Riccardo Finzi
OTTOBRE 1796: Albori di libertà a Correeggio
Correggio nella storia e nei suoi figli, Arca Libreria Editrice, 1984

Subito dopo che l'armistizio stipulato fra la Repubblica Francese e il Duca Ercole III ebbe a cadere per volontà del Generale Bonaparte, lo stesso giorno 4 ottobre 1796 le truppe francesi irrompono nello stato Estense. Prima dell'una pomeridiana entrano a Correggio, provenienti da Carpi, 108 soldati di cavalleria. Un'ora dopo arrivano duecento fanti con un pezzo d'artiglieria. Il corpo di truppe dopo essere stato rifocillato, parte per Reggio alle ore 4 pomeridiane, non senza aver fatto arrestare un francescano, Padre Varoli da Rimini, " per avere accarezzati e per troppo trasporto verso i tedeschi ". Ma poi il frate viene liberato purchè se ne vada subito da Correggio. Il che avviene pochi giorni dopo.
L'accenno ai tedeschi richiama un fatto, avvenuto quattro giorni prima, che ebbe a spiacere ai francesi. Il diarista Pietro Vellani, da cui sono state tolte queste note, scrive a tal proposito, in data 30 settembre: " Alle due incirca pomeridiane parte a piedi e parte a cavallo passò un corpo staccato di 150 tedeschi. Il pubblico gli destinò per fermarsi il gioco del pallone (Corso Cavour) ma i loro uffiziali quando vi furono vollero piuttosto andare alla campagna. Infatti tirarono giù per la contrada lunga fuori della porta di Reggio e si fermarono in un Piccolo prato de Francescani accanto alla fornace, ove detti Padri facevano cuocere i mattoni. Gli fu somministrato quanto loro occorreva p.le bestie, e soldati, il tutto pagarono, e alle ore 7 di di giorno partirono per S. Polo e si rifugiarono a Montechiarugolo ... ".
Si trattava quindi del corpo di truppe fatto prigioniero quattro giorni dopo nel breve scontro a fuoco ancor detto di Montechiarugolo.
Nei giorni 6, 7 ed 8 ottobre è un susseguirsi di truppe francesi che arrivano, si acquartierano per poche ore ed indi partono dalla Città.
Il giorno 8 appaiono per le vie i primi rivoluzionari Correggesi, partigiani dell'ordine nuovo. Si notano Crispino Gambari, Fermo Bedogni, Antonio Medici (detto il zoppo lesca), il figlio di Giulio Bernieri e tutta la famiglia d'Ignazio Cacciavellani (" ch'era venuta da Rossena a Correggio per raccogliere l'eredità di Don Andrea Cacciavellani, parroco di Canolo "). Il Cronista aggiunge che vi erano altri compagni rivoluzionari " che erano con loro d'accordo, ma non vollero comparire, tutti però pezzi cattivi ".
Indi questi rivoluzionari tagliano una pioppa vicino al cimitero e la portano a Correggio " precedendola con rami in mano della medesima molti birichini gridando da suoi pari evviva la Francia, evviva la libertà ".
Verso sera dello stesso giorno otto, l'albero, munito della bandiera tricolore su cui sta scritto Libertà - Eguaglianza, viene piantato in Piazza, sotto l'orologio. Intorno all'albero, Francesi e Correggesi ballano e cantano per un'ora. Indi vengono messe le sentinelle all'albero. Le prime due sono Giuseppe Delfinoni e Giuseppe Piovani.
A sera, Crispino Gambari e i suoi, colla coccarda sul cappello e tutti armati, vanno a cancellare gli stemmi ducali al Collegio, alla posta dei cavalli e sulla porta maggiore di S. Quirino.
Ma l'entusiasmo dei pochi partitanti riceve una grave delusione nel pomeriggio del giorno 9, ad opera del Generale Sandoc, che rimprovera ai rivoluzionari di avere innalzato l'albero e cancellate le armi sovrane prima che ciò fosse ordinato dall'autorità francese. Ma più grave è il rimprovero mosso ai Correggesi per avere ricevuti e bene accolti con evviva i mentovati tedeschi, alcuni giorni prima.
E poichè tutti i salmi finiscono in gloria, il Generale impone una contribuzione alla città di 250 zecchini; incassa la somma ed indi parte per Carpi. Per disposizione del Governatore, la contribuzione era stata subito pagata dalla Comunità Ebraica, dai Francescani e dal Collegio.
Crispino Gambari, venuto a sapere della cosa, si commuove, piange, e chiede perdono alla Municipalità.
La guardia dell'albero viene affidata agli Urbani e nessuno è esente da quel servizio, salvo i camerieri del Collegio.
Si pensa indi ad un Te Deum di ringraziamento all'Altissimo per le grazie ricevute, da celebrarsi in S. Quirino. Ciò anche per cancellare dalla memoria l'altro Te Deum celebrato il mese precedente in senso contrario e a tutto onore di Ercole 111. La Municipalità non potendo intervenire per non essere i di lei membri vestiti tutti in uniformità, invia i suoi due trombetti che al tempo della Benedizione suonano la tromba come se l'Autorità fosse presente.
Passano pochi giorni. Il 15 ottobre, o 24 vendemmiale, alle ore 9,30 giunge Bonaparte a Correggio. Si ferma alla posta dei cavalli (nella attuale Piazza Garibaldi). A lui si presentano il Governatore (Landriani) e i Municipali G. Batta Contarelli, Michele Bolognesi ed altri.
