Stefano Ligabue
Memoria sul ritrovamento di reperti archeologici di origine romana all'interno della "Cava Caffagni" di proprietà Unieco Scrl
Correggio, gennaio 1993, integrazioni del luglio 1994, del novembre 1997 e del giugno 2001. Ultimi aggiornamenti del 2004-2005.

Localizzazione

La cava di argilla è situata nella frazione di S.Prospero e risulta delimitata a Nord da via Macero, ad Est dal Naviglio, a Sud da Via S. Prospero e ad Ovest da Via S. Prospero e da via Macero (vedi carta allegata).

Il ritrovamento

La prima segnalazione del ritrovamento di reperti avvenne nell'autunno del 1990 quando i lavori di estrazione erano ormai in una fase avanzata. La lente archeologica affiorava sul fronte di scavo ad una profondità, rispetto al piano campagna, di circa 6/7 metri e si allungava orizzontalmente per oltre 50 metri.
Il sito (punto A della cartina) era posizionato sul lato Est della cava in prossimità dell'angolo Nord-Est a circa 100 metri dal Cavo Naviglio.

Successive ispezioni portarono alla individuazione di parecchio materiale in laterizio (manubriati, mattoni, coppi) apparentemente di scarto, oltre a cocci in ceramica varia, scorie di fusione, semilavorati in metallo e materiale organico (ossa, denti di animali, noccioli di pesca, tralci di vite). Ad un livello inferiore del sito venne rilevata la presenza di un palo in legno infisso nel terreno. Inoltre, nell'angolo Nord-Est (punto B della cartina), il dilavamento del fronte di cava aveva evidenziato, ad una quota più elevata del sito archeologico, un suolo di natura paludosa coperto da foglie (carbonizzate ed inglobate nell'argilla) con impronte verticali di canne palustri e di essenze legnose a testimonianza dei rapidi accumuli di origine alluvionale.

Il materiale archeologico era diffuso su una striscia di circa 50 metri ma con particolare frequenza in due punti situati rispettivamente a 15 e 20 metri dal lato Nord. Il primo era composto quasi esclusivamente da laterizio mentre nel secondo, assieme al laterizio, risultavano più frequenti i ritrovamenti di ceramica. I pochi pezzi di metallo (alcuni chiodi, un chiavistello semilavorato, una punta di falcetto, una punta ed altri oggetti non identificati) erano sparsi nella parte centrale del sito. Le scorie di fusione erano presenti a partire da circa 25 metri dal lato Nord.

Tutto il materiale ritrovato fu depositato presso gli Istituti Culturali di Correggio il 28 febbraio 1991.

L'intervento della soprintendenza

La segnalazione alla Soprintendenza ai beni archeologici si concretizzò dopo un certo periodo con una visita da parte dell'ispettore incaricato che, recatosi presso gli uffici della ditta Unieco, si limitò ad incaricare il personale della cooperativa di recuperare il materiale e di consegnarlo agli Istituti Culturali di Correggio. Il materiale raccolto, tuttora depositato (presumo) presso gli Istituti Culturali è rappresentato da qualche mattone.
Il sito venne definito "di nessuna importanza".

Ritrovamenti precedenti

Nello stesso periodo si venne a conoscenza di precedenti ritrovamenti, mai segnalati, all'interno della stessa cava sia da parte del personale addetto all'estrazione sia da parte di persone esterne. In particolare il materiale raccolto da queste ultime venne consegnato al signor Carlo Manicardi che, successivamente provvide a depositarlo presso gli Istituti Culturali (peraltro indicando erroneamente la zona di provenienza). Altro materiale (ceramico, metallico e vetroso), della stessa provenienza, è in parte ancora in possesso di privati ed in parte è stato consegnato dopo il 2001 al museo di Correggio.

Più importanti furono i ritrovamenti da parte del personale addetto agli scavi. Due testimoni affermano che, nella zona della cava situata approssimativamente ad 80 metri dal lato nord, in corrispondenza della curva di via Macero (punto C della cartina), venne alla luce una piccola costruzione a pianta rotonda con copertura a cupola (probabilmente un forno), immediatamente demolita e, poco lontano, vennero rinvenute due anfore integre. Il ritrovamento di anfore mi era stato, in precedenza, segnalato anche da personale della fornace.

Tentativi di valorizzazione del sito

Le iniziative culturali e di valorizzazione del ritrovamento (cantiere di studio finanziato con fondi privati) che, in un primo tempo, vennero appoggiate dalla Soprintendenza, si arenarono di fronte all'improvviso mutamento della posizione del dirigente della stessa Soprintendenza che, nel corso di un incontro a Bologna (fissato proprio per stabilire i termini per l'avvio del cantiere), inaspettatamente si oppose alla realizzazione di ulteriori indagini sul sito.
Gli Istituti Culturali di Correggio, nel frattempo avevano organizzato, in collaborazione con la società Archeosistemi di Reggio Emilia, un corso di archeologia che aveva visto la partecipazione di una trentina di persone.

Estrazioni abusive di argilla

Nell'estate 1991, Unieco effettuò estrazioni abusive di materiale esattamente sul fronte di cava interessato dal sito archeologico asportando materiale per circa dieci metri, su un fronte di un centinaio di metri, in direzione del Naviglio (punto D della cartina). Per questa infrazione la Società venne perseguita amministrativamente e multata con un'ammenda di 60 milioni di lire.
I nuovi scavi misero in luce altro materiale sparso e, soprattutto, i resti di un muro in mattoni.

Ritrovamenti in altri punti della cava

Sul lato Sud della cava, man mano che i lavori procedevano verso Ovest (punto E della cartina), si poteva notare, ad una profondità di circa 2 metri, quindi decisamente posteriore al sito di età romana, la sagoma di una condotta idrica costruita con ciotoli di fiume. Orientata in senso Est-Ovest si incrociava probabilmente con analogo manufatto orientato in senso Nord-Sud (punto F della cartina) individuato sul fronte di cava posto sul retro della casa di Via Macero.

Nell'autunno 1993, il procedere degli scavi in direzione sud portarono al ritrovamento di un tronco sagomato, con due incisioni che facevano pensare all'elemento di un ponte. Un oggetto simile rinvenuto nella stessa zona viene citato dal Rombaldi. Nei giorni successivi al rilievo fotografico il reperto venne asportato.

