Odoardo Rombaldi
Manifatture e commercio
Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979

Una città con una popolazione sia pur modesta, di circa 2 mila abitanti, non poteva vivere senza attività secondarie e terziarie; che il tenore di vita della città dipendesse dalla campagna è tuttavia sicuro: i proprietari fondiari che dimoravano in città trasportavano qui la parte padronale e la consumavano o la vendevano; gli artigiani e i commercianti si ispiravano ad un modulo di vita ancora sostanzialmente agricolo. Le carestie ricorrenti insegnavano che ogni casa doveva, possibilmente, contare più sull'approvigionamento diretto che su quello indiretto; la tavola degli alimenti di una famiglia comprendeva generi provenienti dalla fonte (1); la copertura della base alimentare, almeno per alcuni prodotti - grano, grassi, vino, legna - era la prima preoccupazione della cittadinanza occupata in attività di trasformazione. Tra queste ha particolare importanza la manifattura della seta.
Il conte Camillo, nel suo testamento (1598, 14 maggio) aveva ordinato al figlio Siro di raccogliere una somma da destinare alle manifatture: "Che si debba impegnare nelli sudditi della terra di Correggio 10 mila scudi in esercizio di arte e di mercanzia per beneficio della terra" (2). Se l'impianto del filatoio esistente in Correggio si debba a Camillo o piuttosto a Siro, non sappiamo: certo, costui lo favori. Nel 1634 si riscuoteva a Correggio il dazio della stadera delle gallette; ciò prova che vi si svolgeva il mercato dei bozzoli, nel pavaglione, come altrove. Parte della materia prima, venduta sul mercato, era lavorata in Correggio in due tipi di manifatture: una a regia, l'altra di libera iniziativa. Nel suo breve governo l'Appiani cercò di dar vigore alla lavorazione delle sete; il 12 settembre 1634 scriveva:
"Il filatoio lavora da due mesi, avendo ordinato che delle sete fabbricate in questo Principato nella passata stagione, tutti quelli che ha fatto più di 50 lire, debbano farne lavorare un terzo al filatoio, pagando la mercede solita, rendendo seta per seta, provvisione che altra volta è stata usata da Siro e che, oltre all'utile che dà al filatoio, rende anche molto beneficio per il mantenimento delle maestranze che lavorano sete" (3).
Regista dei filatoio fu per alcuni anni Pietro Rosa, tanto benemerito in altre attività cittadine, quella teatrale, in primo luogo. Il Rosa, nel 1645, dava
"di più di quel che si cava, perchè il suo utile è di far lavorare gli orsogli propri quando vi sia utile in farne esito, e, non ve si essendo, il far lavorare le terre agli obbligati conforme al solito";
queste parole, se rettamente intese, fanno pensare che il Rosa combinasse il lavoro del filatoio e quello proprio, la manifattura e l'agricoltura, utilizzando gli operai e come setaioli e come agricoltori. Egli, nel 1649, ricusava l'incarico di fattore ducale a Correggio, dicendo di essere "incamminato nella mercanzia delle sete e orsogli, bastanti e stancarmi", e di avere la direzione del molino di Fabbrico; ma le condizioni dei lavoranti dovevano essere misere, nel 1652, quando chiese di poter estrarre sete sottili, non bastando il lavoro degli orsogli ad assicurare il vitto agli occupanti (4).
E, certo, operare nella manifattura delle sete non era facile; la produzione era relativamente abbondante, ma non era sempre possibile assicurarsi gli sbocchi al prodotto o prevedere l'andamento del mercato, spesso turbato da eventi per lo più imprevisti: guerre, pestilenze, ecc.. A fianco della manifattura a regia operò l'iniziativa privata; di imprenditori ebrei si è detto a suo luogo; non documentata è l'attività del Pavaglione di Correggio: nel 1663, si vendettero 3600 pesi di filugelli; nel 1664, 1950 pesi di filugelli reali, 11 di follicelletti. Secondo una fonte, gran parte dei follicelli venduti nel padiglione venivano dal Reggiano e da altri centri circostanti; è probabile che imprenditori reggiani preferissero affidare la manifattura a lavoranti del distretto per evadere certi controlli fiscali (5).
Nelle campagne i mesi morti erano impiegati nella tessitura del lino e della canapa. Nel 1678, un rotolo di panno-lino di braccia 90 era portato da Campagnola al mercato di Novellara. La tessitura della canapa, tradizionale nelle campagne, assunse importanza commerciale nel Settecento:
"L'unico negozio che dà credito a questo mercato e che attrae a questa parte denaro straniero è senza dubbio quello delle tele grosse di canapa, quali vi concorrono da questo territorio e da circonvicini, da Rubiera, S. Martino e dalle cinque Ville da basso del Reggiano, confinanti, quali prima andavano a Novellara. Ho inteso che ne sono estratte per il Mantovano, Piacentino e anche per il Bresciano, ma non si può avere di questo certa notizia. Il maggior esito di tele non ha oltrepassato in qualsiasi mercato la quantità di 8 mila braccia, non è stato osservato da qualche tempo in qua maggior esito di tele nè maggior frequenza di mercanti. Se si sospendesse di far bollette forestiere, subito rovinerebbe affatto questo mercato, che finora non ha altro negozio considerevole e non risorgerebbe quello di Novellara ( ... ); questo paese ne sentirebbe un gravissimo pregiudizio non solo perchè vi mancherebbe il modo di attrarre denaro forestiero ma ancor perchè molti di questi sudditi, avendo introdotto a casa propria canape forestiero per darle in credenza a contadini di questo Principato, che le riducano in tele con vantaggio delle loro povere famiglie, resterebbero in notabile danno tanto i creditori quanto i contadini, non potendo più esitar qui la tela se non con discapito' (6).
