Riccardo Finzi |
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Genesi e preistoria del territorio correggese | |
Tip. Editrice Libertas, Reggio Emilia, 1949 |
S'intende per territorio Correggese la zona comprendente il Comune di Correggio e quelle plaghe adiacenti che per secoli fecero parte di Correggio, dalla Signoria al Principato (1). La zona è delimitata da 44° 45' a 44° 53' di latitudine Nord e, come longitudine di Monte Mario, da circa 1° 31 a 1° 54' Ovest.
Nell'era cenozoica o terziaria il territorio era ancora sommerso dalle acque marine e solamente nell'era successiva, neozoica, o quaternaria, il golfo padano venne notevolmente sollevato e quindi ridotto, lasciando nella parte alta del territorio, verso sud, una zona depressa e paludosa che si estendeva man mano più imponente verso il Po.
Le perforazioni eseguite nel territorio Correggese e precisamente nelle località di Canolo e Fosdondo, alla ricerca di giacimenti metaniferi (2) hanno permesso, attraverso lo studio del carotaggio, la compilazione di una carta stratigrafica dalla superficie del suolo sino a circa m. 3.500 di profondità, carta che si può sintetizzare come segue (3):
Terziario
(Da m. 3.500 a m. 2.500)
MIOCENE SUPERIORE - Banchi di sabbia di origine marina.
(Da m. 2.500 a m. 1.100)
PLIOCENE MEDIO ED INFERIORE - Alternanza di sabbie ed argille di origine marina.
(Da m. 1.100 a m. 1.050) PLIOCENE _SUPERIORE - Argille marnose.
Quaternario post-glaciale
(Da m. 1.050 a m. 1.000)
QUATERNARIO PIU' ANTICO (Calabriano) - Argille marine.
(Da m. 1.000 a m. 610)
MARINO - Sabbia ed argille con letti di torba ed acqua salata.
(Da m. 610 a m. 470)
MARINO - Argille e sabbia - Contatto fra acque dolci ed acque salate.
(Da m. 470 a m. 300)
MARINO - Argille e sabbie, formate in ambiente salato e dilavate da acque dolci superficiali.
Quaternario recente
(Da m. 300 alla superficie)
Argille, sabbie e marne, formate in parte in ambiente salato ed in parte da depositi alluvionali accompagnati da acque dolci. Indi, strati inerti e terreni attivi coltivati.
Durante il quaternario recente, mentre dalla Toscana alla Sicilia notevolissimi erano i fenomeni di vulcanismo, i fiumi appenninici e i loro affluenti e precisamente il Crostolo ed un ramo del Secchia, il Trixinaria (oggi ridotto a modesto torrentello e ad altri Rii) con imponenti esondazioni colmavano la depressione depositando limo, ciottoli, sabbia, materiali disparati costituenti l'attuale sottosuolo correggese (4).
La provvida colmata durò dei millenni. I due fiumi, dell'ampiezza di qualche chilometro ognuno, cambiarono di letto, costituirono gore e rami morti e specialmente il Trixinaria - che era formato da tre affluenti, i cui residui nel Correggese sono costituiti dai Cavi Tresinaro, Argine e Rio - (5) staccatosi dal Secchia in tempo di magra, e per un cambiamento di letto di quest'ultimo, arrestò il suo corso nelle campagne.
Le zone del Correggese denominate Geminiole debbono la qualità del loro terreno a sacche del Trixinaria che, avulse dalla corrente, senza scoli per le acque, tramutate in stagni, accumularono sui fondi dei loro letti i prodotti colloidali del disfacimento delle fibre di canne palustri (6).
Il terreno, eminentemente argilloso, imbevuto di sostanze difficilmente intaccabili dagli acidi, rimase sterile per secoli, anche dopo l'abbandono delle acque.
Molte località attuali dell'antico territorio Correggese, portano ancora i nomi che ricordano i Rii di cui era formato il Trixinaria. Sono ad esempio Rio Saliceto, Mandrio, Mandriolo, senza contare località vicine quali S. Martino in Rio, Budrione, Larione (7).
