| Odoardo Rombaldi |
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| Corruzione e brigantaggio | |
| Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979 |
Sebastiano Carletti, nella sua Cronica, all'anno 1666 informa:
"Francesco Mignani, detto il Guido da Correggio, gran capo di banditi, che ha reso tanti travagli alla sua patria e che è stato la mina di molte famiglie di Correggio, finalmente, dopo una gran taglia postole sopra la sua testa dalla Duchessa di Modena questo dì fu ammazzato dalli homini delli Signori Conti di Gambara a Pontevico sul Bresciano e il suo corpo fu portato a Modena, dove stette esposto per otto giorni continui, e questo fu l'otto novembre 1666, con molto sollievo del popolo di Correggio, che un anno stette di non habitare in villa d'estate per la paura che avevano del suddetto Guido Mignani, che per l'uccidere che fece il mercante Gio. Pietro Rosa, restarono rovinate per il fallimento da trenta famiglie, con il valore di 40 m. scudi, che cagionò in Correggio un rumore di lite che non terminano mai" (1).
Questa la fine del Rosa, imprenditore economico ed impresario teatrale, uno dei massimi esponenti della borghesia correggese del suo tempo (il figlio studierà medicina a Milano).
Note di costume e di comportamento emergono dalle fonti e riguardano sia la città, sia la campagna; come accade, la cronaca finisce per dar evidenza agli aspetti o deteriori o sensazionali, lasciando nell'ombra la virtù di tanti nella vita ordinaria. Che la vita dei conventi non fosse sempre esemplare risulta da atti non sospetti; era conseguenza dell'affollamento dei monasteri, dei privilegi di cui questi godevano, di monacazioni non sentite. Frate Ortensio Lodovico Cigale scriveva nel 1667:
"Ho ritrovato queste religiose molto fuori di regola, mal habituate, onde, al rimetterle, tutte gridano ( ... ). Gli decreti del S. Padre e della S. Congregatione erano per terra, sì per la frequenza troppo grande nei parlatori, ... ; le porte non più di clausura ma aperte con sessioni passate indifferentemente d'uomini e donne, habiti di sotto colorati e scarpette con tacchetti alla moda, con larghi bendelli, che qualsivoglia smoderato secolare non l'userebbe; la chiesa senz'ordine, accettando a dir messa ogni sorte di persone, portando questo occasione di vano trattenimento; matutini non da mezzanotte ad aurora ma alla sera,
contro le nostre leggi; libertà di far regali contro il voto di povertà e decreti ... ; ho voluto levar le mormorazioni di quelli che in gran numero dicevano le loro feste esser il postribulo tra preti e monache, e non di devotione" (2).
Ma l'esempio veniva dall'alto ed era peggiore dei danni materiali inflitti dalle truppe forestiere:
"L'alloggio francese, quant'habbia consumate le sostanze di Correggio, niuno lo può credere se non chi l'ha provato, ma al presente la povera città sente maggior sciagura dal medesimo Governatore, il quale gode senza vergogna e con ogni sfacciataggine festeggia d'insidiare e rapire le sostanze irreparabili dell'honore e reputazione de mal avventurati correggeschi, alle donne dei quali vieppiù che mai farà di mestieri introdursi nel monastero della città per difendersi dagli oltraggi di tal Governatore, il quale, e notte e dì, con modi disusati e infami cerca di costringere la reputazione delle famiglie della povera città, la quale però si ritrova in maggior merore e tribulazione di quelle che recano i francesi, quali, se rapiron la robba, non si sentì giammai levassero (mercè la somma pietà di V.A.) l'honore nè a maritate, nè meno a vergini, siccome a notte fa questo medesimo Governatore, il quale non solamente vive come pubblico fornicario ma come iniquo adultero e infame defloratore, non perdonando al senso troppo bestiale contro e le pubbliche meretrici e le vergini medesime, poichè ogni notte, indettato dai suoi ruffiani, vuol isbramare le sue voglie scelerate con vergini novelle" (3).
Tutto questo era in stridente contrasto con gli stenti della povera gente; la polarizzazione tra privilegiati e poveri è comune al secolo XVII; non mancarono proteste anonime a mezzo di cartelli affissi di notte, si protestò contro un banchiere-esattore, Francesco Vigarani:
"Che fai, o popolo di Correggio, che non ammazzi quell'infame di F.V.; se tu sapessi il tutto, lo faresti; dalli, dalli, accoppalo questo traditore. Potrai soffrire, vederti sugli occhi costui che hora gioisce che tu paghi la macina e altre gravezze. Non morrà volentieri se non l'ammazzi" (4).
Ebbene, lo stesso Vigarani fu sospettato di esser l'autore di questo cartello.
Non perfidia ma violenza primitiva ispirò i delitti nelle campagne per moventi diversi; proprietà, onore... Si formarono vere e proprie bande.