Nuovi ritrovamenti

Nella primavera del 1994 scavi abusivi da parte di privati, finalizzati al ritrovamento di ulteriori reperti, misero in luce il tratto di muro nel punto in cui già se ne era riscontrata la presenza nel 1991. Il muro, orientato in direzione nord-sud, con uno spessore di 30-40 cm, venne scavato per una lunghezza di 4/5 metri ed una profondità di 50 cm.. Sembrava costruito a secco con mattoni di scarto e non pareva intonacato il che fece pensare più ad un muretto di contenimento che non ad una parte di edificio. Il manufatto proseguiva verso est sotto il fronte di cava.
Nello stesso periodo venne ritrovato un pezzo di laterizio con l'iscrizione "LARI", impressa in negativo, e un pezzo di intonaco con motivi romboidali.

Nell'ottobre 1997, il proseguimento verso sud del fronte di cava fece emergere, in prossimità di Via S. Prospero, di fronte alle ex scuole, allo stesso livello degli altri ritrovamenti, un cumulo di mattoni (punto G della cartina) apparentemente disposti a formare una struttura non ben definita.

Il progetto per l'area esondabile

In occasione della presentazione dell'area esondabile del cavo Naviglio, avvenuta in sala consigliare attorno al 1998, i responsabili dell'azienda comunicarono anche l'intenzione di proseguire gli scavi in direzione del Naviglio (grazie alle concessioni ottenute dal nuovo Piano per le Attività Estrattive).
A precisa domanda sul destino del sito archeologico si potè assistere ad una prima decisa negazione della sua esistenza da parte del relatore della presentazione (evidentemente all'oscuro dei ritrovamenti) che arrivò a giustificare l'eventuale e sporadica presenza di materiale archeologico con il suo trasporto da parte di un corso d'acqua. Il Dott. Casoli (presidente dell'Unieco), invece, ben informato della situazione, si impegnò, molto diplomaticamente, a "fare tutti i passi necessari presso le autorità in caso di nuovi ritrovamenti".

Nuovi interventi di scavo da parte di Unieco

Nell'aprile 2001 la società riprese gli scavi sul fronte del sito, in un primo momento estirpando la vegetazione cresciuta nel frattempo e successivamente iniziando i lavori di estrazione vera e propria.
L'attività di recupero d'urgenza del materiale archeologico che via via emergeva, svolta in questo periodo consentì di raccogliere altro materiale ceramico e, soprattutto, di rilevare la presenza di un paleosuolo molto compresso ed a forte componente organica di colore quasi nero, a testimonianza di un insediamento prolungato.
Allo stesso livello del piano archeologico si rilevò, inoltre, la presenza di due accumuli di sabbia, che facevano pensare al passaggio di un piccolo corso d'acqua a ridosso della struttura.

Il sito archeologico viene "scoperto"

Nel giugno 2001, la segnalazione del caso ad un giornale locale consentì di aprire un breve dibattito (in allegato) che, dopo varie vicissitudini, consentì di avviare, fra la primavera e l'estate 2003, un cantiere di scavo che confermò la presenza di una villa romana.
Si consiglia la lettura degli articoli allegati per le esilaranti e surreali dichiarazioni di alcuni degli intervistati.

Lo scavo ha messo in luce la pianta di un ampio fabbricato che evidenzia ancora le divisioni interne in travi lignee. è stato appurato, infine, come l'attività di estrazione (proseguita da Unieco anche dopo le ripetute segnalazioni) abbia causato la distruzione di gran parte del sito.

Il nuovo fronte per la tutela del sito è rappresentato dal tentativo di evitare che i resti della villa finiscano sommersi, evento al quale, a quanto pare, sembrano "rassegnati" l'Amministrazione Comunale, la Soprintendenza, l'Unieco e la Bonifica Parmigiana Moglia.
Il primo passo è stato l'invio della lettera in allegato, cui è seguita la richiesta di un parere ad un geologo che ha confermato la possibilità di arginare la porzione di cava, evidenziando che eventuali allagamenti del sito (creazione di fontanazzi quando la cava risultasse completamente allagata) potrebbero essere facilmente reversibili.

Di seguito viene riportato il testo del comunicato stampa apparso il 12/10/2005 sul sito della Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia Romagna

Gli scavi archeologici della villa romana di Correggio.
Eccezionale lo stato di conservazione delle strutture lignee del complesso rustico utilizzato dal I al VI secolo d.C.
 

 

Un complesso rustico di età romana che presenta, caso unico in Emilia-Romagna, travi, alzati e pavimenti di legno in eccellente stato di conservazione, grazie al deposito alluvionale di acqua e argilla che li ha protetti nei secoli. Dopo tre anni di scavi, la villa romana rinvenuta durante la normale attività estrattiva all’interno di una cava di proprietà della ditta Unieco, nel Comune di Correggio, si conferma di notevole interesse storico e archeologico.


Particolare dello scavo con le travi in legno: in quella con scanalatura centrale venivano incastrate le assi che costituivano le pareti

Le indagini hanno interessato un’area lunga circa 80 metri e larga una decina, recuperando un impianto rustico di età romana destinato, almeno nella parte conservata e finora indagata, ad un’intensa attività produttiva. Le campagne di scavo, condotte dalla ditta Gea Srl di Parma sotto la direzione scientifica dell’archeologa Renata Curina della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, sono iniziate nel 2002 per proseguire nei mesi estivi degli anni successivi grazie alla stretta collaborazione tra la Ditta Unieco, la Bonifica Parmigiana-Moglia, il Comune di Correggio e da quest’anno l’Università degli Studi di Parma.
La villa presenta due settori ben distinti, uno a sud (di circa 30 metri) adibito ad area cortilizia, e uno a nord che doveva ospitare la parte abitativo-produttiva.
Le campagne di scavo, concentrate in quest’ultimo settore, hanno messo in luce un complesso di notevoli dimensioni utilizzato per almeno cinque secoli, dalla prima età imperiale al VI secolo d.C.: queste diverse fasi d’uso hanno probabilmente modificato la planimetria originaria della struttura.
Sono state individuate alcune strutture murarie perimetrali, costituite essenzialmente da frammenti di mattoni e tegole, e altre strutture divisorie interne, fatte di legno e argilla, realizzate con una tecnica edilizia più povera. Complessivamente si distinguono diversi ambienti dotati di focolare, alcuni dei quali mantengono ancora la pavimentazione originaria in terra battuta o legno, conservatasi fino ad oggi grazie alla particolare natura del sottosuolo. Di eccezionale interesse lo stato di conservazione delle strutture lignee che, nei casi indagati finora nella nostra regione, vanno generalmente perdute mentre qui permettono di acquisire una esauriente documentazione sulla tecnica edilizia impiegata e confermare molte ipotesi sulla costruzione degli alzati e la realizzazione di piani pavimentali in epoca romana.
Finora lo scavo ha restituito soprattutto frammenti in “ceramica grezza”, caratterizzati da un impasto grossolano.