Il Generale richiese a Luigi Rossi Luogotenente del Governo, se il popolo era quieto e continto. Avutasi una negativa, e smentita questa dai Bolognesi, il Generale disse che il voto della Repubblica Francese era che questo popolo sia libero e felice, e disse di ritornare nel dopo pranzo. Diffatti alle 5 pomeridiane reduce da Guastalla e Novellara ripassò il generale ed affacciaronsi alla carrozza il Contarelli, il Bolognesi ed altri. Il Generale si espresse in questi termini: Fate un Consiglio Generale coll'invito dei capi di casa della religione dominante sì della Città e sì della Campagna, poi soggiunse: So che esiste in Comunità
un certo libro d'oro nel quale sono ascritti i nobili. Avuta un'affermativa, ebbene, disse, domani per mano d'uno sgherro sia bruciato in pubblico. Furono chieste diverse cose, ma si ebbero risposte burlesche.
Per completare con altre notizie la cronaca del 15 ottobre, traggo quanto segue da memorie Novellaresi.
Bonaparte, partito da Bologna in carrozza a sei cavalli era accompagnato da altra carrozza pure a sei cavalli. Scortavano i due cocchi ventiquattro usseri francesi.
Accompagnavano Napoleone il fratello Giuseppe, il Commissario Saliceti ed i generali Berthier, Garrau e Marmont.
A Novellara, per le insistenze dei magnati dei luogo, Napoleone accettò di rimanere a pranzo più tardi, pranzo tenutosi poi al Casino di Sotto, di sessanta portate e che il Generale appena assaggiò.
Di ritorno da Guastalla, ove si era recato per vedere il terreno ed esplorare le mosse del nemico stanziato oltre Po, Bonaparte giunse al pranzo luculliano alle ore 14,45.
Poco dopo giunsero due delegati di Correggio: il giudice di pretura Rossi, Modenese, ed il Dott. Michelangelo Corghi allievo del Magistrato. Dietro suggerimento di Prospero Anceschi detto Bigone, dottore in medicina e per l'occasione cuoco di quel convito, Napoleone richiese ai delegati di fare bruciare il " Libro d'oro " e aggiunse: La vera nobiltà sono i meriti, e le grandi azioni. Se io fossi capo di un governo qualunque non vorrei nobiltà ereditaria, ma personale. Sono frequenti i casi che da uomini grandi nascono degli imbecilli, e viceversa. Dunque perchè far nobili chi non ha meriti? E chi ha meriti avvilire? Riprendiamo ora la nostra cronaca: L'indomani alle 10 suonate i trombettieri del Comune diedero il famoso libro d'oro al Cancelliere Filippo Cavedoni, il quale tutto confuso e tremante lo portò in Comunità e lo gettò sopra un cumulo di alcune fascine di vite per essere abbruciato.
Andrea Agazzani Sartore e Sergente degli Urbani levò dal non ancora acceso fuoco il libro che di foglio in foglio fu mostrato al popolo, e poscia uno sgherro ricevuto nuovamente il libro mezzo arso dal Cavedoni fu condannato ad una assoluta ustione.
La comparsa di Bonaparte a Correggio sollevò l'entusiasmo dei Liberali, che però non erano numerosi, ed uno d'essi, in una poesia diretta ai concittadini, rammenta che il Generale parlò a Correggio nell'occasione del suo passaggio per la nostra città.
Una settimana appresso, il 22 ottobre, i Cittadini volontari della Guardia Civica nominarono a loro Capitani Michele Bolognesi e Jacopo Corradi.
Il 23 ottobre, 2 Annebbiatore, veniva scelto un Comitato Provvisorio che avesse a reggere la città sino alle libere elezioni, indette più tardi per il 19 marzo dell'anno seguente.
Il solito Anonimo Cronista, più volte citato, così annota nel suo diario: La Municipalità e Comunità fu composta dei seguenti individui:
- Contarelli G. Batta e Rossi Gherardo, Legali - Rossi Foglia Giuseppe, Bernieri Giuseppe, Belesii Pietro, Saccozzi Pietro, Vernizzi Gian Francesco e Zuccardi Cesare, Cittadini - Tandini Ambrogio e Govi Francesco, Mercanti - Bendotti Ludovico e Martinelli Luigi, il primo Sartore ed il secondo Calzolaio
- Brunetti Giuseppe di Mandrio, Masselli di S. Prospero, Giuliani Pietro di S. Biagio e Zuccarelli Sebastiano di Rio, possidenti di campagna.
A Presidente per la formazione della mentovata Municipalità fu nominato ed eletto il Canonico Arciprete Quirino Forti, il quale dopo di aver saggiamente raccomandato agli elettori di agire secondo coscienza, fatta la scelta accompagnata da vera calma diresse parole da savio ai Cittadini ringraziandoli in primo luogo di averlo ritenuto idoneo alla Presidenza, poi usando della autorità conferitagli parlò contro coloro che male intendono le parole di Libertà e Uguaglianza. Noi siamo disse tutti fratelli dichiarati liberi dalla presenza del Sovrano, ma non mai dalla legge di Dio e degli uomini insistendo di non recare alcuna offesa alla proprietà, rispettare la Religione ed i Ministri di essa, e ristarsi dagli odi di partito. Queste ed altrettante energiche ed assennate parole pronunziò il Forti in mezzo agli applausi ed agli evviva dei convenuti. Fu accompagnato al Caffè, e dal Caffè alla propria abitazione sempre confortato dalla riconoscenza dei Correggesi ...
Così hanno termine le importanti notizie del fatidico mese di ottobre dell'anno 1796.
(Da un Diario manoscritto di Pietro Vellani, conservato nell'A.M.P. della Bibl. di Correggio, ed altre).