LA RELAZIONE SULLO STATO DELL'AMBIENTE
COMPARTO CHIMICA e derivati
Michele Frascari

Descrizione del comparto

Rispetto ad altri comuni della Provincia di Reggio Emilia il Comparto Chimica a Correggio è ben rappresentato, pur rimanendo tale dato non confrontabile con altre realtà presenti sul territorio regionale, le cui dimensioni sono certamente più rilevanti ( Ravenna, Ferrara, Piacenza).

Riportato alla classificazione ISTAT abbiamo la seguente tabella:

Cod.Istat

Descrizione

Numero

251.3

Produzione di materie plastiche, resine sintetiche ed elastomeri

4

256.5

Produzione di esplosivi, di prodotti pirotecnici e di fiammiferi

1

256.6

Produzione di prodotti ausiliari per le industrie tessili

1

258. 1

Produzione di specialità chim.per uso domestico e manutenzione

3

612.1

Commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi e lubrificanti

1

612.6

Commercio all’ingrosso di prodotti chimici industriali

1

1 Ubicazione

Nella massima parte le attività citate sono localizzate in aree industriali ed in particolare nell’area denominata "Piccolo Villaggio Industriale L.da Vinci" lungo la provinciale per Carpi, localizzazione ideale per lo svolgimento di operazioni che comportano un certo grado di pericolo, come vedremo. Delle altre, tre sono insediate a confini con aree agricole, in zone sufficientemente isolate, mentre due si trovano a confine con aree residenziali.

2 Cicli produttivi

Si possono distinguere a grandi linee tre tipologie di attività, che possono essere o meno presenti contemporaneamente:

prepolimerizzazione

miscelazione

deposito

Prepolimerizzazione

Si tratta in particolare di formulati a base di resine poliuretaniche e di resine poliestere insature, prodotti che vengono commercializzati allo stato di pre-polimeri, cioè in uno stadio intermedio di polimerizzazione dove si trovano ancora allo stato liquido. La fine del processo, dove si completa la reazione, porta all’indurimento della massa plastica. La reazione completa avviene con l’aggiunta di un catalizzatore.

Resine poliuretaniche

Le principali materie prime coinvolte nella produzione di poliuretani sono gli isocianati e i polioli polieteri .

L’addizione dei gruppi ossidrilici del poliolo con il gruppo isocianato avviene come segue:

 

- R - N = C = O + HO - ( CH2 - CH2 - O)n - ® - R - NH - CO - O - (CH2 - CH2 - O)n –

isocianato + poliossidrile poliuretano

 

Il tipico ciclo produttivo di un prepolimero a base di diisocianato consiste nel far reagire questa sostanza, in condizioni controllate di pressione e temperatura, con il poliolo polietere, più altri additivi in grado di modificare le propietà fisiche del prodotto finale. La reazione è esotermica, cioè libera calore. Al termine di un periodo definito di digestione il prepolimero così ottenuto viene raffreddato e confezionato. Partendo dalle singole materie prime possono essere poi ottenute miscele monocomponenti con speciali caratteristiche.

Il centro dell’impianto in cui si effettuano queste produzioni è costituito dal reattore (vedi foto).

Resine Poliestere Insature
In questo caso sono invece coinvolti acidi bicarbossilici o loro anidridi (anidride maleica, anidride ftalica) con un glicole:

Il ciclo produttivo che porta alla formazione di una resina poliestere prevede una reazione di policondensazione con l’eliminazione di molecole d’acqua.

Anche in questo caso, vista l’esotermicità della reazione, le condizioni di lavoro sono controllate. L’acqua di reazione viene allontanata per distillazione, mentre la massa reagente viene raffreddata e quindi miscelata con un agente di reticolazione (il più utilizzato è lo stirene). Vengono quindi aggiunti inibitori di polimerizzazione allo scopo di bloccare una copolimerizzazione prematura. Variando la qualità ed i rapporti quantitativi dei singoli componenti si possono ottenere resine poliestere insature di caratteristiche molto diverse tra loro.

