Odoardo Rombaldi |
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I paesi dello Stato: Fabbrico | |
Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979 |
Si può dire che la storia moderna di Fabbrico sia legata e cominci con la ultima fase della guerra franco-spagnola, che schierò nelle nostre contrade il Duca di Ferrara, alleato dei francesi e della Chiesa - delle cui armi fu capitano generale -e gli spagnoli. La guerra, che ebbe i maggiori centri di operazione nell'Italia peninsulare e nelle Fiandre, assunse da noi il carattere di azione di logoramento ed ebbe per risultato vaste distruzioni. Il Duca di Ferrara, per spezzare le comunicazioni tra Guastalla e Correggio e isolare le due piazzeforti, occupò Fabbrico e ne distrusse il castello; egli "calò addosso ai Principi di Correggio e Guastalla nel 1557, alla fine di maggio. Fu in quest'anno che fu preso da esso Duca il castello di Fabbrico e ne furono disfatte le mura" (1). Il Davolio Marani ritenne che il Cardinal Gerolamo, fautore di Spagna e avversario del Duca di Ferrara, ne avesse in precedenza ordinato la demolizione per impedire che, nelle mani di costui, divenisse un punto saldo nella guerra (2).
Ristabilita la pace (1559) Fabbrico, protezione dello Stato di Correggio a nord, riebbe nuove fortificazioni: "Distrutto il fortilizio, distrutti i torrazzi che in numero di quattro si innalzavano sui quattro baluardi, devastato vandalicamente il corpo di mezzo del castello di Fabbrico dalle armate grigione del Bentivoglio, i nostri principi pensarono di non più rifabbricarlo nella vecchia forma, ma di ripararne modestamente le mura esterne ed accomodare ad uso di fabbricato civile, l'interno" (3).
All'opera fu preposto Rinaldo Corso, che trascorse qualche tempo in villa Galla (Canale), nella casa in cui la moglie avrà tragica fine. Il palazzo di Fabbrico fu cominciato il 20 novembre 1580; in quel giorno, "Fabrizio da Correggio, con le sue mani, mise due pietre prime nel fondamento del nuovo palazzo, nel borgo nuovo di Fabbrico". La residenza del principe, in quanto abbandona il vecchio castello medievale e si trasferisce nel borgo esterno, costituisce un punto di riferimento per un diverso assetto del borgo.
1 dissensi prima e le ostilità poi tra i discendenti del Cardinal Gerolamo e i figli di Manfredo fecero di Fabbrico la seconda sede del governo dello stato. "Fabrizio da Correggio dimorava, a preferenza degli altri luoghi del Principato, nel nostro castello; quivi erasi formata una piccola corte di letterati e di poeti, che tenevangli onorata corona"; "alla sua piccola corte venivano recitati melodrammi tolti o dalle sacre carte o dall'Arcadia" (4).
Fabrizio e il fratello Camillo avevano un'annua entrata di circa 15 mila scudi; a Fabrizio, con Fabbrico, Testa, S. Genesio, ne toccavano circa 8 mila. Morto Fabrizio (1597), verrà ad abitare a Fabbrico Cosimo, fratello di Siro, e poichè anche costoro erano divisi da rivalità e da odi, Fabbrico conservò il suo carattere di seconda residenza in potenziale opposizione a Correggio. L'accordo raggiunto tra i fratelli (1617) riconosceva a Fabbrico la funzione di piccolo centro, anche sotto Cosimo illustrato da uomini dotti. La fine precoce di questo principe (1623) diede occasione a Siro di riprendere l'intero dominio dello Stato nel tempo stesso in cui stava per perderlo. Don Maurizio, figlio di Siro, avrà nel territorio di Fabbrico parte dei beni assegnatigli, "tra fossa Campagnola e la strada di Reggiolo fino alla Fiuma".
