Odoardo Rombaldi
Il Risorgimento
Correggio, città e principato, Banca Popolare di Modena, 1979

Se poi dall'età napoleonica passiamo a quella risorgimentale, regolatrice della cosa pubblica, nei limiti consentiti dal dispotismo sovrano, fu la classe possidente. La sua devozione al regime estense andò oltre la pur naturale convenienza ad ottenere quel riposo fisiologico imposto dalle tensioni e dalle dissipazioni di quell'età. Oltre la convenienza, perchè, mentre altrove, negli stessi Ducati, nel 1831 e nel 1848 si costituirono governi provvisori, espressione di minoranze attive, portatrici di precise richieste di rappresentanza politica ed amministrativa, delle libertà individuali e dei gruppi, a Correggio, nell'una e nell'altra congiuntura nulla si mosse.
Correggio aveva avuto in don Giuseppe Andreoli la vittima più insigne dei Moti del '21 ma la morte del Martire, che non era correggese e apparteneva al mondo sempre piuttosto eterogeneo del Collegio, potè suscitare solo pietà o paura e nessun seguito, se è vero che del '31 si dirà:
"Correggio non partecipò attivamente a tanto ardore patriottico (moti del '31), ligia com'era al Duca, e solo si adattò, nel breve periodo di Governo Provvisorio, a seguire le direttive emanate dalle autorità del momento, offrendo uno scarso numero di aderenti, che verranno in seguito perdonati o amnistiati".
"Nel 1848, Pietro Rossi Foglia rimane al suo posto durante i mesi dell'esperienza patriottica e resta poi inamovibile anche al ritorno del Duca nel nuovo clima di restaurazione" (1).
Concludere da ciò che "Correggio fu la cittadina più ligia al Duca e refrattaria alle aspirazioni risorgimentali" non è eccessivo ma, sia nel 1831 sia nel 1848 patrioti ve ne furono in Correggio e nel suo territorio: i loro nomi sono elencati nei cataloghi delle Mostre del Risorgimento. Ciò porta a dover ammettere che Correggio più che affatto estranea al risveglio nazionale vi ebbe solo una assai modesta partecipazione.
Da questa constatazione altri è passato all'analisi della struttura della società e ad individuare l'egemonia incontrastata esercitata dalla classe possidente sul resto della popolazione e la scarsa o nessuna influenza acquistata dalle imprese commerciali o dai professionisti, più aperti agli influssi esterni e più desiderosi di novità. Proprio il Manzotti ci ha ricordato "la vita inerte e provinciale dei proprietari" e il difetto di una
borghesia dedita ai commerci, "che potesse contrastare seriamente l'indirizzo spirituale oltre che politico degli agrari e rappresentare una mentalità più aperta e moderna" (2).
Al che osserviamo che la possidenza fondiaria non è di per sè fattore determinante della conservazione o, peggio, della reazione e, allo stesso modo, l'esercizio del commercio o delle professioni liberali non coincide senz'altro con quello della libertà; al condizionamento della classe fanno eccezione gli individui, e i grandi intellettuali si liberano dalle strutture in cui si formano. Il discorso va spostato dal dover essere di quella classe al suo essere per la società di allora. Per tutto il secolo XIX la proprietà fondiaria esercitò una - funzione sociale spesso onerosa, sempre in esclusiva. In un paese privo di attività secondarie e terziarie di qualche importanza, i proprietari avevano il dovere di mantenere i loro dipendenti diretti e quello di dar lavoro agli artigiani della città. La funzione sociale della proprietà fu spesso sottolineata dal Sovrano, e, in fondo, proprietari e Sovrano condividevano la stessa preoccupazione di aver alleata la popolazione rustica e quella urbana e di sottrarla alla maligna influenza delle sette.
I consumatori di grano, interessati ad averne in continuità e a buon prezzo, trovarono un punto di incontro negli ammassi granari; nel 1825 fu istituita a Correggio la Farinera, deposito di 700 sacchi di farina e ciò rese forse più tollerabile ai proprietari la caduta dei prezzi agricoli e la stasi nelle campagne verificatasi poco prima del 1830. Ma in seguito si cominciò a riflettere sui pesi che, gravando sull'agricoltura, ne frenavano il rinnovamento e lo slancio. Di questa esigenza si rese interprete il Roncaglia: se l'agricoltura avesse potuto scaricare sulle attività secondarie e terziarie il surplus della mano d'opera, avrebbe potuto deviare dal contratto - società, che era la mezzadria, ed adottare contratti - impresa, realizzando un più alto profitto nell'attività agraria.
