Fotografie di Marzio lotti.
Disegni tratti da "Alberi e arbusti dell'Emilia Romagna", Azienda Regionale delle Foreste - 1983.
E' facile pensare a Correggio e dintorni come a zone dallo scarso fascino ambientale. Per certi versi ciò risponde al vero. I nostri fiori e i nostri animali, come del resto il nostro paesaggio, non possono certo essere paragonati in quanto a varietà e colore a quelli di zone montane o marine.
E anche vero però che, per chi sa guardare o vuole imparare a guardare, la "piccola natura" presente da noi può riservare molto sorprese; e il saper distinguere un fiore di Altea da uno di Malva o la foglia di una Quercia da quella di un Acero diventa fonte di piacere e soddisfazione e, in seguito, di consapevole riguardo per la nostra terra, alla quale siamo legati, come le piante, da profonde radici.
Quando attraversando le nostre campagne osserviamo il paesaggio, dobbiamo avere ben presente una cosa: tutto quello che vediamo è completamente diverso da ciò che era questa pianura prima che gli uomini iniziassero la loro opera modificatrice. La nostra terra è passata gradualmente, per mano dell'uomo, dagli ecosistemi dei bosco e della palude a un unico, immenso, campo coltivato (agroecosistema).
Questo processo, che ha visto il suo inizio nell'epoca romana (centuriazione) ed è continuato con piccole e grandi opere di bonifica e disboscamento, si è concluso con il taglio degli ultimi boschi nella prima metà di questo secolo; da questo momento in poi si è assistito ad un aumento notevole dell'asfalto e dei cemento a spese dei terreno agricolo.
I boschi che ricoprivano con un mantello ininterrotto le nostre terre erano composti da Farnie (Quercus robur, l'albero dominante, e da altre latifoglie amanti dell'umidità: Olmi, Aceri, Noccioli, Tigli e, nelle zone più ricche d'acqua, da Ontani, Salici e Pioppi bianchi.
Ora di questa realtà non rimane quasi più traccia, anche perchè, a completamento dì questa lunga trasformazione, negli ultimi anni si è assistito a un eccessivo accanimento nel togliere dalle campagne gli alberi e le siepi, con il risultato che possiamo vedere tutti: grandi distese piatte di monocolture sempre più prive di animali ed insetti utili e sempre più aggredite da parassiti se non difese con grandi quantità di fitofarmaci. Qualcosa tuttavia è rimasto grazie più che altro alla sensibilità individuale di qualche agricoltore. Alcune farnie (in dialetto: Rore), Pioppi (di solito ibridi) e pochi Aceri campestri (in dialetto: Opi) interrompono qua e là l'orizzontalità dei nostri campi. Si possono incontrare facilmente Salici bianchi, di solito capitozzati (vedere scheda Salice Bianco), lungo i fossi, e qualche Robinia (in dialetto: Maruga) che è una pianta non nostrana. Oggi sembra esserci un discreto rilancio dei Noce; l'Olmo è diventato raro come altofusto, mentre è ancora abbastanza diffuso allo stato arbustivo.
Rarissime sono le siepi, che un tempo erano tollerate e spesso utilizzate come confine; tra le piante arbustive scampate a sistematici tagli si possono incontrare con discreta facilità il Sanguinello, il Sambuco, il Prugnolo. Raro stà diventando il Biancospino e ancora di più la Rosa Canina.
In compenso è aumentata la diffusione dell'Ailanto, pianta introdotta dall'Oriente, infestante e quindi dannosa per la flora nostrana.
Qualcosa si deve dire a proposito delle zone umide che da noi sono rappresentate in parte da canali e cavi e, in parte, da cave di argilla abbandonate. I primi di solito non hanno una vegetazione ripariale degna di nota (fa eccezione, in alcuni punti, il cavo Naviglio), ciò non a causa dell'inquinamento generalizzato che li caratterizza, bensì per i soliti tagli, spesso immotivati, che lasciano sulle sponde di questi corsi d'acqua il solo strato erbaceo e a volte nemmeno quello.
Le cave d'argilla abbandonate meritano invece un discorso a parte: infatti, proprio grazie al loro stato di abbandono, hanno potuto dar vita a vere e proprie riserve genetiche, cioè a luoghi in cui si possono ancora trovare specie vegetali, e quindi animali, che sono scomparse dal resto dei nostro territorio. A titolo di esempio si può indicare la cava "Casanova" in località Fosdondo, ove sono presenti varie specie vegetali ormai rare in tutta la pianura reggiana: il salice cinerino (salix cinerea), il salice rosso (salix purpurea) il salice da ceste (salix triandra), il pioppo bianco spontaneo e la Fusaggine (Euonymus europaeus). Tra l'altro in questa cava si possono osservare interessantissimi tronchi di Farnia ritrovati a vari metri (3-4) di profondità. Questi tronchi, semicarbonizzati a causa della loro permanenza per millenni nelle argille, testimoniano le antiche foreste di pianura che ricoprivano il nostro territorio.
Alberi e arbusti autoctoni dei territorio correggese
ALBERI
Farnia - (Quercus robur)
Pioppo bianco - (Populus alba)
Pioppo nero - (Populus nigra)
Acero campestre - (Acer campestre)
Olmo campestre - (Ulmus campestris)
Frassino - (Fraxinus oxyphylla) - (Fraxinus excelsior) - (Fraxinus ornus)
Salice - (Salix alba) - (Salix purpurea) - (Salix pentandra) - (Salix viminalis)
Ontano nero - (Alnus glutinosa)
Carpino bianco - (Carpinus betulus)
Melo selvatico - (Malus sylvestris)
Perastro - (Pyrus piraster)
Ciliegio selvatico - (Prunus avium)
ARBUSTI
Prugnolo - (Prunus spinosa)
Biancospino - (Crataegus oxyacantha) - (Crataegus monogyna)
Sanguinello - (Cornus sanguinea)
Ligustro - (Ligustrum vulgare)
Rosa canina - (Rosa canina)
Spino cervino - (Rhamnus catharticus)
Fusaggine - (Euonymus europaeus)
Lantana - (Viburnum lantana)
Nocciolo - (Corylus avellana)
Chiavardello - (Sorbus torminalis)
Sambuco - (Sambucus nigra)
E' possibile trovare nel territorio comunale piante che non sono autoctone ma naturalizzate da tempo. Le più comuni sono:
Robinia - (Robinia pseudoacacia)
Noce - (Juglans regia)
Ailanto - Ailanthus altissima)
Spino di Giuda - (Gleditsia tricanthos)
Noce nero - (Juglans nigra)
FARNIA (dialetto: Rora) - Quercus robur
Se un albero dovesse essere preso a simbolo della nostra terra, questo dovrebbe essere la Farnia. Infatti era l'albero dominante delle nostre antiche foreste. Albero maestoso, simbolo di forza (robur = forza) il cui legno è sempre stato usato, in quanto durevole e lavorabile, per costruzioni.
La Farnia è diffusa in Italia nelle regioni settentrionali e preferisce terreni fertili e profondi, anche umidi ma privi di ristagno idrico. Le ghiande, prodotte in abbondanza, erano usate un tempo per l'alimentazione dei maiali.