Il territorio e il borgo di Fabbrico erano così descritti nel 1661:
"Fabbrico, terra del Principato di Correggio, ha territorio grande, di giro di 8 miglia all'incirca, consistente in bonissimi terreni chiusurati e parte fertilissima di campagne e pascoli. La terra, con il castello e borghi, farà da 100 fuochi incirca ma il territorio arriverà forse a 150. Gli abitanti di detta terra possedono poca parte di detto territorio, perchè tra le possessioni del Sig. don Maurizio, quelle dei cittadini di Correggio e d'alcuni di Carpi, e li Ecclesiastici, cioè i Padri Gesuiti di Mantova, i Padri Domenicani di Correggio e Signori Canonici di Correggio et altri benefici ecclesiastici, vengono ad essere possedute circa 60 possessioni, fra quali ve ne sono 30 di cittadini di Correggio, senza alcuni luoghi piccioli, per essere il più fertile territorio di tutto il Principato. Confina con Reggiolo, territorio di Guastalla, diviso dal fiume Parmigiana verso settentrione, col contado di Rolo da levante, con quello di Correggio e Campagnola da mezzogiorno. Verso poi occidente viene costeggiato per un tratto di un miglio e più da 4 possessioni del sig. Don Maurizio e dalla corte della Testa, ove abita detto Signore, tutte soggette al territorio di Campagnola, che fanno come una lingua. Ha la terra tre chiese, cioè la parrocchia che è dentro il castello, una con un conventino di S. Francesco, che era prima dei Padri Conventuali, riformato da Urbano VIII, e l'altra del S.mo Rosario, che ambedue sono nei borghi di detta terra . Ha poi nel territorio la chiesa antica di San Genesio e un'altra piccola di San Prospero, però tanto la suddetta terra quanto il suo territorio, benchè diviso in varie ville, sono sottoposte alle cure della Chiesa parrocchiale che è dentro il castello suddetto; nel resto, è la più bella e miglior parte, anzi, si può dire la vitale di questo Principato" (5).
Ed ora il paese di Fabbrico:
"Laterra di Fabbrico è divisa in tre rughe o contrade di case in linea retta e uguale; la contrada di mezzo ha di dietro dappertutto certi orti di più persone, quali da certo tempo in qua vi hanno seminato della canapa, che forma un bosco nel mezzo della terra, tanto lungo quanto sono dette contrade; essendo detta terra aperta da tutte le parti e loco di più confini, può servire per ricovero e sicurezza a chi volesse macchinare qualsiasi eccesso. La Comunità vieta di seminar canapa, ciò si estende anche ai carboni che fabbri e artigiani accendono" (6).
Gli oneri e le gravezze erano ripartiti tenendo conto della "qualità delle persone". Secondo un'ordinanza del 1595 (7) queste formavano cinque categorie: cittadini, artigiani del borgo, artigiani delle ville, mezzadri e bracenti.
Cittadini erano: don Pietro Ferrari e tutti i sacerdoti, tutta la casata dei Barbanti, tutta la casata dei Moreni, tutta la casata dei Cavalchi, tutta la casata dei Gualvani, tutta la casata dei Torselli, tutta la casata dei Boschetti, Magnifico Gio. Antonio Lombardo, M. Alessandro Soldano, M. Gio. Francesco Lombardo, M. Roderigo Coradi, M. Ippolito Corghi, M. Cesare Caronzi, M. Gio. Francesco Caprari, M. Bernardino e Pietro Corghi, M. Domenico Bellelli, M. Ludovico e fratelli de Bottoni, M. Giovanni e Simone Carletti, Francesco di Gasparo Salati.
Artesani del borgo: M. Galeazzo Scararnuzza, Gio. Schiatta, M. Girolamo e Nicolò Ferrari, M. Ludovico e Domenico de Pedroni, Santo Saluto, M. Iacomo Magri, Gio. Pietro Corghi, M. Andrea Bianco, M. Antonio Magri, Ercole Capraro, Lazaro Cattini.
Artigiani delle ville: Alessandro e Gio. de Brighenti, Antonio M. Bezagno, M. Righino de Negri muratore, Cesare Salato, Ognibene Cussina, M. Giorgio Rebizzo, M. Cornelio Rebizzo, M. Marchino de Negri muratore.
Mezzadri, s'intendono esser tutti quelli che lavorano terre con bestie, o sue proprie o d'altri, dichiarandosi però che sebene un mezzadro lavorasse fuori della possessione dove stà, sia tenuto a pagare il formento, sì come si dirà nelle gravezze de essi mezzadri, per le terre che lavorano oltre la possessione, a la rata del lavorero.
Bracenti: Bracenti sono tutti quelli che habitano nel contado di Fabbrico o stiano in case sue proprie e de altri e non lavorino con bestie.
Privilegi e gravezze delli cittadini e suoi discendenti in perpetuo. Siano esenti da tutte le fationi manuali, dal pagare le guardie e la canna per terre da estimo che avessino in perpetuo, abitando o non abitando a Fabbrico, debbano pagare li denari che pagano le loro terre che sono o saranno all'estimo e contribuire secondo i comparti alla condotta del sale.
