Corrado Corradini
Territorio, potere e societą nei secoli X-XV
Correggio, identitą e storia di una cittą

Lo Stato dei Da Correggio: una riflessione

"Ancora uno figliolo de messer Azzo da Corezzo si si tolse Corezzo per si; et a quello di lo suo padre era in Bologna vero che Ilo castello si teneva per misser Azzo et per misser Ghiberto suo fratello; et questo zovene si la fè al padre et barbano [allo zio, cioè] et chusini". Così, sotto la data del 1371, l'anonimo cronista bolognese, autore della cronaca volgarmente detta "La Rampona", registra il colpo di mano di Guido da Correggio che si impadronisce di Correggio ai danni ed all'insaputa del padre e dello zio. Gli Annales Medíolanenses pongono invece questo fatto nel giugno del 1372: questa data deve essere, però, rettificata in giugno 1371, in quanto tutti gli altri avvenimenti raccontati da questa fonte cronistica sotto l'anno 1372, risalgono, in realtà al 1371. Dietro l'azione di Guido da Correggio v'è la mano di Bernabò Visconti, signore di Milano, che già nel 1361 - come narra il Villani - aveva assalito Correggio senza fortuna. Il 3 dicembre dello stesso anno 1371 Bernabò Visconti concede a Guido da Correggio appunto i castelli di Correggio e di Fabbrico con le ville ad essi pertinenti (Fosdondo, San Prospero, Camera, Fazzano, San Biagio, San Giovanni, San Martino, Vico, Mandrio, Caprile, Saliceto, Mandriolo, Campagnola, Bedollo), castelli e territorio che Guido promette di governare a nome del Visconti, con mero e misto imperio.

All'ombra della protezione viscontea, nel variegato e fluido panorama politico dell'Italia centro-settentrionale nel Trecento, i da Correggio, in forza di questa investitura, si vedono riconoscere l'esistenza del loro piccolo Stato che ha in Correggio il suo baricentro. è tramontato definitivamente, con la vendita ad Obizzo d'Este della città di Parma nel 1344, il disegno perseguito nella seconda metà del Duecento e nella prima metà del Trecento dai da Correggio di costruire un'autonoma signoria sulla suddetta città all'interno di uno stato che comprendesse, oltre a Parma, anche i territori di Correggio (territorio dal quale la famiglia aveva derivato il cognome e preso le mosse), Castelnuovo parmense, Brescello, Guastalla, Cremona. I Da Correggio, ora, rinsaldano la loro posizione, rafforzandosi giuridicamente, nei territori aviti pronti a sfruttare ogni possibile evenienza di ampliamento territoriale e a difendere tenacemente territori "scomodi" come Guastalla e Brescello. L'ironico commento del cronista bolognese ("questo zovene [Guido da Correggio cioé] si la fè al padre, al barbano et chusini") coglie e mette a nudo una delle principali debolezze che hanno accompagnato la vicenda storica dei da Correggio per tutto il corso della sua parabola: le discordie intestine. Già emerse nel corso della cessione di Parma (la consorteria si divise tra chi voleva rispettare i patti con Luchino Visconti che prevedevano la cessione di Parma ai signori milanesi e chi, invece, come Azzo da Correggio la voleva cedere e cedette al marchese d'Este), esse perdurano anche nei decenni successivi fino a che nel 1389 Gian Galeazzo Visconti, succeduto a Bernabò, dirimerà con un arbitrato le contese tra membri della famiglia dei da Correggio, delimitando per ognuno di essi le quote di proprietà all'interno del feudo. Risultava evidente, infatti, (e nel 1449 verrà ulteriormente ribadita, precisandone le modalità di governo) che soltanto una proprietà del feudo gestita insieme dai membri della consorteria poteva garantire allo stesso integrità ed ai da Correggio la possibilità di svolgere un ruolo politico, non più di primo piano, come ai tempi di Giberto - detto Il Difensore agli inizi del Trecento, ma certamente considerevole, pur sotto la rigida tutela viscontea. Ed al signore di Milano, le vicende, di cui gli esponenti più in vista dei da Correggio si erano resi protagonisti nel Trecento, avevano certamente insegnato che occorreva vigilare attentamente se si voleva conservare questo stato (strategicamente importante nell'ottica espansionistica viscontea) nell'orbita della propria influenza. Non a caso nel 1390 Gian Galeazzo Visconti disporrà che le rocche di Correggio siano custodite da castellani e stipendiari nominati direttamente da lui, a spese dei signori da Correggio.

