Odoardo Rombaldi
Il ripiegamento dal Po e dall'Enza su Correggio
Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979

Dal 1454 (pace di Lodi) comincia il ripiegamento dei da Correggio nel territorio di partenza, accelerato dalla perdita del distretto ad est dell'Enza: di Brescello e Castel Novo specialmente.
Fin dal 1454, infatti, gli Estensi, ammaestrati dalla guerra di successione al ducato di Milano e dalla emergente signoria di Francesco Sforza, cominciarono a pensare di dare più salda difesa al confine occidentale del loro stato, mediante l'acquisto della linea dell'Enza; la partita, giocata a Milano, vedeva i da Correggio battuti in partenza. Già nel 1454, Ferrara giustificava a Milano l'occupazione di alcune terre durante la guerra allora cessata osservando che:
"se la caxa da Este non le havesse cussì acceptate, le andavano a le mane de quelli de Coreza, vostri inimici, li quali se harebeno facto cussì cun quali racomandati de Viniziani, come furono de le altre, et tanto più venivano poi ad essere de preiudicio et danno del stato Vostro. Et se V. EX. hamesse respecto che Castelnovo saria il passo a quelli di Corezo per andare a Brexello,
il prefato Signore recorda che l'harà ben la S. V. la potentia et de li partiti boni et sufficienti a fare tal effetto quando la voglia, senza Castelnovo" (1).
Fin d'allora lo scambio tra Castel Novo di Tortona con quello parmense appariva inevitabile:
"... dargli più tosto Castelnovo del Tortonese in cambio di queste, quando altra via non ce possa essere, non guardando V. EX. ad la comodità de le intrate ma ad lo aconzo et unione del Suo stato, perchè gli pare apertamente cognoscere che, fortificandole come de facili V. EX. pò fare queste doe terre, sonno la chiave de tutto il suo stato e più fanno de proposito d'essa V. EX. che Castelnovo de Tortonese, ch'è ne le forze del prefato Duca, e quale, hora c'ha stabilito el facto suo de verso Monferrato, ogidì ch'el volel lo Po, toglierè senza poterghi far V. EX. resistentia nè alchuno repparo, circa la qual cosa gli pare V. EX. per altri infinitissimi respecti habia ai ponere pensieri come prudentissima che l'è" (2).
I da Correggio dovettero cedere Brescello a Milano nel 1468. La determinazione di Galeazzo Sforza fu nettissima e a nulla valse che Gian Antonio da Correggio, negli ultimi tempi, la tenesse per conto di Milano più che per quello della sua casa. Un dispaccio dell'oratore estense da Milano è esplicito al riguardo: "Questa matina Nicolò (da Correggio) e io siamo stati a la presentia dell'Ill.mo Duca di Milano, la S.ria del quale ha ricevuto Mr. Nicolò con sì aspre parole che io non credo che mai più abbia potuto placare nè cum bone parole nè cum submissione nè cum reverentia nè cum domandare perdono nè con preghiere de li astanti, che erano più asai; tuttavia stava la S. sua più dura; la conclusione fu che intendeva de havere per sè Brescello e dare uno cambio a Mr. Antonio, che egli era stato obediente, et che la casa de Coreza non fosse mai più nominata in Parma e in Parmesana, et che voleva esser capo de la squadra coregese, et se mai persona la nominava, pur che li faria impichare et faria fare tal crida che ognuno ne haveria paura. Et che intendeva che Mr. Manfredo gli pagasse la spesa tutta facta per pigliare la rocca di Brescello ( ... ). Poca speranza ho che Mr. Nicolò habia mai gratia alcuna cum questo Signore" (3).
Brescello era in mano milanese già il 12 novembre come risulta da altro dispaccio inviato lo stesso giorno:
"Questa matina prima che Mr. Nicolò da Coreza ( ... ) se apresentasse al conspecto de questo Ill.mo, Sig.re, S. S.ria ce disse che aveva havuto Bersello e noi gli rispondessimo che in ogni modo prefato Mr. Nicolò era venuto per farlo consegnare in mano di S. EX. ( ... ) Prefato Signore constantemente affermò e più volte disse ch'el voleva Bersello per sè nè voleva che niuno della Casa de Coreza glie havesse a fare. Et che a Mr. Antonio, il quale gli era stato obediente, gli daria altro cambio et che più intendeva Mr. Manfredo gli pagasse la spesa che l'aveva facta in gente d'arme. Et di poi il prefato Sig.re messe ordine che la dicta rocha de Bersello fusse raconcia, se lesione havesse havuto dalle bombarde, et fusse fortificata, molto più che la non era prima, e ben guardata a suo nome" (4).