Il Roncaglia, nella sua Statistica Generale, produsse dati forse discutibili in assoluto ma non privi di valore nei loro rapporti. Nel comune di Correggio, su una popolazione di 12.640 anime (1850) - media del decennio 1841 - 50 - 12.040, 1.476 erano possidenti, 8.476 contadini, 1.202 operai giornalieri e serventi: più di 11 mila persone dipendevano dall'agricoltura; vi erano 1.725 mendicanti, 340 artigiani, 27 negozianti, 156 impiegati, 30 professionisti; 66 ecclesiastici, 237 militari, 147 ebrei e 7 protestanti. Riguardo ai poderi, di fronte a 49 condotti a boaria, stavano 1.000 a mezzadria; il terreno agricolo era occupato da quasi 10 mila ettari di arativo e da circa 700 ettari di prati. Secondo il Roncaglia, occorreva ridurre la produzione per il consumo famigliare, specializzare le colture e produrre per l'esportazione, ossia "impedire una condizione troppo stazionaria di cose in relazione agli altri luoghi", perchè
"i prodotti naturali necessari per vivere, se mancano in un luogo possono essere ben presto compensati da un altro, quindi è che le oscillazioni inaspettate e gli sproporzionati alzamenti di prezzo non saranno che vicende di breve momento, quando il commercio sia libero". E' vero che "L'avvilimento del prezzo delle grasce scoraggia l'agricoltura e con essa tutto invilisce e decade", ma è altrettanto vero che "il sistema dei magazzini sarà sempre di troppo aggravio allo Stato e pernicioso al commercio- (3);
ora il blocco produttori - consumatori di grano a prezzi di sussistenza, dannoso agli uni e agli altri, poteva essere spezzato solo spostando l'asse dell'economia verso altre attività produttive; discorso irrealizzabile e irrealizzato per circa un secolo! E cosi, ancora nel 1845 si istituirà a Correggio in Monte Annonario Perpetuo; la città non conobbe, dunque, quel confronto che avvenne altrove, tra le forze progressiste e quelle conservatrici, sul piano delle idee e su quello delle cose.
Una timida voce di libertà, forse rimasta inedita, è lo scritto di Vittorio Guzzoni; La Parola Necessità, bisogni, desideri e voti dei Correggesi, Pensieri di V. G. (4), che è davvero piccola cosa, perchè, nei giorni in cui liberali e democratici erano su posizioni opposte quanto ai principi e agli esiti del problema politico, egli esprimeva l'esigenza della conciliazione nel. regno metafisico della libertà.
" La Libertà è la vita attiva di un Popolo. Vita è manifestazione ed esercizio completo di forze e di atti molteplici, tra i quali eminente e supremo primeggia il Pensiero, come quello che impronta e assomma tutti gli attributi più sublimi e caratteristici dell'uomo. Ora, la parola, servendo unicamente ad esprimere quest'atto, ossia ad esprimere l'Idea, gli affetti e i desideri degli uomini [ ... 1, ove si rimanesse sempre silenziosa e impaurita, niuna orma di libertà premerebbe quel popolo tacente, chiamato pure a dividere e compartecipare gli ineffabili benefici della nuova vita. E la portentosa nostra Redenzione, opera simultaneamente divina e Italiana, e instauratrice di tutti i diritti degli uomini, arreca eziandio tra tanti miracoli e compensi quello della parola. Ammirabile e immenso beneficio, che in tant'anni di tirannide e di oppressione, o fraintesa o increduta, o dispetta o abborrita o rimandata in gola o condannata ai supplici e alle galere, ora finalmente può erompere e correre viva sulle labbra di tutti. E perchè, avvalorata e resa più giusta dal concorso di molti, scenda maggiormente ascoltata e vigorosa, forono in ogni dove istituti Circoli patriottici nei quali si parlamenta e si dibatte, si espone e si obbietta, si accomuna e si unifica la volontà e i voti del Popolo che, indiretti e affidati al Governo e da esso novellamente discussi e affinati, sortono poscia coll'impronta inviolabile di legge ( ... ).
La stessa conciliazione tra le parti, auspicata, era un modo di evadere i problemi, che per lui si riducevano in sostanze a questi: un corpo comunitativo "scarso e vagliato lungamente"; il corpo delle opere pie radicalmente riformato; una preoccupata sollecitudine per il Collegio "per ben due volte invaso da diversi istitutori", da cui "più non uscirono quei sovrani intelletti che il nome di Correggio raccomandarono"; la sua attenzione era rivolta al teatro, al restauro delle Mura, alle case, e a rivendicare il patrimonio delle opere pie incamerato dal Principe.
