Odoardo Rombaldi
Le soppressioni
Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979

Se il Governo avesse limitato il suo intervento, lasciando alle singole Deputazioni competenza intera nell'ambito delle circoscrizioni amministrative dello stato, gli errori inevitabili di una gestione, che eccedeva forse le capacità degli amministratori locali, sarebbero stati circoscritti, ma non fu cosi; il Governo realizzò una politica di spoglio a danno delle istituzioni locali e a vantaggio della Congregazione Generale delle Opere Pie di Modena, cui furono sacrificati gli interessi delle provincie; in tal modo era naturale che gli errori commessi alla periferia e al centro dovessero sommarsi e moltiplicarsi.
Nell'83 furono soppressi due conventi correggesi di grande tradizione: S. Domenico e il Corpus Domini e i loro beni applicati alla Congregazione Generale; se gli stessi fossero stati assegnati, com'era doveroso, alla Deputazione di Correggio, i luoghi pii di questa città avrebbero ricevuto un sicuro vantaggio e il reddito di molte centinaia di biolche avrebbe contribuito a potenziare l'attività degli ospedali e delle altre opere d'assistenza; al contrario, mentre la Generale Congregazione di Modena fu applicataria dei due patrimoni, la Deputazione di Correggio, affittuaria perpetua delle terre, censi, e capitali fruttiferi, si obbligò a versarne i canoni, pari a 60 mila lire, dal 1 novembre 1784, assumendosi l'onere di mantenere le monache, vita natural durante, senza diritto di ristoro in caso di eventi naturali. Nè può dirsi che si aprissero nuove fonti di guadagno per gli affittuari intermediari del Principato, in quanto la Deputazione, organo economico, non era tenuta a quei riguardi che i conventi dovevano osservare per istituto, anzi, i nuovi contratti, stipulati con nuovi criteri, costrinsero gli affittuari a sfruttare il lavoro dei mezzadri (1).
Ma il giuridizionalismo fece di peggio. La soppressione di tutte le Confraternite del Rosario e di altre, e l'incameramento dei loro beni, addossarono alle Confraternite superstiti (SS.mo Sacramento) gli oneri di quelle soppresse, senza la contropartita di un'entrata; fu compromessa la stabilità delle Confraternite e si provocò indignazione e proteste; queste soppressioni, fatte in nome dell'economia, avevano una premessa ideologica ed avranno una conseguenza politica:
una nuova solidarietà tra il clero di campagna e le masse dei fedeli. Il Governo cercò di:
"Separare ciò che deve spettare privatamente alle parrocchie da ciò che deve appartenere alle Confraternite, col fare ai parrochi un economico e conveniente assegno con le debite avvertenze e cautele, come pur fare altro assegno alle Confraternite erette fuori di parrocchia, come pure anche quelle di Correggio e Fabbrico, per le spese di chiesa, uffizi, funzioni, col passare ai priori delle medesime un fisso da essere distribuito agli usi indicati, lasciando ai confratelli la facoltà di eleggere i loro ufficiali" (2);
ma separare le competenze dei parroci da quelle delle Confraternite non fu possibile; lo si ammetterà poco dopo:
"pare che i parrochi abbiano conseguito e conseguiranno tuttavia una parte di rendite delle Confraternite, coll'appropriarsi le offerte che vengon fatte da parrocchiani ai rispettivi altari dalle Confraternite, che per lo passato ascendevano a somma non poca"(3).
I parroci, colpiti indirettamente con la soppressione delle Confraternite, lo furono poi direttamente con le fiduzioni delle Messe. I legati per Messe, nello spazio di alcuni secoli, avevano accumulato un numero imponente di obblighi. Si calcolò che nel Principato dovessero celebrarsi 32331 Messe fisse e perpetue (di queste, 5925 a carico dei Benefici, 9902 a carico della Congregazione Generale OO.PP., 16504 a carico delle chiese e parrocchie) e se ne celebrassero 16165 avventizie, totale 48426. Nell'anno si ritenne che su 121 sacerdoti secolari e regolari- Correggio ne contava oltre 40- solo 111 fossero attivi e presenti e che questi non potessero celebrare più di 39960 Messe (360 l'anno per ciascuno); ne restavano 8536 inadempiute; ora, di queste se ne conservarono 1783, le altre furono applicate ai poveri; "si venne così a sminuire in più ville del Principato il servizio di Chiesa", e ciò diede luogo a reclami; "la riduzione delle Messe,- così il governatore Fabrizi - è una delle molle più vigorose onde mantiensi in attività la Cassa e i risparmi superfluenti delle funzioni gli accrescono la forza" (4).