Perduta Brescello, Manfredo non si rassegnò ad ulteriori perdite; la valle dell'Enza era di troppo vitale importanza perchè egli dovesse abbandonarla senza reagire. Nel 1469, con Matteo Maria Boiardo cercò di riprendere Monteghiarugolo, occupata dai Torello.
"Ceterum, sua Ex. me disse come el conte Matè Maria insieme con Mr. Manfredo da Corezo havevano mandato a far schalare la rocha de Montechiarugolo, la quale in suo nome téneno et governano li Torelli, per la qual cosa ha deliberato totalmente mandar el campo a Corezo, deliberando vedere s'el po' castigar Mr. Manfredo et far sì ch'ello lassi una volta stare et non li vadi tutto il dì usando inganni e tradimenti" (5).
Il passaggio di Brescello a Milano non solo alterava l'equilibrio tra questa e Venezia, conservato finchè l'importante stazione sul Po fu in mano di un minuscolo stato come Correggio, ma minacciava lo statu quo dell'Emilia, e attaccava direttamente Ferrara. La congiura dei figli di Galasso Pio contro Borso se, da un lato, parve voler favorire Ercole d'Este, dall'altro rivelò il disegno di dar Carpi al Duca di Milano. La spietata reazione di Borso contro i figli di Margherita, sua sorella: due giustiziati, quattro incarcerati, il feudo multato di 70 mila scudi d'oro, intendeva scoraggiare il Duca di Milano dal compiere altri passi; era noto che questi intendeva impadronirsi di Correggio, per darla ad Antonio suo obbediente, e cacciarne Manfredo che a Parma fece dipingere "con li piedi in suso per traditore". Correggio fu salvata dalla protezione di Venezia e dal risoluto intervento di Borso che, portatosi a Parma, incontrò Galeazzo Maria e ottenne il perdono per Manfredo. Ma il Duca non rinunciò al disegno che lo doveva portare alla conquista di Correggio, Carpi e Mirandola. Sul principio di settembre 1470 forze mantovane e milanesi si mossero alle offese di Manfredo di Correggio; e connessa all'impresa fu "la trovata del Machese de Mantua", di cui giunse voce a Roma, "de certo tractado contra ducem Mutine" (6). Correggio, dunque, con gli altri due feudi, si trovò al centro di un gioco intricato e pericoloso, che ne metteva in risalto tutta l'importanza ai fini dell'equilibrio politico dell'area padana.
I mutamenti avvenuti in Parma a seguito della morte di Galeazzo Sforza (1476) fecero sperare ai da Correggio di ritornare in possesso dei feudi perduti.
"Parma è in arme et sottosopra, et è da dubitare assai de novitate in quella città per le accese passioni che sono da parte a parte. Havemo anche in nui il stimulo del stato et de cose nostre occupateci in Parmexana contro tutte le razone del mondo. Et havemo Roxena in Rexana, loco molto forte et assai propinquo alle cose che furon nostre in la Montagna de Parmexana. Et non dubitiamo che quelli homeni per esser in tutto inclinati ad amare casa nostra se moverano per venire a la nostra obedientia come già furon e come de longissimo tempo sono stati. Et è il vero che non sono già loci forti nè gli bisogna arme nè troppo strepito. Voressimo voluntieri intendere da V. EX. se, venendo
quelli homini sponte ad offerircese gli pare che se ne impaciamo" (7).
