Odoardo Rombaldi
Dal 1882 al 1914
Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979

Un'altra coppia di giornali: la Voce del popolo e Il Risveglio democratico di Correggio (1) sono una fonte documentaria assai interessante per i primi quindici anni del secolo XIX, fino alla Guerra Mondiale, con cui chiudiamo questo profilo della Correggio Ottocentesca.
Il partito liberale trovò il suo capo in un uomo che per le sue doti, per la capacità di lavoro e la fedeltà alla lotta politica domina la vita pubblica di Correggio per molti anni, si distingue nei lavori parlamentari e raggiunge posti di responsabilità nel governo. Vittorio Cattafavi, deputato dal 1895, nel discorso elettorale pronunciato nell'imminenza delle elezioni politiche a suffragio universale maschile (31 agosto 1913) (2) chiedeva di esser confermato nel mandato presentando questo curriculum:
"Fui apostolo della previdenza popolare e della Cassa Nazionale quando erano quasi sconosciute ai più; le difesi contro gli artifici di una concorrenza sleale che preparava agli ingenui amari disinganni; per gli emigranti del Canadà e contro la schiavitù del Benadir spesi più volte la mia parola, mi adoperai per la coscrizione obbligatoria dei militari, dei lavoratori e dei contadini alla Cassa Pensioni, per l'esenzione postale ai soldati poveri, per l'assegno alle famiglie dei richiamati e per il riordinamento della Cassa Pensioni ferroviarie. Proposi [ ... ] ed ottenni la facoltà di rinuncia allo Stato dei crediti inesigibili, l'esenzione delle piccole fortune dalla tassa di successione ed altri provvedimenti che si collegano al concetto di una misurata progressività delle imposte. Fui favorevole all'insegnamento gratuito, alla diminuzione della gravosa tassa pesi e misure, alla limitazione dei dazi di prima necessità---. [ ... ].
Egli si era battuto perchè gli errori giudiziari fossero risarciti, aveva osteggiato le sette segrete e la Massoneria in particolare, si era adoperato per la diffusione del credito agrario e la difesa dei prodotti, sostenendo i warrants agricoli, ossia prestiti su prodotti agrari invenduti, che il proprietario costituisce a pegno in casa propria, con facoltà di vendita, da utilizzarsi soprattutto dai produttori di vino. Per l'immediato avvenire egli proponeva: libera evoluzione di progresso e concordia civile, e riforme senza a privilegi di classe e di numero. Avverso al Socialismo marxistico dichiarava:
"Non è abbassando la bella personalità umana al semplice concetto di un rapporto di produzione che si può sperare una più grande perfettibilità umana e l'evoluzione della vita sociale; noi crediamo che la lotta di classe, che conduce a battaglie senza fine, sia fatale al paese e al proletariato, i progressi ottenuti senza violenza di lotte sono più duraturi".
Il programma del Cottafavi va dunque esaminato sotto duplice profilo: quello amministrativo e quello politico. Persuaso che governare è amministrare, egli si distingue per l'azione paziente, capillare, diretta a operare sulle cose che, se paiono prive di importanza, in realtà incidono nella vita quotidiana; in ciò egli fu degno seguace di Giolitti, di cui fu sottosegretario alle finanze nel terzo ministero, dall'aprile 1907 al dicembre 1909.
Ma dal Giolitti, egli, ammiratore e sostenitore del Crispi, dal 1895, si staccò da quando, dopo la guerra di Libia, cominciò ad esaltare alcuni motivi propri della Destra nazionalistica, principale quello che vedeva nella conquista della quarta sponda uno sfogo per l'esuberante popolazione italiana:
"non quindi una minaccia imperialistica, nè furor militare, ma guarantigia de nostri confini e tutela dell'emigrante italiano ci animarono a non lasciar che quei lidi venissero in poter d'altri,"
concetto che, con altri connessi, il Cottafavi illustrò e propagandò in resoconti di viaggio, articoli e conferenze (3). Tale evoluzione si accentuò molto rapidamente dopo la guerra di Libia, certo anche per l'orientamento impresso dalla Monarchia, cui fu devotissimo, al governo della Destra, fino a portarlo a fianco degli interventisti e ad evidenti concordanze con questi, come dimostra la pubblicazione, nella Voce del popolo, dell'articolo di Mussolini sul primo numero del Popolo d'Italia, in cui si propugnava l'intervento nella guerra (4).
Sottosegretario all'agricoltura nel ministero Salandra, egli manifestava il suo orientamento nazionalistico quando al concetto di classi sostituiva quello di nazione:
"le origini del partito liberale possono essere borghesi ma le sue tendenze, l'opera sua, i fini cui tende sono nazionali. Il partito liberale tutela, propugna e difende i diritti di tutte le classi; il partito liberale non serve al capitale nè alla mano d'opera, non intende danneggiare la borghesia per servire al proletario, nè combatte questo per favorir quella" (5).
