| Odoardo Rombaldi |
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| Sussistenze e carestie | |
| Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979 |
Giova ora esaminare la destinazione data dalla Comunità alla spesa pubblica. Nel 1682 l'entrata che la Masseria (1) ricavava dall'estimo, colte, e tasse civili e rusticali, era di L. 2823. 10 annue; detratte L. 140 per partite perse, l'entrata effettiva, di L. 268 3. 10, era inferiore di L. 5 3 8. 10 alla spesa ordinaria, di L. 3222, così ripartita:
Al podestà L. 480 agli esecutori e al bargello L. 2.340 al dugarolo L. 84 al campanaro L. 108 al massaro L. 210
Da altre partite: affitto dell'acquavite, carni e forni, la Comunità ricavava 10. 157 lire = 1451 scudi da L. 7, destinati al funzionamento dei ser-' vizi, per un importo di scudi 1000.2, così ripartiti:
Al primo maestro di scuola scudi 125
al secondo maestro di scuola scudi 60
al colonnello scudi 25
al secondo capitano alle porte scudi 24
agli alfieri delle porte scudi 20
al maniscalco scudi 14
al dogarolo scudi 6
ad un agente in Modena scudi 26.4
al custode del teatro scudi 5.1
ai sei consoli delle ville per le scarpe scudi 23
ai chirurghi scudi 36
per fitto case dei soldati del presidio scudi 9
alle fabbriche di S.A. scudi 88
ai Padri Cappuccini scudi 100
al Predicatore scudi 50
al Massaro per i birri scudi 150
al Massaro per il sale scudi 50
per i regali a Natale al Segretario scudi 30
al corriere scudi 3.3
per regali al Governatore scudi 30
al Podestà scudi 12
alle Suore terziarie e Scalze scudi 12
cera e musica per la festa dei voti scudi 24
per l'esposizione del Santissimo scudi 10
id, per i raccolti di Maggio scudi 16
cera ai Cappuccini perchè leggano il Passio
di S. Giovanni ogni mattina delle croci
di Maggio fino alle croci di settembre per
conservare i frutti della campagna scudi 8
cera per la novena scudi 8
per vestire i donzelli scudi 20
mance di Natale scudi 8
Posta scudi 7.1
scudi 1000.2
Nel 1699 la Comunità aveva un debito di 3 mila scudi con Paolo Guidotti per i quartieri alemanni; al pagamento dei frutti destinava il provento dei dazi sull'acquavite, cuoio, filugelli; gli appalti sui forni e sulle carni davano una entrata annua di 776 scudi, contro una spesa ordinaria di 822, inferiore di 178 scudi a quella del 1682; tal risparmio si ottenne escludendo le spese per le fabbriche ducali, il maniscalco e riducendo le spese del culto (2).
Alla Comunità toccava di provvedere alla sussistenza della popolazione nei tempi di carestia. Gli Anziani, che erano proprietari terrieri, dovevano procurare il grano necessario a se stessi e ai loro mezzadri, attingendo prima alla riserva domestica e poi ricorrendo al mercato; la popolazione miserabile della città e dei borghi ricorreva ai 6 forni pubblici, riforniti dagli impresari dei forni stessi o dal Pubblico. Negli anni ordinari si contava su una base di sufficienza abbastanza estesa.
Nel 1657, Giulio Gianotti possedeva a Correggio una casa valutata 400 scudi, e un podere in villa Mandrio di 30 biolche, che seminava 11 staia di frumento, 5 di spelta e che, dato in affitto, poteva rendere 60 scudi, gravati da 18 soldi d'estimo rusticale, pari a 18 quartarole di spelta, da 58 pesi di sale, da L. 9. 10. per colta e tasse e da L. 4 per la cera a S. Quirino e per i ponti (3). E' un esempio che possiamo considerare l'ideale della sufficienza.
Ma il problema assumeva dimensioni generali, ben note ai governatori, cui incombeva di prevedere il consumo negli anni di emergenza. Guerre ed epidemie falcidiavano l'alta natalità, riportando la popolazione ad una cifra relativamente stabile: circa 8 mila bocche nel 1644, 8961 nel 1733.
Ed ora il consumo dei grani:
negli anni 1550 - 1554 si consumarono nel Principato frumento e mistura nella proporzione M, in queste quantità:
Anni Frumento Mistura Insieme 1550 34708 19454 54162 1551 31570 12076 43646 1552 38144 9841 47985 1553 33975 6744 40714 1554 30093 8083 38176
in media, staia 44.938 l'anno, di cui 33.698 di frumento e 11.240 di misture (4).
Nel 1733, bocche 8961 disponevano di staia 31219 di frumento, che, ridotte di 1/6 per loglio e mondiglia, scendevano a 26016: tolte quelle esportate - 3266, e quelle consumate dalle persone di passaggio -250, restavano 22500; disponevano altresì di st. 9653 di misture, effettive 8634. perchè 1019 erano estratte; in complesso, 31134 staia di grani; "la tassa legale assegna all'uomo stara 6, alla donna 5; assegnandone solo 4, mancano 4710" (35844 - 31134) (5).