Orlo di anforetta e porzione di bicchiere in ceramica (V-VI sec.)

Notevole invece il rinvenimento di piccola testa usata probabilmente come elemento ornamentale: il reperto è al momento sottoposto ad analisi di laboratorio per individuarne il materiale che, di buona qualità e sicuramente non prodotto in loco, potrebbe essere pietra vulcanica, fattore che aprirebbe nuove riflessioni e interrogativi.
Anche se l’impianto non si è conservato nella sua interezza l’area riveste una notevole importanza per la conoscenza storica del territorio di Correggio e della media pianura reggiana, e consentirà di arricchire il patrimonio artistico del Comune e in modo particolare del Museo Civico dove verranno conservati i reperti rinvenuti.
Nell’estate 2006 si svolgerà l’ultima campagna di scavo con l’obiettivo di completare l’indagine archeologica e permettere così all’area di assolvere al suo compito primigenio di cassa di espansione del canale Naviglio.

Comunicato a cura degli uffici stampa della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e del Comune di Correggio

 

Allegati


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Gli articoli apparsi sulla Gazzetta di Reggio. Vanno rilevate diverse imprecisioni dovute alla necessità di offrire un taglio giornalistico

Gazzetta di Reggio 29 giugno 2001

Fornace d'epoca romana dimenticata Correggio, oggetti del IV secolo nella cava Unieco Per la Soprintendenza sono "privi di interesse" Il sito scoperto nel '91 da alcuni operai Uno studioso: "I reperti dati alle autorità"

CORREGGIO. Esiste un sito archeologico romano nel sottosuolo di Correggio ma la Sovrintendenza non sa che farsene. La sua esistenza è nota da anni ma viene poco pubblicizzata anche per evitare che l'area venga saccheggiata da predatori in cerca di reperti. è una fornace dove venivano prodotti mattoni e tegole. I reperti ritrovati sono databili tra il IV e il V secolo d.C. e consistano in mattoni ed utensili per la lavorazione dell'argilla. è stata trovato anche un muro in buono stato di conservazione. L'area interessata dalla presenza di questi resti è quella della Cava Caffagni, nella frazione di San Prospero, di proprietà della ditta Unieco. è delimitata a nord da via Macero, a sud da via San Prospero, ad est dal Naviglio e ad ovest da via San Prospero e via Macero. La storia di questo sito, che probabilmente notarono anche i romani per la qualità della sua terra, è iniziata 10 anni fa, quando i primi scavi di estrazione dell'argilla, portarono alla luce alcuni reperti che si trovano ad una profondità di circa 8 metri rispetto al piano di campagna e si estendono su una superficie di 50 metri. I primi oggetti trovati erano sicuramente materiali di scarto rinvenuti in prossimità dell'angolo a nord-est della cava. Poi fu la volta degli attrezzi di metallo trovati nella parte centrale del sito. Tutto il materiale trovato dagli operai che lavoravano nella cava, è stato consegnato allo studioso Stefano Ligabue che ha preso a cuore le sorti del sito: "Consegnai i reperti agli istituti culturali - dice - e contattai la sopraintendenza ai beni archeologici perché facesse un sopralluogo". Questo all'inizio del 1991. Il cantiere venne bloccato e furono eseguiti vari controlli ma la Sovrintendenza giudicò il sito di nessun interesse archeologico e, dopo poco tempo i lavori di estrazione ripresero, tanto che vennero alla luce altri oggetti. "Vennero rinvenute anche due anfore integre ed altre a pezzi - continua Stefano Ligabue - che furono asportate dal personale della ditta". I lavori furono bloccati di nuovo ma Unieco riprese le attività di scavo e fu punita con un'ammenda. A seguito del perdurare dei ritrovamenti, vennero promosse iniziative di valorizzazione del territorio e conferenze a carattere archeologico. "Avevamo proposto di utilizzare l'area come laboratorio di studio, perché è l'unico sito certo di epoca romana nel nostro territorio - spiega Ligabue - tanto che Unieco aveva proposto di finanziare il progetto ma il parere negativo della Sovrintendenza mandò tutto a monte". Ora i lavori di estrazione sono ripresi: "Chiedo - conclude Ligabue - che si intervenga per fare in modo che l'estrazione di argilla non faccia perdere del tutto questo patrimonio storico".
Luisa Cigarini


Gazzetta di Reggio 31 giugno 2001

L'assessore Iotti invita Unieco a permettere gli scavi nell'area CORREGGIO I reperti dal '91 in fondo alla cava

Luisa Cigarini

CORREGGIO. Continuano le reazioni alla notizia della presenza dei reperti di origine romana nella cava Caffagni di proprietà della ditta Unieco. L'assessore all'ambiente Marzio Iotti conferma quanto detto dal signor Stefano Ligabue, appassionato di archeologia che si batte per riaprire gli scavi. "So che sono stati fatti dei ritrovamenti - afferma l'assessore Iotti - e ne sono sicurissimo perché parecchie persone, oltre al signor Ligabue, sono venute a parlarmene. Penso che si tratti di una domus rustica di cui sono state scoperte tracce dei muri. Ci sono anche testimonianze evidenti di vita quotidiana". Iotti, a conoscenza dello sviluppo della vicenda fin dall'inizio, afferma che la soprintendenza fu avvisata, nel '91, ma che giudicò l'area di scarso interesse archeologico consentendo a Unieco di continuare l'attività estrattiva. "La ditta produsse del materiale per la soprintendenza - continua l'assessore - e in seguito al parere dei tecnici bolognesi, poté continuare a scavare perché il suo piano estrattivo venne approvato". Confermato è anche il fatto che Unieco fu multata per aver scavato oltre il limite che le era stato consentito ma che si rese disponibile a finanziare un cantiere di studio del sito archeologico. "Capisco che in Italia si corra il rischio di scovare dei tesori ogni volta che si affonda la pala nel terreno - dice Iotti - ma non credo che per Unieco sarebbe un grosso sacrificio continuare l'attività estrattiva lasciando stare l'area interessata dal ritrovamento". Il Comune vuol recuperare uno dei tronchi riportati alla luce dagli scavi per restaurarlo e esporlo nel parco della memoria dove è rappresentata l'evoluzione della vegetazione autoctona. Nella cava, sono stati trovati i resti di un bosco planiziale che, secoli fa, ricopriva le nostre zone.


