Odoardo Rombaldi
Privilegi ed imposte
Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979

Nel 1642 la Comunità era debitrice di oltre 95 mila lire a diversi per prestiti ricevuti nel 163031; creditori erano i cittadini obbedienti (1). Si dovevano:

agli eredi di Camillo Guzzoni
(per pane fornito ai soldati)        L. 21.431
agli eredi del Card. Bernieri
(per seta comprata da diversi
e data ai soldati)                   L. 14.605
agli eredi di Teseo
(per frumenti)                       L. 17.131
al Monte di Pietà                    L.  4.900
agli eredi di Giulio Messori
(per farina)                         L.  6.520
ai banchieri Namias
(per denari e argenti)               L. 12.600
a Silvio Merli                       L.  3.174
a Francesco Zuccardi                 L.  2.394
a Francesco Righetti                 L. 12.780
                                        ______
                                     L. 95.535

Al Consiglio Generale toccò adottare misure fiscali per risanare la situazione (2); ciò poteva avvenire con imposte sul reddito o sui consumi; in un primo momento si ricorse a questo secondo strumento, tassando carne, vino, sale, tabacco, acquavite, ma la modestia del gettito indusse il Duca ad ordinare una sovrimposta del 25% sulla tassa ordinaria delle entrate personali. Su questo indirizzo di politica tributaria avvenne una frattura nel Consiglio, tra i fautori dell'imposta sul reddito delle persone e quelli che consigliavano imposte sui consumi: filugelli, tela, acquavite, ecc. (3).
Gli eventi militari, che interessarono Correggio negli anni successivi, inasprirono i carichi fiscali; molti chiesero la cittadinanza e poichè questa si concedeva dietro pagamento, la Comunità, premuta dai debiti, aprì le porte a nuovi cittadini, i quali, non trovando abitazioni in città, chiesero di restare in campagna (4); il Duca sottopose al servizio militare quanti, tra essi, disponendo di una casa in città, ricusassero di abitarla (5) 1643.
Ancora nel 1642 Siro aveva un forte partito in città:
"I cittadini di Correggio sono divisi in due fazioni, una poderosa, l'altra molto inferiore, la grande guidata dagli Zanotti, l'altra dal capitano Vincenzo Calcagni, la prima numerosa e di gran seguito perchè contano tra figlioli, fratelli e nipoti 30 persone senza gli amici; fra questi vi sono molti aderenti che tengono continue pratiche con il signor Siro, che quando devono servire a V.A. lo fanno con molta prontezza in apparenza" (6).
La consistenza di questo partito può far sorridere; in realtà, crediamo che il Duca più avesse a temere dagli ecclesiastici.
Egli aveva ordinato che questi fossero sottoposti alla tassa degli alloggi, addossando alle chiese solo l'onere dei carreggi.
La Comunità, cui competeva abbassare tali ordini, desiderava che l'imposizione fosse assai più generale e non risparmiasse le chiese, i reggiani esenti e "tutti gli altri indifferentemente, che godono beni nel Principato" (7) (1633, 27 aprile) E' in questa tensione, provocata da ragioni molto concrete, che va collocata la disputa tra la Comunità e il clero per le campane di S. Quirino. Fatte per la chiesa e il servizio di culto, la Comunità voleva che servissero all'orologio pubblico; in tal senso scrisse al Duca, il 6 aprile 1641:
"Per la necessità che tiene questa Comunità di far trasportare l'orologio della città dalla torre di S. Quirino nella casa del Comune in Piazza, mi pregano di supplicare V.A. a concederle per un sol giorno Gaspare Vigarani acciò, con il parere di questi, si riduchi in luogo proporzionato al pubblico servizio. Nel posto di ora vi sta malissimo, non sonando mai ore a proposito un sol giorno dell'anno per rispetto delle campane che di continuo suonano per ogni minima festa che si facesse nella città" (8).
Alla fine dell'anno si osservava:
"Se col favore di V.S. non si superan tutte le difficoltà che vi sono, acciò questa o altra campana sia posta al destinato luogo nel nuovo orologio, potiamo dire di essere non in una città ma in una meschinissima villa * Qui, per non sentir l'ore, tutto il popolo strepita continuamente, nè manco rumore fanno soldati del presidio, e sono certo, se questo non fosse nelle mani del Padrone Serenissimo, che a furor di popolo a quest'ora sarebbe la campana a suo luogo. La campana sempre ha servito all'orologio e non mai a convocare il clero" (9).
