Riccardo Finzi | |
I 13 "Giberto da Correggio" | |
Correggio nella storia e nei suoi figli, Arca Libreria Editrice, 1984 |
Il " Compendio delle Croniche di Correggio e delli suoi Signori " dei Padre Lucio Zuccardi (1604-1674), postillato dal Prevosto Quirino Bulbarini (1663-1725), compendio che ancor oggi serve di guida per la numerazione successiva dei Signori da Correggio e che è stato preso di base pure in questo volume, inizia la narrazione con Giberto I, di cui si è già parlato nella Sintesi storica, terminando con Giberto XI la serie dei Giberti.
In "Croniche della Casa e Città di Correggio " del Sansovino, quale appare nel " Libro delle Famiglie Illustri d'Italia ", si susseguono pure undici personaggi di tal nome. Invece Pompeo Litta nelle tavole relative ai da Correggio della famosa sua opera " Famiglie Celebri Italiane ", non segue numerazione alcuna e procede basandosi su fonti particolari.
Proseguendo la numerazione Zuccardi, al di là della data ove hanno termine le sue Cronache, si hanno altri due personaggi dal nome Giberto, portando così la numerazione a XIII.
Dei XIII Signori, qualcuno è illustre o comunque degno di nota, qualche altro è meno illustre o comunque trascurabile.
Una numerazione, o cronotassi, che li riporti tutti XIII allaccia parecchie arruffate maglie della genealogia di quei Signori ed è quindi opportuno tentar la sorte di tal narrazione anche se per taluno dei Giberti la mancanza dei documenti e la disparità dei pareri rende abbastanza ardua la impresa.
GIBERTO I
Come è già stato scritto nella Sintesi storica, Giberto dei Conti di Auspurg fabbricò Correggio dopo un vittorioso combattimento sostenuto per Carlo Magno contro Desiderio Re dei Longobardi. Le date che appaiono nei testi, sono le seguenti:
- anno 774 Giberto è posto a capo di un esercito;
- anno 780 combattimento sostenuto contro Re Desiderio e, poco oltre, fondazione della Città di Correggio.
- anno 801 - Giberto è nominato da Carlo Magno Vicario Imperiale di Parma e di Reggio e Comandante dell'esercito francese in Lombardia.
Queste notizie sono state inventate di sana pianta nel sec. XVI per far credere che la Casata dei da Correggio non derivava da rozzi Longobardi, bensì da quei Cavalieri di Carlo Magno in lotta per la libertà e la diffusione della luce di Cristo.
Come si è già osservato nella " Sintesi Storica " l'origine della famiglia da Correggio risale probabilmente ad un figlio di Attone, nipote di Sigifredo da Lucca.
GIBERTO II
Questo personaggio ebbe gran posto nella storia d'Italia del suo tempo.
Uscito da una ricca e potente famiglia parmense fu Cancelliere dell'Imperatrice Agnese, che lo creò Vicario Imperiale in Italia. In un secondo
tempo Giberto venne eletto Arcivescovo di Ravenna, sedendo sulla Cattedra di quella città.
Ebbe molto prestigio, credito ed aderenze in Lombardia. Il Donizone, nella " Vita di Matilde di Canossa " (Lib. II, cap. 1) scrive di lui ch'era doctus, sapiens et nobilis ortus.
Ma Giberto, cugino di Matilde - non si sa in qual grado - sposò la causa dell'Imperatore Enrico IV, nella lotta fra il Papato e l'impero. Di qui le vicende che la storia ricorda.
Quale antagonista di Gregorio VII venne eletto al Soglio Pontificio nel 1080 da un Concilio di Vescovi fedeli all'Imperatore, assumendo il nome di Clemente 111. Il 22 marzo 1084, in Roma ed in S. Giovanni in Laterano, Giberto si poneva sul capo la tiara Pontificia ed indi incoronava Imperatore Enrico IV.
Narra la storia che Clemente 111 tenne per venti anni il Pontificato, sostenendo i suoi diritti nei confronti di ben 4 Papi rivali. Di fatto moriva a Civita Castellana nel 1100, abbandonato da tutti. La Chiesa giudica Clemente III, Antipapa.
Una lapide di terracotta, conservata in una parete dello scalone dei Municipio di Correggio, racchiude lo stemma di tal Giberto: uno scudo accartocciato con leone rampante attraversato, a banda, dal simbolo della Correggia. Dietro lo scudo, la tiara Pontificia e le chiavi di Pietro. Di fianco, nella lapidina, spiccano le lettere S.P.M. ed in fondo O.M.