Gazzetta di Reggio 1 luglio 2001

"Scoperta di grande valore" Il direttore degli istituti culturali sui reperti nella cava CORREGGIO Storia collettiva e archeologia

Luisa Cigarini

CORREGGIO. Alcuni reperti provenienti dall'area della cava Caffagni sono custoditi nel museo di Correggio. Sono una quindicina, circa, di oggetti vari: frammenti di mattoni e di terrecotte, qualche attrezzo. Ancora non è possibile vederli perché manca lo spazio, all'interno del museo, dove poterli esporre. In un futuro, non troppo lontano, quando saranno terminati i lavori di ristrutturazione e ampliamento dei locali del museo, sarà possibile ammirarli. Gabriele Fabbrici, direttore degli istituti culturali correggesi ritiene che i reperti trovati a San Prospero siano di notevole interesse per la storia locale: "Quanto è emerso dalla cava Caffagni - afferma - è un'importante testimonianza della presenza romana a Correggio, documentata, per altro, da altri ritrovamenti effettuati un po' su tutto il territorio, dalle frazioni al centro del paese". L'area dove sono stati ritrovati i reperti romani è una cava di proprietà della Unieco ed è ancora ora oggetto di estrazioni di terra e sabbia usato per l'edilizia. Furono proprio alcuni operai dell'impresa edile a ritrovare i primi reperti sepolti: eravamo nel 1991 e quei reperti furono poi consegnati allo studioso Ligabue che informò della scoperta la soprintedenza di Bologna. La quale ha ritenuto "di poca importanza quel sito archeologico". Secondo la opinione di Fabbrici, invece, i frammenti ritrovati confermerebbero, con ogni probabilità, la presenza di una fornace all'interno dell'area soggetta all'estrazione dell'argilla. Quindi, già all'epoca del tardo impero, i romani avevano colto la finezza del terreno di quella zona per fabbricare mattoni e coppi, esattamente come avviene oggi. Poi, quell'antica fabbrica di laterizi venne, forse, abbandonata e seppellita, nei secoli, sotto metri di terra, dal materiale trasportato dalle esondazioni dei corsi d'acqua della nostra pianura. Dieci anni fa la parte più esterna di questo complesso archeologico ha rivisto la luce. Come a San Prospero così anche in altre frazioni si segnalano i ritrovamenti più consistenti di reperti romani. Sono stati scoperti importanti resti nelle zone di Canolo, Prato e Fazzano. A Prato appartiene il primato del pezzo più antico che è databile tra il XIX ed il XVIII secolo a.c. Subito dopo viene Canolo con oggetti risalenti al XII secolo a.c. Il problema maggiore rimane quello della sorveglianza di questi siti che corrono il rischio di essere visitati nottetempo da improvvisati ladri di opere d'arte. "Nella cava di San Prospero, anche se è di proprietà privata - continua Fabbrici - abbiamo avuto notizia di parecchie incursioni di curiosi che sapevano dell'esistenza del sito e hanno dato vita ad un vero e proprio self service. Penso che l'unico modo per fermare questa tratta del reperto archeologico, sia quello di fare intervenire la sovraintendenza".


Gazzetta di Reggio 3 luglio 2001

Un appassionato racconta che nel '95 trovò pezzi romani nella cava Correggio. Comune e enti culturali: ricominciamo a scavare

Luisa Cigarini

CORREGGIO. A qualche giorno dalla notizia del ritrovamento dei reperti archeologici romani nella cava Caffagni a San Prospero, si cerca di tirare il freno sulla polemica. Da parte sua la ditta Unieco, proprietaria della cava e ripetutamente contattata, fin dall'inizio della vicenda, non prende posizione né si pronuncia in alcun modo se non vagamente. Per quanto riguarda la posizione degli altri attori, Comune e istituti culturali, si cerca di prendere tempo per mettere a fuoco il problema ed attuare una possibile linea di condotta. Attualmente proseguono le contrattazioni e i contatti telefonici tra i responsabili dei vari enti competenti. Intanto ha fatto la sua comparsa un nuovo testimone del ritrovamento che, però, preferisce conservare l'anonimato, in questa fase della storia per timore di ripercussioni. Nel '95, seguendo una passione per la fotografia e il naturalismo, questo correggese amante dell'arte, si sarebbe inoltrato sul terreno della cava, mosso da pura curiosità. "Ho trovato alcuni oggetti - racconta - che sporgevano dalla terra smossa e che ho custodito e consegnato al museo perché mi sembrava la cosa più giusta da fare visto che ritengo che siano patrimonio della collettività". Si tratta di un lacrimatoio con tanto di coperchio, di un chiodo, di un manubriato e di altri utensili e mattoni. Ora si trovano insieme ad altri reperti trovati nella stessa zona e consegnati, a suo tempo da un altro archeofilo, Stefano Ligabue, il quale è stato il primo a parlare della scoperta di San Prospero. Un sito "molto importante per la storia locale", secondo Gabriele Fabbrici, direttore del museo di Correggio. Non così, invece, si è pronunciata nel '91 la sovraintendenza ai beni archeologici. Non è escluso che possa essere richiesto un nuovo intervento dei tecnici del dipartimento dei beni artistici e archeologici. Sotto l'argilla di San Prospero, infatti, sono state trovate diverse tracce che confermerebbero la presenza, nel sito, di una fornace romana risalente all'epoca del tardo impero. I mattoni rinvenuti, integri o a pezzi, il tracciato di un muro e il solco lastricato di una conduttura d'acqua, fanno propendere verso questa possibilità.