La polemica tra la Comunità e gli ecclesiastici continuò negli anni seguenti per il rifiuto opposto da questì a sottoporsi alle tasse vecchie e nuove (10). La Comunità intanto continuò ad elargire stati di cittadinanza: "non vi è persona che non ottenga questo privilegio con il sborso di 3-4 scudi al più, pure abitano fuori tutto l'anno" -1649. t un tratto caratteristico, questo, di una città sostanzialmente dipendente dalla campagna per l'approvvigionamento e per l'investimento dei capitali, che richiedevano la presenza dei proprietari, ai debiti tempi, sui poderi. Nel 1650, nelle campagne, il regime d'imposta era questo:
"Tutti i mezzadri dello Stato, tanto secolari quanto ecclesiastici pagano ogni anno uno staio di frumento per un paio di bovi, una mina per un paio di vacche rispetto alle proprie, e rispetto alle comuni coi padroni una mina per un paio di bovi, tre quartarole per un paio di vacche; questo è il peso proprio dei contadini. Ora gli agenti colà vogliono costringere a ciò i padroni e anche i mezzadri di quelli che non son soliti concorrere. Quel peso è veramente dei contadini, al quale non concorrono i cittadini se non per i beni che tengono a famiglio, cioè per la parte rusticale; il che però non fanno gli ecclesiastici per i beni che tengono a famiglio se non quando gli hanno con laici in comunione, quali in questo caso alla lor rata concorrevano. Quest'esazione si faceva ogni anno nel raccolto e si chiamava il furmento del cavallaro; andava l'esattore per le ville con due uomini comandati e si faceva un libro con l'intervento dei consoli delle ville per la mutazione dei mezzadri e bestiame da giogo. Detti formenti non si riscuotono dai beni della Corte di Testa, dalle possessioni del Casino di Mandriolo di don Maurizio, dal bosco Bondione dei Padri Gesuiti di Mantova, dai mezzadri dei cittadini reggiani, dai mezzadri degli Anziani di Correggio e Fabbrico nell'anno del loro anzianato, dalli mezzadri della Munarona del Cav. Augustoni" (11).
Oltre all'imposta del cavallaro, così detta perchè col suo provento si mantenevano "i corrieri che si mandavano verso Allemagna e Milano", vi era quella della spelta, connessa con l'estimo, in ragione di una quartarola per un soldo d'estimo; ne erano esenti gli esonerati dell'estimo, gli Anziani pro tempore, e coloro che possedevano in quel di Campagnola: gettito annuo, staia 112 sui 120 previsti. La tassa della podesteria - parte in contanti, parte in natura - propria di Fabbrico, l'abbiamo ricordata; la tassa dello strame era dovuta dalle ville i cui consoli facessero segare lo strame dai bracenti per poi condurlo ai fienili del Principe (12).
Le varie esazioni avvenivano ad opera dei consoli delle ville, che avevano pure la funzione di polizia locale, come "invigilare a tutti li disordini che alla giornata possono nella sua villa accadere, denunziare i delitti e comandare gli uomini alle fazioni pubbliche, li guastatori alli travagli delle fortificazioni e li carri alle condotte dei fieni, paglie ed altro per servizio di V.S.A."(13).
Questi ufficiali erano esenti dalle fazioni militari.
Nella seconda metà del sec. XVII la campagna polarizza l'interesse e l'attività pubblica e privata. Le case di: Campagnola, abbandonate, vanno in rovina (1654); gli abitanti chiedono di non prestar servizio militare e minacciano di abbandonare lo stato.
Le necessità finanziarie impongono il reperimento di nuovi cespiti d'entrata; si guarda alla terra come alla fonte principale d'imposta ma il privilegio esclude l'estensione della tassazione:
"Questa Comunità non ha estimo generale sopra tutti i beni del territorio ma solo su una parte, detta rusticale, che consiste nella somma di soldi 1718, risultante dai campioni che descrivono le terre, loro quantità e dell'estimo loro, nome dei padroni, possessione, luogo e confini; su detti soldi scomparte le gravezze ordinarie: salario del podestà, esecutori, spese, carceri ed esecutori di giustizia, porte, ponti, torre, campanaro, dugarolo, condotta sale, carreggi, spelta".