Salvo le lettere P. ed M. che fanno pensare a c Pontefice Massimo " le altre sono di dubbia interpretazione. Si ignora il tempo in cui la lapide venne modellata. Ma si presume che la lapide risalga a vari secoli dopo la morte di quell'Antipapa.
Il Padre Ireneo Affò sostiene che la famiglia dei Giberti di Parma - i cui beni erano in Meletole - verosimilmente aveva comune origine coi da Correggio. Ma scrive pure che non si ha quanto basta a provarlo.
Queste le notizie ed altre ancora si potrebbero riportare intorno a tale importante personaggio. Ma Giberto non appartenne direttamente alla famiglia di Correggio e se si vuole considerarlo un parente, occorre aggiungere che tal parentela ha origini lontane e precisamente da quel Sigifredo da Lucca da cui ebbero origine tante illustri famiglie Italiane.
Neppure Rinaldo Corso allaccia tal Giberto alla casata da Correggio.
GIBERTO III
Da alcuni autori è nominato come Roberto o Ruperto. Lo Zuccardi lo vuole figlio di Gherardo e padre di Tommaso. Trattasi, forse, dello stesso personaggio che rinvenne nel 1186 il corpo di S. Quirino con le altre reliquie dei santi Tiburzio, Ermete, Veronica e Reparata. Questo avvenimento appare da una memoria marmorea che trovasi nella Cripta della Basilica di S. Quirino, memoria del seguente tenore:
IN NOMINE DOMINI JESU XPI MCLXXXVI QUINT. IDUS IUN. TEMPORE URBANI PAPAE III ET FEDER. IMP. NEC NON ALBRICONIS REGIS EPIS. HIC REQUIESCUNT SANCTORUM CORPORA QUIDEM QUIRINI, HERMETIS, TIBURTII, VIRGINIS ALMAE VERONICAE, NEC NON REPARATAE. MULTA PER EOSDEM EST FELICITER DEUS OPERATUS, NAM CAECIS VISUS EXTEMPLO RESTITUUNTUR,
Giberto III riparò la vecchia chiesa di S. Michele e Quirino, l'ornò ed arricchì di molti beni.
Nelle Tavole del Litta questo Giberto appare nominato come Roberto, figlio di altro Giberto che viveva nel 1197. Ma quest'ultima data appare in una carta che contiene una controversia pei confini di Campagnola e in cui è nominato "Gibertus quondam D. Gherardi de Corrigia ".
Nella cronotassi dei Prevosti e dei Rettori di S. Quirino, compilata dal Can. Saccani appare un Guiberto (1173-1195) nella sua qualità di coopresidente della chiesa de' SS. Michele e Quirino, forse succeduto come Rettore a tale "Guglielmo" di cui non è nominata l'origine familiare.
Il Litta però ammette che forse è inesatto il luogo assegnato a tal Roberto nell'albero genealogico della famiglia da Correggio.
Di questo personaggio si trovano notizie contradditorie nelle " Memorie storiche Modenesi " del Tiraboschi, in quanto l'illustre storico afferma che non ha trovato autentici documenti a far luce su quel Soggetto.
Anche questo Giberto ha quindi un poco del fantomatico, s'intende per ciò che riguarda la storia di Correggio: come fantomatiche appaiono la sepoltura delle reliquie, avvenuta nell'833 al tempo di Papa Gregorio IV, vivendo Corrado I, Conte di Correggio (?) e la Bolla Pontificia di Innocenzo Il rilasciata a conferma dei privilegi concessi, nel 1140, a Lauduccio Prevosto e Canonici presenti e futuri. Infatti è certo che almeno la pretesa Bolla Pontificia, è falsa.
GIBERTO IV
Capitano d'armi. Professò Legge Romana. Fu Podestà di Modena nel 1236, di Parma nel 1238 e di Reggio nel 1240. Di partito politico guelfo, si era unito ai Lupi ed ai Rossi, in Parma. Nel 1245 dovette ritirarsi, coi guelfi, a Piacenza.
Il 16 giugno 1247, in giorno di domenica (questa è la data che appare dalla Cronaca Zuccardi) Giberto seguì Ugo Sanvitale per sottrarre Parma ai ghibellini. L'impresa fu coronata da successo. Ci fu battaglia al Borghetto del Taro fra i guelfi, con l'aiuto dei Piacentini, e le truppe Imperiali di Federico 11, che erano in parte distratte in una partita di caccia svoltasi nei pressi di Busseto.
L'esercito Imperiale fu rotto e il Correggese saccheggiando gli alloggiamenti Ghibellini si impadronì del tesoro di Federico, fra cui rinvenne la corona Imperiale.