Gazzetta di Reggio 19 luglio 2001

Reperti romani trovati in campagna Novellara, scavi abbandonati dopo i ritrovamenti del '98 Mancano i fondi per continuare a fare ricerche

NOVELLARA. Durante i recenti lavori di ampiamento della rete del gas, sono emersi nuovi materiali romani, in prevalenza mattoni e tegole, nella zona degli scavi del 1998. In due punti distanti fra loro, per cui l'insediamento romano individuato negli anni scorsi potrebbe essere molto più ampio rispettoa quanto ipotizzato in un primo tempo. L'ipotesi confermerebbe quanto ormai è evidente, dopo le scoperte intorno all'ospedale di Guastalla e nella cava di sabbia vicino a Correggio: la Bassa fu frequentata da romani e etruschi. E questi ritrovamenti cambiano le storie della zona. Di ritrovamenti di reperti di epoca romana nel novellarese si ha notizia già dall'Ottocento: una lapide, che si trova attualmente nel museo lapidario di Modena, uno spezzone di colonna, utilizzato come paracarro nell'angolo di via Lelio Orsi, e altro. Sulle origini di Novellara, le storie patrie hanno continuato a raccontare di piccole comunità di pescatori e agricoltori insediate sui dossi emergenti dalle paludi. Le scoperte recenti e un recentissimo studio di Franco Storchi dimostrerebbero invece che qui c'era già un importante castrum ai tempi della centuriazione romana. La data di inizio della riscoperta delle origini romane di Novellara può essere considerata il 17 febbraio del 1996, quando un benemerito e anonimo cittadino ha fatto pervenire in Comune due teste di statue di marmo, segnate dal vomere, ritrovate in una casa colonica da lui acquistata. Erano emerse durante un'aratura, in una zona dove corre voce che, da quando gli aratri hanno cominciato ad agire in profondità, sono stati portati in superficie molti materiali, raccolti e buttati via. Del ritrovamento fu subito informata la Soprintendenza e da qui ebbe inizio una serie di studi, culminati negli scavi dell'estate del 1998. Si disse che era "la più importante scoperta archeologica degli ultimi anni in provincia"; sembrava l'inizio di una collaborazione fra Comune e Soprintendenza per il recupero dei reperti e per la realizzazione di una sezione archeologica nel museo Gonzaga. Invece, dal 1998 è tutto fermo. C'è la disponibilità della Soprintendenza, ci sono i volontari, ma nessuno stanzia una lire. Per il proseguo dei lavori, con un campo estivo, servirebbero dieci milioni di lire. Vittorio Ariosi

CORREGGIO Statue nella cava, non solo antica fornace (l'inversione delle foto dei due articoli apparsi il 19 luglio ha portato ad un titolo errato che attesta la presenza di statue - mai ritrovate - all'interno della cava Caffagni)

CORREGGIO. Come accade anche a Novellara, un ricco e interessante sito archeologico di età romana esiste anche a Correggio. Fu scoperto nel '91, per caso, in una cava nella quale Unieco stava prelevando terra e sabbia. Furono gli operai a segnalare la presenza di reperti. La Soprintendenza valutò come "privo di interessi" il sito. Gli scavi furono abbandonati, ma non il saccheggio. L'area è tuttavia di grande interesse (come dimostrano anche le foto qui pubblicate) e di recente è stato proposto di riaprire gli scavi. Si tratta di una fornace dove venivano prodotti mattoni e tegole. I reperti ritrovati sono databili tra il IV e il V secolo dc. L'area interessata dalla presenza di questi resti è quella della Cava Caffagni, nella frazione di San Prospero, ed è di proprietà della ditta Unieco.


Gazzetta di Reggio 10 ottobre 2001

La soprintendenza blocca la cava Caffagni Da anni sopra si estrae argilla Sotto ci sarebbe un sito romano Unieco "scettica" Il museo civico: scoperta importante

Luisa Cigarini

CORREGGIO. Sono stati bloccati i lavori di estrazione dell'argilla nella cava Caffagni dell'Unieco a San Prospero. A distanza di tre mesi dalle dichiarazioni rilasciate da Stefano Ligabue sull'esistenza di un sito archeologico di epoca romana ad alcuni metri di profondità, altre segnalazioni su nuovi ritrovamenti hanno provocato lo stop all'attività estrattiva nella cava. Umberto Magnani, direttore della fornace di Fosdondo, dice: "Attendiamo il sopralluogo dei tecnici della soprintendenza". "Al momento abbiamo fermati i lavori - assicura Magnani - e non abbiamo intenzione di riprendere fino a quando non avremo il responso di Bologna. Nel caso dicessero che si tratta di oggetti di valore isoleremo quella zona e scaveremo altrove". SOPRALLUOGO. Nonostante la disponibilità dichiarata, Magnani si dichiara "piuttosto scettico" sull'effettiva importanza degli oggetti portati in superfice dalle ruspe durante l'estrazione dell'argilla per fare mattoni: "Non ho mai notato la presenza di tutto quel materiale di cui si sente tanto parlare - afferma - se non qualche mattone sparso; per questo mi riservo di effettuare un controllo nei prossimi giorni. Alcuni anni fa, la soprintendenza fu chiamata a esprimere una valutazione su ciò che fu trovato allora e quel parere fu negativo". Il direttore della fornace Unieco aggiunge di essere infastidito dalle continue segnalazioni fatte da visitatori che si avventurano nella cava che è una proprietà privata: "Veniamo descritti come se fossimo dei criminali - dice - quasi ci fosse il bisogno di essere sorvegliati. Se veramente c'è qualcosa di importante, saranno le autorità competenti a deciderlo". L'arrivo dei tecnici della soprintendenza è atteso a giorni, per un ennesimo sopralluogo. MUSEO. Di parere opposto è Gabriele Fabbrici, direttore del museo civico. "Come ho già detto - afferma - penso che siamo di fronte ad un ritrovamento molto importante per la storia di Correggio perché da notizia di un primitivo insediamento romano anche qui". Ritrovamenti del genere vengono fatti continuamente in Italia, ma quello di via San Prospero testimoniarebbe una tradizione estrattiva vecchia di secoli. Dalle ultime segnalazioni, pare che sia emerso un muro di consistenza maggiore rispetto a quello che è stato trovato fino ad ora: mattoni, coppi, cocci di ceramica, resti di vasi. "Se così fosse - continua Fabbrici - allora la zona aumenterebbe di valore dal punto di vista archeologico, perché sarebbe la testimonianza della presenza di una fornace, probabilmente databile al III, IV secolo dopo Cristo, con tanto di villa rustica annessa. Per esprimere un parere definitivo è meglio attendere l'arrivo degli archeologi della sovraintendenza". Unieco, come da progetto approvato, sta scavando in una zona in cui avrebbe dovuto essere realizzato una condotta di comunicazione con il letto del Naviglio che passa a pochi metri dal confine est della cava.

I primi cocci affiorarono dieci anni fa

l.c.