La morte di Gian Galeazzo Visconti nel 1402 e la travagliata successione al Ducato di Milano allentano l'ipoteca viscontea sullo stato correggesco. Ma l'acquisto di Reggio nel 1409 da parte degli Estensi (con i quali i da Correggio si erano accordati nel 1407 vedendosi riconoscere il possesso dei castelli di Correggio e Fabbrico e delle ville ad essi pertinenti) pone i da Correggio in pericolo di cadere sotto la soggezione dei signori di Ferrara, la più potente famiglia dinastica emiliana. Nella prima metà del Quattrocento, essi infatti riescono a crearsi la più estesa unità territoriale della regione e ad arginare la penetrazione nella zona emiliana di potentati transpadani. Vero è che, con il diploma concesso dall'imperatore Federico III ai da Correggio nel giugno 1452, l'imperatore stesso, nominandoli conti dell'impero, delimitando i confini della contea, e sottoponendoli nei rapporti feudali, direttamente all'Impero e togliendoli dal pericolo di una sudditanza estense. Tuttavia va anche detto che la consistenza territoriale del dominio dei Da Correggio nel Quattrocento viene determinata dagli interventi diretti di Visconti ed Estensi e dagli accordi tra di essi intercorrenti. Filippo Maria Visconti, infatti, concedendo nel 1428 il titolo comitale ai Torelli, dal 1406 signori di Guastalla, erige di fatto a contea Guastalla, sottraendo la città ai Da Correggio.

Nel 1479 l'accordo tra Milano e Ferrara toglie definitivamente ai Da Correggio i territori di Brescello e di Castelnuovo. Ai Da Correggio, persi definitivamente i territori a destra dell'Enza, non resta altro che ripiegare sui territori del correggese e su altri terre parmensi di minore importanza. Correggio è ritornata ad essere, come due secoli addietro, l'unico centro di potere del loro dominio e qui essi si raccolgono nella conservazione di uno stato-cuscinetto che si avvia a vivere la felice stagione rinascimentale.

Ci si può domandare come mai in questa sede, per delineare sinteticamente una storia di Correggio tra il X ed il X-V secolo si sia partiti da vicende riguardanti la famiglia dei Da Correggio nel Trecento e nel Quattrocento e, in modo particolare, dalla investitura viscontea del 1371 a Guido da Correggio. La nostra convinzione è che una storia di Correggio nell'età medievale non possa prescindere dalle vicende storiche che hanno visto come protagonista la famiglia ivi dominante. E' in forza della loro azione che Correggio ed il correggese, nel corso dei secoli, sono diventati una "comunità locale", una di quelle tante realtà, uno di quei tanti "particolarismi locali" (minori, se si vuole, ma non per questo meno importanti) che rendono così peculiare la vicenda storica italiana rispetto a quella di altre nazioni europee. Ed è proprio quella investitura del 1371 che, dopo un periodo in cui nella rinnovata esperienza comunale reggiana (1306-1335) si assiste ad un intreccio di giurisdizione tra il Comune di Reggio da un lato e i Da Correggio dall'altro nel territorio al castrum di Correggio circostante, pone fine a qualsiasi contenzioso e giuridicamente sancisce, in una società verticalmente strutturata, la pieno giurisdizione dei Da Correggio sui castelli e sulle ville sopramenzionate. Questa investitura, simbolicamente, potrebbe essere considerata come uno spartiacque tra due periodi della storia correggese e dell'intera parabola politica dei signori Da Correggio:

- un primo periodo (sec. X - 1371) in cui si assiste alla progressiva affermazione e consolidamento nel territorio correggese del potere della famiglia dei Da Correggio da un lato e del castrum di Correggio sulle altre realtà territoriali dall'altro; è in questo periodo che si colloca il tentativo di costruire uno stato dei Da Correggio lungo il medio corso del Po con centro Parma;

- un secondo periodo (1371-1635) nel quale lo stato correggesco acquisisce tutte le prerogative, assume tutte le articolazioni istituzionali e sociali che caratterizzano gli Stati regionali italiani e questo secondo periodo è scandito dai riconoscimenti imperiali che elevano Correggio prima a contea (1452), poi a città (1559), infine a principato (1616).

La realtà territoriale

Il toponimo Correggio (Coregia) viene attestato nella documentazione archivistica a partire dall'anno 946 ed accompagna il nome di un tal Erchemperto, già defunto, la cui figlia Regina è sposa di Elino del fu Itero da Mandriolo. Torneremo più avanti su questi personaggi. Nel toponimo Coregia viene riflessa quella che era allora la morfologia del terreno, vale a dire una striscia di terra emergente dalle acque: boschi, acquitrini, paludi segnano il paesaggio padano nei secoli altomedievali. Ed è proprio ai margini di un grande bosco (circa 4000 iugeri) quello di Migliarina, donato dagli ultimi re longobardi Desiderio e Adelchi nell'anno 772 al monastero regio di San Salvatore di Brescia, che già nella documentazione dell'ottavo secolo sono indicati i toponimi di località (Fabbrico, Bedollo, Ariolas, Campagnola, Viniolo, Rio) confinanti con il correggese e che, in proseguo di tempo, entreranno a far parte del dominio dei Da Correggio.

La presenza a Migliarina di una corte nell'ottavo secolo testimonia il primo momento dell'opera di colonizzazione agricola e di bonifica dell'incolto (opera proseguita, con alterne vicende e a diverse riprese nei secoli seguenti) i cui benefici effetti non tardano ad irradiarsi anche sulle zone del correggese.