Quello a che sono tenuti gli artigiani del Borgo e suoi discendenti. Siano tenuti, ciascheduno d'essi, dare ogni anno (essendo ricercati) una opera in beneficio del Comune di Fabbrico in caso che l'arte sua sia tale della quale esso Comune se ne voglia valere, e caso che non sia esso ricercato, sia tenuto trovargli una opera per quel giorno che sarà ricercato; nel resto abbiano le medesime esenzioni che hanno li cittadini suddetti, (stando però e abitando nel castello o borgo di Fabbrico) perchè altrimenti vogliamo siano come sono li contadini, quanto sia per le terre, che avranno descritte all'estimo.
Quello a che sono tenuti gli artesani delle ville. Siano tenuti, ciascheduno d'essi, pagare la guardia, come si dirà delli braccenti, e la canna per le terre da estimo se n'avranno, nel resto siano esenti come li cittadini, ma non duri la sua esenzione se non quanto dura la loro vita.
Quello a che sono tenuti li mezzadri. Ha da pagar ciascun mezadro soldi 32 l'anno, imperiali, per la guardia; dalla detta gravezza sono però eccettuati il mezzadro che sta o starà per l'avvenire dentro della Motta di S. Genesio, e il mezzadro della possessione di M.co Ercole Barbanti, posta nel bosco di Governara. Hanno da pagare similmente tutti li mezadri, eccettuatine però i suddetti, e dei beni di chiese, due ventine di canna per la fornace, condotte al luogo ove si farà detta fornace. Devono pagare uno staio di frumento per ogni paio di bovi e una mina per ogni paio di vacche da zovo, eccettuate le suddette possessioni e quelle delle chiese, e li mezzadri delle nostre possessioni o che già siano state nostre, quali hanno da pagare per la metà quanto s'aspetta al formento.
Quello a che sono tenuti i bracenti. Hanno da pagare soldi 32 imp. per la guardia, intendendo però che, se bene più d'un bracente stessero insieme in una medesima casa e a un medesimo fuoco, non siano tenuti pagare più di una guardia. Sia tenuto, ogni bracente, a pagare soldi 20 per tutte le opere e fazioni che era tenuto dare alla fornace per ciascuno; sia tenuto ogni bracente dare 10 ventine di canna per la fornace e sia in loro arbitrio, non volendo darle, pagarla 10 quattrini la ventina. Sia tenuto, ogni bracente, pagare 3 quartarole di formento, dichiarando che tutti i bracenti forestieri, che verranno ad abitare in detto dominio, siano esenti da tutte le suddette gravezze per il primo anno, li quali però siano obbligati andarsi a consegnare al Podestà nostro di Fabbrico quando verranno ad habitare, li quali comandiamo che se debba tenere in memoria particolare. Alle dette gravezze intendiamo che non siano tenuti quelli che stanno fuori del paese overo stanno con altri per famigli, però ad anni e non a mesi, e siano obbligati pagare purchè stiano 2 mesi d'un anno a casa loro. Non si scriva alcun bracente a dette graveze che non arrivi all'età di anni 15, et siano liberi, per uno o più anni, gli infermi d'infermità lunga e che rendano gli uomini inabili a lavorare. Siano liberi da tutte le suddette fazioni li bracenti che hanno et haveranno passato l'età di 60 anni. E siano similmente liberi da dette gravezze tutti li bracenti che si troveranno essere nostri compari.
Quello che devono pagare le terre che hanno l'estimo. Per ogni biolca di terra chiusuriva ogni anno soldi 9 imp.li e 5 ventine di canna condotta alla fornace, e le terre campie pagano per metà della suddetta tassa.
Particolare di Fabbrico era l'imposta della Podesteria, introdotta per mantenervi il podestà; i mezzadri pagavano 6 quartarole per un paio di bovi e soldi 57, i bracenti 3 quartarole di soldi 77, gli artigiani soldi 32 e L. 350 per anno.
A Fabbrico si eleggevano 10 consiglieri ogni anno; di essi, due, detti Anziani, erano esenti da tasse ed oneri, avevano cura dell'annona e decidevano gli affari alla presenza del podestà, che ne stendeva regolare atto; i consiglieri eleggevano un dogarolo, un camparo, due consoli per Fabbrico, elevavano multe ai bottegai fino a L. 9, uno di loro teneva il libro dei conti.
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