| Odoardo Rombaldi |
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| Mercato libero e monopoli | |
| Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979 |
Non essendovi regole certe per affrontare la carestie, il governo si regolava in modo diverso di volta in volta. Nel 1678 esso favorì la circolazione e l'ammasso dei grani; in quell'anno Giacomo Ghidini di Correggio era autorizzato a farne deposito nella sua casa onde rifornire i mercati di Modena e di Sassuolo; tanto fu concesso ad altri nel 1685. Ma nel 1690 cominciò una congiuntura di estrema gravità. Il Guidotti, che nel 1689 aveva importato dal Mantovano migliaia di sacchi, nel '90 disponeva di 8389 sacchi di frumento, di 8000 di mistura, in complesso, di 16389 sacchi. Gli Anziani di Correggio chiesero che il commercio dei grani fosse sospeso, che quelli ammassati fossero venduti in loco al prezzo più basso possibile e che, in generale, fosse vietata l'incetta dei grani (1).
Il Duca ordinò il blocco dei grani esistenti, senza far cenno ai prezzi da praticarsi. Il Guidotti cercò di cancellare l'aspetto odioso dell'incetta e di metter in risalto quello benefico dell'ammasso, soprattutto se alimentato da grani importati:
"Apprendo i nuovi ordini di V.A. di non lasciar estrahere da questo Principato di Correggio veruna sorte di biade, benchè però nello stato della medesima A.V. sia diretto; obbedirò, ma voglio però credere che S.A.S. s'intenda delle biade raccolte nel medesimo Principato ma non già di quelle forestiere introdotte e che da me continuamente si vanno introducendo in questi stati e come da città si va facendo, posciacchè, quando queste non havessero la libera facoltà di poter andare in quella piazza che stimano più vantaggiosa per farne esito, però si leverà l'adito che vengano e, conseguentemente, le piazze di Modena e Reggio, dalli mercati dei quali le altre piazze circonvicine si regolano, si augumenterà il prezzo in pregiudizio delle altre e degli stati di V.A. Della biade ammassate qui in Fabbrico, gli anni passati, di già è andata parte a Sassuolo, Modena e Reggio, e di quella che è di presente venuto da parte forestiere, che ne ritrovo qui havere, sono sacca 600 fra frumento e mistura, al presente e anche domani ne attendo buona partita" (2).
Se il Guidotti si rendeva buon interprete della funzione del commercio tra stato e stato, la Comunità di Correggio, ottenuto dal Duca il fermo dei grani in ammasso, chiese di acquistarli a L. 54 il sacco, con pagamento differito. Dall'inizio del 1691 molte biade erano passate dal Mantovano nel Correggese per salvarle dagli eserciti; il Guidotti ne aveva in casa sua 8209 staia (marzo), eppure tanta disponibilità non invogliava a comprare: "chi ha bisogno di grano non ha denari, non può negarsi che questo Principato abbia bisogno di grani e in particolare, la povertà, di mistura"; buona ragione, questa, per vincolare i grani esistenti, e rifornire i farinotti (marzo). (3) Di diverso parere si mostrò di lì a poco il governatore Molza, per più ragioni:
"L'esperienza fa vedere essere piuttosto pregiudizievole che vantaggioso al pubblico bene di questa città il proibire la comunicazione dei grani da un luogo all'altro dello stato:
1 - perchè, regolandosi Correggio e altri luoghi, nei quali non si fa mercato e piazza di grano, col prezzo e calmiere che corre di giorno in giorno nella città di Reggio e mercato di Sassuolo, il vietare il trasporto di questi grani a dette piazze serve solo a renderle più penuriose e, in conseguenza, ad alterare nelle medesime il prezzo che dà la norma a questo Principato, dimodochè, crescendo a Reggio per la penuria delle biade il calmiere, cresce anche il prezzo in questa città, dove il proibirne l'estrazione non ha arrecato verun vantaggio o diminuzione, il prezzo qui valendo tanto quanto si paga in Reggio.
2 - Perchè i mercanti di biade, che ne hanno introdotto e potrebbero introdurre dal Mantovano e d'altri stati, non potendo qui per la penuria del denaro esitarle a contanti, non possono ricavar il denaro per impiegarlo ad introdurne maggior quantità, come farebbero se potessero vendere e trasportare i loro grani dove li tornasse più conto, sempre dentro lo stato di V.A.
3 - Perchè, essendo il Correggesco attorniato dal Mantovano e da altri paesi abbondanti, difficilmente può egli, anche negli anni sterili, patire di biade, verificandosi sempre più che la penuria del paese consiste nella mancanza del denaro e non delle biade.
4 - Che il divieto di estrarre i grani ad altri luoghi dello Stato è di grave pregiudizio a chi ne ha da vendere, non trovando qui da esitarlo a contanti.
5 - Che accostandosi il tempo delle raccolte, ed essendo passato il verno e per esser praticabili le strade, cessano molti di quei motivi, i quali indussero a proibire il trasporto dei grani fuori del Principato (4)
In vario modo, dunque, da diversi punti di vista, si proponevano diversi indirizzi annonari; il Guidotti era per l'importazione dei grani esteri, il Molza per la circolazione all'interno dello Stato, gli Anziani per il blocco delle biade e dei loro prezzi.
Intanto la carestia imponeva un ben diverso confronto. Nel marzo '92 v'era chi si cibava di ghiande, nel giugno si contava nel raccolto dei filugelli e su quello dei grani; nel settembre, di fronte a nuova penuria, gli Anziani ridomandavano il blocco delle giacenze e denari per acquistarle, mentre i commercianti chiedevano libertà di vendita per realizzare i capitali investiti. Per somma sventura, le truppe alemanne si acquartieravano a Fabbrico e Campagnola; nel '93 gli Anziani prendevano a prestito 38 mila scudi. Persistendo la carestia, il grano saliva, nel '94, a lire 86 imp. il sacco; nello stesso anno il raccolto riuscì molto più scarso dell'anno precedente, nondimeno, la necessità di realizzo spinse i proprietari a venderne fuori Stato (5) . Nel '95 vi fu di nuovo penuria di grani e anche di uva, ma i conduttori dei fondi furono autorizzati ad estrarre vino per pagare gli affitti (6) . Nel '99, i mercanti, che avevano venduto grani, ricevettero in pagamento i grani del nuovo raccolto, non avendo i padroni possibilità di anticipare le somme per gli acquisti (7).
L'autosufficienza delle aziende, di cui si è detto, va intesa come tendenza, non come dato di fatto; ciascuna contava sulla vendita di una parte della produzione per pagare le tasse, per acquistare i generi mancanti. La produzione del vino eccedeva il consumo e alimentava l'esportazione;
nel maggio-giugno 1685, nel Principato, furono denunziate 12797 misure di vino: 8623 a Correggio, 24.43 a Fabbrico, 1731 a Campagnola. Il formaggio non risulta fosse un genere di esportazione; lo erano sicuramente i filugelli e le tele.
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