La soppressione di parte alle Messe, dopo quello delle Confraternite, alienò al Governo la simpatia dei fedeli, cui restò incomprensibile la politica della Giuridizione, e colpì gli interessi di quanti traevano guadagno dalle funzioni religiose. Di fatto, tutte le chiese del Principato avevano in comune un gran numero di devozioni, tali:
la benedizione del Santissimo in tutte le solennità dell'anno e nelle terze domeniche di ogni mese, la processione e la benedizione nel giorno e nell'ottava del Corpus Domini, la festa della Madonna del Rosario, la Comunione agli infermi, le quaranta ore, le feste dei titolari, gli uffizi e le Messe delle Confraternite, etc. Alcune parrocchie ne avevano di particolari: Fosdondo - Benedizione in tutte le domeniche dell'Avvento fino all'ottava di Pasqua, tutte le domeniche di maggio e giugno per la conservazione delle messi; Fabbrico - Benedizione tutte le domeniche di Quaresima, tutti i venerdì di marzo, i venerdì di Quaresima e nel triduo del Carnevale; Campagnola- Benedizione tutte le domeniche dal maggio fino a tutto il raccolto; Mandrio- "esposizione e Benedizione del SS.mo',
"in tutte le terze domeniche di ogni mese e in 35 altre feste, comprese tutte le solennità della Chiesa; 16 volte, nelle feste più solenni, si cantano i vespri e Messa; 39 processioni di cui 23 con due soli candelotti accesi, le 12 delle terze domeniche dei mesi e quelle del Venerdì Santo, con accesi 20 candelotti, e le altre 3 solenni del Rosario, Corpus Domini e sua Ottava, con almeno doppia illuminazione in chiesa e fuori con di più 4 torce a calo, cosi dal 1654; Comunioni agli infermi, mattutini, sepolcri e settimana santa, il 2 novembre, 22 uffizi; per antica tradizione il popolo di Mandrio ha sempre in tutto mantenuto la chiesa, l'ometterlo sarebbe di scandalo e di grave disgusto del popolo; il questuare è contro le disposizioni sovrane; fin dal 1583 le entrate di 4 stabili di campagna sono state spese per il popolo" (5).
Che il Governo agisse per moventi ideologici risulta da quanto scriveva il governatore Vincenzo Fabrizi:
"Le Confraternite del Rosario nelle ville non recano alcun vantaggio spirituale o temporale, non così è però di quelle del Sacramento ( ... ). D'ordinario nelle ville sono sempre gli stessi che vestono or l'una or l'altra divisa e si occupano a vicenda delle solennità d'entrambe le Confraternite. L'unica festa del Rosario che si faccia con pompa è quella della Madonna del Rosario, che si porta processionalmente con concorso di popolo, tra cui sovente insorgono risse, cagioni di scandali e irriverenze, come appunto saggiamente riflette l'immortal Muratori nella Sua Regolata Devozione. La molteplicità di Confraternite, massime in una sol chiesa, non produce d'ordinario che puntigli, discordie e confusioni, le funzioni non sono accompagnate con vera devozione e d'ordinario il concorso ha tutt'altro oggetto che la religione e il culto verso la Madonna" (6).
Che la soppressione della Confraternita del Rosario seguisse quella del Convento dei Domenicani, che della devozione del S. Rosario erano stati i più fervidi propagatori agli inizi del sec. XVII, era logico (logica la diminuzione dei Domenicani, cui spettava l'Inquisizione, anche
questa abolita nello Stato), ma così non parve alle Confraternite del SS.mo Sacramento, cui erano stati addossati gli oneri delle soppresse, sicchè, alla fine, la Suprema Giunta dovette arrendersi all'evidenza:
"restituire i beni alle Confraternite è il più consentaneo alla giustizia, alla prudenza e all'economia dell'amministrazione, alla prudenza, perchè, reclamando le Confraternite con insistenza, non conviene di lasciare inestinto questo fuoco popolare; all'economia, perchè, oltre la perdita reale che fa l'amministrazione, si deve aggiungere l'opera maggiore in salariati" (7).
La conclusione, politica, la trasse il Munarini con un giudizio storico:
"Trattasi di funzioni sacre d'ogni maniera, di culto esteriore alla Religione non indifferente, non necessario. Il popolo, e chi nol sa, composto per la maggior parte di ignoranti e di zotiche persone, vuol esser colpito dall'apparenza, vuol spettacolo, vuol lusso e pompa anche nelle sacre funzioni. Si potrebbe dire che giocano nelle vesti, così ancora nel Santuario si sono introdotte le mode. Questi tempi difficili, infatti, in cui siamo avvenuti, sono una scuola parlante sebbene funesta per alcuni Stati, scuola che ad evidenza dimostra che i popoli, senza avere molta Religione, vogliono almeno le apparenze della medesima" (8).
Le Confraternite del Rosario non risorsero e la restituzione dei loro beni alle Confraternite del Santissimo - in qual misura avvenisse non sappiamo - non alleggerì a queste il loro ufficio. L'episodio stabilì tra clero e popolazioni un sentimento di solidarietà che prima non esisteva e isolò un avversario da tener d'occhio; la pagina del Munarini fa già pensare agli atteggiamenti dei rustici alla fine del secolo.
Che il Governo non fosse mosso da pure ragioni economiche ma da propositi di riforma è provato dal piano istitutivo delle Compagnie di Carità. In ogni parrocchia forense - tolte Modena - Reggio, Correggio, Mirandola, Finale, Carpi, Sassuolo, Castelnovo Garfagnana - se ne doveva fondare una, col compito di svolgere opera di carità e di assistenza alla mendicità. Che tutto questo movesse da uno spirito laico fu pur avvertito dal Vescovo di Carpi, che si oppose all'invito rivolto dal governatore Fabrizi a tutti i parroci di Carpi, di unirsi per ricevere norme sulle nuove compagnie, le quali avrebbero ereditato dalle vecchie il patrimonio, con divieto di celebrar uffizi ai confratelli, avendo come unica sede delle loro funzioni la chiesa parrochiale (9).


1 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 225
2 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 219, 1773
3 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 219, 1776
4 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 224, 1784
5 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 220
6 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 225, 1781, 12 novembre
7 A: S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 222,1793, 19 luglio
8 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 222
9 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 230, 1786, 10 agosto