Viller Masoni
Storia di un museo mai nato
Correggio - Cinque secoli di politica culturale

3.4.1. Atto primo: il concepimento

Dopo le diverse dichiarazioni di intenti e le vuote promesse degli anni 1916-17, toccò al Commissario Prefettizio Gabbi, nel maggio 1920, decidere di far raccogliere
"nel locale adibito a Scuola di musica nel Palazzo dei Principi tutte le copie e riproduzioni delle opere del Correggio, quadri ed opere di interesse artistico e storico che si trovino sparsi nel Palazzo Municipale e possa ottenersi dai cittadini per essere esposti e conservati a scopo di studio ".
A compiere tale lavoro venne delegato il prof. Enrico Bertolini (che probabilmente fu l'ideatore dell'iniziativa), autorizzandolo pure "a fare eseguire quei lavori di lieve entità che riterrà del caso, per l'adattamento del locale e per renderlo sicuro ". 77
Lo stesso Commissario qualche mese dopo, sicuramente su suggerimento di Bertolini, scrisse al Presidente della Congregazione di carità per informarlo dell'istituzione di questa "sala ad uso pinacoteca" al fine Vi conservare quanto può interessare d'arte e tornare di decoro al paese ". Pertanto la Congregazione veniva invitata a concedere in deposito le due preziose tele di cui era proprietaria: il Redentore, del Mantegna, e La Madonna col bambino, allora ritenuto del Francia. 78
li Presidente rispose di non essere "alieno dal consegnare" tali quadri, ma chiese precise garanzie per il mantenimento della loro proprietà e per la loro custodia. Garanzie che il Commissario si affrettò a dare. 79
Intanto Bertolini proseguiva con tenacia, passione e competenza il suo lavoro, riuscendo via via a raccogliere e a sistemare diverse opere e a conseguire significativi successi: ad esempio nel febbraio 1921 il Consiglio di Amministrazione del Convitto Nazionale acconsentì ad affidare in deposito alla "costituenda pinacoteca" otto quadri, per lo più ritratti di scarso valore artistico della fine del sec. XVIII. 80
Nell'agosto seguente chiese altri locali per poter meglio ordinare le raccolte. La richiesta fu accolta tempestivamente dal Commissario che si disse convinto che la creazione di un museo locale rispondesse "al bisogno di far noto ai cittadini la propria storia e ad un serio dovere per chi ha la responsabilità della cosa pubblica ". 81
Il mese dopo Bertolini otteneva di trasportare nel costituendo Museo una prima parte (cinque) degli arazzi. 82 Gli altri, che ornavano la sala del Sindaco, furono trasferiti l'anno Successivo. 83
La questione che non si sbloccava, invece, era la cessione in deposito dei quadri della Congregazione, la quale trovava sempre "nuovi ostacoli e difficoltà ".
"E dire - si sfogò Bertolini 84 in una lettera al Sindaco - che questo museo è stato ideato ed iniziato quasi appositamente per accogliere queste due opere d'arte, perché fossero collocate in un luogo sicuro e perché il pubblico le potesse ammirare ". 85
li fatto è che in città erano notevoli le ostilità verso il volonteroso tentativo di Bertolini. Ne è testimonianza efficace quanto scrisse in quegli stessi anni Cafarri, che fu studioso di storia locale e per molti anni segretario delle Opere Pie:
'Da ultimo dovrei fare parola degli arazzi cinquecenteschi qui lavorati, delle copie ad olio
piuttosto brutte di quadri dell'Allegri, dei ritratti di alcuni cospicui personaggi, di poche tele di un valore assai discutibile, del--- campanello del Cardinale Girolamo [... ] oggetti passati due anni or sono nella sala più bella del Palazzo dei Principi. Ma per carità non farnetichiamo di pinacoteca e di museo! Ci vuole ben altro a richiamare visitatori; e dove non è possibile esporre una discreta raccolta di capolavori d'arte, meglio è tralasciare ogni briga e ogni spesa. Il mio consiglio è semplicissimo: rimettere ogni cosa al suo primitivo posto in Municipio per ornamento come dianzi della reggenza civica ". 86
Giudizi che, oltre a rivelare una sostanziale ignoranza dell'effettivo valore storico artistico delle opere in questione, testimoniano una visione ancora ottocentesca del museo, alla cui base stava una concezione assai selettiva e meramente contemplativa del bene culturale.