Vicino a Migliarina si trovano Mandrio e Mandriolo, e non è casuale che a Mandrio risiedano Rotruda ed Alfri (il figlio del fu Erchemperto da Correggio sopra ricordato) i quali nell'anno 946 vendono terre poste a Mandrio a Regina, figlia dello stesso Erchemperto, e che da Mandriolo sia originario Gausberto del fu Trasoaldo, iudex domno regis che presenzia come testimone a tale vendita: sono persone, queste, che occupano un posto eminente nella società del tempo. Il possesso della terra, la stipulazione scritta di un atto di vendita: sono tutti elementi di distinzione sociale. E in un documento datato 806, di un secolo precedente quindi, sempre da Mandrio provengono tre testimoni, Madreverto, Vuilpaldo e Leone, che intervengono in una vendita di beni redatta a Migliarina. Sono tre persone che svolgono un ruolo giuridico (quello di testimone di un atto) che, per quei secoli, conferiva validità all'atto stesso e per svolgere il quale abbisognava essere provvisti di un status economico competente.

Tre persone di ragguardevole posizione sociale se il nome del loro padre è preceduto dalla espressione "bone memorie". usata, in genere, per appartenenti a famiglie di condizione sociale. Questa continuità di residenza di persone di elevata condizione sociale nelle zone di Mandrio e Mandriolo è indice dell'importanza che queste due località correggesi avevano allora e nel contempo riflette una migliore condizione economico-ambientale che queste due località erano in grado di offrire rispetto ad altre del territorio correggese. E proprio a Mandrio risiederanno, ed avranno il loro centro di potere nel secolo X, due appartenenti alla consorteria dei Gandolfingi, un esponente della quale, Guido del fu Gandolfo, si chiamerà per primo anche Guido da Palude, e sarà all'origine di quella consorteria reggiana dei Da Palude, il cui più illustre membro, Arduino, diverrà capitano delle milizie di Matilde di Canossa.

Tra IX e X secolo nella documentazione archivistica vengono già menzionati altri toponimi di diverse località del correggese: Budrio, Corviatico (oggi scomparso, ma che designava una zona compresa tra Canolo e Mandriolo), Fosdondo, e, nell'anno 980, la pieve di Camporotondo, di cui si dirà. Nella documentazione, che, a partire dal sec. M diventa sempre più abbondante, è "fotografata" la realtà territoriale correggese: essa è suddivisa in piccoli agglomerati abitativi definiti villae o locí et fundi, all'interno dei quali i nuclei abitativi cominciano ad irradiarsi in un paesaggio che vede le aree coltivate intrecciarsi con le aree incolte.

Alla messa a coltura dell'incolto pongono mano gli enti ecclesiastici (la Canonica di Santa Maria, cioè il Capitolo dei Canonici della Cattedrale di Reggio, il monastero femminile di San Tommaso di Reggio) e, soprattutto, il monastero benedettino di San Prospero di Reggio (fondato nel 1006) le cui proprietà nel correggese, accresciutesi progressivamente in forza di donazioni di diversi proprietari,

cominceranno ad essere concesse a livello ed il monastero di Santa Giulia di Brescia, quest'ultimo attivo soprattutto nella zona di Mandrio. Ma dalla documentazione dei secoli X ed XI accanto alle prime trasformazioni ambientali emerge la grande novità territoriale: i castelli.

Un elemento nuovo: i castelli

Nel sec. X, nella pianura padana, si verifica un vero e proprio proliferare di castelli. Essi svolgono uno duplice funzione: dapprima, vale a dire nel primo trentennio del secolo, sono strumenti di difesa per le popolazioni contro il pericolo degli Ungari. Poi, cessato tale pericolo, i castelli diventano importanti centri propulsori dal punto di vista economico per l'attività dei contadini nell'occupare dapprima le terre abbandonate, poi (dal sec. XI) nel rivolgersi alle aree incolte; centri di aggregazione politico-insediativa e soprattutto (ma quest'aspetto è presente anche nel periodo precedente) diventano centri per l'affermazione politica dei signori locali, all'interno di un vuoto di potere che caratterizza la storia d'Italia della prima metà di questo secolo.