Allora Giberto pose sopra il cimiero dell'Arme sua la corona regale, dalla quale esce fuori
un can levriero, alludendo alla vittoria che ebbe Per cagion della caccia, e perciò si vede così scolpito in marmo nella lapide della sua sepoltura in S. Francesco di Correggio ... (Da " Antichità Correggesche ", a pag. 18).
Lo stemma si vede anche di fianco all'ingresso della Chiesa, sotto il portico.
Il Litta, nella sua opera sui da Correggio, chiama il nostro col nome di Gherardo, anzichè con quello di Giberto e scrive che detto Capitano era denominato " de' denti ", per la sua smisurata dentatura.
Il Salimbeni, nella sua Cronaca Manoscritta, ci fa il seguente ritratto di Giberto, alias Gherardo de' Denti: ... D. Girardus de Corigia fuit longus statura, bene membratus, magis macilentus quani pinguis, fortis miles et doctus ad bellum.
Il Tiraboschi così riassume le varie vicende:
Dei partito Pontificio, ossia guelfo, i Principali sostenitori erano i Lupi, i Correggesi e i Rossi, i quali Panno 1245 veggendo il partito Imperiale prevalere di troppo in Parma, ne uscirono e ritironsi a Piacenza. Ma due anni appresso per opera di Gherardo da Correggio singolarmente fu cacciato da Parma il partito imperiale, - e lo stesso Gherardo comprincipale autore di questa rivoluzione fu acclamato dal popolo Podestà, ed ebbe poscia gran parte nella guerra che quella Città con tanto coraggio sostenne contro l'Imperatore Federigo.
Il Sansovino fa aver gran parte in questo fatto a Giberto padre di Gherardo. Ma di lui non sanno molto gli antichi cronisti. Tre anni dopo, cioè l'anno 1250, Gherardo fu eletto Podestà di Genova, e il Caffaro narra con qual valore ei guerreggiasse contro de' Savonesi allora nemici de' Genovesi, e aggiunge, ch'ei terminò lodevolmente col finire dell'anno il reggimento di quella città. L'anno seguente 1251 ei fu destinato dal Card. Gregorio da Montelungo, che era Legato Pontificio nella Lombardia, ad andare in suo nome al Card. Rizzardo e a' Comuni di Bologna e di Modena e guelfi fuorusciti di Reggio per trattare del modo di abbattere del tutto il partito Imperiale. Questa è l'ultima azione di Gherardo, di cui ci è rimasta memoria. Ei fece i,1 suo testamento in Castelnuovo a' 23 di marzo del 1257 per rogito del Notaio
Giovanni de Pupilio- (Mem. Mod., T. V., pag. 221).
Null'altro è possibile conoscere di lui.
Giberto V, detto il Difensore
Una monografia è dedicata a parte, in quest'opera, all'illustre personaggio.
Rinaldo Corso lo nominò come terzo e ne tracciò la vita. Circa gli altri due Giberti trascurati dal Corso, essi sono: Giberto II, Pontefice col nome di Clemente III, considerato Antipapa dalla Chiesa Cattolica; Giberto III, che in queste pagine viene anche chiamato come Roberto o Ruperto, lo stesso che ebbe a rinvenire nel 1186 le reliquie di S. Quirino e degli altri Santi.
GIBERTO VI
Il Padre Zuccardi non solo dimentica nella sua cronaca questo personaggio, ma parlando di Giberto VII gli attribuisce quanto operato da Giberto VI.
Il Marchi-Castellini, nella sua postilla n. 31 alla Cronaca Zuccardi (postilla che leggesi a pag. 32 di Antichità Correggesche) addita come Giberto VI il figlio di Azzo e nipote di Giberto V detto " il Difensore ". Ma in realtà la cronologia pone prima del figlio di Azzo, il figlio di Guido fratello di Azzo. E di questo Giberto figlio di Guido si riporta ora brevemente la vita.
Tal Giberto fu in Lucca nel 1337 con lo zio Azzo (vedi a parte la monografia) ch'era governatore della Città per conto degli Scaligeri. Nel 1344 in un combattimento sostenuto contro Filippino Gonzaga che tese un'imboscata ad Obizzo d'Este ed al suo seguito, presso Rivalta, Giberto col suo valore condusse Obizzo in salvo fuor della mischia. Per quell'episodio Giberto fu creato Cavaliere da Obizzo.
Nello stesso anno Giberto si impadronisce di Guastalla, ma ne viene spogliato nel 1346 da Luchino Visconti, ottenendo nuovamente la Città l'anno appresso, 1347, per investitura concessa ai Da Correggio dall'Imp. Carlo IV. In quell'occasione l'Imperatore revoca la sentenza di fellonia fulminata da Arrigo VII contro Giberto V e la famiglia Correggese.
