Gabriele Fabbrici
Antiche misure della città di Correggio
Museo in linea, rubrica de "Il Correggio", n. 3/98

Metri e chilogrammi sono ormai entrati nell'esistenza comune di ognuno di noi, ma non è sempre stato così nel corso della storia. E' interessante vedere quali erano le unità di misura che anticamente venivano utilizzate dai correggesi

Il moderno sistema di misura metrico decimale, che oggi quotidianamente utilizziamo, affonda le sue radici negli sforzi compiuti nei secoli XVII e XVIII per creare un sistema di pesi e misure semplice, facile da usare, univoco e, soprattutto, adottato universalmente. Si cercò, cioè, di porre termine alla grande confusione generata dall'elevatissimo numero di sistemi di calcolo e di misura, anche assai diversi gli uni dagli altri, allora in uso negli Stati europei, retaggio di un passato ormai superato. Molte erano le ragioni che spingevano verso questo rivoluzionario cambiamento, sia di ordine politico che economico e scientifico: l'adozione di un sistema universalmente accettato avrebbe favorito l'avvicinamento delle Nazioni e la razionalizzazione degli scambi commerciali. Altrettante, però, erano le resistenze al cambiamento, al nuovo: troppi interessi locali e municipalistici sarebbero stati così messi in discussione.
Si dovette attendere la Rivoluzione Francese, che smantellò le istituzioni e molte delle tradizioni dell'antico regime, per vedere raggiunto questo obiettivo. Il primo agosto 1793, in piena età rivoluzionaria, l'Accademia di Francia riuscì a fare accettare alla neonata Repubblica Francese le proprie raccomandazioni in merito all'adozione di nuove ed uniformi unità di misura. Era il primo, decisivo passo verso il cambiamento.
Dopo una lunga serie di accurate misurazioni geografiche ed astronomiche compiute proprio due secoli fa, nel novembre 1798, finalmente, nel giugno 1799 furono depositati presso gli Archivi di Francia i definitivi campioni in platino del metro e del chilogrammo.
La strada da percorrere per raggiungere una reale ed effettiva unificazione mondiale dei sistemi di misura, tuttavia, era ancora lunga e disseminata di ostacoli. Già con Napoleone, nel 1812-1814, si ritornò all antiche misure locali e solo nel 1840 il metro venne ufficialmente adottato come unità di misura lineare dalla Francia, paese all'avanguardia nel settore. Nei decenni che seguirono, gradualmente, gli Stati europei si adeguarono a questa scelta che il 20 maggio 1875 venne ratificata da una conferenza internazionale.
Prima del XIX secolo, quindi, la confusione dei sistemi di misura era massima, tanto per le misure lineari quanto per quelle di superficie, per aridi e liquidi, calcolate in 'braccia', 'piedi', 'pertiche', 'staia', 'carra', 'sogli', ecc.
Correggio non faceva eccezione e una prova è conservata all'interno del Palazzo Municipale, su una delle pareti che delimitano il vano dell'attuale accesso agli uffici comunali, dominato dall'imponente scalone monumentale che costituisce una delle caratteristiche architettoniche più significative e interessanti del Palazzo stesso.
Ebbene, sulla parete a destra di chi entra, è murata una lapide settecentesca in cui sono state scolpite alcune di queste antiche misure, legate alla vita e all'attività di ogni giorno della comunità locale. L'esposizione in un luogo pubblico, anzi nel luogo pubblico per eccellenza quale poteva essere il Palazzo della Comunità, delle riproduzioni delle misure in uso non deve stupire. Si tratta, infatti, di una prassi consuetudinaria di antichissima tradizione, risalente già all'età romana e che nel medioevo assunse un rilievo del tutto particolare, volta a sottolineare e a sanzionare l'ufficialità di quei campioni cui tutti dovevano rifarsi, sotto pena di ammende e gravi sanzioni per coloro che avessero trasgredito le precise norme statutarie in materia.
Tra i molti esempi che si potrebbero fare in merito all'esposizione pubblica di campioni di misura, basterà qui ricordare il caso del Battistero di Reggio Emilia dove all'esterno campeggiano, a sinistra di chi osserva, i campioni scolpiti del braccio e della pertica. In caso di contestazione, faceva fede la loro lunghezza. Da qui il detto popolare di 'San Zvan fa vedér l'ingann' (il Battistero è infatti dedicato a San Giovanni Battista).
Ritornando ai campioni correggesi, sulla lapide troviamo due ordini di misure, l'una dedicata alle pietre da costruzione e per coperture dei tetti, l'altra alle unità di misura di lunghezza. Le prime sono:
la pietra (cm. 40 x 17,5, spessore di cm. 6,7), il lambrecchio (cm. 47 x 20, spessore di cm. 7,5), la lambrecchia (cm. 47,5 x 18,5, spessore cm. 6,5), la tavella (cm. 38 x 17, spessore cm. 5,7) e il coppo cm. 28,5/20,5 x 49,5).
Due, invece, sono le unità di misura di lunghezza rappresentate nella lapide, che rispondevano all'esigenza di misurare distinte categorie di materiali:
il braccio da legna, lungo cm. 54; il braccio da tela, lungo cm. 60.5.
Queste misure, diffuse nel territorio locale da secoli, non furono comunque le uniche ad essere utilizzate nel correggese. Un ulteriore elenco può essere desunto sia dalle ricerche del Caffarri, sia dalle tavole di ragguaglio tra nuove e vecchie misure che vennero redatte nel 1852 allorché negli Stati Estensi si adottò il sistema metrico decimale.
In sintesi, allo stato attuale delle ricerche sono documentabili almeno, oltre ai "campioni" del Palazzo Municipale, alcune altre misure:
1. Misure lineari mercantili: braccio mercantile di Mirandola (cm. 63,3);
2. Misure lineari fabbrili e agrimensorie: braccio fabbrile e agrimensorio (cm. 53), miglio (km. 1,59);
3. Misure di superficie: biolca (mq. 2.922);
4. Misure di capacità per aridi: sacco di Correggio (129 litri);
5. Misure di capacità per liquidi: brenta (75 litri), soglio (litri 56,9), secchia (litri 20);
6. Pesi: libbra di Mirandola e Milano (gr. 326), peso (kg. 8,16), copello (kg. 1,96), dramma (gr. 3,54), carato (milligrammi 47,1).

Per approfondire:
F. CAFFARRI, Dieci secoli di storia dei Luoghi Pii di Correggio (dal 950 al 1923), dts. Biblioteca Comunale; R. FINZI, Correggio nella storia e nei suoi figli, Reggio Emilia 1968 (Correggio, 2 ed., 1983).