Nel decennio 1850-59, come la struttura economica non si arricchì nella articolazione delle sue componenti, così il fermento ideale non lievitò fino a smentire la tradizionale inerzia, ma la minoranza, sia pur esigua, che aderì al moto unitario, prova non l'assenza totale ma solo una limitazione, forse più evidente che altrove. La passività mostrata nel campo politico non va intesa come sordità al mutamento costante, anche se meno vistoso, che avveniva nel costume, nel decoro della vita; parlando del rinnovamento edilizio della città, si è accennato ai progressi realizzati nel decennio. Correggio, insomma, restava su quel piede di casa che, dopo secoli di esistenza come stato de per sè, l'aveva portata alla soggezione agli Estensi, cui la città, nella sua maggioranza stragrande, affidò il suo destino.
Questa affermazione si appoggia oltre a tutto ad un rapporto di Polizia, del 29 agosto 1862, che, nonostante qualche deformazione, non può esser ritenuto frutto di fantasia.
"Assopito il Partito d'Azione, non si verificano più le clamorose riunioni di un tempo; tale partito non era composto, nella massima parte, che da sfaccendati e discoli giovinastri nulla tenenti, spinti per certo non da spirito politico, ma da amor di polemica e da speranza di rapina[ ... ], gente per interesse sempre disposta al primo occupante [ ... ]. La fazione duchista si fa sempre più vivace, nella speranza di sinistri sconvolgimenti [ ... ]. Esistono indubbiamente intelligenze reazionarie, molti ne sono i sintomi, ma queste corrono riservatissime fra i soli capi, persone che, per la loro influenza e col loro procedere, sarebbero sicuri di disporre all'evenienza della maggioranza della plebe, composta di villani loro dipendenti, e di proletari della città, ai quali poche parole e pochi soldi farebbero abbracciare qualunque partito. Primeggiano fra questi capi: Maggiore Bigi, fratelli Corradini, conte Malaguzzi, li preti Giavelli e Catellani, il parroco di Mandriolo ecc., i quali tengono abboccamenti coi reazionari di Carpi e Modena, come da diversi sintomi si rileva. Aggiungasi a questi un tal Bedogni di Correggio, impiegato nella Congregazione di Carità, la cui moglie era intima amica del Saccozzi, la cui casa è alle volte aperta a conventicole di signori riori troppo in concetto di liberali [ ... ]. Lo spirito pubblico nelle campagne è generalmente illiberale sotto la pressione dei parroci e dei proprietari e qualche voce di prossimi congiamenti politici, che ne denota il desiderio, si spande e si coltiva nelle ville. La villa Fosdondo, sotto l'influsso dei Corradini, pare la più infetta di reazione. In città, il numero dei veri liberali è esiguo; li più sono o per speculazione o per prudenza, ma un vero patriottismo, un vero amore al Governo, che parta da convinzione o da devozione, non si trova; insomma, una multiforme politica, ad ogni buon fine, è il color politico dominante. Le persone che godono di maggior prestigio e per la loro posizione sociale e per l'ascendente che acquistarono e per gli impieghi che coprono. non si curano di esercitare quella benefica influenza che molto varrebbe a ravvivar lo spirito delle popolazioni, dirigere la opinione pubblica, calmare le gare dei partiti, persuadere l'amore al Governo [ ... ]; si attengono invece ad una passività egoistica che fa perdere il coraggio, coi loro soliti ritornelli: "non si sa cosa possa succedere", "non è prudente spiegarsi per non ricevere sgarbi", "si ha farniglia", ecc. indifferenti, insomma, e nemici del Governo" (5).


1 Città di Correggio, Catalogo della Seconda Mostra del Risorgimento Italiano, 1814-1831, Correggio 1954, Premessa di R. FINZI. Vedi anche: Estratti di alcuni rapporti ufficiali del Cap. Agostino Saccozzi sopra quanto avvenne in Correggio, nel febbraio 1831, in: Notizie Storiche, vol. IV. p. 309 e ss.
2 Città di Correggio, Catalogo della terza Mostra del Risorgimento Italiano, 1832-1849, Correggio 1956. Premessa di F. MANZOTTI.
3 G. RONCAGLIA, Statistica Generale degli Stati Estensi, II Modena, 1850 p. 378 e ss.
4 Biblioteca Estense, Modena, Mss. Campori.
5 A.S.R. Polizia, Correggio, 29 agosto 1862.