Sempre nel 1344 Giberto muove contro Correggio, la occupa - sottraendola ai condomini - e la tiene saldamente, malgrado l'ostilità dei Visconti che volevano impadronirsi di quel feudo.
Più tardi, nel 1354 Giberto aderisce alla causa Viscontea, ma poi si ritrae. Nel 1361 Barnabò Visconti lo assale a Correggio, ma ne è respinto. Il cronista Matteo Villani così scrive del fatto d'armi di quell'anno: ... Onde all'uscita di giugno detto anno (1361) credendosi bavere il Castello di Correggio, Messer Ghiberto che ne era Signore, e da esso baveano il titolo di lor casata et famiglia, sentito il fatto senza farne mostra, procurò aiuto da Signori di Mantova, li quali segretamente gli mandarono 15 bandiere di cavaleria, li quali di notte entrarono in Correggio. Venuta la cavalleria di Messer Bernabò nel fare del giorno, come era dato l'ordine, che furono 17 bandiere, furono lasciati entrare - nelle barre, che erano davanti al Castello. Et fatto vista di volerli mettere nella terra, secondo l'ordine dato, apersono le porte della terra e calarono i ponti, e la gente da cavallo, ch'era nel Castello, con molta fanteria si strinsono loro addosso con grandi grida, et ringhiusi fra le barre, et storditi per lo subito et non pensato assalto, perderono il cuore alla difesa e però gli hebbono tutti prigioni, e guadagnate l'armi e cavalli, liberaro il Castello dall'aguato dei Tiranno ... (dal Muratori, in Script. Rer. It., T. XIV, col. 661).
Giberto si convinse però della necessità di aderire nuovamente alla causa dei Visconti così che nell'anno 1363 insiem coi Pii e co' Pichi eransi anche i Correggeschi dichiarati in favore del Visconti. Essi però colser presto un troppo amaro frutto della nuova loro alleanza. Perciocchè nella battaglia dell'anno stesso, in cui le truppe di Barnabò furono da quelle de' Collegati sconfitte presso Solara, Giberto di Guido e Pietro suo figlio e Giovanni suo fratello (di cui non troviamo poscia altra memoria) furono fatti prigioni ... (Script. Rer. Ital., T. XII, col. 967).
Giberto ed i suoi, liberati colla pace del 1364, tornarono a Correggio.
Nell'anno 1368 Giberto, insieme ad Azzo III suo fratello, entrò in lega contro i Visconti, aderendo alla causa dell'Impero, così che l'Imp. Carlo IV, essendo in quell'anno di passaggio per Modena, rilasciò a Giberto ed Azzo un diploma di protezione.
Nel 1370 gli Estensi, in un trattato di pace firmato con Bernabò Visconti, fecero ivi comprendere anche i da Correggio. Ma ben a poco servì il trattato, perchè nel 1372 Bernabò entrò colle sue truppe nel territorio Correggese.
li fratello di Giberto VI, Azzo III, sulla fine del 1371 col figlio suo Guido (che fu il VII della casata) strinse alleanza con Bernabò. Così ciò che non era riuscito al Visconti con le armi, doveva riuscirgli per tradimento di Guido VII, ch'eri nipote di Giberto.
Azzo III era stato intanto fatto prigioniero dall'Estense. Guido aveva spedito a Milano, col carattere di suo procuratore, Antonio da Pantano, reggiano ... Questi a' 3 Dicembre fece col procaratore di Barnabò che era il Cavaliere Arabono Spinola di Lucullo, un trattato con cui Guido (detio nello strumento " Nobilis Vir Guido da Corigia filius Nobilis et Egregii Militis D. Azonis de Corigia ") promette di ritenere e governare in nome di Bernabò i Castelli di Correggio e di Fabbrico e tutte le ville di lor dipendenza, cioè di Fosdondo, S. Prospero e Campora, Camera, Fazano, S. Biagio, S. Giovanni, S, Martino, Vico, Mandria, Caprilio, Saliceto, Mandriola, Campagnola e Bedullo, di far la guerra e la pace come a Bernabò sarà in grado, e di riceverne ed alloggiarne le truppe nelle sue terre, e Barnabò dal canto suo pro-
inette di pagare a Guido la provvigione di 200 fiorini d'oro ogni mese, gli accorda il mero e misto impero ne' Castelli e nelle terre suddetti, s'impegna a fargli rendere i beni che Giberto ed Azzo da Correggio fratelli tenevansi ne' distretti di Parma e di Reggio nel tempo in cui essi erano suoi collegati ... e finalmente promise di dargli le truppe necessarie per fabbricare una Rocca nella villa di Campagnola ... (Tirab., Mem. Mod., Vol. V, a pag. 53).
