| Gabriele Fabbrici |
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| Gli arazzi di Correggio | |
| Museo in linea, rubrica de "Il Correggio", n. 8/98 |
La cospicua raccolta di arazzi (nove in tutto, più una serie di frammenti di bordure, suddivisi nei tre nuclei dei Giardini, delle Cacce e dell'unica Festa popolare) conservata nel Museo Civico costituisce un insieme artistico di grande interesse e una tappa essenziale per chi voglia ricostruire la storia dell'importazione degli arazzi di Bruxelles in Italia.
Seppure una tradizione locale li abbia per lungo tempo assegnati alla manifattura dell'arazziere Rinaldo Duro, attivo a Correggio nell'ultimo quarantennio del XV secolo, in realtà l'origine degli arazzi è fiamminga, come già intuito dal Pettorelli nel 1936. I colori, l'impianto delle raffigurazioni e la vena paesistica dominante costituiscono una sorta di vera e propria firma della manifattura brussellese tra l'ultimo quarto del XVI secolo e il primo del XVII. L'analisi tipologica dei soggetti porta poi ad indirizzarsi verso Cornelius Mattens, attivo a Bruxelles almeno dal 1580 (Forti Grazzini). L'origine di questi panni, non è ancora del tutto chiara. Nel 1606 un inventario degli arredi dell'odierno Palazzo dei Principi, redatto dopo la morte del conte Camillo da Correggio (avvenuta l'anno precedente), vi documenta la presenza di una nutrita serie di arazzi. I nove attuali rappresenterebbero quindi la porzione superstite, sopravvissuta alle spoliazioni seguite, dal 1631 in poi, alla detronizzazione del principe Siro da Correggio e alla fine del dominio correggesco.
Con tutta probabilità gli arazzi furono portati a Correggio proprio dal conte Camillo che avrebbe potuto procurarsi questi grandi panni istoriati per il suo palazzo ordinandoli direttamente alla manifattura brussellese del Mattens o acquistandoli nel grande mercato coperto di Anversa (il celeberrimo Tapissierspand) dove erano poste all'incanto le tappezzerie fiamminghe.
1. I "Giardini".
Sono cinque gli arazzi che compongono la serie dei Giardini, concepiti come spettacolari scenari paesistico-prospettici in cui vengono raffigurati tipici parchi nobiliari del tardo Cinquecento, con una composizione è di grande impatto visivo: aiuole geometriche, balaustre, pergolati, padiglioni classicheggianti, statue, rovine antiche e case sono inserite in un contesto naturale di forte suggestione in cui vengono sapientemente alternati elementi naturali e artificiali (fontane, corsi d'acque, prosceni incolti, piccoli animali). Le piccole figure umane che si muovono nei giardini vestono all'antica. Oltre a sottolineare il contrasto tra natura coltivata e natura incolta rifacendosi ad una tipica concezione del giardinaggio di quell'epoca, le raffigurazioni costituiscono anche il teatro ideale per ambientare episodi mitologici, richiamati in ogni arazzo da una o più figure poste in primo piano che svolgono la funzione di citazione colta. Tutte sono accomunate dalla derivazione da un'unica fonte letteraria: le Metamorfosi di Ovidio. Vi sono raffigurati gli episodi dell'incontro di Teseo e Arianna, di Vertumno che travestitosi da vecchia si introduce al cospetto di Pomona, di Minerva che rivestita delle sue armi si dirige a far visita alle Muse, di Giove che assunto l'aspetto di Diana corteggia e conquista la ninfa ed infine di Cefalo appoggiato alle gambe di Procri.
2. Le "Cacce".
La caccia, svago aristocratico per eccellenza tanto dell'età medioevale quanto dell'età moderna, è uno dei temi più diffusi nell'arte dell'arazzo. Nei panni correggesi il quadro paesistico raffigura boschi ai margini di città o borghi, dove sono ambientate le scene di caccia cui prendono parte decine di personaggi (cacciatori a piedi o a cavallo, battitori, serventi), tanto raffigurati nel pieno dell'azione quanto durante piacevoli pause. Nei tre arazzi che costituiscono questa serie vengono rappresentate alcune delle cacce più in voga sul finire del Cinquecento in ambiente fiammingo: la caccia all'orso, la caccia al lupo e la caccia all'anatra. Le prime due sono animate dal susseguirsi di cani e cacciatori in una drammatica successione di avvenimenti e di feroci combattimenti. Nella 'Caccia alle anatre e agli aironi', invece in un'articolata composizione si susseguono i frenetici momenti della caccia vera e propria alla tranquilla pausa di un festino cui partecipano gentiluomini e nobildonne e nel quale una dama di alto lignaggio regge nella mano sinistra (opportunamente protetta da un guanto) un falcone, viene allietata da musicanti.
3. La "Festa popolare".
Arazzo di piccole dimensioni, concepito forse come sovrapporta; raffigura un villaggio rurale fiammingo, immerso in una campagna lussureggiante, in cui ha luogo una festa popolare e patronale (al centro della composizione, in secondo piano, si nota una processione sacra). In alto, nella bordura tagliata, sopravvive un frammento di motto araldico (NON ... ALTA) di cui al momento sfugge il significato preciso. Una peculiarità del panno correggese è che, a differenza di altri che riproducono simili scene di vita popolare e nei quali si nota sempre un intento didascalico, quasi didattico, nel nostro, al contrario, tale intento pare assente (Forti Grazzini). E' dunque possibile che la Festa popolare testimoni il primo apparire del tema di genere fine a sé stesso nell'arte dell'arazzo e ciò lo renderebbe un pezzo del massimo interesse. Tuttavia, la perdita della serie in cui questo arazzo era certamente inserito, rende impossibile qualsiasi ulteriore approfondimento che forse avrebbe potuto rivelare contesti culturali e finalità anche diverse.
Per approfondire
N. FORTI FRAZZINI, Gli arazzi delPalazzo dei Principi, in Il Museo Civico di Correggio, a cura di A. Ghidini, Milano 1995, pp. 105-123 (con rimando alla bibliografia precedente).
Questo saggio monografico ricostruisce il percorso storico e critico degli arazzi correggesi, puntualizzando i precedenti studi di Pettorelli (1936), Finzi (1966) e Ghidini (1976) citati nella bibliografia del catalogo del Museo Civico.
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