Miscelazione

Le miscelazioni, oltre a quelle presenti nel settore della produzione resine, sono la lavorazione prevalente nelle attività che appartengono al settore della detergenza, dove si formulano prodotti per l’uso sia domestico che professionale. Il ciclo produttivo consiste nella miscelazione dei componenti di ricetta secondo le specifiche dei laboratori interni a seconda della destinazione d’uso per il quale il prodotto viene predisposto. A seconda delle specifiche i componenti possono variare in qualità e in quantità. Tra i componenti normalmente utilizzati sono presenti: sostanze ad azione acida, sostanza ad azione alcalina, tensioattivi liquidi e in polvere, sostanze ad azione solvente, conservanti.

Anche la denaturazione di alcool, svolta in un deposito all’ingrosso, è considerata miscelazione.

Deposito all’ingrosso

Tutte le attività del comparto detengono materie prime in deposito per la successiva lavorazione. Due sono le imprese dove il deposito è l’attività principale, essendo comunque presenti fasi di miscelazione e confezionamento di supporto alla commercializzazione. Per quanto attiene ai prodotti detenuti si tratta un deposito di oli lubrificanti e di un deposito di alcool.

3 Descrizione dell’impatto ambientale

Gli effetti delle lavorazioni descritte sono diversi a seconda delle tipologie di ciclo produttivo (prepolimerizzazione, miscelazione, deposito) e a seconda delle materie prime lavorate. Le diversità si colgono in particolare per l’aspetto relativo al consumo di risorse idriche e di energia e per la formazione di rifiuti. Le similitudini si ravvisano invece nel rischio particolare cui questo comparto è associato, cioè al rischio di incidente.

Scarichi idrici

A parte gli usi civili, le necessità idriche sono legate all’uso dell’acqua come agente pulente, come agente solvente, oppure sono destinate al raffreddamento e allo spegnimento incendi (nel qual caso il consumo è quindi limitato all’evenienza).

Nel settore della detergenza l’utilizzo è volto in particolare alla aggiunta di acqua nei miscelatori in modo da favorire la solubilizzazione dei diversi componenti la ricetta: a questo consegue l’indispensabile pulizia dei contenitori dopo ogni preparazione per evitare che la ricetta successiva sia contaminata dai residui della formulazione precedente. Le acque usate sono quindi smaltite in fognatura o sono raccolte in contenitori a tenuta per il successivo conferimento ad imprese di depurazione: per piccoli quantitativi è possibile un riutilizzo nella stessa miscela di produzione.

Per il resto delle imprese considerate l’acqua emunta dal sottosuolo o prelevata dalla rete acquedottistica ha funzioni di solo raffreddamento e circola all’interno dei circuiti chiusi predisposti negli impianti di processo, senza venire a contatto con le materie prime. In questo modo le acque usate vengono riciclate in continuo, senza che vi sia necessità di smaltimento. Le perdite fisiologiche del circuito vengono rabboccate periodicamente.

Infine per esigenze di servizio antincendio v’è una certa quota d’acqua immobilizzata le cui normali perdite evaporative vengono rabboccate di tanto in tanto.

 Smaltimento rifiuti

Le tipologie di rifiuti sono molto diverse a seconda del processo produttivo che si esamina.

Nell’industria chimica locale si producono limitati quantitativi di solventi organici esausti codificati come residui di distillazione e/o sgrassatura con solventi organici non alogenati, utilizzati nell’ambito laboratoristico per la ricerca e sviluppo ed il controllo di qualità e nelle lavorazioni come agenti pulenti o agenti solventi. Altre categorie portate allo smaltimento sono i prodotti di errate formulazioni o i resi per difetti di produzione come le resine termoplastiche e termoindurenti in genere allo stato solido e manufatti composti da tali materiali, sia solidi che liquidi, compresi i fondami non utilizzabili.