Guido, per compiere la delicata operazione di togliere il feudo allo zio, scelse il tempo in cui Giberto si trovava a Ferrara, presso gli Estensi. Così che nel giugno del 1372, Guido, con l'aiuto delle truppe Viscontee, sorprende ed occupa Correggio e fa prigionieri i numerosi figli di Giberto, che poi scambia colla liberazione dal carcere ferrarese del proprio padre Azzo.
E torniamo ora al nostro Giberto. Spogliato d'ogni cosa egli passò nello stesso anno agli stipendi dei Veneziani col grado di Generale capeggiando le truppe Venete contro i Carraresi. Dopo un esito incerto o addirittura contrario nel fatto d'arme di Lova, in un secondo tempo, nel 1373, riportò una segnalata vittoria contro i Carraresi e ne fece prigioniero Riccardo di Sambonifazio, loro generale, nonchè il Voivoda di Transilvania che comandava gli Ungheresi alleati del Carrarese. Per questa vittoria Giberto fu ascritto alla nobiltà Veneziana. Ma il 17 luglio dello stesso anno, Giberto moriva. Nella Cronaca di Reggio (riportata in Script. Rer. Ital., T. XII, col. 439 e più oltre in altri tomi) è detto di Giberto ch'era esule da ogni luogo, che fu uom nobilissimo, ma grande e troppo crudele vendicatore.
La sua casata venne esclusa per 18 anni dal dominio di Correggio e cioè sino al 1389, anno in cui Pietro da Corte, arbitro della lite fra cugini, consenziente Galeazzo Visconti, il 24 marzo 1389 Proferì sentenza con la quale condannò Azzo e Guido a restituire a Pietro e a' fratelli di esso (non vengono qui nominati che Manfredo, Gherardo, Galasso e Giberto, perchè forse gli altri erano già morti) la parte ad essi dovuta di Correggio, di Campagnola e di Fabbrico e degli altri loro stati, de' quali già era stato spogliato Giberto lor padre. (Tir., Mem. stor. Mod., T. V., a pag. 55)*
Guido, nel tempo in cui col padre fu Signore di Correggio, eresse in città la Rocca così detta nuova e cinse il castello di mura. 1 resti di quella Rocca, frammenti di mura, e la Torre, esistono ancora oggidì.
Come ebbe poi a proseguire la storia di Azzo e di Guido è presto detto.
Il 29 maggio 1390 il Marchese d'Este, creditore di Azzo per 2500 ducati d'oro, avuta sentenza favorevole dai giudici, fece porre il sequestro ai beni del Correggese. In quanto a Guido, essendosi collegato agli Scaligeri contro i Visconti, venne chiuso in carcere per ordine di Giangaleazzo, Duca di Milano. Fuggito dal carcere verso il 1396 e unitosi ai Fiorentini e ai Bolognesi, recò vari danni al territorio Reggiano e Parmigiano per le scorrerie ivi compiute.
Dall'anno 1398, di Azzo e di Guido non si hanno più memorie. Da Guido VII derivò la linea dei da Correggio Conti di Casalpò.
GIBERTO VII
La Cronaca Zuccardi accredita a Giberto VII quanto compiuto da Giberto VI. Ma proseguendo nella genealogia, il posto di Giberto VII passa a Giberto figlio di Azzo Il, colui che fu fraternamente amico di Francesco Petrarca. Giberto VII era cugino di Giberto VI.
Nel 1353-54 allorchè il nostro Giberto era ancora nell'infanzia, subì il carcere, in Verona, coi fratelli, le sorelle e la madre. Ivi la famiglia era stata posta da Cangrande della Scala per un tradimento, vero o presunto, attribuito al padre suo Azzo II.
Poco si conosce di lui; ma doveva essere di sicura fede della causa dei Visconti e dotato di grande preparazione, quanto di tatto, poichè lo vediamo Podestà di Milano nel 1372.
Gli erano rimasti i feudi, già appartenuti al padre, di Guardasone, Scalogna, Colorno e Castelnuovo, nonchè di Brescello, Montelugolo, Scalocchia, Bazzano e Cavriago.
Alla sua morte, avvenuta il 19 aprile 1402, essendo Giberto senza prole, i suoi feudi caddero in potere dei Visconti e di qui, in parte, del Capitano Visconteo Ottobono Terzi.