Anche nel correggese si assiste al moltiplicarsi di castelli, la cui struttura non deve essere "immaginata" (visto che nessun elemento archeologico di essi è rimasto) sul modello dei noti esempi bassomedievali o rinascimentali: spesso le fortificazioni erano ottenute utilizzando elementi naturali (terrapieni, fossati) o erano palizzate, oppure erano edifici eretti parte in muratura, parte in legno o completamente in muratura, ma simili più ad una torre di guardia che ad un edificio residenziale vero e proprio, quale noi siamo abituati a concepire. Campagnola appare già incastellata nel 935.Il castello di Fazzano, con la cappella annessa, nel 976 era posto nel domocoltile della corte che Adalberto-Atto, avo di Matilde di Canossa, dona alla chiesa di Sant'Apollonio di Canossa: quindi l'erezione di questo castello è da ascriversi ad Adalberto-Atto di Canossa. Nel 980 il castrum novum, con annessa cappella, a Mandrio è di proprietà della consorteria dei Gandolfingi alla quale appartiene quell'Elino del fu Itero, sposo di Regina del fu Erchemperto da Correggio, summenzionati. A Budrio, nel 1006, il castrum era di proprietà di Valperga, figlia del fu Bonizone, detto anche Alfri, a sua volta figlio di Erchemperto da Correggio: proprio nel castello di Budrio è stilata la donazione di terre fatta da Valperga al monastero di San Prospero di Reggio. Da questi elementi emerge che alla fine del sec. X due castelli del correggese, Mandrio e Budrio, erano di proprietà di persone tra di loro strettamente imparentate e la parentela nel Medioevo ha valenza soprattutto politica. Nel 1009 è attestato il castrum di Correggio, di proprietà di Frogerio e Adalberto, figli di Guido, i primi Da Correggio. Nei primi decenni del sec. )0 è attestato invece il castrum di Villanova (San Biagio di Correggio) con annessa cappella di proprietà dell'episcopio di Reggio, castrum che nella seconda metà del sec. )0 risulterà appartenere alla famiglia di Umberto de Cínaclo di Fazzano. Nel correggese il processo di incastellamento si attua in zone di importanza demografica od economica: Fazzano è sede di una curtis, cioè di una organizzazione economico-fondiaria; a Fazzano, a Mandrio,

a San Biagio accanto al castello si fa esplicita menzione di una cappella, cioè di un edificio religioso che, nel caso di Correggio, è fatto oggetto dai primi signori Da Correggio di una donazione di terre. La cappella dei Santi Michele e Quirino di Correggio nel 1039 risulterà essere inglobata "infra castrum", cioè all'interno del castello, così come "infra castello" attorno agli anni venti del sec. XI e nel 1038 "infra castro, la cappella allora dedicata a Santa Maria e a San Prospero di Villanova (poi San Biagio).

Di tutti questi castelli attestati nel sec. X nel correggese soltanto il castello di Correggio riuscirà ad imporsi, a conservarsi, a consolidarsi ad allargarsi, ad acquisire prerogative giurisdizionali nel corso dei secoli in forza dell'azione dei Da Correggio. I Gandolfingi sposteranno il centro del loro potere da Mandrio a Palude, verso Fabbrico; del castelli di Budrio si hanno notizie ancora agli inizi del Trecento, ma come semplice elemento di confine di una terra; mentre per quello di Sa Biagio non si hanno più notizie fino al sec. XV, quando, nei documenti, si nomina una "motta" vicino al cavo Tresinaro. Nel territorio correggese il castello certamente più noto, perché più ricco di storia dopo quello di Correggio, è certamente quello di Canolo, di cui fu signora la famigli Lupi, famiglia di primo piano della nobiltà dei comitato reggiano e protagonista della vita comunale e delle lotte con il Comune di Reggio nel Due-Trecento: sicuramente eretto a metà del sec. XII, se ne ignorano tutt'oggi, attestazioni anteriori.

Nell'orbita canossana.

Con l'affermarsi della dinastia canossana il territorio correggese viene attratto nell'orbita di quella signoria. Già Adalberto-Atto, avo di Matilde possedeva, come si è visto, una corte a Fazzano, corte che nell'anno 97 dona alla chiesa di Sant'Apollonio di Canossa. Lo stesso Attone aveva beni a Mandrio. Il marchese Tedaldo alla fine del sec. X possedeva ben e proprietà a Fosdondo e a Mandrio. Il padre di Matilde, Bonifacio, si era impadronito della pieve correggese di Camporotondo e delle rendita che ad essa spettavano, usurpandola al vescovo di Reggio, suo legittimo proprietario.

Ma accanto alla proprietà fondiaria o all'uso di essa, è sul piano politico del rapporto feudale che i Canossa esercitano influenza nel correggese Vassalli di Adalberto-Atto, nella seconda metà del sec. X risultano esse quell'Elino del fu Itero (già più volte ricordato) e Guido del fu Gandolfo comproprietari nell'anno 980 del castrum novum di Mandrio. E vassallo di Adalberto-Atto è quel Gausberto "filius bone memorie Trasoaldo iudex domno regis de vílla Mandriolo, (di cui già in questa sede si è fatta menzione) anch'egli avente beni a Mandrio. A Matilde di Canossa e alla sua causa si legheranno i discendenti di quel Frogerio dell'anno 1009 sopra ricordato, cioè i signori Da Correggio. Legati a Matilde di Canossa risultano essere nel 1083 Ingo da Valleputrida (toponimo oggi scomparso, ma che indicava una zona di territorio compresa tra Correggio, Canolo e Mandriolo) diretto discendente di Elino del fu Iter e, nel 1096, Gerardo Lupi da Canolo, esponente di una famiglia che riuscirà a ritagliarsi un proprio feudo a Canolo.