Le imposte straodinarie: carreggi ecc. erano ripartite, di regola, sulle rendite generali della Comunità: addizioni ai dazi, affitto dei forni. Le terre, venute in mano ecclesiastica, avevano acquistato l'esenzione da sale e spelte; ma fin d'allora fu impossibile stabilire l'aumento delle terre esenti prodottosi in mezzo secolo (14).
I dati disponibili paiono confermare una certa contrazione della quantità delle terre soggette ad estimo. Nel 1584 si davano 22037 biolche soggette ad imposta ed erano esenti per le loro terre i cittadini di Fabbrico, Camillo e Fabrizio e gli eredi di Alessandro da Correggio, i conti Mirandola, i cittadini carpigiani e reggiani, i proprietari residenti a S. Martino, Novellara e i forestieri, le chiese di S. Quirino, S. Francesco, S. Domenico, la Badia di Campagnola, le compagnie di S. Maria, S. Giuseppe e S. Sebastiano.
Nel 1655 le terre "estimate" scendono a biolche 17765, nel 1693 a 16180, nel 1699 a 13 mila su 35 mila complessive. Ma agli inizi del Settecento le terre censite salgono a b. 17138, che corrispondono a 1718 soldi d'estimo; di questi, 131.2 sono di enti che ricusano di pagare. Proprio i bisogni dello stato obbligano i governi a ridurre via via i privilegi, cominciando dagli ecclesiastici. La estensione e la ridistribuzione del carico fondiario è il primo passo per giungere, a fine secolo, alla soppressione di enti ecclesiastici e alla formazione del catasto Ricci.


1 A.S.MO. - A.S.E. Casa e Stato, Controversie cit. b. 79
2 L'amministrazione spagnola studiò a fondo le entrate fiscali del Principato ed elencò le seguenti, non di tutte potendo determinare il gettito:
1 - Dazio della carne scudi 110 l'anno
2 - Dazio della beccheria e osteria di Fabbrico scudi 150 l'anno
3 - Dazio di Campagnolacon osteria e Beccheria scudi 160 l'anno
4 - Dazio di Correggio
5 - Molino di Correggio ducatoni 70l'anno
6 - Molino di Fabbrico scudi 100 l'anno
8 - Appalto polvere ducatoni 70 l'anno
9 - Gabella del sale
10- Frumento del cavallaro
11 - Rusticale (spelta)
12 - Filatoio
13 - Fitti delle case dei soldati
14 - Dazio osteria di Correggio
15 - Dazio stadera delle gallette
16 - Appalto stracci
17 - Livelli
A.S.MI. Feudi Imperiali. Correggio b. 230, 1634, 6 maggio 3 Nel 1643 i dazi colpivano, coi tre molini, tre maceri da canapa prossimi, e i conduttori dovevano dar l'acqua del canale per riempire le fosse di Correggio e Fabbrico, per alimentare le pe schiere del Casino, per inaffiare orti e mellonaie. La portata del Canale era di tre macinature. 4 "Li cittadini di Campagnola, che già molti anni orsono fabbricarono case in detti borghi, con promessa avuta dal Padrone di quel tempo, per via di contratto, per istrumento giurato; come anche quelli che ne fabbricarono fuori di Correggio, che non sa ranno mai trattati diversamente da quello che fossero i propri cittadini originari, ma ch'anco essi e tutti quelli ancora pigliassero case ad affitto in detti borghi, sariamo in perpetuo conservati immuni da qualunque gravezza rusticale, anche adesso nuovamente, nonostante gli ordini, che V.A. si è compiaciuta di dare, che non siano molestati, vengono tuttavia comandati di ubbidire alli officiali delle milizie"; gli stessi chiedevano confer ma dei privilegio. A. S.MO. Rettori dello Stato. Correggio, b. 7. Chiesero di abitare in villa, conforme al solito, nell'inverno, i seguenti cittadini: Campagnola: Giovanni Terzi, Genesio Ricchi, Giorgio Zellati, Domenico Magnanini, Antonio Zellati, Domenico Zellati, Gian Giacomo Soprani, Cesare Acerbi, Francesco Marani, Quirino Tamagnini, Marco Baccarini, Ger vasio Meschi, Antonio Bolognesi; Fabbrico: Germano Grisen di, Gerolamo Delfinoni, Ero Bellelli, Ludovico Trentini; Correggio: Riccio Merli, Vincenzo Zuccardi, Ercole Turchi, Sebastiano Piemontese, Domenico Radeghieri, Giuseppe Amoldoni, Francesco Schiatti, Giacomo Zaccarelli, Paolo Verbeni, Marco Resanini, Giuseppe Cerasoli. "Tutti questi di Correggio sono cittadini originari, parte civili, parte artisti, che dentro lavorano il giorno e fuori dormono la notte. Altri cittadini di privilegio: Leonardo Radeghieri, Giaco mo Negri, Giacomo Micheli, Otavio Fornasari, Domenico Rossi, Michele Bertazzoni, Giovanni Cinni, Cristoforo Grisendi, Francesco Partesotti". Nel 1654 gli uomini di Campagnola abbandonavano le case, che andavano in rovina. 5 Il colonnello pretendeva di far servire come soldati e guardie i cittadini fatti per privilegio della città; il Duca vi sottopose quanti non abitavano in città benchè ne avessero licenza, non esentò quanti abitavano fuori essendo le loro case di città requisite. 1643, 27 agosto.