ACERO CAEPESTRE (dialetto: Opi) - Acer campestre
E' una delle piante più familiari dei nostro paesaggio rurale anche perchè veniva usato spesso come tutore vivo della vite. E' ritrovabile ancora come albero ma è più frequente allo stato arbustivo e può essere usato per la formazione di belle siepi poichè sopporta una intensa potatura. In autunno le foglie dell'acero campestre si tingono di un lucente giallo dorato che lo rendono molto vistoso,

OLMO (dialetto: Olom) - Ulmus carpinifolia
L'olmo è un altro albero fondamentale nella nostra tradizione agraria. Anch'esso era usato come tutore vivo della vite e le sue foglie venivano raccolte come foraggio per il bestiame. Il suo legno pregiato veniva usato per la fabbricazione di vari attrezzi. Una grave malattia ' causata da un fungo microscopico, ha causato negli ultimi decenni la morte di milioni di piante. L'olmo, tuttavia, sembra deciso a resistere ed è ancora frequente, soprattutto allo stato arbustivo, nelle nostre campagne (Nella riserva di via Imbreto è la pianta più comune).

SALICE BIANCO (dialetto : Sales) - Salix alba
Il salice bianco è molto comune sui nostri canali e insieme ad altri salici era tradizionalmente coltivato e tagliato a capitozze, cioè completamente privato di rami ogni 2 o 3 anni al fine di sviluppare rami nuovi e sottili che venivano poi impiegati per usi diversi: legacci per la vite, cesti intrecciati, pali, ecc.. Questo uso è molto diminuito ai giorni nostri ma per fortuna molti salici, capitozzati o no, sono ancora presenti. Un vero e proprio bosco (saliceta) di queste piante è visibile nella cava "Casanova".

PIOPPO BIANCO - Populus Alba
Questo albero, pur essendo tra quelli che caratterizzavano le antiche foreste di pianura, non è più comune nelle nostre campagne, per contro è diventato frequente il suo uso come albero ornamentale e lo si può vedere in aree di verde pubblico e privato.
Infatti le sue foglie, che hanno la pagina inferiore di un bel bianco argentato e la sua corteccia chiara, ne fanno una pianta esteticamente apprezzata. Il legno è simile a quello degli altri pioppi ma l'albero viene raramente coltivato poichè i pioppi ibridi euroamericani crescono più rapidamente. Può essere usato per formare ottime barriere frangivento.

