| Riccardo Finzi |
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| Una visita di Francesco IV a Correggio | |
| Correggio nella storia e nei suoi figli, Arca Libreria Editrice, 1984 |
Da qualche mese Francesco IV era salito sul trono Estense, dopo la caduta di Napoleone, allorchè decideva recarsi anche a Correggio per una visita a quella piccola Città.
Il Duca fissava per la visita il giorno 19 settembre ed avrebbe di certo mantenuta la promessa, ma per la notizia della morte della regina delle due Sicilie, Maria Carolina, zia del Sovrano, notizia giunta a Francesco appunto il giorno 19, la Corte vestì il gran lutto e l'indicata partenza venne sospesa.
A meno di un mese di distanza, il 12 ottobre, il Duca partiva per Correggio. 1 Cittadini dal canto loro non stettero in ozio nel tempo corso fra le due date, approfittando dei giorni di attesa per maggiormente adornare Correggio.
Podestà, nobili e popolo avevano predisposte le cose in modo che il giorno dell'arrivo del Sovrano non vi fosse finestra mancante di addobbi e di lumi e che pure i portici fossero illuminati a cera.
Furono poi costruite belle macchine ed architettate ancor più belle facciate luminose nei migliori palazzi.
Progettavano le più ammirate " macchine " i Correggesi Ferdinando Baraldi, Francesco Govi, Francesco Casalgrandi, Carlo Rustichelli, Giovanni Giaroli, Francesco Gozzi, Giuseppe Saccozzi, Luigi Culzoni, Giovanni Capretti, ed altri.
A Porta Modena veniva eretto un tempietto esagonale d'ordine toscano, con cupoletta, su cui posava " la Fama " in severo atteggiamento.
In fondo al Gioco del Pallone (attuale Corso Cavour) si elevava una grande guglia che aveva la base sul vertice di una scalinata, e a uno dei lati della guglia dominava tutt'intorno una rocca merlata, costruita a somiglianza di quella esistente in passato a Correggio (La rocca così detta vecchia).
A Porta Reggio faceva bella mostra di sè una costruzione gotica, adornata da fregi, arabeschi e festoni di fiori.
Nell'interno di Correggio s'imitava con successo la facciata di Porta Modena.
Innanzi alla Basilica di S. Quirino sorgeva su di un piedistallo la statua di Antonio Allegri, posta fra due colonne. Nel piedistallo di quella che appariva una scultura, erano poste quattro lapidi con relative iscrizioni.
Il monumento, che le cronache dicono fosse bellissimo, ma non spiegano di qual materiale fosse composto, non era l'unico creato per l'occasione, poichè in Piazza S. Giuseppe, davanti alla Chiesa, sorgeva una bella statua equestre. Inoltre diversi cortili e giardini privati erano adorni di statue e tempietti.
Fra le creazioni di notevole effetto sono passate alla storia quelle adornanti i prospetti dei palazzi di proprietà di Vincenzo Lazzari e di Fulvio Rossi.
Pure le vie, come già si disse, erano tutte pavesate ed illuminate. Dal più ricco al più povero qualcosa si era fatto per rendere esternamente più festosa la casa.
L'edificio del Signor Francesco Setti era. adornato in modo da rappresentare un palazzo d'ordine composito. Le colonne sostenevano un elegante cornicione, ch'era coronato da un'aquila di grandi proporzioni. Nel piedistallo che sosteneva l'aquila Estense si leggeva una iscrizione di ossequio a Francesco IV.
In Piazza S. Sebastiano (ora denominata Garibaldi) Angelo Sinigaglia adornava la sua casa (ora sede della Banca Agricola Commerciale) con vari cerchi che circoscrivevano le finestre. Il cerchio di mezzo portava il nome del Sovrano e reggeva una fulgida corona. Rimarchevoli erano pure il cornicione dell'edificio, i fregi e i festoni che incorniciavano gli archi del portico.
Nella medesima Piazza, Ludovico Guzzoni innalzava davanti alla sua casa (ora Finzi) una piramide egizia sormontata da una grande stella. Alla base della piramide due globi luminosi recavano i nomi dei Sovrani.
Nefla Piazza che ora prende il nome di Corso Mazzini, innanzi alla casa Gozzi, si elevava pure una piramide, sormontata da una stella di Malta.
Notevoli per splendore, oltre alle nominate case, erano il palazzo Comunale, S. Quirino, il Monte del Grano ed i palazzi Zuccardi, Vernizzi e Contarelli.
Fra tante luci non mancavano certo le epigrafi, inneggianti ai Sovrani, ch'erano poste: sulla porta di Modena, sulle porte maggiori dei Templi di S. Quirino e di S. Francesco, sulla porta del Collegio e sopra il principale ingresso della fabbrica delle stoviglie.
Alle ore 14 dell'attesa giornata, il Duca e la Duchessa giungevano a Correggio, salutati dal tuono di un cannone ch'era posto sopra le mura.