Dopo l'uccisione di Gian Pietro Rosa,
"Si vedono continuamente varie squadre di gente riconosciute e tutte armate in numero di sette et otto, fino a venti e trenta ancora, alcuna volta in aguato nei campi di frumento e delle fave, altre volte di passaggio da Novellara e Bagnolo verso Canolo e S. Maria della Fossa del Reggiano e per S. Prospero e Fosdondo del Correggese, su la Gemignola e sino nel sacrato dei Cappuccini, e per quanto si è potuto intendere fanno per lo più capo in casa dei Tirelli di Novellara, in casa delli Medici e di Francesco Gistallo, a Canolo, a casa del rettore della Fossa in casa parimenti del prete di S. Prospero, al Casino dei Padri di S. Domenico e a Fosdondo, nel Casino di Francesco e fratelli Mignani e in altre case di loro partigiani, dai quali è somministrato da mangiare e da bere, o per amore o per forza. Li predetti armati si tengono esser li consiglieri dell'homicidio del detto Rosa e dell'altre forfanterie che si sentono nel Principato; sono sempre in moto nè mai stanno fermi in un luogo e sempre vi capitano e partono d'improvviso, onde riesce difficilissimo il poterli sorprendere, e quando si tentasse di farlo sarebbe necessario di valersi di altre forze che delle ordinarie della giustizia, ma delle più valide e ben regolate. Vivono pertanto li paesani con gran timore nè punto si assicurano di camminare liberamente e molti cittadini lasciano d'andarsene in villa, nè partono mai di dentro della città. Acciò nel territorio non possono li detti armati transitare senza esser scoperti e seguitati, s'è ordinato a li condadini che taglino le macchie e siepi dei campi più alte di due braccia e che contro detti armati levino irremissibilmente il rumore.. Nel Principato si è tanto avanzato l'abuso della delazione d'ogni genere d'armi che li contadini e villani, in ordine alli privilegi concessi da S.A. al Pubblico e alle Comunità, sino arando le portano ai fianco e in tanta audacia anche alle chiese e processioni di villa, alli filozzi e veglie, che succedono scandoli e sono per nascere dei disordini gravi- (5).
Le ingiustizie, inevitabili in un mondo fondato sul privilegio, scatenavano reazioni acute soprattutto nei periodi di crisi, che non risparmiavano i membri del Consiglio della Comunità e inducevano a proporre l'abolizione di un organo divenuto strumento di parte e d'oppressione, da sostituirsi con altro del potere centrale:
"Il Consiglio è pieno di canaglie e bisogna che i bennati sofrano estorsioni, torti, iniquità, inganni, furberie, e che vivano oppressi come i cattolici in Londra, essendosi ridotto il popolo in continue costernazioni fabbricate nel Parlamento formato dal Capo e primo Milord, quali tutti vogliono a loro capriccio, e avanti che per qualche occasione sia radunato il Consiglio, hanno li medesimi terminate le loro risoluzioni con i loro partigiani, nè vi è esempio che i cancellieri siano mai stati, come da non so quanti anni in qua, dominatori della Comunità come si vede al presente ' Grand'utile sarebbe a questo povero Comune che il suo Padrone, invece di lasciar il maneggio a questi anziani, levasse a quelli la facoltà di far tanti consigli, con stabilire in Correggio un provveditore locale, il quale facesse tutte le spese esso, et esigesse l'entrate secondo scrittura informa, nè come fanno gli Anziani. Poichè gli Anziani hanno poche terre e quasi tutte suburbane, o nelle ville alte, hanno dal Mantovano e altrove" (6).
Ricordiamo che fino al 1690 il sale ci conduceva dalla Parmigiana, a tre miglia da Fabbrico; da allora si ordinò che fosse prelevato alla Bastiglia, distante ben 16 miglia. Questa protesta era una buona arma in mano all'accentramento modenese, che tuttavia procedette con cautela, lasciando intatta la struttura del Principato. Tanto più che dopo 80 anni il governo modenese non era del tutto amato e le nostalgie per i da Correggio erano state alimentate dagli ultimi discendenti di Siro, fino al 1698.
Nel 1705, infatti, si scriveva:
"Dall'entrata delle truppe straniere in questo Stato si intraprese da molti di aborire il nome di V.A. e si è fatto ogni possibile per levarne anche la memoria, fino a mal parlarne brutalmente nei circoli e ad insinuare a francesi di usare tutta la giurisdizione, non lasciandone punto ai ministri di V.A. e ad opprimere i sudditi fedeli per esser poi loro li arbitri e tenere sotto piede li poveri popoli e con ciò farsi essi del merito a sollevarsi e poi caricare di stupore li altri e avere in tutta soggezione la Patria. Di questo il principale si è il Gianotti e i suoi cugini, che tirano seco un gagliardo partito di ben mezza la città, avendo fino procurato di destar il Signor don Giberto d'Austria ad invogliarsi a ritornare in questo Principato, ventandosi il riacquisto dalla congiunta corrente. Il Sig. Conte Fava, con il suo maggiore e aiutante, fanno il secondo partito, che non è poco cattivo, mentre per essi intendono di farsi un tribunale a loro modo, nè riconoscono il Governatore in cosa alcuna, governandosi alla francese e usurpandosi tutta l'autorità" (7).
Gli eventi militari e l'occupazione prodotti dalla guerra di successione spagnola, vedevano, tra i partiti contrapposti, gli ultimi fautori dei da Correggio, ma l'ultimo di questi era solo una larva; un secolo rinnovatore stava per cominciare.
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