Vi sono infine le soluzioni contenenti tensioattivi ed altre soluzioni e/o miscele acide costituite in particolare da acque esauste derivanti dai lavaggi di serbatoi, autoveicoli e locali produttivi che, nell’impossibilità di poter essere recapitati in fognatura o in corpi idrici, vengono raccolti in contenitori a tenuta e quindi trattate come rifiuti.

Tra le categorie meno pericolose sono da annoverare tutti quei rifiuti assimilabili agli urbani e recuperabili in genere che provengono dal disimballo delle materie prime e dagli uffici che si identificano con il codice imballaggi in genere ( sacchi, sacchetti di carta, plastica, fogli di carta, cellophane, cassette, pallets, contenitori vuoti) o ancora residui di lavorazione o prodotti difettosi ricompresi nel codice Imbottiture, isolanti termici ed acustici costituiti da lana di roccia, espansi plastici e minerali e simili.

Sulla base dei dati del catasto rifiuti relativi alle denunce presentate nel 1996 è possibile descrivere la natura dei rifiuti maggiormente prodotti dal comparto in esame, sia sotto il profilo dello stato fisico, sia sotto il profilo della pericolosità effettiva, come da DPR 915 del 1982.

 

Stato fisico

 

Rifiuti speciali ( t )

tossici-nocivi ( t )

Liquido

43,9

5,6

Fangoso palabile

440

0

Solido polverulento

0

0

Solido

549

0.2

Rumori e vibrazioni

 

Sorgenti rumorose possono essere le pertinenze e gli accessori degli impianti di servizio o di produzione. Per es. la presenza di emissioni in atmosfera (ventole, camini) di grande portata o in numero rilevante deve essere valutata preventivamente da questo punto di vista in quanto la turbolenza provocata dal passaggio dell’aria aspirata nelle condutture è spesso fonte di rumore. Oltre alla migliore localizzazione dei camini e delle ventole si deve pensare all’installazione di silenziatori dissipativi. Comportamenti analoghi devono essere adottati in caso di installazioni di impianti di condizionamento o ventilazione.

 Emissioni in atmosfera

Per i particolari cicli produttivi che contraddistinguono le imprese del comparto considerato di massima non si può parlare di contributo significativo all’inquinamento atmosferico. In termini di carico inquinante generato dalle singole realtà assume una certa rilevanza solo quello derivante dalle esigenze energetiche delle imprese e cioè dalle emissioni provenienti dalla combustione di gasmetano o gasolio per la produzione di calore ad uso industriale. Per il resto si parla di emissioni di tipo discontinuo legate alle diverse fasi del processo produttivo o ad alcune produzioni maggiormente che rispetto ad altre.

Nelle prepolimerizzazioni le emissioni condottate possono veicolare all’esterno materie prime o sottoprodotti di reazione.

Per i poliuretani in termini di flusso di massa, cioè di portata di inquinante per unità di tempo, non si tratta di valori significativi se non per l’uso dei cosiddetti freons, materia prima che nella produzione di resina poliuretanica svolge la funzione di agente espandente. La significatività è determinata dai grandi volumi in gioco e dal fatto che tali classi di sostanze volatilizzano facilmente: peraltro le perdite che si registrano nel corso del processo rappresentano al massimo un rapporto di 5 parti su 100 di materia prima caricate. Maggiore è invece la dispersione in atmosfera proveniente dalla produzione di un altro tipo di materia plastica, il polistirolo espanso: in questo caso si può arrivare anche alla perdita diretta di quasi 50 parti su 100 dell’agente espandente immesso nella mescola.

