva, i suoi piaceri di città, o di campagna, le sue gloriose fatiche, il suo riposo, i suoi affanni, niuna cosa erane eccettuata. Io il seguiva in tutti i viaggi. Quante volte non ha egli esposta per me la sua vita, mentre insiem correvamo le terre e i mari? Ohimè! Perchè non mi ha egli condotto seco in quest'ultimo viaggio? Perchè la morte ha ora voluto fare si' odiosa eccezione? Perchè ci ha separati? Tutto ho perduto perdendolo, e la sola consolazione che mi rimane si è che la morte non ha più ora che togliermi.
Dopo questo idillico esordio, esaminiamo la vita di Azzo, necessariamente molto in ristretto benchè essa sia folta di numerosi episodi e quasi intieramente ravvolta dal turbine delle fazioni.
Nasce Azzo, da Giberto, detto Il Difensore e da una Da Camino di Verona, nell'anno 1303. Dopo una eccellente educazione letteraria e forse giuridica, sembrando Azzo, in un primo tempo, propendere per il sacerdozio, a soli 15 anni abbraccia lo stato ecclesiastico e viene investito della Prepositura di Borgo S. Donnino (Fidenza). Più tardi il Pontefice nomina Azzo Canonico di Liegi ed infine lo sceglie a coadiutore del Vescovo di Verona, con diritto alla successione. Ma Azzo aspira al dominio di Parma e dì altre città e, insieme ai suoi fratelli, nell'anno 1326 prende parte a vari fatti d'arme nel territorio mantovano.
Nel 1328, al tempo della calata in Italia di Lodovico il Bavaro, Azzo, unitosi ai Rossi, sottrae Parma al Legato Pontificio e subito appresso, coi Fogliani ed i Manfredi, entra in Reggio, ponendo in fuga quel governatore guelfo. Però il correggese non ha parte diretta nella lotta e si contenta di seguire la forte fazione dei Rossi.
Appena l'imperatore ripassa le Alpi, ecco ritornato guelfo il nostro Azzo, nei primi mesi del 1330 e ghibellino di nuovo, accodato agli Scaligeri, alla fine dello stesso anno.
Nell'anno 1331 il correggese, coi fratelli Simone, Guido e Giovanni, ritorna in Parma, chiamatovi dal Boemo Re Giovanni, che accogliendo ì fuorusciti, spera di placare i bollori di tanti faziosi.
L'anno appresso Azzo è nuovamente in lotta, contro le truppe Regie. Sconfitto, ripara nell'avito feudo.
Nel 1334 Rolando de Rossi, insieme a soldati di ventura tedeschi, punta sul Castello di Correggio ove si trovano, oltre agli armati dei correggese, quelli di vari Signori di Lombardia, che ambivano al dominio di Parma. Cruenta è la lotta, avvenuta il 23 febbraio fra le ville di Canolo e Fosdondo, nella campagna ancor detta di Sanguineto. Azzo ed i collegati sono sconfitti, soprattutto per la defezione dei mercenari tedeschi, che anch'essi avevano assoldati.
Non si perde d'animo il correggese e nell'aprile dello stesso anno, con le truppe dì Azzo Visconti è sotto le mura di Cremona, indi arde ad uno ad uno i castelli della famiglia dei Rossi nel contado parmense.
L'anno appresso, coll'aiuto degli Scaligeri che si erano impadroniti di Parma, i da Correggio rientrano in quella città e ne dirigono le sorti a mezzo di Guido, fratello di Azzo, nominato Governatore di quel luogo.
Nel 1336 Azzo rinuncia allo stato ecclesiastico. L'anno precedente lo stesso s'era recato in Avignone, dal Papa, in missione diplomatica a favore degli Scaligeri. E ad Avignone Azzo doveva incontrare il Petrarca, legandosi subito con lui di fraterna amicizia.
Sono forse da datarsi a quell'anno ed al 1337 i viaggi che il poeta annota d'aver compiuto fianco a fianco con Azzo.
Più tardi il correggese pensa di sottrarre la tanto agognata città di Parma a Mastino della Scala, di cui era parente e consigliere. Dopo ottenuto l'assenso e gli armati dei Signori di Milano e di Mantova, il 21 maggio 1341 Azzo entra di viva forzo in Parma, scacciando le truppe Scaligere che la presidiavano per Mastino.
Il Petrarca - ch'era al corrente, sin dall'inizio, di quella grave avventura - dedica per la occasione all'amico una poesia che trovasi fra le rime disapprovate del poeta, ed in cui egli canta:
Cor Regio fu, siccome suona il nome quel che venne securo a l'alta impresa.
alludendo, oltre che a Correggio, al sogno di chi, figlio di Giberto, insegui. come Il Difensore, una corona regia.