Libertà nell'ordine, collaborazione di classe, concordia civile sono le massime che più tornano nei suoi discorsi.
Il suo nazionalismo non si legò a progetti di espansione del capitalismo industriale o finanziario bensì alla colonizzazione agraria, ma per questa egli non pensò a grandi imprese di sfruttamento agricolo, di tipo capitalistico o cooperativistico, ma ai piccoli proprietari, senza però domandarsi quale dovesse essere la parte dello Stato.
Lo stesso concetto della proprietà applicava al suo Collegio:
"La forza di un grande paese - scriveva - non si misura alla stregua delle ingenti fortune individuali ma soprattutto dalla quantità e mobilità delle piccole e medie fortune". "Questa piccola proprietà, per la quale io mi interesso, non è tale in quanto rappresenti frazionamento di stabili in possesso di un solo proprietario, ma in quanto è l'unico retaggio di una determinata persona o famiglia che ha diritto di esser favorita e protetta appunto perchè non ha che tale ultima risorsa. Le imposte erariali e gli aggravi che gli enti locali fanno pesare sulla piccola proprietà, quando questa non arriva a certi limiti, dovrebbero esser completamente aboliti" (6);
dunque, non servire il capitale nè la mano d'opera in un momento in cui la grande industria trasferiva all'agricoltura il modello della grande impresa, questo arroccarsi sulla piccola proprietà ha un significato poco comprensibile e poco aggiornato. Pure, conseguente nel suo concetto, voleva il credito a favore dell'agricoltura e chiedeva che le Casse di Risparmio lo praticassero, poichè le Casse Rurali non bastavano (7).
Passiamo ora dal programma all'azione concreta. Qui, i conti si debbono fare non solo col maggior esponente ma con quella che fu detta la consorteria; se nessuno è profeta in patria, non lo fu neppure il Cottafavi, contro il quale si accanì per molti anni la coalizione avversaria formata
da radicali e socialisti. Che l'azione della consorteria non fosse esente da difetti, e anche gravi, è provato dalla scioglimento dell'amministrazione comunale, decretato dal Governo il 5 aprile 1912 per gravi irregolarità. Alle critiche avversarie il Cottafavi contrapporrà le opere effettuate: il Liceo-Ginnasio passati allo Stato, il Ricovero, il Teatro, e perfino l'acquisto di grano in tempo di carestia, a proprie spese, da rivendere a basso prezzo di costo per mantenere il prezzo del pane a 35 c.mi il Kg. (8).
Per questo modo paternalistico di amministrare-governare fu coniato il termine cottafavismo; si coglieva in questo non solo il proposito di non dividere il potere con l'opposizione, che può essere legittimo, ma di gestirlo in esclusiva anche in dispregio delle leggi, senza un cedimento alle tesi dell'avversario, non solo quelle che riguardano i grandi principi ma quelle che potevano contribuire a risolvere i problemi dell'economia cittadina, manifatturiera e commerciale, quando esistesse, o crearla se non vi fosse, ad affrontare le difficoltà dei nullatenenti, cui solidarietà e cooperazione potevano dare sollievo o efficace rimedio.
La chiusura alla cooperazione riguardava anche gli agricoltori e l'agricoltura, il campo che il partito liberale riservava alla sua quasi esclusiva influenza. 1 radical-socialisti andarono propugnando case operaie e cantine sociali ed ebbero in ciò l'appoggio autorevole degli organi tecnici, della Cooperazione e della Cattedra Ambulante di Agricoltura, e l'esempio di quanto si andava realizzando nella provincia di Modena, a Carpi, Concordia, S. Possidonio, e nel Reggiano, a S. Martino in Rio.
Il tono aspro e spesso offensivo dell'organo radicale prova una lotta senza quartiere contro la consorteria settaria, esacerbata talora da questioni personali. Gioverà perciò sollevarsi al di sopra dei motivi contingenti, anche se non infondati, e vedere quanto la lotta stessa servisse a metter in luce i fatti, a confronto i punti di vista, a trovare vie d'uscita a vantaggio di tutti.
Fin dal 1905 il Risveglio proponeva la fondazione di una cantina sociale per porre un limite "contro lo potere che su di noi praticano i mediatori, l'insufficienza dei vasi vinari, la pochezza del servizio ferroviario, la spietata concorrenza, la mancanza di intervento del Comune" (9). Dopo vent'anni di sforzi, gli agricoltori avevano ottenuto sicuri successi nella vini-viticoltura ma non erano protetti dai pericoli che potevano provenire dalla discesa dei prezzi, dalla politica commerciale, dalla concorrenza estera; occorreva dunque che gli agricoltori disponessero di organi di informazione e di tutela.