Negli ultimi 10 anni, anche a seguito del protocollo di Montreal prima e della convenzione di Vienna poi, per i noti effetti lesivi dello strato di ozono, sono state introdotte modifiche sostanziali nei processi produttivi descritti: in pratica la ricerca ha permesso di sostituire i vecchi Freon 11 e 12, estremamente impattanti, con nuove sostanze espadenti a più basso potenziale di distruzione, gli HCFC. Tale quota è comunque destinata alla completa eliminazione in quanto con il 2004 viene previsto il bando totale anche dei rimanenti HCFC.

Per le resine polistireniche assume significato più che la quantità la qualità delle sostanze immesse in ambiente. Tra materie prime, diluenti e sottoprodotti di reazione numerose sono risultate le sostanze a bassissima soglia olfattiva, cioè avvertibili in aria anche a concentrazioni in traccia, e contraddistinte da un odore greve e molesto: questo ha fatto sì che si desse maggiore rilevanza alle criticità legate al fattore odorigeno, piuttosto che al dato complessivo, in considerazione di una necessità di tutela non legate al mero carico inquinante ma alle ricadute in termini di benessere psico-fisico e di qualità della vita per chi vive in prossimità di sorgenti emissive caratterizzate dal produrre questo tipo di effetti negativi. Anche in questo caso gli interventi migliorativi di carattere tecnico, in termini di abbattimento, sono risultati efficaci.

Per il resto si può parlare di perdite a carattere evaporativo dai serbatoi in deposito o dai miscelatori per le sostanze caratterizzate da elevate tensione di vapore o a basso punto di ebollizione, cioè estremamente volatili. Le soluzioni apprestate sono di due ordini: o il convogliamento di tutti gli sfiati in atmosfera ad impianti di abbattimento o l’effettuazione del carico-scarico di materia prima volatile con il sistema della polmonazione, cioè del ritorno dei gas alle autocisterne, come si può vedere nello schema seguente:

  Rischio di incidente industriale

Per il comparto chimica, considerato l’utilizzo di sostanze e preparati pericolosi, è necessario tenere presente anche la possibilità di incidenti dovuti al rilascio improvviso di materia. In genere si tratta di un’emissione, un incendio o una esplosione di rilievo che danno luogo ad un pericolo grave o differito per l’uomo e/o per l’ambiente. Semplificando si possono distinguere due tipi di effetti sulla salute, uno legato all’esposizione breva o prolungata a sostanze tossiche, l’altro prodotto dalle lesioni causate da esplosioni e incendi. Tra le attività che fanno parte del comparto in esame, allo stato, sono soggette alla normativa che disciplina i rischi rilevanti due aziende, una ad alto rischio, la ditta DOW Italia e l’altra a basso rischio, la ditta Coibent, entrambe site nel villaggio industriale L.Da Vinci.

L’istruttoria prevista sul rapporto di sicurezza presentato dagli insediamenti a rischio citati si è conclusa solo per una delle due attività, quella a minor rischio, di competenza regionale. L’incidente ipotizzato è lo sversamento di una sostanza classificata come nociva che può costituire un rischio per l’ambiente, suolo e acque superficiali, comunque facilmente limitabile con accorgimenti di carattere tecnico che sono stati già installati.

Per l’attività ad alto rischio, di competenza del Comitato Tecnico Regionale, è stato predisposto dalla Prefettura un piano provvisiorio di emergenza esterno, i cui contenuti sono stati divulgati alla popolazione residente nell’immediato intorno della ditta in questione. In effetti, tra gli incidenti ipotizzati per l’impianto di produzione di formulati poliuretanici, è risultato che solo uno può avere conseguenze esterne allo stabilimento: la rottura catastrofica di un veicolo-cisterna trasportante la sostanza tossica TDI (toluendiisocianato) transitante all’interno dello stabilimento in questione, per un quantitativo di circa 20 tonnellate. Lo sversamento di questo quantitativo produrrebbe una pozza evaporante di TDI con conseguenze di tipo sanitario su persone esposte all’inalazione della sostanza in un raggio di 142 mt dal punto dell’incidente.