6 A. S.MO. Rettori dello Stato. Correggio b. 7, 1642, 17 novembre
7 Fin dal 1634 i privilegi degli ecclesiastici, come cittadini e non come ministri del culto, avevano raggiunto una consistenza tale da preoccupare, tanto più quanto più i cespiti d'entrata erano diminuiti a causa della decimazione della popolazione (peste). I1 Podestà Appiani riferiva al suo governo: "Questa città è gravata da molti debiti e le famiglie sono rovinate, la Comunità non ha entrate di sorta alcuna, la maggior parte dei beni sono ecclesiastici o patrimoniali di persone che hanno vestito l'abito clericale solo per sottrarsi alla Comunità e a questo foro; 14 tutti principali cittadini e capi di famiglia quali non hanno prestato il giuramento di fedeltà, e molti altri beni sono di forestieri Reggiani e Carpigiani" A.S.MI., Feudi Imperiali, Correggio, 230. Al Podestà faceva eco la Comunità, la quale lo incaricava di 1 operare con Mons. Vescovo di Reggio che tutti li beni di natura sua laici e patrimoniali dei preti che, per non concorrerre alli carichi e per non essere sottoposti al foro secolare e non per altro, hanno preso l'abito, e quali di persone laiche ereditati dalla chiesa, concorrano alla spesa". A.S.MI. Feudi Imperiali, Correggio, b. 230, 1635, 18 maggio.
8 A.S.MO. Rettori dello Stato, Correggio b. 6. 1641 6 aprile
9 A.S.MO. Rettori dello Stato, Correggio b. 6. 1641 7 dicembre Nel 1643, 27 aprile, "S. A. comanda che per le necessità degli alloggi faccia concorrere gli ecclesiastici all'imposta fatta e da farsi dalla Comunità, solo in ragione dell'entrata dei loro beni patrimoniali"; ì beni delle chiese erano gravati per i soli carreggi; ecclesiastici e laici dovevano trasportare pietre e legname a servizio del Duca; i reggiani erano parificati,ai sudditi.
A.S.MO. Rettori dello Stato b. 7, 1643, 27 aprile.
10 "Dai libri della Comunità si vede che le tasse dei beni di questi sudditi fatte l'anno 1630 furono di somma di scudi 52531 e quelle fatte l'anno passato sono di somma di scudi 34864. Nelle prime erano compresi beni in somma di scudi 8420, li quali sono passati all'ecelesiastici con i Padri di S. Domenico e Monahche". A,SMO. Rettori dello Stato, Correggio, b. 7, 1644, 8 giugno.
11 A.S.MO. Rettori dello Stato, b. 9, 1650, 25 giugno
12 A. S.MO. Rettori dello Stato, b. 16, 1670, 2 agosto 1 3 A.S.MO. Rettori dello Stato, b. 12, 1657
14 Ricusarono di pagare: Ospedale e Confraternita S. Maria della Misericordia; le Confraternite del S. Rosario di S. Martino, Mandrio, Carnpagnola, del Santissimo di S. Martino, Rio, Mandrio, Campagnola; le Confraternite della SS. Trinità e di S. Sebastiano; le chiese di Mandriolo, Rio e S. Biagio, alcuni preti e gli acquirenti dei beni di Don Maurizio. A. S.MO. Rettori dello Stato, b. 16, 1670, 19 dicembre.