Odoardo Rombaldi
Monte dei Grani e Monte dei Pegni
Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979

Vedi anche "Il monastero del Corpo di Cristo, il monastero di S. Maria delle Grazie, il monastero di S. Domenico; le confraternita, il Monte di Pieta', il Monte del Peculio" di O. Rombaldi

I Monti dei grani di Correggio e Fabbrico e il Monte Pegni di Correggio attraversarono anni difficili, i primi a seguito delle carestie- particolarmente grave quella del 1783 - il secondo per aver ammesso al prestito gli ebrei. Le carestie obbligavano le comunità e le opere pie a trasformarsi in aziende commerciali, in frumentarie ; esse contraevano prestiti per l'acquisto dei grani, li distribuivano a credenza e soccombevano per somme assai vistose o per acquisti eccedenti le vendite effettive o per l'impossibilità di riscuotere i crediti. A togliere tali sconcerti, che deformavano la fisionomia dei corpi pubblici, che favorivano speculazioni d'ogni genere e avvantaggiavano anche i proprietari che non avevano bisogno di tale assistenza, il Governo tentò di suscitare lo spirito di intrapresa che, da solo, doveva bastare a rifornire di grano il paese, e vietò agli enti pubblici di occuparsi del commercio dei grani; la legge 27 luglio 1789 colpiva anche i Monti dei grani. Fabbrico e Correggio ne fecero le difese:
"Fabbrico è un paese senza commercio e mercatura, scarsissimo di benestanti e pienissimo di povertà, e la massima parte delle entrate vengono estratte dal territorio, non restandone una ventesima parte, perchè li maggiori possidenti abitano a Modena, Reggio, Carpi, Correggio. Non ha strade buone di comunicazione coi paesi limitrofi e nella maggior parte dell'anno quasi impraticabili e nel verno particolarmente impraticabilissime" (1).
Lo stesso atteggiamento tenne il Monte grani di Correggio; sottoposto al Buongoverno nel dicembre '75 e colpito dal regolamento d'Annona dell'84 (4 agosto), difese la propria ragion d'essere, che era fondata, come dimostreranno gli eventi neccessivi; Campagnola avrà il suo Monte, voluto da certo Fusari, nel 1782.
I regolamenti del Monte pegni di Correggio avevano escluso gli ebrei, cui provvedeva il Monte del Ghetto; soppresso questo (1768), nel 1775 furono ammessi al Monte Pegni, al tasso del 5%. Nel 1783 la carestia obbligò il Monte ad uno sforzo finanziario eccezionale; ad aggravarlo contribuirono gli ebrei con mezzi anche fraudolenti. Nel '87 essi erano ammessi pagando il 6% di interesse più un 3% per spese di servizio, che essi recuperavano largamente prestando il denaro al 20% ed oltre. Il Monte chiese che gli ebrei, ritenuti causa dello sbilancio, fossero esclusi: poco più di 200 ebrei, ossia la cinquantesima parte della popolazione del Principato, che aveva diritto al prestito, in 16 mesi avevano " profittato per più di L. 30 mila della dote del Monte". "Gli ebrei non poveri hanno soverchiamente aggravato il Monte dei Pegni ed hanno impiegato il denaro per mercanzie e contratti di cui si lagnano i contraenti pregiudicati e i magistrati i più retti e onesti, e in tal modo hanno fatto sì che il Monte sorpassi la sua dote, assorbisca il denaro di altri luoghi, più contragga di debiti e vada all'annichilamento se mancano forti provvidenze" (2).
Poichè il Governo non intendeva ritirare un provvedimento da poco concesso in vista di una carestia, e aveva accordato agli ebrei la parità di diritto, il Monte si vide costretto a proporre la chiusura: "L'affluenza dei concorrenti a far propri pegni, ora che massime con Sovrano approvazione si dà l'accesso agli ebrei, è grande fuori di misura e cosi proseguirà probabilmente fino al raccolto. "
I concorrenti al prestito gratuito erano o rustici o del popolo di città: i primi dovevano esser sovvenuti dai loro padroni, gli artigiani erano poco numerosi, i possidenti potevano provvedersi in altro modo (3). In quanto alla parità pretesa dagli ebrei, questi non godevano tutti i diritti: "non vengono ammessi ai pubblici impieghi, sono esclusi dagli ospedali, non ricevono biave dai monti frumentari, non hanno sussidi dotali, nè elemosine", perciò potevano esser esclusi dal Monte (30 luglio 1787). La Camera dei Conti accolse alla fine questa tesi e li escluse (4).
Da questo dibattito, il problema del credito alle imprese non emerge se non come un'esigenza sentita dagli ebrei, che si riversa sul Monte, che era di sua natura ente assistenziale; a nostro avviso, come tale doveva assicurare anche gli ebrei, evitando però le frodi, e al credito ordinario si doveva provvedere in altro modo; ma questa strada era ancora fuori di ogni congettura e si restò nel campo puro e semplice dell'assistenza, escludendone gli ebrei, che si temevano.
La Deputazione ebbe l'amministrazione di 1617 biolche di terra; per queste formò alcuni capitoli che serviranno di norma ai successivi contratti; scopo era quello di ricavare tutto il vantaggio possibile da una regolata gestione. 1 contratti avevano la durata di sei anni, i canoni di affitto dovevano pagarsi in due rate, 15 agosto, 30 dicembre. Tutti i fossi dovevano scavarsi ogni tre anni, con la terra di riporto si dovevano alzare gli argini; ogni anno si dovevano rifare "carrata, cavedagne, regolare il livello dei campi, colmando le bassure per assicurare il perfetto scolo"; le piante mancanti dovevano essere sostituite, il tavoliere (vivaio) doveva vangarsi due volte l'anno (maggio e novembre), corte e orto dovevano essere chiusi, le concimaie tenersi a 4 braccia almeno dalla casa, era vietato ristoppiare il frumento, seminar melghetti e frumentone e questo solo in proporzione della biolcatura, era vietato portar fuori podere letame e fieno, tagliar alberi, gravare i mezzadri (5).


1 A. S. MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 227
2 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 221, 1787, 13 luglio
3 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 222, 1788, 16 febbraio
4 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, bb. 221, 1787, 30 luglio
5 A.S.MO. Suprema Giunta di Giurisdizione, b. 223