Borso e Niccolò, interrogando e sollecitando il Duca Ercole per la protezione estense ad un'azione su Parma, esprimevano ancora una volta la fedeltà alla politica secolare dei da Correggio, attratti irresistibilmente dalla città che Giberto ed Azzo avevano temporaneamente governato. Essi aspiravano di uscire dal dominio di un distretto rurale per una signoria urbana; è quanto dichiareranno al Duca pochi giorni dopo:
"Et ne pare de recordarne che, da poi lo accaduto caso del qu. S. Duca de Milano , habiamo scripto due fiate a V. Celsit.ne: per la prima lo advisammo del caso et domandassimo consiglio de modo ponendo per questa occurrentia, cussi, casu quo fussimo richiesti de li nostri de Parmexana corno de altro che havessimo da fare. L'altra fu poi de altri advisi quali perhò havevamo.
Et è vero che mai si troverà che nì a Parma nì a Bersello quanto sia per havere una che pensi in sturbare quello stato, chè, benchè siamo deboli, non è che de hora in hora non habiamo havuto et gli stimuli et che chi ne anno non ne desideri a offrirse de farne ogni demostratione" (8).
In via subordinata, i da Correggio speravano che gli eventi inducessero Ferrara ad acquistar Parma, che già aveva tenuto, e di riavere Brescello dal duca Ercole:
"Ogi erano venute lettere qui a questa fil.ma Madama, come quelli gentilhuomini de Coregia havevano dicto a V.S. che adesso era el tempo che quello poteva havere Parma per la mala dispositione e contenteza nella quale se trovavan queli citadini, et che volendoli prestare V. S.ria favore et aiuto che se bastava l'animo di farvela havere, et che sotto colore de mostrare che volessero torre Bersello che apizavano il foco et fariano saltare quella terra in arme et indurianla a venire a la devotione di V. S."(9).
Permutando Castel novo Tortonese con Castel novo e Brescello (10) Milano e Ferrara chiudevano una questione che aveva alterato i loro buoni rapporti e alimentato nei da Correggio incertezza, timore e disiderio di avventure. La perdita dei territori a destra dell'Enza significava per i da Correggio una svolta: la caduta definitiva del loro disegno di costruire uno stato importante per estensione territoriale e influente per iniziativa politica nella pianura, tra Enza e Secchia, e, di conseguenza, la necessità di ripiegare sulla contea di Correggio e quindi avviare una politica di raccoglimento e di conservazione. Anche così ristretto, la sopravvivenza del feudo dipendeva dall'equilibrio tra gli stati e dalla protezione dell'Impero, ma più dal primo che dalla seconda. La prima regola politica doveva essere, per i da Correggio, l'equidistanza dai blocchi; una perfetta indifferenza non era tuttavia possibile, e dovettero perciò scegliere uno stato con cui concordare un'intesa preferenziale, senza escludere gli altri. La stessa collocazione del feudo, avvolto da ogni parte dallo stato di Ferrara, impose ai da Correggio la stretta collaborazione con gli Estensi. Una serie di circostanze personali e pubbliche fece di Niccolò da Correggio l'anima di questa politica.


1 A.S.MO. Ambasciatori, Milano, b. I, 1454, 11 agosto, Istruzioni al conte Francesco della Mirandola.
2 A.S.MO. Ambasciatori, Milano, b. I, 1454, 1 settembre. Cristoforo da Parma.
3 A.S.MO. Ambasciatori, Milano, b. I. 1468, 12 novembre, Manuel Bellaia.
4 A.S.MO. Ambasciatori, Milano, I, 1468, 12 novembre, Paolo Constabili e Niccolò Strozzi.
5 A.S.MO. Ambasciatori, Milano, 1 1469, 5 settembre; Facino Ugolotti.
6 Cfr. LORENZO DE'MEDICI, Lettere, I. Firenze, 1977. p. 64 e ss.
7 A.S.MO. Ambasciatori, Milano, I, 1476, 28 dicembre.
8 A.S.MO. Carteggio di Principi e Signori, Correggio, 1146 a., 1477, 14 gennaio.
9 A.S.MO. Ambasciatori, Milano, I, 1477, giugno.
10 Ferrara otteneva Brescello, Gualtieri, Boretto, Lentigione, Meletole, Cogruzzo, Cornetole, Castelnuovo, Campegine, S. Savino, e, nell'Appermino: Monte Olle, Roncaglio, Pianzo; la permuta porta la data 18 ottobre 1479.