Con Matilde il controllo sul correggese della dinastia dei Canossa diventa molto più stretto. Secondo il monaco Donizone, fu cantore della dinastia canossana, Matilde avrebbe trasportato a Canossa le reliquie del martire san Quirino, compatrono con san Michele della cappella di Correggio, ove pare si trovassero fin dal 1039.Nel 1101 Matilde di Canossa libera gli uomini dl Mandrio e di Correggio residenti su terre di proprietà della Canonica di Santa Maria di Reggio dagli aggravi relativi all'albergarva (cioè al diritto da parte del padrone delle terre di avere ospitalità e vitto quando vi si recava in visita) al fodro, al placito, alle imposte. La domus "dei Figli di Frogerio" aveva probabilmente avuto in concessione quelle terre dalla Canonica di Reggio, terre che "tunc", cioè allora, 'per íntermissionem tenebamus", cioè erano state (allora, ora non più) sotto il diretto controllo di Matilde. In quell'occasione i suoi ministri avevano imposto obblighi che mai i "Figli di Frogerio" avevano imposto alle persone che su quelle terre risiedevano. Nel 1109, Matilde rende giustizia a Guiberto Gonzaga in relazione alla richiesta di questi di liberare i propri uomini residenti in Correggio, dall'albergaria. t proprio dal testo di questi due documenti matildici che si ricavano preziose informazioni in relazione all'ascesa nel correggese dei signori Da Correggio. Per dirimere la controversia sollevata da Guiberto Gonzaga, nel 1109, Matilde "fecit ad se venire Gberardum, comitem illius terre", cioè fece venire Gerardo, conte di quella terra, cioè di Correggio. Ora questo Gerardo da Correggio, detto anche nella carte del tempo Gerardo da Piazza (località questa che si estendeva verso Campagnola), è investito del titolo di "conte" di Correggio, titolo questo che non è da intendersi giuridicamente con lo stesso valore che aveva (con la realtà territoriale che sottendeva) in epoca carolingia e ottoniana, ma che è indicativo di un nuovo potere signorile, esercitato su scala territoriale più ridotta rispetto al "comitato" altomedievale. Legato a Matilde, Gerardo da Piazza compare come testimone di diversi atti emanati dalla Contessa: ancora nel maggio 1115, due mesi prima della morte di Matilde, Gerardo da Piazza è a Bondeno de Roncori e si sottoscrive negli ultimi documenti emanati da Matilde.

L'iniziativa politica dei Da Correggio

Con la morte di Matilde si chiude l'esperienza di dominio canossano nell'area padana e quei feudatari che ad essa erano legati, approfittando della crisi dell'Impero durata circa quarant'anni, rafforzano il loro potere signorile nel contado, mentre in città si sviluppa il movimento comunale.

Se dal punto di vista prettamente giuridico-politico i territori di Correggio, Fosdondo e Canolo sono nominativamente compresi tra quelli facenti parte la cosiddetta "eredità matildica" nel possesso della quale si alternano diversi e sulla quale anche la Chiesa pretenderà di avere giurisdizione, di fatto a Correggio, nella seconda metà del secolo XII, i signori locali rafforzano la loro presenza nel territorio. Se si resta dubbiosi sull'effettivo acquisto operato nel 1141 del castello di Campagnola e delle ville ad esso annesse, perché il documento che lo attesta è probabilmente un falso diplomatico creato a posteriori, è certo, però, che la scelta di questo periodo storico per documentare un ingrandimento territoriale su di una corte e di un castello di cui già dei Da Correggio erano stati investiti (nel 1097) dall'abate del monastero di Frassinoro (legittimo proprietario), doveva risultare credibile.

Nel 1172 si ha la firma della convenzione tra le comunità di Budrio, Correggio e Rio per regolare il regime delle acque che servivano a Correggio per la macina e per la difesa. Essa è stipulata, per Correggio, da Gotefredo, Bedurlo da Correggio e Pietro Bonaldi "quí tunc eius locí ut dicebaturconsules erant pro se etdominis suis". Alla fine del documento Alberto da Correggio dà il suo assenso alla convenzione stipulata, in casa sua, a Correggio, mentre giaceva ammalato. Due sono gli elementi che dal punto di vista istituzionale si ricavano: - se ci sono dei consoli significa che la comunità locale si è organizzata in un Comune rurale, ai cui rappresentanti si è demandata la gestione di beni comuni, quali sono, ad esempio, i corsi d'acqua; - i signori Da Correggio, i quali sottoscrivono gli accordi perché anch'essi ne traggono vantaggi, riconoscono, alla comunità locale la possibilità di stipulare accordi che toccavano la sfera degli interessi economici "comuni".

Ma il dettato documentario fornisce un'altra preziosa informazione: si parla di un mulino che doveva sorgere 'prope cui-iam illorum de Corigia". Curia è un termine usato nella documentazione del sec. XII per indicare la presenza di una giurisdizione signorile facente capo ad un castello. 1 Da Correggio, signori del castrum di Correggio, estendevano la loro giurisdizione anche al di fuori del castello stesso. Alberto da Correggio, già podestà di Reggio nel 1159, ne era il Dominus, cioè il signore.