Un'altra parte dei beni, comprendente Rossena, Rossenella e Gombio, passò invece al condominio dei figli di Giberto VI. Di qui, per molto tempo ancora, questi ultimi beni rimasero ai da Correggio.
GIBERTO VIII
Di Giberto VIII, figlio di Giberto VII poco si conosce. In qualità di uomo d'armi, si comportò valorosamente. Agli ordini del Marchese d'Este Nicolò ebbe a combattere contro Ottobono Terzi e i Parmigiani ed accettò servizio d'armi presso la Repubblica Veneta, operando poi in combattimento contro lo stato di Milano nel 1444. Fu tanto l'eroismo dimostrato nella lotta da venire creato Cavaliere sul campo, proprio alle porte di Milano.
Dopo d'allora Giberto sembra ritirarsi nel suo feudo di Correggio, ove risiedevano i fratelli
Gherardo, Francesco, Galasso ed altri ancora. Nello stesso anno 1444 Giberto ottiene dal Vescovo di Reggio l'investitura di un terreno.
A Correggio istituisce l'ospedale di S. Antonio fuori le mura ove più tardi viene eretto l'omonimo Monastero, nella località ove è la chiesa Madonna della Rosa.
Fonda la primitiva chiesa di S. Francesco, ove nel 1423 predica S. Bernardino da Siena. Muore nel 1446 e viene sepolto nella stessa chiesa. La sua tomba è coperta da una pietra in marmo rosso sotto cui si vuole che lo stesso abbia fatto collocare da prima le spoglie del suo avo Giberto V detto il Difensore. La pietra tombale oggi collocata contro il muro nell'attuale tempio di S. Francesco, è ornata dello stemma, ricordante la vittoria contro Federico 11 e di una epigrafe latina del seguente tenore:
VIR PIUS ET JUSTUS QUI CONDITOR HUIUS MILITIE QUONDAM GIBERTUS CLARUS IN ORBE CORIGIE QUE COMES JACET HOC SUB MARMORE TECTUS
Dal fratello di Giberto Vili, Galasso, hanno origine i da Correggio della Contea di Medesano.
GIBERTO IX, Conte di Correggio
Figlio di Gherardo e nipote di Giberto VIII, ei fu fratello di Niccolò, Manfredo ed Antonio. Vittorino da Feltre lo ebbe come allievo.
Nel 1447 venne creato Cavaliere dai Veneziani. Il 13 agosto dello stesso anno, alla morte del Duca Filippo M. Visconti, Giberto ed i fratelli corsero ad occupare Brescello. Francesco Sforza al cui servizio i da Correggio erano passati li destinò nel 1448 a difendere Parma, in suo nome, a capo di mille cavalli.
Il 5 maggio 1449 Giberto sottoscrisse coi fratelli un concordato per cui i da Correggio convennero che tutti gli stati acquistati, che da acquistarsi, fossero comuni e inalienabili, ma che il governo appartenesse al Più vecchio, o a chi da lui fosse creduto più opportuno.
Nel 1450 lo Sforza, nuovo Duca di Milano, intimò ai da Correggio di restituire i beni di cui essi si erano impadroniti dopo la morte di Filippo Maria Visconti.
Giberto tentò di resistere all'ingiunzione e nel 1452 si pose al servizio di Alfonso Re di Napoli, alleato con la Repubblica di Venezia in opposizione allo Sforza. In quell'occasione occupò Poviglio, Novellara e Bagnolo. Nello stesso anno 1452 il fratello suo, Manfredo, si portò a Venezia al cospetto dell'Imperatore Federico III per offrirgli il feudo di Correggio a nome della casata, e riceverne l'investitura.
L'imperatore, accettando di buon grado la offerta, con Diploma in data 25 maggio 1452 elevava Correggio a Contea Nobile a favore dei fratelli Manfredo, Giberto ed Antonio del fu Gherardo, nonchè del nipote Niccolò, detto il Postumo.
L'investitura comprendeva 59 luoghi che i da Correggio avevano in gran parte perduti.
Nel 1454 la pace di Lodi costrinse Giberto a restituire al Gonzaga Novellara e Bagnolo. Il 17 ottobre dello stesso anno lo Sforza concesse ai da Correggio l'investitura di Brescello, Scurano e Bazzano, dietro restituzione di Castelnuovo Sotto - ch'era stata acquistata tredici anni prima dal Visconti - ed ottenne dagli stessi fratelli il giuramento di fedeltà, senza tener conto dell'Investitura lmD2riale.
Questo giuramento, che ribadiva sui da Correggio la sudditanza al Signor di Milano, fu giudicata intollerabile da Giberto che, umiliato, passò come condottiero d'armi ai Senesi, proprio nel momento in cui il Piccinino assaliva quello stato.