Effettivamente, la prima risposta che si dava alla carestia era diminuire la razione del pane e peggiorarne la qualità; ma se la penuria si aggravava o si prolungava per più anni, si ricorreva al mercato; per questo occorreva disporre di mezzi di pagamento, dati o dal risparmio dei privati o dalla Comunità che anticipava per i meno abbienti. Di fronte alla carestia ossia agli alti prezzi dei cereali le opinioni erano tante quanti gli interessi messi in moto; quelli dei produttori o dei commercianti erano opposti a quelli dei consumatori, quelli dei privati diversi da quelli del Pubbico, chi era per la chiusura del mercato, chi per la libertà di vendere. Talvolta le contraddizioni erano nelle stesse persone: gli Anziani di Correggio, cui toccava anche di provvedere in caso di carestia, come proprietari fondiari erano interessati alla vendita dei grani e al realizzo massimo, ma come amministratori dovevano temere che la Comunità si caricasse di debiti; tra le due possibilità preferivano la prima, almeno fino ad un certo limite, perchè, provvisti essi a sufficienza, il caro prezzo era pagato dai consumatori abbienti. Di fatto, nel 1637 (22 settembre), si ricordava "il disordine dell'anno passato, che, per aver concesso abbondantemente l'estrazione di frumento, furono necessitati (gli Anziani) ricorrere a quello di S.A., per avere il pane fino al nuovo raccolto". Che anche S.A. lucrasse nel commercio dei grani propri o di quelli acquistati è cosa certa. Non senza calcolo, i Bentivoglio avevano bonificato le valli di Gualtieri, donde traevano grani abbastanza per attenuare le carestie locali, grani che, per esser nati in valle, erano dolci e facili a deteriorarsi (sbusarsi), con una perdita del 4 e anche più per cento (1642). La vicinanza del Mantovano rendeva facile la provvista dei grani. In ogni caso il debito andava contenuto; nel 1663 molti rimacinavano la crusca.
Diversi erano i problemi creati da carestie molto gravi, estese e prolungate, complicate da eventi militari. In questi casi non bastavano le operazioni di compenso tra zone più o meno provviste; nell'impotenza dell'autorità, arbitri della situazione diventavano i grandi mercanti o gli accaparratori, che, disponendo di enormi ammassi di grani, ne regolavano la distribuzione a prezzi di monopolio; per merito loro il grano si trovava ma la mancanza di libere contrattazioni impediva la formazione del prezzo negoziato o libero, anzi, le poche vendite erano regolate in modo da spingere all'insù i prezzi. I grandi monopolisti, operando in un mercato molto vasto, imponevano a tutto il territorio i prezzi spuntati nei centri maggiori, sopportabili dai ceti più abbienti ma non dagli abitanti dei paesi; il confronto tra le diverse capacità di acquisto dei consumatori spingeva i più deboli a chiedere la chiusura delle frontiere e, per l'opposto, chi deteneva grani, ad aprirle per realizzare le cifre più alte. L'economia correggese, regolata dall'autonomia, priva di un mercato di grani, era costretta a riferirsi, negli acquisti, ai prezzi dei centri maggiori, insopportabili perchè essa mancava di entrate alternative, date dalle manifatture. Da qui l'avversione ai mercanti che spogliavano il paese dei grani e affamavano la gente. I governatori di Correggio fecero propria l'avversione dell'opinione prevalente:
"L'ebreo Cantoni di Guastalla, l'anno passato, estraeva da questo Principato tanta quantità di formento per paesi stranieri che poscia all'ultimo dell'inverno se ne provò penuria nella piazza e nello stato; calò più volte il calmiero (peso a prezzo invariato) del pane e crebbe il frumento, del quale nuovamente a quest'ora si scarseggia per il poco raccolto della campagna e per la grave somma; seguita l'ebreo ad estrarne ad ogni prezzo, dal che si prevede una estrema penuria allo stato nel prossimo inverno. A tale disordine avrei di già provvisto quando non fosse l'utile che ne farà il Camerlengo per Festrazione" (6).
Anche il fisco, dunque si avvantaggiava dal commercio dei grani.
Il monopolio non era figura astratta, ma s'incarnava in un personaggio potente anche per le aderenze in corte: Paolo Guidotti; proprietario di venti possessioni tra Campagnola, Fabbrico e Correggio, di negozi di sete a Sassuolo e Reggio, con una rendita di circa sette mila scudi l'anno, era al centro di molti e diversi affari e tra questi il commercio dei grani. Nel 1678 aveva l'appalto di tre forni e di un molino in Correggio, dei forni di Fabbrico e Campagnola. Il consumo del pane non era rigido; i tre forni di Correggio consumavano 300 sacchi al mese
44 quando sia concorso ai forni, ma non si può dar regola tanto aggiustata al concorso di numero maggiore o minore della povertà, che attende per suo vantaggio poter levare farine di fave, frumentone e misture; quando ne possa ritrovare ne introdurranno da Mantova giacenze; le denunzie possono dare lume non certezza, sendo sicura cosa che gli affittuari, per sodisfare a debiti ed altri, ne hanno condotto chi a Modena, chi a Reggio, chi a Sassuolo" (7).
3 A. S.MO. Rettori dello Stato, Correggio b. 12
4 A.S.MO. Rettori dello Stato, Correggio b. 2
5 A. S.MO. Rettori dello Stato, Correggio b. 31
6 A. S.MO. Rettori dello Stato, Correggio b. 16, 1669, 2 agosto
7 A. S.MO. Rettori dello Stato, Correggio b. 18, 1678, 20 gennaio
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