Reperti archeologici e numismatici - G. Fabbrici

Parlare di archeologia correggese è un po' come cercare di ricostruire un mosaico in cui a poche tessere ben definite fanno da contrappunto moltissime tessere bianche o comunque dai contorni e dal colori assai sfumati. Tante e tali, infatti, sono state le trasformazioni morfologiche e idrauliche susseguitesi nel corso dei secoli che il territorio stesso ha conosciuto mutamenti radicali.

Basterà riflettere, a puro titolo di esempio, sul fatto che lo strato di sedimenti alluvionali raggiunge, in non poche aree del correggese, valori compresi tra i quattro e i sei metri di spessore per rendersi conto dell'imponenza dei fenomeni.

D'altra parte è noto, grazie alle ricerche storiche che oggi possediamo, come il correggese per secoli sia stato interessato dal continuo variare del percorso di numerosi corsi d'acqua, primo fra tutti il torrente Crostolo del quale un ramo orientale ancora in pieno Medioevo lambiva il centro storico.

Il materiale esposto nella sezione archeologica del Museo, integrato da un'opportuna documentazione cartografica, riflette molti passaggi di questa storia, documentando alcuni siti archeologici correggesi urbani ed extraurbani tra l'età preromana e il Medioevo attraverso materiali che, seppure allo stato frammentario e di tipologie per molti aspetti assai comuni e conosciute, risultano purtuttavia di estremo interesse in sede locale quali testimonianze materiali della storia più antica del territorio.

L'età preromana nel correggese è caratterizzata essenzialmente dagli importanti sepolcreti scavati, in un cospicuo arco di tempo e con prolungate interruzioni, da don Gaetano Chierici prima e Arsenio Crespellani poi in località Madonna Quattro Vie, all'immediata periferia cittadina, tra il 1883 e il 1890.

I risultati furono eccezionalmente rilevanti. Lungo un antichissimo paleoalveo del torrente Tresinaro venne scavata una strada sepolcrale larga 3-4 metri, probabilmente riconducibile all'intervento di riorganizzazione del territorio e di razionalizzazione degli insediamenti che gli Etruschi misero in atto tra il VI e il V secolo a.C.

Sul lato opposto furono poste in luce, in uno spazio di circa 100 x 50 metri, dieci sepolture contrassegnate da ciottoli di fiume. Costituite da grandi dolii contenenti ossa umane calcinate, restituirono ricchi corredi (fermagli di cintura, collane di perle di vetro policromo, pendagli, fibule in bronzo, fuseruole in terracotta, un elaborato fermaglio per cintura in lamina di bronzo ed altri oggetti di corredi femminili) databili tra il VI e il V secolo a.C., purtroppo andati quasi completamente dispersi già sul finire del XIX secolo. Le strettissime analogie tipologiche tra questi ritrovamenti e altri di una larga fascia posta tra Lombardia ed Emilia occidentale hanno indotto autorevoli studiosi a riconoscervi affinità tali e un aspetto culturale del tutto omogeneo tanto da parlare di facies di Sant'Ilario Correggio o di Sant'Ilario-Correggio-Remedello (dai nomi delle cittadine reggiane - Sant'Ilario e Correggio - e bresciana - Remedello - in cui tali testimonianze vennero trovate). Assai più controverso, invece, è il ritrovamento occasionale, avvenuto in pieno centro urbano negli anni venti di questo secolo, di resti di strutture lignee definite, all'atto della scoperta, palafitte e ascritte, un po' troppo semplicisticamente, al periodo terramaricolo. La mancanza di attendibili documentazioni sul contesto stratigrafico in cui esse si collocavano e un alone di incertezza complessiva che circondava (e circonda tuttora) il ritrovamento, rendono tuttavia assai dubbia tale ipotesi al punto che non si possono escludere, anzi sono da valutare con estrema attenzione, alcune recenti proposte sia in tema di datazione (spostata ad un periodo di gran lunga più recente, cioè all'età romana) che di funzione (resti di una struttura posta a difesa lungo il corso del torrente Crostolo o di un porto fluviale?) che si discostano sensibilmente dalle ipotesi tradizionali.

Se per il periodo che va dal IV al II secolo a.C. non sono note, almeno al momento, tracce archeologiche certe, in piena età romana, dalla seconda metà del I secolo a. C. in poi le testimonianze materiali si fanno più consistenti, pur rimanendo sempre nell'ambito di un elevato indice di frammentarietà e sporadicità.