Comunque una soddisfazione, morale più che materiale, Bertolini l'ottenne. Se fino ad allora egli si era prodigato, con sacrifici e oneri personali, per passione e amore dell'arte e della sua città, nel 1924 la Giunta Municipale lo nominò ufficialmente direttore del Civico Museo (carica provvisoria e non compresa nella pianta organica del personale del Comune), con un compenso annuo di 3.000 lire. 87
Incarico che però già l'anno successivo corse il rischio di perdere, quando il subentrato Commissario Prefettizio Battelli pensò di unificare i servizi di Biblioteca-Archivio e Pinacoteca-Museo istituendo un unico posto di direttore di tutti i servizi. 88
Il periodico La Vedetta criticò aspramente quest'ultimo proposito, perché
"un buon conoscitore di opere d'arte [... ] difficilmente potrà essere altrettanto profondo
conoscitore e indagatore di opere storiche, letterarie e scientifiche e abile lettore di pergamene, iscrizioni e diplomi"
e viceversa. "Si corre perciò il rischio di far acquistare al Comune o un cattivo bibliotecario o un pinacotecario incompetente ". Oltretutto tale
"sistemazione potrebbe esporre un benemerito concittadino, il prof. Bertolini, che da anni ha dato, anche gratuitamente, tutto se stesso perché sorgesse in Correggio un museo, alla umiliazione di vedersi cacciare dal luogo ch'egli ha creato e amato come una sua creatura per vedersi posposto ad altri non dotato del suo studio e della sua passione di ricercatore ". 89
Il provvedimento venne poi revocato e la cosa, per il momento, finì li.
In quegli stessi mesi, se n'è già accennato, era iniziato il restauro del Palazzo dei Principi. Dopo i primi lavori di consolidamento e restauro effettuati nel 1919-20 (fra l'altro anche al magnifico portale marmoreo) a cura della Soprintendenza ai monumenti, si addivenne alla determinazione di un più radicale intervento sulla base del progetto dell'ing. Zucchini di Bologna.
li restauro si protrasse fino al 1927 e, in fasi successive, riguardò il pianoterra, il primo piano, in parte i solai, nonché i prospetti (interni ed esterni) e i relativi paramenti; rimasero invece esclusi il secondo piano e il lato sud. 90
Fu una grande operazione che non mancò di suscitare polemiche, sia nel merito del progetto (ad esempio si criticò la destinazione ad uffici governativi perché veniva a togliere al Palazzo alcune delle sue più belle sale), sia sul metodo autoritario ed esclusivo con cui Zucchini diresse i lavori. Si arrivò a qualche battibecco pubblico che coinvolse Bertolini ed altri studiosi locali che si sentivano completamente tagliati fuori da questa importante operazione culturale (Figg. 34-36).91
La decisione del Commissario Negri di istituire una Commissione di vigilanza tecnico amministrativa, composta di esperti locali, venne pertanto accolta con grande favore.
3.4.2. Atto secondo: l'aborto
Il Consiglio Comunale predisponendo il bilancio preventivo per il 1926 si occupava anche della Pinacoteca, che "riordinata offrirà spirituale diletto agli amatori ed intenditori d'arte e servirà a ravvivare nella cittadinanza il culto del bello ". 92
In realtà era già cominciato lo smantellamento di quello che faticosamente si era fatto fino ad allora. I lavori di restauro dei Palazzo avevano infatti comportato una rimozione delle opere:
"alcune di esse, e tra queste i magnifici arazzi, ritornarono ad adornare le sale del Municipio, i quadri più importanti furono chiusi in una saletta del Municipio stesso; le rimanenti opere di importanza storica e molte di nessuna importanza, né storica né artistica, vennero raccolte in una sala al secondo piano del Palazzo dei Principi ". 93
Doveva trattarsi di una smobilitazione provvisoria, ma divenne in realtà definitiva.
Inutilmente Bertolini, nel marzo 1928, si rivolse al Podestà per ottenere il permesso almeno di sistemare le opere che erano rimaste nel Palazzo.
"Per quanto poche siano le opere di un vero valore artistico, restano però molte cose che hanno importanza storico-locale, che conviene siano tenute con dignità [... ] Mi sento spesso chiedere quando sarà aperto questo Museo, e sarebbe anche mio desiderio riuscire a mettere in ordine il lavoro che con tanti ostacoli ero riuscito a compiere una decina di anni fa ". 94
L'atto conclusivo si ebbe alla fine dei 1929.115 ottobre il Podestà, "ritenuto che stante il numero esiguo di opere d'arte possedute da questo Comune non si ravvisa la necessità di conservare all'uopo un apposito ufficio", deliberava di revocare l'incarico provvisorio al direttore del Civico Museo a suo tempo assegnato al prof. Bertolini e che le opere d'arte venissero "raccolte e collocate in un locale annesso alla civica Biblioteca e date in custodia
al Bibliotecario "
. 95
All'inizio di dicembre avvenne la consegna a Finzi del materiale "della disciolta Pinacoteca", a parte i quadri di proprietà dei Convitto Nazionale che vennero restituiti e gli arazzi che rimasero in Municipio (da dove invece vennero prelevati sei quadri per collocarli nel Palazzo dei Principi) (Figg. 37-38). 96
Così la Pinacoteca-Museo era morta prima di nascere, senza poter essere mai aperta al pubblico. Per la città fu un notevole danno culturale, per Bertolini dovette essere un colpo terribile. Egli reagì documentando che quello che veniva soppresso non era "una larva di museo", come venne definito in quei giorni, ma il nucleo di una raccolta d'arte di rispetto che avrebbe potuto ulteriormente arricchirsi col tempo.