Il Trixinaria portò molta ricchezza di limo ed humus nei dossi, come avvenne per Mandrio e Mandriolo, mentre i terreni a quota inferiore, come le Geminiole, ebbero per lunghi secoli ad imputridire.
Un'altra vasta gora rimasta depressa per lunghissimo tempo ed avente le caratteristiche di lago, infestó una località che i primi abitatori del Correggese ebbero a vedere ancora in tutta la sua imponenza e che denominarono Bondeno, voce che in antica lingua italica stava a designare uno specchio d'acqua molto profondo (8).
La depressione ebbe una ampiezza massima di Km. 15 x 10 e comprese parte dei territori attuali posti nei Comuni di Reggio E., S. Martino in Rio, Correggio, Bagnolo, Campagnola e Novellara.
Erano sommerse le plaghe di Massenzatico, Pieve Rossa, S. Maria, S. Giovanni, S. Tommaso della Fossa, Canolo, Fosdondo e parte delle zone di Pratofontana, Lemizzone, Budrio, S. Prospero, Rio Saliceto e Cognento.
L'ampia depressione, estesa circa Ettari 7.500, aveva come immissario il fiume Rodano e scolava in Po, presso Bondeno di Ferrara, dopo un succedersi di piccole, e grandi paludi costituenti un'ampia curva con la convessità rivolta allo stesso Po (9).
La zona di maggior depressione fu l'ultima ad emergere dalle acque. Questa è attualmente identificabile dalle località poste nei Comuni di Bagnolo in Piano e Novellara, denominate S. Tommaso, S. Michele, S. Maria, S. Giovanni della Fossa. Dette località conservarono sino al medioevo il loro nome seguito dall'appellativo " de gurgo " (10).
La colmata del lago venne operata dal Crostolo che, con un cambiamento di letto, giunse ad intersecare il lago Bondeno a mezzo di due rami. Questi rami bonificarono il terreno percorso e le sue prossimità, mentre tolsero lo scolo a zone rimanenti, che rimasero come casse putride e costituirono le plaghe dei Ronchi: plaghe così denominate perché sino a tarda epoca, a motivo del loro suolo tenace ed impermeabile, non diedero vita che a sterpeti da tagliarsi con la roncola.
I dossi, sopraelevati dal dedalo delle acque stagnanti, si ricoprirono in breve tempo di fitta vegetazione di boschi incolti, ove animali selvatici soggiornavano.
Si formavano lentamente nuovi terreni, emersi dal lago per colmata, denominati Campisio ed Imbreto, mentre i Ronchi e la zona di Frassinara dovevano attendere ancora alcuni secoli prima che il vomere potesse affondarvisi.
La conca di Frassinara fra Canolo e S. Giovanni della Fossa, a cui si accedeva solo per affastellare fascine, sino al sec. XV era acquitrinosa per otto mesi all'anno (11).
Il lago Bondeno, residuo del periodo Cenozoico, ampio acquitrino padano che in tempo di forti piogge confondeva, forse, le sue acque con quelle del Po, rimaneva nel territorio sino alla dominazione romana dell'Emilia (12). Da questo periodo, sia per la costruzione di un rudimentale colatore parallelo al Po, ampliato con criteri tecnici in epoche più recenti (13) che per i depositi ivi lasciati dagli immissari Rodano ed indi Crostolo, ha inizio l'interramento del Bondeno, che è già sensibile nell'VIII secolo d. C.
Contemporaneamente e più tardi si colmavano pure le paludi emissarie e nei solchi più profondi di esse venivano costruiti dalla mano dell'uomo altri colatori per portare le acque al Po.
Nella zona più profonda del lago il vomere cominciò a venire affondato intorno al sec. XI, allorchè gran parte del territorio Correggese al di fuori del Bondeno e dalle sacche del Trixinaria, era da lungo tempo abitato.