Dagli inizi del Seicento in poi i ritrovamenti succedutisi nel territorio, purtroppo sempre occasionali e mai frutto di organiche campagne di scavo, hanno permesso di fissare una prima e parzialissima mappa dei siti archeologici correggesi: Fosdondo (sepolcreto e cippo limitaneo), Fazzano loc. Imbreto (reperti fittili e monete del III secolo d.C.), San Martino di Correggio (sepolereto, frammenti fittili e reperti vitrei), Lemizzone (frammenti fittili, lapide degli Antistii della seconda metà del I secolo a. C., tracce di una villa rustica), San Prospero loc. Cava Casanova (frammenti fittili, manubriati e resti di fornace) e Mandriolo (lapide di Aninia Ge.) Particolarmente importante fu proprio quest'ultimo ritrovamento: la lapide, infatti, presenta un raro cognomen di tipo greco che apparenta questa donna, ritenuta meritevole di essere tramandata ai posteri per avere dedicato un recinto sacro alle Giunoni (dee madri celtiche), ad una Pettia Ge. ricordata in una stele della necropoli di San Maurizio di Reggio Emilia.

Anche il centro storico di Correggio ha restituito, dal 1750 alla metà dell'Ottocento, materiali d'epoca romana. Si pensi alla distrutta epigrafe di Lucius Sertorius, all'epigrafe di Lucius Petronius Caprarius (murata all'interno della chiesa della Madonna della Rosa), ai resti del "colossale monumento" rinvenuti nell'area dell'attuale Teatro Comunale "B. Asioli" verso il 1850, oltre ai ritrovamenti sporadici di non piccole quantità di reperti frammentari in molte zone del centro cittadino. La testimonianza più significativa e conosciuta dell'epoca romana nell'antico principato correggese è il grande leone marmoreo, databile tra il II e il IV secolo d. C., oggi collocato sotto il porticato del Palazzo dei Principi. Ultimo sopravvissuto di quattro leoni e di due urne cinerarie che ornavano il grande monumento funerario di Caius Fuficio Hila?*io (un personaggio di alto rango, sicuramente magnatizio, se si considera l'imponenza del manufatto sepolcrale), venne rinvenuto agli inizi del Seicento a Rio Saliceto. Fu da Siro da Correggio posto, l'anno 1623, sul sagrato antistante la chiesa della Madonna della Rosa e nel 1930 definitivamente trasferito nella sede attuale. In quell'occasione venne ricongiunto anche alla lapide che ricorda il personaggio cui il sepolcro era dedicato.

Le caratteristiche stilistiche del leone, scultura di notevole dignità formale e di ottima fattura, lo apparentano ad altri leoni funerari rinvenuti nell'Italia settentrionale e datati, appunto, all'età giulio-claudia.

In questa prospettiva un rilievo particolare assumono i materiali rinvenuti nell'arco degli ultimi due decenni in affioramenti superficiali nelle cave d'argilla site nella frazione di San Prospero di Correggio in località Cava Casanova. Al di là della natura specifica dei reperti (frammenti di ceramica grezza, di manubriati e dolii, di intonaci colorati, un rasatore per mattoni sufficientemente integro), essi costituiscono la documentazione della presenza, in piena epoca romana (probabilmente tra Il e IV secolo d. C.), di una fornace (o di un gruppo di fornaci, vista l'estensione dell'area di affioramento). Le implicazioni di questa presenza sono evidenti e importanti, potendo mettere in rapporto diretto questa fornace (o gruppo di fornaci) con la necessità di supportare con opifici locali un'attività edilizia di un certo rilievo posta in essere nel territorio correggese.

Se, dunque, i ritrovamenti effettuati fino all'Ottocento hanno consentito di ricostruire una prima, abbozzata mappa dei siti archeologici, il secolo XX, sotto questo profilo, si è rivelato di non minore importanza. Sempre rimanendo in area extraurbana, un ideale ponte tra l'età romana e l'età medioevale è costituito da un'area archeologica di grandissimo interesse: le Motte di Canolo, rialzi artificiali di terreno che celano i resti dell'antico castello già della famiglia Lupi (documentato fino al XIV secolo).