Il ruolo dei Signori Da Correggio, favorisce anche lo stesso castrum di Correggio che, rispetto alla realtà dei secoli precedenti, diventa centro di riferimento non solo politico, ma anche sociale, economico. Spia di questo processo, nel mutato e fluido quadro socio-economico originato dalle trasformazioni del paesaggio che nel sec. XII vengono intensivamente attuate, è il fatto che taluni uomini, abitanti nelle villae del territorio circostante, lascino le loro terre per andare ad abitare nel castrum di Correggio.

Emblematica del nuovo ruolo svolto da questo è la vicenda della chiesa dei Santi Michele e Quirino, la chiesa del castello di Correggio. Se le donazioni cui essa era stata fatta oggetto nei secoli precedenti da parte dei Signori Da Correggio riguardavano essenzialmente la proprietà delle sole terre, nel 1176 essa è fatta oggetto di una donazione sì di terre, ma Alberto da Correggio ed il nipote Gerardo, Alberto e Gerardo da Frignano (i donatori) legano il possesso delle due pezze di terra all'erezione da parte dei chierici della chiesa di Correggio di un ospedale e di una chiesa dedicati a San Bartolomeo, San Tommaso Becket e San Quirino che pongono sotto la giurisdizione della chiesa di Correggio.

Il rinvenimento delle reliquie del santo martire Quirino e la consacrazione dell'altare fatta nel 1186 dal vescovo Albricone, dando nuovo impulso al culto di Quirino, contribuiranno ad aumentare il prestigio della chiesa del castrum di Correggio (nella quale attorno alla metà dei secolo si ha notizia di ordinazioni di chierici) e dei Da Correggio stessi che da tempo hanno favorito la "loro" chiesa, all'interno di una società in continuo incremento demografico.

Le istituzioni ecclesiastiche

Nella documentazione archivistica reggiana dei secoli XI-XII, accanto all'espressione "infra castrunp o "ínfra castr(>,, se ne può incontrare un'altra simile: "infraplebe". La pieve è l'unica parrocchia che l'Alto Medioevo conosce: dipendente dall'episcopio, essa è l'unica chiesa di un territorio provvista di fonte battesimale, di un proprio clero che in essa officia e del crisma. Il territorio entro il quale la pieve estende la sua giurisdizione spirituale è il plebanato, all'interno del quale vi sono altri edifici sacri (cappelle) sprovvisti però di diritti parrocchiali. Alla pieve spetta la decima parte delle rendite ricavate dalle terre che sono comprese entro il suo plebanato. Il plebanato, oltre ad essere una circoscrizione ecclesiastica, è anche una circoscrizione territoriale vera e propria.

La pieve, o chiesa matrice, correggese è la pieve di Camporotondo, toponimo oggi scomparso a favore di Fosdondo, ma entrambi indifferentemente usati nella documentazione del sec. XII da testimoni del correggese, ed è attestata per la prima volta nell'anno 980, assieme alle pievi limitrofe (Prato, Fabbrico, Novi, Santo Stefano in Vicolongo). Dipendente dal vescovo di Reggio, è sede di una corte, con domocoltile e massaricie, e sarà tenuta dal marchese Bonifacio che la sottrarrà temporaneamente al vescovo di Reggio: la morte del marchese la restituirà al suo legittimo proprietario. Dalla pieve di Camporotondo-Fosdondo dipendono nel sec. XII le cappelle di Budrio, Correggio, Mandrio, Canolo. Testimoni del sec. )UI raccontano, tra l'altro, di essersi recati, in quanto preti incaricati dall'arciprete di curare le cappelle dipendenti, alla pieve di Fosdondo per le adunanze comuni; di avere visto i fedeli delle ville recarsi, assieme ai loro presbiteri, a Fosdondo per le solenni processioni, preceduti dalla croce e dal gonfalone; di avere partecipato alla messa solenne celebrata dall'arciprete in una cappella dalla sua pieve dipendente, in occasione della festa del titolare della cappella stessa, e di averlo visto cantare, predicare, amministrare la confessione. Il sorgere della pieve, delle cappelle e la loro ubicazione sul territorio sono strettamente collegati all'insediamento della popolazione locale che trova nell'edificio sacro un punto di riferimento non solo spirituale, ma anche di "identità". Tutte le cappelle correggesi, che poi diventeranno parrocchie in Età Moderna, sono già attestate nella documentazione dei sec. XI-Xll, ma non tutte dipendono dalla pieve di Fosdondo. Talune, Valleputrida-Mandriolo e San Prospero di Correggio, nate come chiese private, cioè di proprietà di signori laici e da essi probabilmente edificate (i già ricordati Gandolfingi, nel 980, nel caso di Mandriolo e Arialdo del fu Fulcone da Marano, nel 1078, per San Prospero) saranno donate rispettivamente ai Canonici della Cattedrale di Reggio ed al monastero di San Prospero di Reggio. Dai Canonici della Cattedrale reggiana dipendeva anche la chiesa di San Martino di Correggio. La chiesa di Fazzano, probabilmente fondata da Adalberto-Atto di Canossa, viene da questi donata nel 976 alla Chiesa di Sant'Apollonio di Canossa e, pervenuta in possesso dell'episcopio reggiano, nel 1038 viene donata dal vescovo Sigefredo al monastero di San Tommaso di Reggio. A questo monastero lo stesso presule farà dono anche della cappella di Villanova (San Biagio).