PIOPPO CIPRESSINO - Populus nigra "Italica"
Il pioppo cipressino ha caratterizzato e caratterizza gran parte dei nostro paesaggio: ai iati dei canali, delle strade, di viali offre uno scenario, una prospettiva, sempre spettacolare. E pianta dioica, cioè che porta i fiori maschili e femminili su piante separate, per questo motivo viene coltivata la sola pianta maschile perchè priva dei semi pelosi (piumini) che producono i notissimi inconvenienti.
Grazie alla sua forma snella e alla resistenza all'inquinamento e al fumo è l'albero ideale per barriere protettive. Il legno è di scarsa qualità.

NOCE (dialetto: Nosa) - Juglans regia
Non è una pianta autoctona ma essendo stata introdotta più di duemila anni fa (100 a.C.) la si può considerare pienamente naturalizzata. Il noce è rinomato sia per il suo frutto sia per il suo pregiatissimo legno usato da tempo nella costruzione di mobili d'arte. Nelle nostre campagne si è avuto, negli ultimi anni, un aumento della sua coltivazione. Il noce è dotato di una profonda radice a fittone e teme il ristagno idrico ma anche la siccità.
Per il portamento maestoso, soprattutto se isolato, è utilizzato come ornamentale nei parchi.

SANGUINELLO - Cornus Sanguinea
E' uno degli arbusti che formano le nostre siepi spontanee. Poco appariscente per gran parte dell'anno, in autunno si colora di rosso (da qui il nome; sanguinea). E abbastanza comune e si propaga mediante polloni o per mezzo d i semi dispersi dagli uccelli che mangiano le drupe nere prodotte dal sanguinello in piccoli grappoli.
Serve ottimamente a consolidare i terrapieni che tendono a franare e se tagliato forma molti polloni nuovi e si espande rapidamente.

SAMBUCO - Sambucus nigra
Nelle nostre campagne lo si incontra soprattutto come arbusto ma, in condizioni favorevoli, può arrivare a dimensioni notevoli.
In primavera è riconoscibilissimo per le grandi infiorescenze bianche a ombrello (corimbo apiattito) che formeranno in seguito grappoli di bacche nere molto ricercate da merli e storni, infatti la riproduzione dei sambuco avviene soprattutto per diffusione dei semi da parte degli uccelli. Cresce in margine a siepi spontanee preferendo terreni molto ricchi di azoto.

PRUGNOLO - Prunus Spinosa
Quando alla fine di marzo vedete, sul bordo delle strade, arbusti ancora privi di foglie ma ricoperti di bei fiori bianchissimi, quasi sicuramente sono prugnoli. Questo arbusto che si riproduce per polloni forma fittissime e impenetrabili siepi naturali in cui gli uccelli possono nidificare indisturbati. In estate inoltrata sul prugnolo maturano bacche nero-bluastre molto asprigne che non essendo molto appetite dagli uccelli rimangono sulla pianta anche quando si spoglia di tutte le foglie.

BIANCOSPINO - Crataegus monogyna
Il biancospino allo stato selvatico sta diventando sempre più raro nonostante fosse molto diffuso e addirittura usato per formare fitte barriere spinose con cui si delimitavano le proprietà. Comunque si può riconoscere questo arbusto dalla intensa fioritura bianca di fine aprile e dalle vivaci bacche rosse (che sono un importante fonte di nutrimento per gli uccelli in inverno) da fine settembre in poi. Sia i fiori che le bacche hanno proprietà sedative e cardiotoniche e sono usati in fitoterapia. Con il biancospino, che sopporta intense potature, si possono formare compatte siepi ornamentali.

IL NOCCIOLO - Corylus avellana
Nel nostro territorio si può incontrare il Nocciolo allo stato spontaneo nelle siepi miste, oppure nei parchi privati ove, di solito, viene introdotto volontariamente all'atto dell'impianto. Ama i terreni fertili e freschi con substrato siliceo o calcareo.
Questa pianta, che si presenta come un arbusto alto dai due ai sei metri, è nota soprattutto per il suo frutto. Infatti la nocciola è forse uno dei frutti selvatici più ricercati e apprezzati (si tratta dei più nutriente tra quelli oleosi). In passato si piantava il Nocciolo per formare filari divisori, intercalandolo ad arbusti spinosi per rendere la siepe impenetrabile. E' senz'altro auspicabile una sua reintroduzione nelle nostre campagne come componente delle siepi e nelle zone adatte al rimboschimento.

FUSAGGINE - Euonymus europaeus
Questo arbusto che in primavera e in estate ha un aspetto piuttosto dimesso diventa in autunno di un rosso rosa decisamente inconsueto e spettacolare; inoltre il seme contenuto in un caratteristico involucro rosa a quattro punte (per questo la fusaggine viene anche chiamata "berretta dei prete") si mostra in un vivacissimo color arancione. La fusaggine cresce ai margini delle siepi e preferisce terreni basici.
Attenzione, i semi di fusaggine sono tossici.