Fece quindi pubblicare, a breve distanza di tempo l'uno dall'altro, due libretti che descrivevano questo patrimonio.
Nel primo venivano ripercorse le vicende storico-artistiche del Palazzo dei Principi e degli arazzi che l'adornavano, approdando peraltro ad alcune conclusioni, in particolare per quanto riguarda l'attribuzione degli arazzi, che oggi non vengono più accolte. In ogni caso non dimenticò di sottolineare che quegli arazzi egli era riuscito a suo tempo a farli trasportare "nelle sale del Palazzo dei Principi, oggi adibite ad uso di museo e biblioteca, seguendo il concetto che ogni opera d'arte debba essere collocata nel luogo per cui fu creata ". 97 A palle l'inesattezza storica, il concetto è di grande forza culturale e ancora oggi assai attuale.
Nel secondo invece, pubblicato nel febbraio 1930, veniva presentato in modo dettagliato tutto il patrimonio artistico esistente a Correggio, sia quello di proprietà comunale che quello di un certo rilievo esistente presso chiese o istituti diversi. A premessa del catalogo egli ricordava la vicenda della creazione e poi della liquidazione del museo, rivendicandola parte da lui avuta.
"Molti dei ritratti e dei quadri rinvenni accatastati nei solai incustoditi dei Municipio, fra oggetti diversi, in istato di deplorevole abbandono; e con un lavoro tenace e paziente, senza nessun aiuto finanziario da parte di chi allora poteva, sostenuto solo da quell'amore per l'arte che rende possibili tanti sforzi e direi miracoli, riuscii, con le sole mie modeste risorse, a ripulirli, a rattopparli, applicandoli su nuovi telai e dentro cornici adatte, sì che si presentassero in un aspetto il più possibile decoroso. Se avessi potuto ottenere un aiuto finanziario anche modesto, li avrei pure senz'altro restaurati [... ] Altri quadri ebbi da privati, dopo ch'ebbi loro dimostrato che erano di proprietà comunale. Tengo poi a dichiarare, per amore di verità, che, se le opere oggi vi sono, e non misi tacci di poca modestia, vi sono perché io stesso le salvai dalla cupidigia di chi faceva di esse impunemente e apertamente mercato. Per una disgraziata fatalità il museo non venne mai aperto al pubblico, sebbene fosse sistemato a puntino ".
Perciò egli si era deciso "a portare a conoscenza del pubblico che si interessa a queste cose" quello che in effetti avrebbe contenuto tale Museo se fosse stato aperto. 98
Si trattava non solo di un'amareggiata reazione ai torti subiti, ma soprattutto di una documentata accusa di miopia e insensibilità culturale alle autorità locali.
Le critiche di Bertolini erano però probabilmente destinate a non essere nemmeno intese dai loro destinatari. Egli era cosi convinto dell'utilità del Museo perché ne aveva una concezione avanzata: lo vedeva come luogo di studio e di approfondimento della storia artistica e culturale di Correggio; infatti pensava non ad un ambiente chiuso e separato, ma ad un punto di riferimento per occuparsi di tutto il patrimonio artistico e monumentale della città. In questa visione assumevano importanza non solo i capolavori, ma anche le opere o i cimeli di valore solo iconografico e storico. La sua, però, era allora una visione 'solitaria', isolata rispetto a posizioni che invece erano chiuse in un'ottica retriva e selettiva del bene culturale e del museo. Esso veniva normalmente inteso come raccolta di grandi opere da contemplare con religiosa astrazione o da utilizzare per inculcare il 'culto del bello'; in questo modo il museo era il Louvre e poco altro, e un piccolo museo locale come quello di Correggio sollevava solo orgoglio municipalistico o derisione. Inoltre, anche da un punto di vista politico, era molto più gratificante e redditizio crogiolarsi alla luce riflessa sulla sua città dal Divino Allegri, grande (e strumentalizzata) gloria locale dietro la quale finivano per nascondersi tutte le frustrazioni di un ex-Principato divenuto borgo di provincia; egli era il 'Pittore' per antonomasia, evocato sempre con unanime e religioso rispetto, celebrato ogni tanto con iniziative anche eclatanti che però in minima parte servivano a promuovere serie ricerche.