Dal Capitolo dei Canonici di San Prospero di Reggio, dipenderà invece la chiesa di San Giovanni Battista, posta fuori dal castrum di Correggio, verso San Biagio.

Questo quadro di organizzazione parrocchiale muterà progressivamente nel periodo tra Duecento e Quattrocento, quando si allenteranno sempre più il legami giuridici delle cappelle correggesi con gli enti ecclesiastici a vantaggio della pieve di Fosdondo, favorita in ciò dalla azione diretta dei vescovi di Reggio. Allora, sia su pressione dei Signori da Correggio, sia in concomitanza con le mutate condizioni socio-abitative dei territorio, la chiesa di San Quirino di Correggio si arrogherà le prerogative dell'ormai lontana e scomoda pieve di Fosdondo, erigendosi, dopo vari tentativi, in Collegiata nel 1508. Quel falso diplomatico che è la Bolla di Innocenzo Il datata 1140 (al cui dettato hanno attinto gli storiografi ufficiali della casa dei Da Correggio) creata probabilmente nel sec. XIV, rappresenta, dal punto di vista giuridico-storico, il più lucido tentativo di attribuirsi una "patente di antichità" operato sia dalla chiesa del castrum di Correggio, sia dai Da Correggio stessi.

Correggio e/o Castelnuovo Sotto

L'Età Comunale fu caratterizzata da molteplici fattori: il generale affermarsi delle istituzioni comunali cittadine nel Nord Italia a partire dalla seconda metà del sec. XII; la lotta dei Comuni contro l'Impero per la loro autonomia; il tentativo condotto dal Comune cittadino di affermare la propria autorità sul contado; le lotte che si sviluppano dapprima tra il Comune e le famiglie nobili del contado e poi, nel corso del Duecento, tra le varie consorterie famigliari e gruppi sociali all'interno del Comune stesso per il predominio nel governo delle città. In questo quadro i Da Correggio svolgono un ruolo di primo piano nell'area padana.

Non vanno qui delineati i tratti della partecipazione dei Da Correggio alle vicende storiche che caratterizzano, tra Due e Trecento, l'area padana nel tentativo di ritagliarsi uno stato tra Secchia ed Enza con stabile ed autonoma signoria sulla città di Parma. Già altri, d'altra parte, hanno esaustivamente tracciato le modalità di questo disegno: da parte nostra si cercherà di sottolineare i riflessi che, per la storia di Correggio e per Correggio stessa, l'azione politica dei Da Correggio in questo periodo ha comportato.

E proprio in seguito alle lotte con il Comune di Reggio nel sec. XII per il possesso della Corte dell'Argine che i Da Correggio, stipulando la pace nel 1277, si vedono cedere i castelli di Fosdondo, Camporotondo e degli Orsi con le loro pertinenze e si vedono riconoscere dal Comune reggiano la loro giurisdizione territoriale in quest'area di confine. Le ville di Budrio, Canolo, San Michele fanno parte del distretto del Comune di Reggio; il territorio al di sotto del cavo Bondeno ed al di qua della strada della Beviera, verso Correggio (quindi Fosdondo, San Prospero) appartiene ai Da Correggio.

Se il testamento di Gerardo da Correggio nel 1299, ove raccomanda ai suoi eredi la preziosa alleanza con il Comune di Reggio, è rogato nel castrum di Correggio- se a Correggio sono rogati diversi atti importanti di negozi giuridici compiuti dai Da Correggio nel territorio correggese, è indubbio, però, che tra Due e Trecento i Da Correggio fanno di Castelnuovo Sotto il secondo loro centro di potere.

Salimbene, nella sua Cronaca, racconta che nel 1285 Guido da Correggio, dopo avere liberato messer Burigardo, lo condusse prima a Correggio (da Salimbene qualificato come paese del territorio di Reggio) per rendergli onore. Poi, però, lo condusse a Castelnuovo Sotto, diocesi di Parma, ed è lì che i Da Correggio trattarono Burigardo con magnifici onori, offrendo banchetti ricchi di cibi delicati.