A questo proposito è però necessario chiarire che questo incidente, sulla base delle linee guida emanate dal Dipartimento di Protezione Civile con sede a Roma, è classificato come poco probabile e che l’intervento della squadra di emergenza interna sempre presente in stabilimento è in grado di garantire la neutralizzazione della sostanza nell’arco di un quarto d’ora dal momento dell’allerta. Ciò nonostante, per un principio di cautela che deve improntare l’attività dellle amministrazioni pubbliche preposte, è stato redatto il piano di emergenza esterno ed accuratamente informata la popolazione a rischio nell’immediato intorno dello stabilimento, con l’invio di schede di autoprotezione i cui contenuti sono da applicare correttamente una volta scattato l’allarme. Il segnale d’allarme è costituito da un messaggio parlato che il centralino dello stabilimento invia ai numeri telefonici delle imprese e della abitazioni citate nell’elenco allegato al piano.

Altre due imprese del comparto, assoggettate al campo di applicazione della normativa come basso rischio di incidente, sono successivamente state declassificate, la prima per modificazioni della normativa che hanno portato all’innalzamento della soglia quantitativa, la seconda per ordinanza del Sindaco che ha obbligato l’azienda a ridurre i quantitativi. In quest’ultimo caso vi è stato anche l’obbligo di trasferimento dell’attività in altra sede per destinazione urbanistica non conforme.

Sia per le aziende classificate che per quelle declassificate e non assoggettate rimane comunque in vigore la tutela garantita dalle disposizioni vigenti in materia di sicurezza impiantistica - antinfortunistica e sicurezza antincendio.

Dal punto di vista storico in due delle ditte appartenti al comparto sono stati registrati due quasi incidenti, cioè due eventi straordinari che avrebbero potuto trasformarsi in incidente o in infortunio, ma che invece non hanno avuto conseguenze rilevanti sul piano sanitario e sull’ambiente, il primo nel 1986 ed il secondo nel 1998.

In entrambi i casi si è trattato di una reazione incontrollata che è avvenuta nel corso di una prepolimerizzazione, con aumento di temperatura e di pressione tali da comportare uno scoppio. Con lo scoppio si è avuta la fuoriuscita nell’ambiente esterno dei liquidi e dei gas formatisi nel reattore nelle condizioni di anomalo funzionamento descritto, suscitando allarme e provocando irritazioni agli occhi e alle prime vie respiratorie, ma di breve durata. Dopodichè sono state rimosse le cause identificabili alla base dell’incidente stesso e sono stete installate le opere di prevenzione, di mitigazione e di contenimento, in grado di ridurre la probabilità di ripetersi dell’incidente e di impedirne, quanto tecnicamente possibile, le ricadute all’esterno.

E’ bene chiarire come sia l’atteggiamento generale alla sicurezza il vero nodo di questa complessa materia e che quindi, al di là degli indispensabili controlli da parte di tutti gli enti coinvolti (AUSL, ARPA, VVF, ISPESL, Ministero Ambiente ), non è solo con un mero rispetto della norma che si garantisce il non accadere di incidenti, ma soprattutto con la messa a regime di un vero e proprio sistema di gestione dei rischi industriali, basato su procedure e verifiche interne, attivo e dinamico.

Un esempio di tale attenzione è rappresentata dall’adesione volontaria delle imprese del comparto chimica a sistemi comunitari di ecogestione (EMAS) o dall’ottenimento di certificazioni rilasciate da organismi riconosciuti (ISO 14000).

4 Indicatori di pressione

 

1998

1999

2000

2001

Tonnellate/anno di rifiuti liquidi pericolosi

 

5.6

     

Kg equivalenti/anno di freon 11

 

22.500

     

Numero di reclami/anno per odori molesti

 

0

     

Numero di incidenti o quasi incidenti/anno

 

1

     

Numero di aziende in ecogestione

 

0