Come nel 1934, quando la celebrazione del IV centenario della morte dell'Allegri fu occasione per una Mostra Allegriana allestita in Biblioteca e per alcune conferenze, ma anche per ricerche (con la consulenza di un rabdomante) delle ossa del pittore e per la realizzazione dei giardini pubblici (Figg. 39-40). 99
Dopo la soppressione della Pinacoteca ci si limitò alla mera custodia delle opere rimaste a mo' di arredamento nella sala di lettura della Biblioteca. Negli anni successivi ad esse si aggiunsero prima la grande pala d'altare di Mattia Preti dedicata a S. Bernardino che risana lo storpio, prelevata dalla chiesa di S. Francesco ove si andava "rapidamente deteriorando a seguito dell'umidità"; 100 poi, nel 1936, i due quadri già nominati della Congregazione di carità, in adempimento a un'apposita convenzione stipulata dal Comune. 101
Queste ultime due opere durante gli anni della guerra vennero prese in consegna dalla Sovrintendenza alle Gallerie di Modena, in attuazione del programma di protezione del patrimonio artistico. 102
A Correggio sarebbero tornate all'inizio del 1946, ma per essere di nuovo trasferite presso la Congregazione di carità. 103


77 ASCC, adc (Seduta del 27 maggio 1920).
78 ASCC, amo 1920/cat. IX.
79 Ivi.
80 Cfr. il relativo verbale di consegna. BCC, amp.
81 ASCC, anno 1921/cat. IX.
82 Ivi.
83 ASCC, anno 1922/cat. IX.
84 Egli proprio in quei giorni fu nominato Ispettore onorario dei Monumenti degli scavi e oggetti di antichità e d'arte' per Correggio e Castelnuovo Sotto. ASCC, anno 1923/cat. IX. 85 Ibidem.
86 F. Cafarri op. cit., pp. 117-118.
87 ASCC, agm (Seduta del 16 aprile 1924).
88 ASCC, adc (Seduta del 4 agosto 1925).
89 Note comunali, 'La Vedetta (Settimanale politico di Correggio)', 1, 1925, 29, pp. 2-3.
90 Un esame dettagliato dell'intervento è riportato in: R. Barbieri, R. Finzi, R. Giuliani Progetto di consolidamento e restauro del Palazzo dei Principi, op. cit., pp. 9-1 l. Estremamente interessante è anche un articolo che l'ing. Zucchini scrisse per La Vedetta del 20 settembre 1925: in esso egli espose i criteri tecnici e artistici che lo avevano guidato nella predisposizione del suo progetto di restauro della facciata, il cui disegno originario egli attribuiva, seppure con un forse, a Biagio Rossetti.
91 Su questi aspetti cfr. 'La Vedetta (Settimanale politico di Correggio)', 1, 1925, 23-24-25.
92 ASCC, acc (Seduta del 10 aprile 1926).
93 E. Bertolini, Le opere artistiche del Principato di Correggio, Reggio Emilia, Tipografia Nazionale La Nuova Italia, 1930, p. 4.
94 ASCC, anno 1928/cat. IX.
95 ASCC, adp.
96 Cfr. i verbali di consegna datati 9 e 11 dicembre 1929. BCC, amp, b. 174.
97 E. Bertolini, Il Palazzo dei Principi in Correggio egli arazzi che l'adornavano, Reggio Emilia, Stabilimento Tipografico G. Menozzi, s.d., p. 10.
98 E. Bertolini, Le opere artistiche del Principato di Correggio, op. cit., pp. 3-4.
99 Cfr. ASCC, adp (Sedute del 21 ottobre 1933 e 6 marzo 1934) e BCC, amp, bb. 146 e 174,
100 Cfr. l'istanza in tal senso presentata da Finzi nel giungo 1933 che reca in calce l'autorizzazione del Podestà. BCC, amp, b. 174.
101 Ivi.
102 Cfr. il verbale di Consegna alla Soprintendenza alle Gallerie di Modena. Ivi.
103 Cfr. la lettera del Sindaco inviata alla Congregazione di Carità in data 18 gennaio 1946. Egli informava che in quello stesso giorno i due quadri erano stati restituiti dalla Soprintendenza (che per proteggerli dagli eventi bellici li aveva fatti trasferire prima a Guiglia e poi a Isolabella) e che aveva disposto che gli stessi fossero restituiti, tramite l'Assessore e direttore della Biblioteca M.o Giovanni Scaltriti, alle OO.PP., 'poiché il Comune non ha più ragione, né intende trattenerli oltre'. Ivi.