CORREGGIO. La storia dei ritrovamenti all'interno della cava Caffagni in via San Prospero risale ad almeno dieci anni fa: quando alcuni amanti della natura si addentrarono oltre i cancelli per osservare animali e volatili autoctoni (nelle vicinenze c'è anche un'area naturalistica) e si accorsero che tra la terra smossa c'erano oggetti anomali. Si trattava di scarti di lavorazione di una fornace probabilmente di età romana, dato che furono trovati a circa 8 metri di profondità rispetto al piano di campagna. Prima furono solo mattoni e coppi, oltre a resti di ceramiche, poi comparvero anche oggetti di metallo: chiodi e attrezzi. Il ritrovamento comportò il blocco dell'estrazione dell'argilla e un primo sopralluogo della soprintendenza di Bologna. I tecnici espressero un parere sfavorevole: "Sito di scarsa rilevanza", scrissero in quel primo rapporto. I lavori ripresero ed emersero altri oggetti. Ci fu un nuovo blocco dell'escavazione e una punizione per Unieco che aveva trasgredito il divieto di scavare più in là del consentito. Ma a seguito del giudizio sfavorevole espresso dalla soprintendenza venne approvato il piano estrattivo alla cooperativa che potè continuare i lavori. Dopo dieci anni, alla fine del giugno scorso, le ruspe hanno ripreso a scavare nella zona dove comparvero i primi resti. Stefano Ligabue, interessato delle sorti del sito archeologico fin dall'inizio, ha "riportato" alla luce la vicenda. A seguito della sua testimonianza altri molti altri ammettono di essersi avventurati nel sito e di aver trovato oggetti vari testimoniando dell'esistenza di parecchio materiale archeologico: l'area è isolata, e senza tutela chiunque potrebbe essersi addentrato portando via oggetti.


Gazzetta di Reggio 10 ottobre 2001

Correggio, si attendono gli ispettori per i ritrovamenti romani nella cava

Luisa Cigarini

CORREGGIO. L'appuntamento per la visita degli ispettori della sovrintendenza ai beni archeologici ed artistici, ai reperti romani rinvenuti all'interno della cava Caffagni a San Prospero di Correggio, sarà fissato all'inizio della prossima settimana. Gabriele Fabbrici, direttore del museo di Correggio, si è incaricato di contattare la sovrintendenza di Bologna per fissare le date per effettuare i sopralluoghi e decretare l'importanza del sito. Un primo contatto doveva essere preso proprio ieri mattina ma gli impegni dell'ispettore di zona, Enzo Lippolis che si è occupato anche del caso del sito etrusco rinvenuto durante i lavori di costruzione di un padiglione dell'ospedale di Guastalla, hanno fatto posticipare il sopralluogo. Rimangono fermi, intanto, i lavori di estrazione dell'argilla nella cava dell'Unieco di via San Prospero, sia per il divieto di proseguire per stabilire definitivamente l'entità degli oggetti ritrovati, sia per l'impossibilità di continuare l'estrazione di argilla a causa delle cattive condizioni del suolo vista la pioggia degli ultimi giorni.


Gazzetta di Reggio 16 giugno 2002

Correggio: le ruspe tornano a scavare nella cava dei reperti archeologici

Luisa Cigarini

CORREGGIO. Unieco ha ripreso l'attività di estrazione dell'argilla nella Cava Caffagni, nella zona dove sono stati trovati reperti di origine romana. Nell'ottobre 2001 la soprintendenza ai beni archeologici di Bologna aveva compiuto un sopralluogo, giudicando il ritrovamento di grande importanza per la storia di Correggio. L'attività di scavo era stata interrotta nell'area dei ritrovamenti; stando alle disposizioni impartite dall'ispettore che eseguì il sopralluogo, qualsiasi attività di escavazione si sarebbe potuta eseguire soltanto "sotto il coordinamento di un archeologo".

Il rapporto dell'ispettore diceva anche che "entro il marzo 2002" si sarebbe dovuto approntare un piano di estrazione dell'argilla dalla cava, che tenesse in considerazione la presenza dei reperti. Quel piano non è stato preparato.

Il responsabile dell'attività estrattiva, Umberto Magnani, afferma che Unieco sta rispettando le disposizioni della sovrintendenza: "stiamo scavando - dice - ma non nella zona in questione. Ci stiamo attenendo a quanto ci fu stabilito ad ottobre. La nostra intenzione è quella di metterci in contatto al più presto con l'ispettore di zona, ma non siamo ancora riusciti a rintracciarlo. Non c'è nulla di stabilito sul da farsi".
Nonostante le dichiarazioni di intenti di Magnani, le ruspe hanno fatto la loro comparsa di nuovo sul fronte di scavo dove sono emersi i reperti. Stefano Ligabue, che segnalò la vicenda dei reperti l'anno scorso, ha notato le ruspe al lavoro. "Mi meraviglio - commenta- di come Unieco possa sponsorizzare l'inizativa "La scuola adotta un monumento" e dimostrare così poca sensibilità verso una questione di storia dell'arte che la riguarda da vicino".
REPERTI. La soria dei reperti romani ritrovati nella cava caffagni è iniziata dieci anni fa. Durante i lavori di estrazione dell'argilla vennero alla luce alcuni mattoni lungo il fronte di scavo parallelo al corso del Naviglio. Intervenne la sovrintendenza anche il quell'occasione. lacori, con alterne vicende, furono interrotti; poi ripresero.
La vicenda venne accantonata fino all'anno scorso quando Unieco ricominciò a scavare in quel tratto di terra. Interpellata nuovamente la sovrintendenza compì un sopralluogo e fermò le estrazioni.
Pare che sotto diversi metri di terra si trovino i resti di una domus rustica di vaste dimensioni: il muro ritrovato è lungo 50 metri.


Gazzetta di Reggio 16 novembre 2002

I reperti resteranno nella cava

Luisa Cigarini

CORREGGIO. Si avvicina la conclusione della Cava Caffagni di San Prospero la decisione sulla sorte dei reperti archeologici trovati nella zona. A giorni è atteso un nuovo sopralluogo della Soprintendenza che dovrà valutare l'effettiva rilevanza dei ritrovamenti ma. la dottoressa Renata Curina sostiene: "Ogni reperto è importante e, come tale, andrebbe tutelato".