La quantità di frammenti ceramici è rilevante. Si va da ceramiche ad impasto grezzo, bruno-rossastro e nero, con evidenti tracce di nerofumo, a ceramiche più fini (aretine e pseudoaretine, ad impasto nero). Non mancano frammenti di recipienti in pietra ollare, di mattoni e manubriati, nonché utensili in ferro e bronzo, scorie di fusione, un peso da telaio e una statuina rozzamente scolpita. Ciò che è importante sottolineare è l'ampio arco cronologico in cui questi reperti si collocano, che va dalla tarda romanità (IV-V secolo d.C.) in poi.

Provenienti dall'area del castello sono anche altri frammenti ceramici di recipienti caratterizzati da impasto grossolano grigio-nerastro o bruno, ma soprattutto da anse a nastro e decorazioni unghiate che inducono a ricondurli ad un ambito culturale etruschizzante e a pensare ad una datazione assai più antica rispetto agli altri reperti (VI-V secolo a.C.). Quasi coevi, quindi, ai ritrovamenti di Madonna Quattro Vie.

Altri siti del territorio correggese sono sporadicamente documentati da consueti frammenti di ceramica d'uso d'epoca tardoimperiale e da frammenti di manubriati.

In ambito urbano, i ritrovamenti effettuati negli anni sessanta e settanta in occasione di interventi edilizi di varia natura (posa di cavi elettrici, ristrutturazione del palazzo ex-Cagarelli in via Carlo V, ristrutturazione della casa parrocchiale in corso Cavour) hanno permesso il recupero di un'eterogenea, ma assai significativa tipologia di reperti d'epoca romana, medioevale, rinascimentale e tardorinascimentale.

Durante la posa di cavi elettrici da parte della Società ENE L sono stati recuperati frammenti di recipienti, vasi e ciotole, in ceramica graffita e polieroma, provenienti da botteghe ferraresi e bolognesi dei secoli XIV-XVI, alcuni dei quali presentano bei profili di donna (coppe amatorie). Dallo scavo del palazzo ex-Cagarelli provengono numerosi frammenti ceramici e vitrei (ampolle, lacrimatoi, piccoli contenitori) d'età romana e una rilevantissima quantità di frammenti di ceramiche graffite e invetriate di manifatture toscoemiliane dei secoli XVXVIII. Non mancano reperti ossei di animali domestici (asini, cavalli, cani) e non (cinghiali).

Questo scavo, attentamente documentato, ha permesso di fissare nelle quote comprese tra m 1,50 e m 4,50 sotto l'attuale piano stradale lo strato archeologicamente interessante in area urbana.

Il medesimo ambito cronologico e la stessa tipologia di materiali sono riscontrabili anche da quanto proviene dagli scavi e dallo sbancamento effettuato per la costruzione dell'oratorio annesso alla basilica di San Quirino, da cui proviene uno dei pochissimi reperti integri recuperati nel correggese: un lacrimatoio-balsamario vitreo d'epoca tardoromana (fabbriche di Aquileia?).

A completamento della sezione archeologica sono esposti esemplari di monete coniate dalla zecca di Correggio tra il 1569 e il 1630, provenienti dalla raccolta del numismatico correggese Mario Farina, e due interessanti tessere-gettoni, la prima datata 1591 e al nome dei conti Camillo e Fabrizio, la seconda emessa dal principe Siro in occasione della rappresentazione del dramma Il Pastor Fido nel 1621.

Concessa nel 1559 e attiva dal 1569 sotto la conduzione di Giovanni Antonio Signoretti, uno dei più prestigiosi zecchieri reggiani del Cinquecento, la zecca di Correggio emise monete anonime dei conti Giberto, Fabrizio e Camillo (primo periodo, dal 1569 al 1580), dei conti Fabrizio e Camillo (secondo periodo, dal 1580 al 1597), del conte Camillo (terzo periodo, dal 1597 al 1605), di Siro conte (quarto periodo, dal 1605 al 1616) e di Siro principe (quinto periodo, dal 1616 al 1630). Fino al 1605 l'attività della zecca è caratterizzata da un andamento normale e da emissioni qualitativamente accettabili che ebbero notevole diffusione non solo sui mercati locali, tanto da fare di Correggio una delle officine monetarie più interessanti nel più complessivo panorama dell'Italia settentrionale del tempo.