"La produzione normale delle nostre uve e dei nostri latticini è sensibilmente aumentata; in ogni anche piccolo poderetto si conosce ora e si apprezza l'uso dei concimi chimici, del solfato, del gesso agrario, delle macchine (seminatrici, aratri, rulli), in ogni nostro casolare è ora diffuso ed apprezzato l'ottimo Agrimensore Reggiano, il miglior divulgatore dell'insegnamento agrario. Ma all'aumento dei prodotti e conseguente aumento di spese non corrisponde una sufficiente stabilità dei prezzi e noi vediamo oggi le nostre uve sensibilmente ribassate, i nostri vini poco o nulla ricercati, il burro e il formaggio in continua allarmante discesa" (10).
Ora, secondo il Risveglio, gli agricoltori dovevano disporre di Casse Rurali, consorzi, latterie sociali, associazioni per l'acquisto collettivo delle macchine, per l'assicurazione del bestiame e dei prodotti, di uffici statistici, di vendita, di collocamento. L'agricoltura correggese aveva nelle sue dimensioni piccolo-medie il suo punto di forza e la sua debolezza; la piccola proprietà consentiva la coltura intensiva ma era indifesa di fronte alle crisi di sovraproduzione e alla mercè di intermediari scaltri. La mancanza di credito costringeva i piccoli proprietari a svendere i prodotti; di qui la proposta del Cottafavi di introdurre i warrants. Alla consorteria il Risveglio rimproverà di aver distrutto gli enti di credito:
"Cassa di Risparmio, Banca Mutua Popolare sono ormai un triste ricordo per noi, esse che avrebbero potuto e dovuto vivere vita rigogliosa e forte, esse che
erano sorte pei bisogni locali e collo scopo di servire da molla propulsoria alla nostra agricoltura e alle nostre industrie; esse, che s'erano lodevolmente proposte di far della nostra Correggio un centro agricolo industriale forte e potente, sono invece finite miseramente, trascinatesi dagli interessi loschi e parassitari di una camarilla che, dovunque è passata, ha portato sfacelo, disordine, rovina- (11).
L'accusa è veemente e vorremmo conoscere le vicende che portarono questi enti di credito alla liquidazione.
Gli agricoltori Correggesi, constatato l'alto reddito dell'uva e del vino, avevano fatto di questi l'asse portante dell'economia aziendale e di quella del distretto.
Il Risveglio scriveva:
"Dalla stazione di Correggio sono partiti circa 800 carri di uva del peso medio di 8 tonnellate l'uno e, calcolando l'uva la prezzo di L. 15 il quintale, un bel milioncino è entrato nelle tasche nostre".
Ma un'economia che si reggeva su un solo prodotto era esposta a gravi pericoli. Qui, i tecnici davano la mano ai politici. Fin dal 30 novembre 1903 L'Agricoltore Reggiano aveva pubblicato un articolo: Come vorremmo sistemati i fondi del Correggese, che era un programma di trasformazione:
"Ciò che rende riprovevole l'agricoltura del Correggese e di parecchie altre plaghe è quell'aspetto di selva, è quella prepotenza che si concede alla vite, che si traduce in prodotti irrisori di frumento e di frumentone e in scarsi malsicuri tagli di prato. Il nostro programma sarebbe questo: ammassare, nei ritagli di terreno o in una parte del fondo, tutta la vite, sia sotto forma di vigna, sia sotto forma di filari di alberi vitati vicini, tenendo il terreno sotto questa grande vigna,
prato di erba medica o naturale.
Togliere almeno uno su due, o meglio due su tre attuali filari per avere appezzamenti larghi, aperti, in cui si possa lavorare a proprio agio e coltivare a dovere le piante erbacee". Si dovevano inoltre approfondire i lavori, fare i medicai con tante concimazioni, provare le concimazioni potassiche nei terreni bianchi, costruire concimaie a platea e pozzetto impermeabili, nelle terre bianche sostituire il piantume con qualche altra sarchiatura, metter sempre il frumento dopo piante miglioratrici, svecchiarlo, seminarlo a righe, e ritenere che i paesi, la cui ricchezza non dipende che da un solo prodotto (uva) non sono mai al sicuro da cattive e dolorose sorprese.
Intanto la monocultura, che rispondeva al giusto bisogno di specializzazione, aveva elevato le capacità tecniche dei coltivatori e promosso l'aspirazione ad un livello di vita superiore. Se ne faceva interprete l'Agricoltore Reggiano quando constatava che nel Correggese, caratterizzato dalla piccola coltura e dalla piccola e media proprietà, i fittabili erano la grande maggioranza che vi era vera avidità di imparare e spirito accentuato di emulazione, e chiedeva , per Correggio una cattedra d'agraria annessa alla Scuola Tecnica, di organizzare il commercio delle uve e dei vini, facendo la monografia e la guida dettagliata del comune, delle sue terre, dei suoi vitigni, dei produttori e degli usi generali:
"Correggio deve affermarsi non solo per la sua produzione ma ancora per la razionalità, serietà, correttezza del suo commercio, che va purgato da tutto quanto lo può ora inquinare"; occorreva inoltre organizzare gare e piccoli concorsi per coltivazioni e pratiche agrarie.