Nell'agosto del 1455 Giberto, a capo di 300 cavalli e 200 fanti, opera con successo a favore della Repubblica Senese e conquista per essa terre e castelli.
Ma il 7 settembre di quell'anno è ucciso dagli stessi Senesi. Traggo l'episodio della sua morte dal Marchi-Castellini, a pag. 40 di Antichità Correggesche: Nel colmo dei suoi guerreschi successi è invitato a recarsi a Siena. Persuaso si trattasse di ringraziamenti e di onorificenze, si avvia a quella Città con pochi cavalieri. Là giunti scende al palazzo di Balìa, ove era adunato il Senato. Entra senz'armi nella sala dell'assemblea e d'improvviso è apostrofato da un Senatore, che lo accusa di avere danneggiata la Repubblica guastando ed ardendo molti grani e predando bestiame. Giberto con eloquente orazione si difende e si giustifica. Ma il Senatore replicando esce nelle parole: tu menti, per la gola! Non erano terminate quelle parole cotanto ingiuriose per un leale Cavaliere, che Giberto accecato dal furore avea lanciato la bussola dei suffragi sul volto dell'offensore, poi d'un balzo gli fu sopra, lo afferrò pel collo, lo trascinò in mezzo alla sala e dopo una breve lotta lo cacciò a terra mozzo del naso che gli avea strappato coi denti. Allora molti senatori assalgono Giberto, lo finiscono a colpi di pugnale e lo precipitano da una finestra, restando però il suo corpo sospeso ad un ferro murato nella facciata ...
Nel Diario Senese dell'Allegretti, riportato dal Tiraboschi (nel Tomo V delle sue Mem. Mod., a pag. 65) l'episodio è però narrato in modo alquanto diverso, almeno per ciò che riguarda la lotta di Giberto: A dì sei settembre anno detto avendo la Signoria di Siena fatto venire di campo il Signor di Correggio, ed essendo dinanzi alla Balia nella Sala dei Papi, li fur mostrate certe lettere, e scopertoli certo tradimento e inganno, che lui faceva a trattare, e non faceva la guerra realmente, ed avevaci guasti ed arsi molti grani e tolto molto del nostro bestiame e mangiatolo e mandatolo a vender fuori del nostro Contado, ed in quel di Fiorenza, e ogni cosa andare a contrario, e viddesi apertamente, che lui era stato concio da' Fiorentini. E per questo fu morto in detta sala del Papa, e gittato fuor delle finestre del Palazzo in sabbato ...
Oggi riesce impossibile stabilire la verità circa la presunta colpevolezza di Giberto. Ma l'abitudine dei da Correggio al tradimento è nota. Così che pochi dubbi rimangono al riguardo.
Manfredo, fratello dell'ucciso, trasse una crudele vendetta, entro un anno dalla morte di Giberto. Conoscendo che un Ambasciatore di Siena doveva recarsi a Milano presso quel Duca, fece catturare dai suoi armigeri presso Rubiera, lo sventurato Ambasciatore. Lo stesso condotto a Correggio, ebbe da Manfredo lenta morte col maggior strazio possibile.
La testa del Senese fu esposta pubblicamente e per lungo tempo su di un ferro, in angolo del Palazzo della Ragione (attuale palazzo Cattini). Il ferro venne tolto solo nel 1727 dal Provveditore Ducale Amoldoni.
In quanto all'altro ferro su cui Giberto IX era venuto a cadere, ivi rimanendovi infilato, fu levato dal palazzo della Balìa sulla fine di luglio del 1552 per opera del Conte Ippolito da Correggio, dopo che lo stesso era entrato vittoriosamente in Siena colle sue truppe, in difesa di quello stato contro l'esosità del presidio spagnolo.
GIBERTO X, Conte di Correggio
Figlio del predetto Manfredo e fratello di Borso e Galasso, si occupò del mestiere dell'armi, per gran parte della sua vita, agli stipendi dell'uno e dell'altro principe.
Militò per Venezia, col Duca di Milano e gli Estensi, contro il Papa e il Re di Napoli, nel 1475. Nel 1478 passò a militare in Toscana, in occasione della congiura dei Pazzi contro Sisto IV, Il Pontefice Giulio Il si offrì di crearlo generale della fanteria, ma Giberto rifiutò. Aderì alla causa di Lodovico il Moro, ma questa adesione gli valse più tardi molte contrarietà.