Secondo Omero Masnovo, ed altri, il 238' sonetto del Canzoniere, in cui il poeta scrive:
Real natura, angelico intelletto Chiara alma, pronta vista, occhio cerviero Providentia veloce, alto pensero E' veramente degno di quel petto ...
è dedicato ad Azzo ed il Masnovo nell'opera " Francesco Petrarca ed Azzo da Correggio " aggiunge, in merito al correggese: D'ingegno pronto, di memoria prodigiosa, buon cultore delle lettere, prode in armi, abile in politica, di animo generoso, bellissimo nella persona, Azzo aveva tutte le qualità per riuscire Cavaliere ardente e ardito ...
Nel suo breve dominio di Parma, Azzo offre un Canonicato all'amico Petrarca ed è in quel tempo che il poeta, per continuare il suo poema " Africa ", si reca in quel luogo ove
... In sulla schiena di verde poggio una selva sorge che, benchè in alto posta, è detta piana ossia in Selvapiana, feudo dei da Correggio.
Ad onore di Azzo si vuole che nei tre anni che durò la Signoria, il nostro ed i suoi fratelli reggessero la città con equanimità e saggezza.
Nel 1344 il correggese vende la città ad Obizzo d'Este, per 60.000 fiorini d'oro, anzichè cederla ai Visconti, come da precedenti accordi. Inoltre trattiene per sè il denaro senza ripartirlo coi fratelli.
Gli si fa ovunque accanita guerra ed è in quel periodo che il Petrarca scrive i famosi versi della canzone " Italia mia " in cui il poeta chiama in aiuto della patria i signori d'Italia, contro l'idolo (l'Impero) che ne impedisce l'indipendenza. Nella stessa canzone è poi per Azzo che - secondo il Masnovo - figurano i versi:
Qual colpa, qual giudicio e qual destino fastidire il vicino povero, e le fortune afflitte e sparte perseguire ...
Azzo, ridotto in misero stato, raminga con la famiglia in varie città d'Italia, mentre il fratello Guido e i suoi figli riparano nell'avito feudo di Correggio.
Nel 1347 Azzo, perdonato, è ancora a Verona, presso quegli Scaligeri che aveva scacciati da Parma. Conquistata la fiducia di quei Signori, è nominato da Cari Grande, nel 1354, Luogotenente dello stato, dovendo Cane, insieme al fratello, recarsi a Bolzano. Purtroppo per Azzo, un fratello bastardo degli Scaligeri, Fregnano, approfitta dell'assenza dei legittimi Signori, per impadronirsi di Verona.
Azzo fugge a Ferrara, lasciando nelle mani di Cari Grande - ch'era riuscito ad appiccare Fregnano ed i suoi - la moglie ed i tre figli. Riesce a stento, mercè l'esborso di 14.000 fiorini, a riscattare la moglie, una Gonzaga, e due figli, il terzo essendo morto in carcere.
Spogliato di tutto, anche della sua parte di feudo nel territorio correggese, Azzo raminga per l'Italia insieme alla famiglia ed al suo fido segretario Moggio de Moggi.
Finalmente, nel 1358, Bernabò Visconti gli restituisce i beni nel parmigiano - e ciò forse ad istanza del Petrarca - e gli permette di stabilirsi a Milano.
Azzo muore in quest'ultima città sul principio del 1364, all'età di 61 anni.
Nella sua non breve vita politica e guerresca, Azzo si impadroniva di numerose terre e castelli, che poscia perdeva, quali: Luzzara, Reggiolo, S. Benedetto, Borgoforte, Borgo S. Donnino, Parma, Colorno, Berceto.
La figura di Azzo, che il Petrarca vuole così luminosa, venne vista sotto ben altro aspetto dai suoi contemporanei e da storici e critici posteriori.
Seguendo passo per passo la sua vita, si rimane stupiti per i tradimenti che gli sono consueti, nonchè per la ferocia effettuata in taluna delle sue tante operazioni guerresche.
Tuttavia è commovente l'amicizia che il Petrarca continua ad offrirgli. Amicizia sincera la cui fama non giova al poeta, al tempo in cui Azzo è ovunque perseguitato.
Un giudizio equanime sul Correggese e la sua opera è oggi ancora difficile, benchè siano spente da secoli le passioni che insanguinarono quei tempi feroci.
Senza l'amicizia dei Petrarca, Azzo non sarebbe ricordato nelle pagine di storia patria, che come un modesto signorotto a cui arrise un effimero successo colla conquista di Parma. Ma quella amicizia fu così sincera e potente, che viene a trasfigurare, ingentilendole, vita ed opera del Correggese.
A Correggio, una via è dedicata ad Azzo.