L'esigenza di una scuola agraria era ripresa un anno dopo:
"In una zona ove sono tutti agricoltori, ove la piccola proprietà coltivatrice è la regola, ove su 7800 ha. vi sono più di 30 caseifici e si producono quasi 500 mila q.li di uva una scuola tecnica agraria potrà dirsi superflua o fuori posto" (12).
Se la scuola tecnica restò mera aspirazione, anche il progetto della cantina sociale non trovò accoglienza nel ceto proprietario, chiuso nel proprio modo di possedere e convinto che non ve ne fosse un altro. Fatto importante, gli esempi dei centri vicini e la propaganda dei tecnici (1907) non superarono la repugnanza dei proprietari; la crisi vinicola del 1908, se suscitò lo spirito di cooperazione e portò a fondare cantine sociali nei centri vicini, non smosse la resistenza dei produttori correggesi; solo nel 1912 la ditta Giacomo Righi, proprietaria di un enopolio capace di 20 mila hl. a Campagnola, ne fondava uno a Correggio, capace di 10 mila hl. vicino alla stazione, allacciato alla linea ferrata.
La crisi viti-vinicola costrinse i produttori a trovare un sostegno nell'allevamento. Per questo, Correggio era una zona intermedia tra la razza reggiana e quella modenese. Nel 1906 si costituiva l'Associazione allevatori bestiame bovino, col fine di perfezionare le razze e - allevare razionalmente il bestiame; si tennero parecchie mostre, nel marzo e nel luglio 1906, nel 1909 e '10, per esporre i risultati delle selezioni operate, in genere, nella varietà carpigiana (13).
Economia e politica si intracciavano dunque più strettamente che non paia. Il partito radical-socialista, incalzando l'avversario in ogni questione, riuscì a riportare un successo nelle elezioni amministrative per il rinnovo parziale dei consigli comunale e provinciale, del luglio 1910; tre consiglieri radicali si affermarono, ma il Consiglio comprendeva tuttavia 24 membri liberali, e 6 democratici. Il successo di questi ebbe notevole eco ma portò anche i socialisti a rompere l'alleanza con i radicali e a presentarsi ormai a viso aperto; ciò che rendeva inconciliabili i due partiti era la lotta di classe, rifiutata dai radicali, che si presentavano come partito inter-classista. La rottura avveniva nel maggio 1913, alla vigilia delle elezioni politiche a suffragio maschile universale. Il Collegio di Correggio contava 16404 elettori; alle elezioni di ballottaggio (3 novembre) i votanti furono 13937; il Cottafavi portò i suoi voti da 6436 a 7560, riportando la vittoria sullo Storchi, socialista, che passava da 5622 e 6371 voti; risultò eliminato l'avv. Mario Cattania, radicale, che nel primo scrutinio aveva ottenuto 829 voti.
La popolazione del comune, in dieci anni, 1901-1911, era salita da 14445 a 16996 abitanti, gli elettori da 2460 a 4544. Il progresso aveva portato in città l'illuminazione elettrica e il collegamento automobilistico tra i più importanti centri abitati (1905).


1 La Voce del popolo, organo settimanale dei Partito liberale Monarchico, dei Collegio di Correggio, esce dal 7 gennaio 1912
Il Risveglio democratico di Correggio, esce dal 24 gennaio 1904
2 La Voce del Popolo, 1903, n. 36.
3 La Voce del Popolo, 1912, nn. 1 - I terreni di Tripoli ai combattenti, 2 - L'idee dell'on. Cottafavi sulla Tripolitania; 4 - Da Tripoli italiana, di V. Cottafavi; 6 - Le impressioni dell'on. Cottafavi sulla Tripolitania; 7 - La nuova colonia di Italia, conferenze di V. Cottafavi.
4 La Voce del Popolo, 1914, n. 45, 22 novembre.
5 La Voce del Popolo, 1914, n. 12.
6 La Voce del Popolo, 1913, n. 36, 1913, n. 9
7 La V¢ce del Popolo, 1913, n. 17.
8 La Voce del Popolo, 1913, nn. 48,50.
9 Il Risveglio; 1905, 5 febbraio.
10 Il Risveglio, 1905, 19 febbraio.
11 Il Risveglio, 1905, 2 aprile,
12 L'Agricoltore Reggiano, 1905, 1 gennaio.
13 Il Risveglio, 1906, n. 54, l'Agricoltore Reggiano, 1906, 11,24 febbraio, 25 marzo, 8 luglio.