All'ingresso della Città il Podestà Pietro Saccozzi dall'alto del tempietto toscano salutava dignitosamente il Sovrano facendogli offrire da un valletto le chiavi della Città.
Sua Altezza, accennato con un sorriso di gradire l'omaggio, si avviava verso il palazzo Contarelli (poi " Casa del Popolo ") fra una Compagnia di Dragoni che faceva ala al suo passaggio e seguito da un numeroso manipolo di volontari comandati dal loro organizzatore, Maggiore jacopo Corradi.
I volontari vestivano una bella e ricca uniforme disegnata per lo scopo da tal Giuseppe Agazzani. Anche la banda cittadina portava una semplice ma adatta uniforme.
La banda militare che, partendo dalla Capitale, aveva seguito i Duchi, si univa alla banda cittadina per allietare cogli inni quel giorno di festa.
Le Altezze Serenissime, sorbito un rinfresco a palazzo Contarelli, procedevano fra gli applausi sino alla Basilica di S. Quirino per ascoltare il canto dell'Inno Ambrosiano. Visitavano poi la fabbrica di stoviglie, la Giudicatura di Pace (o Pretura), la fabbrica di truciolo, il Collegio, la Caserma, l'Ospedale di S. Sebastiano, la fabbrica di tele ed infine il palazzo del Comune, ove i Sovrani si intrattenevano a parlare benevolmente colle Autorità Cittadine.
Sopraggiunta la sera, i Duchi si portavano a vedere l'illuminazione e si vuole che il Sovrano, scorgendo tanto splendore di lumi e così belle architetture, ammirasse con stupore ogni cosa e pronunciasse la nota frase che ancora settant'anni or sono faceva palpitare il cuore degli ultimi Duchisti: Correggio ha compiuto cose degne di una capitale.
In Contrada Lunga (Via Cairoli), verso S. Francesco, un bimbo per mezzo di un geniale apparecchio costruito da Francesco Casalgrandi, discendeva dall'alto di una casa in terra e presentava al Sovrano una composizione poetica: indi, compiendo un semicerchio, ritornava al luogo di partenza.
Molte furono le composizioni poetiche scritte in onore del Sovrano ed a lui consegnate per le vie e nel palazzo del Comune. Di esse se ne darà un cenno verso la fine della presente memoria.
Il Sovrano, proseguendo nella visita della Città, si soffermava innanzi alla casa di Giuseppe Giaroli per ammirare una esposizione di ritratti del Duca, ed ivi si intratteneva con diversi artisti cittadini.
Nel Palazzo del Comune riceveva poi benignamente l'Incisore Giuseppe Asioli, che gli offriva una stampa della Sacra Famiglia, di Raffaello, dedicata al Sovrano dall'Asioli. 1 di lui fratelli, Bonifazio, Luigi e Giovanni - benchè presenti a Correggio e sollecitati dall'Autorità di presentarsi al Sovrano - non vollero partecipare, per dignità, alla festa generale. Ciò benchè nessuno dei tre fratelli si potesse dire gravemente compromesso nel periodo Napoleonico.
Alle 21,30 di quel famoso 12 ottobre, le Altezze Reali lasciavano Correggio fra le generali acclamazioni dei cittadini.
Molti furono i versi che cantarono la forza, la saggezza, il genio, l'amabilità e persino la bellezza (?!) del Sovrano. Inutile sarebbe riportare quei versi perchè si assomigliano tutti e sono pieni di citazioni mitologiche e di retorica. Quasi in ogni poesia si faceva rivivere l'immortale Allegri solo perchè quest'ultimo potesse dipingere la serena effige del Sovrano in contrapposto a quella, terribile, dell'idra della rivoluzione.
Poetarono Giuseppe Saccozzi, artista e letterato; Ernesto Setti, medico e storico; Luigi Pongileoni, letterato e filosofo; il Can. Forti, già noto per la sua cauta adesione al moto rivoluzionario; Vincenzo Lazzari, industriale; Pietro Saccozzi, Podestà; Vincenzo Magnanini, Canonico; Filippo Cocchi, Giureconsulto.
Subito dopo la visita del Duca, l'Abate Antonio Gozzi dava alle stampe l'opuscolo: " Sull'arrivo in Correggio di S.A.R. Francesco IV Principe Reale d'Ungheria e Boemia, ecc. " (Carpi, Stamp. comunitativa, 1814) opuscolo da cui sono tratte, se non tutte, molte delle presenti notizie.
Fra le bolse poesie stampate in quella circostanza è degna di nota, perchè migliore, quella d'invenzione del P. Luigi Pongileoni, edita con tipi che sembrano Bodoniani, a cura della Comunità. Il volumetto porta l'insegna: " All'ombra di Antonio Allegri, detto il Correggio " (Reggio, Torreggiani, 1814).
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