Sposò in prime nozze Violante Pico di Antonio, Conte di Concordia, nipote del famoso Giovanni Pico della Mirandola. Dalla sua prima moglie nacquero Costanza, che andò sposa ad Alessandro Gonzaga Conte di Novellara e Ginevra, di cui si parlerà più innanzi nel capitolo dedicato alle Dame da Correggio.
Dal portamento virile, occhi chiari, di bell'aspetto, rimasto vedovo, sposò in seconde nozze, nel 1509, ormai cinquantenne, la Poetessa Veronica Gambara, figlia del Conte Gianfrancesco. Dalle seconde nozze nacquero Ippolito che si distinse come generale della fanteria dell'Imperatore Carlo V e Girolamo, creato Cardinale da Papa Pio IV.
Durante l'ultima parte della sua vita, svoltasi a Correggio, col suo favore ebbe inizio l'erezione della Basilica di S. Quirino, nel 1516.
L'anno appresso, il 27 maggio 1517, Giberto ottenne il rinnovo dell'investitura di Correggio dall'Imperatore Massimiliano, insieme ai nipoti Gianfrancesco e Manfredo III.
Morì in Correggio il 26 agosto 1518. Alla moglie Veronica e al figlio Cardinale, sono dedicate in quest'opera, a parte, le relative monografie.
GIBERTO XI, Conte di Correggio
Figlio di Manfredo III e fratello di Camillo e Fabrizio, nacque nel 1530 ed ottenne nel 1553 l'Investitura di Correggio da Carlo V Imperatore, in condominio coi fratelli.
Di natura mite ed affettuosa, compì buoni studi in Roma. Fu grande amico del Possevino, che di lui ebbe a parlare nel " Dialogo dell'Onore ".
Ben volentieri Giberto avrebbe passata la vita fra i buoni studi, all'ombra dei fratelli e special-
mente di Camillo, a cui era stato affidato il governo della Casata; ma nel 1556 dilagano intorno a Correggio gli eventi della IV guerra fra la Casa di Francia e la Casa d'Asburgo.
I da Correggio firmano un patto di neutralità e Giberto è costretto a costituirsi ostaggio di Ercole d'Este, nella Città di Carpi. Ma poi riesce a fuggire ed a tornare a Correggio. Sotto la spinta del Conte Girolamo, che non riconosce il patto di neutralità sottoscritto dai suoi congiunti, anche Giberto si schiera a favore della Spagna e dell'Impero e viene creato da Re Filippo II, generale del piccolo esercito composto di spagnoli, tedeschi e italiani che nell'aprile del 1557 entra in Correggio a difendere quella piazzaforte. La sorte della guerra ebbe poi decisamente a pendere a favore della Spagna, come è detto in altra parte di questo volume.
Giberto sposò all'età di vent'anni, nel 1550, la Contessa Olimpia detta Claudia del Conte Claudio Rangoni, letterata: una donna celebrata di cui si parla nel seguente capitolo di questo volume, dedicato alle Dame di Correggio.
Addolorato dalle vicende coniugali, che lo avevano fatto diventare la favola d'Italia, Giberto si spense, cinquantenne, il 22 maggio 1580.
GIBERTO XII, Conte di Correggio
Figlio del Conte Camillo e di Maria di Sci. pione Conte Collalto, nacque in Correggio nel 1581 e morì a 4 anni d'età, nel 1585.
In lui ebbe termine la linea legittima dei da Correggio. Il padre suo, Camillo, ebbe da Francesca Mellini i figli maschi Cosimo e Siro, che poi legittimò sposando la Mellini nel 1592.
GIBERTO XIII, già Principe di Correggio
Figlio di Maurizio e nipote del Principe Siro, promosse la rivendicazione del Principato ed ebbe sentenze contrarie nel 1695 e 1698 perdendo anche il titolo di Principe.
Si recò a Vienna, ma senza profitto in quanto non conoscendo ne il tedesco, ne il latino, nè l'italiano, ma solo il natio dialetto, si rese in breve tempo la favola d'Italia. Si inimicò anche il suo maggior difensore, il Padre Bonaventura Alari, francescano, che a Vienna ebbe a patrocinare la causa di Giberto. Così che apparvero vicendevoli ingiuriosi libelli a stampa, pubblicati sia da parte di Giberto che dell'Alari.
Sposò Barbara Guidi da Bagno e, in seconde nozze, Polissena Pavesi.
Morì, forse di veleno, il 26 gennaio 1707. Col figlio Camillo, terzo di tal nome, avuto in seconde nozze dalla Pavesi nel 1693, termina la casata dei da Correggio, poichè quest'ultimo, sposo di Margherita Cantelli, morì a 18 anni, nel 1711, senza lasciare prole.