E a Castelnuovo Sotto che viene battezzato Giovanfrancesco, detto Cagnolo, figlio di Simone da Correggio ed è lì che in quell'occasione si reca l'abate del monastero di San Prospero di Reggio, Albertino I Levalossi, padrino del battezzando. Lo stesso abate si reca a Castelnuovo Sotto nel luglio 1321 per celebrare le esequie di Giberto da Correggio, detto Il Difensore, che muore a Castelnuovo Sotto, ove detta il suo testamento e dove viene sepolto. Non poteva essere sepolto a Correggio, lui che più di ogni altro ha perseguito il disegno di realizzare una signoria territoriale autonoma da Parma a Cremona: basta leggere la Cronaca trecentesca dell'abate del monastero benedettino di San Prospero di Reggio Pietro della Gazzata per accorgersene. Non è a Correggio che Giberto si ritira o si reca: è a Castelnuovo. Ed era a Castelnuovo Sotto che doveva essere eretto, secondo le disposizioni testamentarie del Difensore, il convento di San Francesco, non a Correggio, come invece otterrà dal papa Giovanni XXII il figlio di Giberto, Azzo da Correggio, nel 1332 probabilmente. Ancora nel 1332 Cagnolo risiedeva e studiava a Castelnuovo Sotto. Ceduta definitivamente Parma nel 1344, nella realtà storica dell'Italia settentrionale del Trecento tramonta definitivamente il sogno dei Da Correggio di una signoria autonoma su Panna, e Castelnuovo non svolge più quel ruolo per la sua posizione strategicamente importante che invece aveva avuto in precedenza. Restava Correggio e a Correggio i signori Da Correggio dedicano tutte le loro energie.

La società nel Trecento

Sono ormai lontani, infatti, i tempi in cui Correggio era "uno dei tanti" castelli dei correggese. Nel Trecento esso è l'unico castello che i signori Da Correggio provvedono a munire ed a fortificare attorno alla metà del secolo, allargandone la cinta muraria. Il castello così fortificato è in grado di resistere agli assalti di Bernabò Visconti nel 1361 e di offrire sicura ospitalità (nel maggio del 1371) al vescovo di Reggio, Lorenzo Pinotti, costretto a rifugiarsi in Correggio, perché la città di Reggio e messa al sacco dalle truppe di Lucio di Lando. Due rocche (la rocha magna e la rochetaparva) si ergevano entro le mura, circondate da fosse. L'incremento demografico, (arrestatosi poi con la peste del 1348 e mai ripresosi nel corso del Trecento e Quattrocento) e il progressivo inurbamento (tracce del quale sono già presenti nella documentazione dei secoli precedenti) avevano già fatto sorgere Borgovecchio, Borgonovo ed il Borgo di San Paolo. La platea communis è il centro dello vita sociale.

Queste trasformazioni urbanistiche sono accompagnate da trasformazioni sociali e giuridiche che attestano il "ruolo guida" di Correggio e dei suoi Signori. Parroco della chiesa di San Quirino è dal 1331 al 1336 quel Tommasino Fogliani (famiglia imparentata con i Da Correggio) amministratore apostolico della vacante diocesi di Reggio tra il 1332 e il 1335. Nel 1316 (data tradizionalmente accettata) viene eretta la Confraternita di Santa Maria dei Verberati, la quale provvede ad officiare la chiesa di Santa Maria (di sua proprietà) e svolge attività caritativa attraverso la gestione dell'ospedale di Santa Maria dei Verberati, attività che persone dei tempo, ammalate di peste, riconoscono essere stata socialmente fondamentale nelle drammatiche vicende del 1348. I Da Correggio cominciano ad attorniarsi di persone che compongono il loro entourage. ad alcune di loro essi demandano incarichi politici, fanno svolgere ruoli amministrativi, affidano la preparazione culturale dei propri membri e la vita culturale cittadina. La società correggese comincia ad articolarsi stabilmente nelle sue diverse componenti: l'esercizio di attività artigianali (ad esempio fabbro, calzolaio, fornaio, sarto,) o mercantili è in grado di procurare sufficienti guadagni per investirli nell'acquisto di terre. Le locazioni in soccida; il diffondersi nelle campagne della mezzadria; i minuziosi elenchi degli obblighi nei confronti della terra cui sono sottoposti i lavoratori; i prestiti in danaro ed i mutui, sono tutti elementi che attestano il diffondersi nel correggese, nella seconda metà dei Trecento, della mentalità "del profitto". Se ancora alla fine del sec. XII persone del correggese affermavano che dal bosco di Fosdondo si poteva raccogliere abbondante quantità di legname, nel XIV secolo lo spazio boschivo è sensibilmente ridotto. La messa a coltura delle aree ancora "salde", l'impegno per rendere maggiormente produttivo il suolo viene momentaneamente ostacolato, ma non fermato dalla peste del 1348: terre un tempo coltivate e poi divenute "salde" in seguito ad un presumibile abbandono causato dalla falcidia della peste, attorno agli anni Settanta, vengono locate per essere di nuovo ridotte a coltura. E una società che va progressivamente arricchendosi: la partecipazione di non pochi benefattori alla fabbrica della chiesa di San Francesco, attorno alla metà del Quattrocento, non è che una delle più evidenti manifestazioni di una realtà già bene avviata nella seconda metà del Trecento.