Il 9 febbraio 1701 si erano vendute 87 pezze per braccia 7270, il 15 febbraio (mercoledi), 51 pezze, per br. 3781 (7).
Il Principato aveva unità di mercato anche dal punto di vista monetario. I venditori erano d'avviso che convenisse assicurare ai compratori degli altri paesi i più alti realizzi. In occasione in cui il Governo aggiustò il corso delle monete con una variazione dell'8%, gli Anziani risposero argomentando cosi:
1 - Lo stato di Correggio e di Fabbrico ha il principal suo commercio con gli stati di Guastalla, Novellara e Mantova per rispetto alle tele, vini e frutta che si mandano in detti stati, venendo campratori di quelle parti a comperare alla giornata, dei quali stati la moneta è più leggera assai di quella sia nelli stati del S.mo nostro Padrone, ed ora che la moneta è abbastanza di valore quelli non vengono più a spenderla nello stato di Correggio, sì che vengono i sudditi o mercanti privi dell'esito che con facilità e vantaggio facevano di dette sue entrate, massime potendo per qua condurle sino a Mantova dopo che avessero saldato il prezzo.
2 - La grida ha dannificato ancora l'esito delle mercanzie e contratti tra sudditi medesimi, perchè i venditori ritengono il medesimo prezzo, onde i compratori, che vedono che quello che potevano avere per 100 ora non lo possono avere se non col 15% di più, vanno piuttosto fuori, con spesa e incomodo a comprarli, si che il danaro va fuori dello stato e i sudditi patiscono. 3 - Gravissimo, con intollerabile danno ne risulta alle comunità di Correggio e Fabbrico, perchè nel tempo degli Alemanni conveniva comprare a credito gran quantità di grani, di sete e fare altri sforzi e ancor si ritrovano con debiti di molte e molte decine di milliara di scudi contratti in pecunia immaginaria, quali debiti gli saranno cresciuti addosso per causa di detta grida a 15%.
4 - I debiti dei sudditi privati sono immensi ed infiniti, perchè niuno o pochissimi furono quelli che per le contribuzioni alemanne non si siano indebitati ed ora, venendoli così notabilmente in un momento il debito. 5 - Vi sono debiti innumerabili fatti da poveri mezzadri con i padroni, con alcuni di Fabrico hanno mancanza di biade massime in questi ultimi anni penuriosi, quali, dopo aver a credito convenuto di pagare le biade a prezzo regolarissimo, si trovano che il debito gli è cresciuto addosso di 1507o, e si danno caso che il giorno avanti la grida, uno ebbe a credito roba per L. 100, che il giorno seguente fu fatto debitore di 115" (8)


1 Al vitto di una donna si provvede così (1515): frumento staia 7; uva sogli 13; carne salata, pesi 2, 1/2 o un porco vivo di 4 pesi; olio bono, libbre 12; olio di noce, libbre 15; sale, 1/2 peso; formaggio, libbre 12; legna, 1 soga; fascine 200; lino 1/2 peso; canapa, un peso; un paio di scofioni; 2 paia di scarpe; soldi 30 in contanti, che ci pare trattamento comodo; infatti, per il vivere di due fratelli si diedero: 12 staia di frumento, una castellata d'uva, una soga e mezzo di legna; un porco di 4 pesi; 4 libbre di carne fresca; un paio di scarpe e uno di pantofole; olio, sale e altro companatico. Tali quantità si intendono per anno a misura di Correggio. A.N.C. Bottoni, 1515.
Ai contadinì che lavoravano alle mura si dava una tiera di pane, a quelli che lavoravano con i bovi e trasportavano la terra, due tiere. La razione di pane dei soldati alle porte era di 22 oncie, 2/3 di frumento e 1/3 di fava.
2 "Et perchè il mantenimento delle famiglie nobili consiste nel governo d'un solo, al che havendo consideratione esso Testatore, in conformità ancora dell'antique consuetudini dei Signori suoi Antenati, giurate da loro ed approbate da tanti Imperatori, si come appare nelle investiture del feudo di Correggio, perciò, inerendo a quelle, cominciando dal Sig Giovan Siro, rinnova et in quanto necessario ancora erige la primogenitura nella Casa di Correggio et nei suoi discendenti, commendando espressamente a detti suoi Heredi et Successori che debbano inviolabilmente osservare detta primogenitura circa il governo dello Stato e giurisdizione di Correggio; et passati di 25 anni, debba mettere e porre il Sig. Siro nella Cassa o Erario annualmente due mila scudi delle sue rendite et questo sinchè giunga al numero di cento mila scudi da tenere eternamente, et in evento che bisognasse spendere per le cause suddette, debba esso e i suoi heredi et successori metterne in numero di due mila scudi annualmente delle loro rendite, sinchè giungano al numero di cento mila scudi, et cosi sia osservato di successore in successore, et che si debba impegnare nelli sudditi della terra di Correggio dieci mila scudi in esercizio di arte et di mercanzia per beneficio della terra". A.N.C. Giulio Carisi, 1598, 14 maggio, nn. 214, 322. Nel 1597 (3 maggio) si ha notizia di un Antonio de Pellizzari, mastro di filatoio, che, pur condotto a Correggio, "non è mai venuto".
3 A.S.MI. Feudi Imperiali, Correggio, b. 230
4 A.S.MO. Rettori dello Stato, Correggio, b. 10
5 A.S.MO. Rettori dello Stato, Correggio, b. 10
6 A.S.MO. Rettori dello Stato, Correggio, b. 30, 1701, 17 febbraio
7 A. S.MO. Rettori dello Stato, Correggio, b. 30, 1701, 9 febbraio
8 A. S.MO. Rettori dello Stato, Correggio, b. 29