In questa fase sono coinvolti l'Unieco, proprietaria della cava, il consorzio di bonifica e il Comune, nell'elaborazione di un progetto per la salvaguardia dell'area. "Abbiamo scavato in superficie -spiega Umberto Magnani responsabile dell'attività estrattiva di Unieco- cercando di non intaccare l'area dei reperti ma, al contempo, di proseguire il nostro lavoro. Stiamo elaborando un progetto che probabilmente danneggerà tutti i soggetti in causa ma almeno permetterà di conservare la zona".

Per quanto riguarda la prima fase di sopralluoghi, Unieco si era preso a carico anche le spese. Ora, però, la questione si fa più complessa. Il costo dellintervento all'interno della cava, è stimato di notevole entità, data la collocazione problematica dei reperti: sei metri sotto terra.

E per il momento non c'è nemmeno un progetto su come intervenire: appare più probabile l'ipotesi di ricoprire lo scavo lasciando fuoriuscire l'acqua di falda e ricreando una situazione geologica che protegga i resti. Anche costruendo una paratia intorno ai reperti, infatti, non sarebbe possibile bloccare la salita dell'acqua.

Anche la cava Caffagni, quindi, entrerebbe a far parte di un complesso naturalistico, come quello ricreato nelle cave vicine. L'unica consolazione al non vedere i reperti portati alla luce, verrebbe dalla realizzazione della documentazione storica ed archeologica sul sito. Secondo i tecnici, la condizione di immersione nel limo permetterebbe la migliore conservazione dei reperti che, riportati alla luce, potrebbero disintegrarsi.


Gazzetta di Reggio 13 ottobre 2005

Una villa romana nella pianura padana

di Marco Martignoni

Correggio. Una villa romana in mezzo alla pianura padana. E non un rustico qualsiasi, ma un edificio con strutture in legno ecezionalmente conservate che lanciano il cantiere archeologico di Correggio tra i migliori della regione. Dopo tre anni di scavi, la villa ritrovata nel 2002 all'interno di una cava dell'Unieco, si è confermata come una tra le più interessanti del panorama emiliano. Questo grazie al lavoro dell'eqmpe dell'archeologa Renata Curina che ha curato i lavori in collaborazione con la bonifica ParmigianaMoglia e il Comune correggese.
La villa, secondo gli studi realizzati, è stata utilizzata dal I al VI secolo d.C. e si estende lungo un'area lunga circa 80 metri e larga 10.

Il gruppo di archeologici che ha lavorato per far riaffiorare il complesso rustico, si è dedicato, almeno per il momento, a solo una parte dell'edificio.
Interessanti i risultati, perchè la villa si presenta con ancora due parti ben distinte:
una dedicata all'area cortilizia, I'altra che aveva il compito di ospitare le abitazioni e i centri di lavoro.
Proprio in questa parte del rustico, gli scavi si sono concentrati per capire la vita e le abitudini romane. Sono infatti state individuate alcune strutture murarie e altre divisorie interne che furono realizzate con una diversa tecnica edilizia.
Segno evidente che probabilmente la struttura originaria della villa nel tempo ha perso i suoi connotati di originalità.
Ma quello che a sorpreso gli studiosi e la presenza di diversi locali con la pavimentazione dell'epoca, in terra battuta o legno. Proprio questi particolari dell'edificio sono ritornati alla luce in eccezionali condizioni, protetti da una miscela di acqua ed argilla che nel tempo ne ha conservato la fattura.
Ed è sotto questo profilo che la scoperta di Correggio assume la sua unicità in regione, visto che nei ritrovamenti precedenti nel territorio emiliano, mai prima dei lavori eseguiti nella villa correggese, le strutture di legno si erano conservate.
Ma non è tutto, perchè negli ambienti dell'abitazione sono stati ritrovati anche diversi frammenti di ceramica "grezza.
Nella prossima estate è già prevista l'ultima fase degli scavi che avrà come obiettivo quello di completare i lavori iniziati nel 2002 e permettere l'espansione del canale Naviglio.


Gazzetta di Reggio 14 ottobre 2005

L'acqua ricoprirà la casa romana

Luisa Cigarini

Gli scavi condotti all'interno del sito archeologico aperto alla cava Caffagni, hanno riportato al-la luce alcune strutture li-gnee del complesso edilizio di età tardo romana. "E' un fat-to importante commenta Ilenia Malavasi, assessore al-la Cultura perché è rarissi-mo trovare reperti lignei in così buono stato di conserva-zione. L'acqua e il fango li hanno preservati dalla distu-zione, restituendo informazio-ni molto importanti su come erano gli insediamenti rustici del sesto secolo".

Dell'esistenza del comples-so archeologico nella cava, a Fosdondo, si sa da almeno die-ci anni ma la scoperta di ele-menti in laterizio risale a po-co più di quattro anni fa.

La prima parte di ciò che sa-rebbe possibile vedere oggi, è emersa l'anno scorso.

I resti lignei sono stati tro-vati quest'anno. Sarà difficile vedere la domus rustica della cava Caffagni. Una volta ter-minati gli studi e trasportati i reperti più importanti al mu-seo cittadino, la zona sarà di nuovo piena d'acqua. "La fal-da presente - conclude -scorre più alta rispetto alla zona dello scavo, che sarà de-stinata a essere sommersa di nuovo. Per avere una musea-lizzazione all'aperto occorre-rebbe un intervento molto co-stoso, per evitare l'allagamen-to e per far sì che i legni, una volta privati dell'umidità del terreno, non si trasformino in carbone. Il Comune ha già investito sulla sistemazione dei reperti ma per un proget-to di così ampio respiro occor-rerebbe la sinergia di tutti i soggetti coinvolti": Comune, Unieco, bonifica Parmigia-na-Moglia, università di Par-ma e Soprintendenza.


Correggio parliamone (periodico dell'Amministrazione Comunale), ottobre 2005

Dagli scavi archeologici i resti di una villa rustica romana

E' il primo ritrovamento di questo tipo avvenuto in territorio correggese

La ricerca si è svolta sotto il controllo quotidiano della Sovrintendenza

La struttura risale al I-II secolo dopo Cristo e ha parti ben conservate

Si trova sei metri sotto il piano campagna: fu cancellata da un'alluvione

In concomitanza con l'attività estrattiva svolta da Unieco Scrl all'interno di una cava di sua proprietà nel comune di Correggio sono state rinvenute le tracce di una struttura in laterizi di grandi dimensioni risalenti all'epoca romana. Si tratta di una scoperta di grande importanza per la ricerca storica e culturale del nostro territorio.