Nei decenni che seguono il succedersi di sempre più frequenti e gravi episodi di adulterazione e di smaccata falsificazione di monete costituirono il pretesto per mettere in stato di accusa il principe Siro e dichiararlo decaduto (1630).


Monete anonime dei conti Giberto, Fabrizio e Camillo da Correggio

l. Giulio da 8 soldi con stemma e san Quirino (CNI 59 var.; Mioni-Lusuardi 11)

2. Giulio da 8 soldi con stemma e san Quirino (CNI 71 var.; Mioni-Lusuardi ibid.)

3. Cavallotto da 6 soldi con san Quirino (CNI 113; Mioni-Lusuardi 17, con var.)

4-5. Cavallotto da 6 soldi con san Quirino (CNI IU-119; Mioni-Lusuardi ibid.)

6. Parpagliola da 3 soldi con scudi e aquila (CNI 140; Mioni-Lusuardi 20)

7-9. Soldo con arme e san Quirino (CNI 148-153; Mioni-Lusuardi 22)

10. Soldo con arme e san Quirino (CNI 151; Mioni-Lusuardi ibid.)

11-12. Sesino con santa Reparata (CNI 158-168; Mioni-Lusuardi 24)

13-14. Sesino con aquila e san Quirino (CNI 169; Ilioni-Lusuardi 25)

15. Sesino con aquila e san Quirino (CNI 171; Mioni-Lusuardi ibid.)

16. Sesino con arme e Beata Vergine (CNI 179-183; Mioni-Lusuardi23)

17. Sesino con Beata Vergine (CNI 182; Mioni-Lusuardi ibid.)

18. Quattrino con arme e san Quirino (CNI 198?; Mioni-Lusuardi 27)

19. Quattrino con arme e san Quirino (CNI 199; Mioni-Lusuardi ibid.)

20. Quattrino con arme e san Quirino (CNI 200; Mioni-Lusuardi ibid.)

21. Quattrino con arme e san Quirino (CNI 206; Mioni-Lusuardi ibid.)

22. Quattrino con arine e san Quirino (CNI 213; Mioni-Lusuardi ibid.)

23-24. Quattrino con scritta su tre righe e san Quirino (CNI 214219; Mioni-Lusuardi 28)

25-26. Quattrino con san Quirino e croce fogliata (CNI 220; MioniLusuardi 29)

27-29. Quattrino con san Quirino e croce fogliata (CNI 220-224; Mioni-Lusuardi ibid.)

30. Quattrino con L e san Quirino (CNI 225-230; Mioni-Lusuardi 30)

 Monete al nome del conte Camillo

31-32. Camillino da due soldi con testa nuda e stemma (CNI 44-62; Mioni-Lusuardi 58)

33. Sesino con busto e aquila coronata (CNI 64-74; Mioni-Lusuardi60)

Monete al nome di Siro conte

33. Moneta da tre soldi con busto corazzato e stemma (CNI 2-4; Mioni-Lusuardi 62)

34. Soldo con testa nuda e cuore trafitto (CNI 10-11; Mioni-Lusuardi64)

Monete al nome di Siro principe

35. Fiorino con aquila bicipite e scudo coronato (CNI 93; MioniLusuardi 86)

36. Moneta da otto soldi con busto corazzato e Beata Vergine (CNI 119; Mioni-Lusuardi 90)

37. Moneta da otto soldi (variante inedita con.8.; CNI manca, Mioni-Lusuardi manca)

38. Moneta da quattro soldi con arme e san Giovanni austriaco (CNI 130; Mioni-Lusuardi 93)

39-40. Moneta da tre soldi (?) con busto corazzato e scudo coronato (CNI 138-145; Mioni-Lusuardi 97)

41-42. Moneta da tre soldi (?) con busto corazzato e scudo coronato (CNI 143; Mioni-Lusuardi 97)

43. Moneta da tre soldi (?) con busto corazzato e scudo coronato (CNI 144 var.; Mioni-Lusuardi 93)

44-47. Sesino con busto corazzato e aquila (CNI 146-152; Mioni- Lusuardi 101)

48. Sesino con testa nuda e aquila (CNI 153; Mioni-Lusuardi 102)

49. Sesino con busto corazzato e aquila (CNI 160; Mioni-Lusuardi 101)

50-51. Sesino con busto e stemma (CNI manca; Mioni-Lusuardi manca)



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