I primi reperti furono trovati nel 1991 e furono ricondotti ad una fornace per laterizi, che svolse la sua attività tra il 3° e il 4° secolo dopo Cristo. Dopo questi primi rinvenimenti, l'attività estrattiva è continuata con il benestare della Soprintendenza ai Beni Archeologici, finché nel 2001 è stata rinvenuta una struttura muraria appartenente ad una villa rustica di età romana: la prima di cui si sia trovata consistente traccia nel territorio comunale.

In seguito a questo ritrovamento, nel 2002 sono iniziate indagini scientifiche sotto il controllo quotidiano della Soprintendenza, per verificare l'effettivo stato di conservazione dell'insediamento e valutarne l'importanza per la conoscenza del nostro territorio. Dal 2002 al 2004 sono state effettuate tre campagne di scavo: i dati emersi si sono dimostrati così interessanti da indurre a proseguire i lavori anche quest'anno dal mese di luglio al mese di settembre. Gli scavi sono stati effettuati dalla 'Gea Srl Ricerca e documentazione archeologica' di Parma in collaborazione con l'Università di Parma e sotto la Direzione Scientifica della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Bologna.

Le indagini hanno messo in luce un'area di circa 80 metri di lunghezza, che si presentava sin dai primi giorni ricca di materiali da costruzione: tegole, coppi e mattoni.

In realtà tutta l'area si trova sotto 6 metri circa dal piano di campagna attuale: l'area è caratterizzata dalla presenza di depositi alluvionali costituiti da sequenze di livelli sostanzialmente argilloso limosi, di colore grigio azzurro, ai quali si intercalano lenti sabbiose di colore giallo di modesto spessore. L'area infatti si trova tra due antichi paleoalvei appartenenti al sistema idrografico più antico del territorio, attribuibili ai torrenti Crostolo e Tresinaro.

L'area si può suddividere in due zone, una a sud di circa 30 metri per 6-7 metri di larghezza, caratterizzata da un terreno scuro, che si può interpretare come area cortiliva, nonché una ampia zona che potrebbe far pensare alla presenza in situ di un impianto produttivo (fornace), nelle immediate vicinanze dell'edificio rustico; l'altra area è più a nord, di 50 metri circa, occupata dalla parte abitativa.

Le ultime tre campagne di scavi si sono concentrate su quest'ultima parte, mettendo in luce un complesso di notevoli dimensioni che presenta diverse fasi d'uso della struttura, che ne ha modificato probabilmente l'assetto originario.

L'elemento più ragguardevole riportato alla luce consisteva in alcune strutture murarie: i muri perimetrali sono costituiti essenzialmente da laterizi e formano una grande vano rettangolare di circa 10 metri per 5, di 50 cm di spessore. Il vano sembra diviso a metà da un muro al quale si legano in modo perpendicolare altri muri, venendo a formarsi diversi ambienti interni. Le pareti perimetrali e quelle che dividevano i vani, come pure alcuni resti di pavimentazione, erano state realizzate con tecnica mista, in laterizio e legno, quest'ultimo perfettamente conservato, vista la particolare natura del sottosuolo.

In un secondo momento la villa dovette conoscere un'espansione e a nord si sono venuti ad aggiungere numerosi ambienti in modo paratattico, dovuto sia ad un diverso uso dell'edificio probabile, sia all'evoluzione del sistema villa nella piena età imperiale.

Purtroppo non è possibile verificare la reale estensione dell'impianto rustico, in quanto la villa doveva estendersi verso ovest, dove però sono già stati effettuati i lavori di estrazione tanto da rendere impossibile ogni tipo di indagine.

L'impianto originario deve risalire alla prima età imperiale, con una espansione planimetrica nella successiva media età imperiale. Dobbiamo pensare che nel 3°-4° secolo d.c. la casa dovette subire un crollo dovuto o ad un evento atmosferico o ad un abbandono; su questa situazione, si impiantarono altre genti, che riutilizzarono solo alcuni spazi dell'ampia abitazione, finché nella seconda metà del VI secolo si deve ipotizzare il crollo definitivo con una grande alluvione che ha sigillato per sempre la struttura. Tale datazione è comprovata dai materiali rinvenuti, che rimandano in modo uniforme alla fine del 5°-inizi 6° sec. d.C., periodo al quale anche le fonti riconducono una imponente alluvione, che portò nei territori da 1 a 3 metri di deposito alluvionale (589 d.c.).

La campagna di scavo da poco conclusa ha pertanto confermato quanto già era evinto, mettendo ancor più in evidenza l'importanza e il notevole interesse che la scoperta riveste per la conoscenza storica del territorio del Comune di Correggio, ma anche della media pianura reggiana. Di particolare interesse l'eccezionale stato di conservazione delle strutture lignee, andate generalmente perdute nella maggior parte dei casi indagati finora nella nostra regione, che qui permettono di acquisire una esauriente documentazione sulla tecnica edilizia impiegata in epoca romana per la costruzione degli alzati o per la realizzazione di piani pavimentali.

L'area interessata dai reperti è stata salvaguardata dall'attività estrattiva. Purtroppo il livello naturale dell'acqua di falda risulta più elevato della quota alla quale sono stati rinvenuti i reperti. Sebbene questo dato oggi sembra una vera sventura, in quanto non permette di mantenere a vista l'insediamento e di musealizzarlo a fini didattici per le scuole del nostro territorio e non solo, l'acqua ha rappresentato un'enorme risorsa e l'unico elemento che oggi ha permesso agli archeologi di scoprire una struttura tanto ben conservata soprattutto per quanto riguarda l'ottimo stato di conservazione degli elementi lignei. Per ora l'obiettivo rimane il completamento delle indagini archeologiche al fine di recuperare tutte quelle informazioni che possono essere acquisite solo attraverso uno scavo stratigrafico, solo al termine delle quali sarà possibile verificare la possibilità di rendere parzialmente fruibile l'area archeologica. Si tratta di un unicum per il territorio di Correggio e solo la stretta collaborazione tra la Ditta Unieco, la Bonifica Parmigiana-Moglia, il Comune di Correggio e la Soprintendenza ai Beni Archeologici hanno finora reso possibile il raggiungimento di risultati importanti. Ci si può augurare che questa collaborazione possa continuare nel segno della riscoperta della storia correggese, andando ad arricchire non solo il Museo Civico con nuovi reperti, ma tutta la città di Correggio di una nuova opportunità di conoscenza e di patrimonio.

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