Il disgregarsi delle rocce appenniniche, già esistenti nel pliocene, i cui svariati frammenti vennero portati a valle da disalveati torrenti, e la deposizione sul suolo Correggese di tali materiali insieme a limo e sabbia, crearono un territorio dalla composizione eterogenea e della più svariata permeabilità. Cosi che la natura del suolo Correggese è diversa da quadra a quadra e a volte terreni fertili racchiudono poche are di terreno arido, come terreni aridi possono essere contigui a terreni fisicamente e chimicamente fertili.
L'agro Correggese è formato da uno strato attivo, della profondità variabile da quadra a quadra, che va da m. 0,20 a m. 0,50. Sotto di esso giace lo strato inerte, formato in gran parte da banchi più o meno compatti di argilla o di sabbie di fiume.
Ma l'agro attuale non è certo il primo suolo coltivato nel Correggese. Difatti nell'esecuzione di scavi compiuti in occasione di perforazione di pozzi, o di manutenzione di Cavi di scolo o scavo di nuovi canali, sono emerse alla superficie tracce di antichi piani di campagna, nerastri, compatti, impermeabili, dello spessore variabile da circa m. 0,10 a circa m. 0,40.
Le tracce accennate, esaminate chimicamente, risultano composte da argilla commista a frustoli carboniosi. Questi ultimi sono residuati di erbe, radici e vegetali in genere.
In alcune quadre formatesi sul fondo dell'antico Lago Bondeno, venne notato, in occasione di lavori di bonifica, un piano di campagna della sezione di circa 10 cm. ad un solo metro di profondità dal piano attuale. Approfondito lo scavo nella stessa località, null'altro si è rinvenuto (14).
Non sempre però è stata trovata una unica stratificazione sotto il piano attuale. In alcune località, specialmente nella zona più bassa dei Correggese, sono stati notati due o più straterelli, distanti fra loro poche decine di centimetri (15).
Nelle zone più fertili del Correggese e precisamente nelle quadre poste da uno a tre chilometri dal centro abitato, sono stati notati non uno, ma due piani di campagna sottostanti, racchiudenti ambedue resti di coltivazione e di vita.
Il piano di campagna più profondo venne rinvenuto da 4 a 6-7 metri dalla quota del suolo attuale. Il piano meno profondo, da tre a due metri. S'intende che non ovunque è stato dato di trovare la coesistenza dei due piani (16). Nell'abitato, centro di Correggio, è stato poi rinvenuto un terzo piano, a cm. 70-m. 1 corrispondente al tempo fra il medioevale ed il moderno.
A circa un Km. da Correggio, in Villa S. Prospero, veniva rinvenuto, alla profondità di tre metri, un ceppo, di quercia che portava i segni dell'abbattimento del tronco, operato dalla mano dell'uomo (17). D'altra parte ì resti di ceppi di quercia sono stati rinvenuti addirittura nel centro di Correggio (18). Similmente in occasione di perforazione di pozzi vennero spesso alla luce ceppi d'alberi, pali e terra nerastra, ma senza si pensasse di compilare verbali precisi, né disegnare stratigrafie del terreno.
I rinvenimenti archeologici nel territorio Correggese non sono numerosi, sia perchè la zona non ebbe mai ad assumere grande importanza nei confronti di determinati luoghi vicini, quanto pel fatto che i rinvenimenti sono stati del tutto occasionali e, salvo pochi, non esaminati in modo sistematico.
Di questi rinvenimenti verrà data notizia secondo l'ordine cronologico in cui apparvero in luce o furono descritti.
A) QUIRINO BULBARINI, Prevosto della Collegiata di S. Quirino, in una delle sue " postille alla cronaca manoscritta Zuccardi, " a carte 56, cosi scrive: " Sul principio del cadente secolo, 1600, un contadino arando la sua poca terra posta un tiro di mano di sopra alla strada che va alla chiesa di Rio [si allude alla chiesa ,parrocchiale di Rio Saliceto. Nota del trascritt.] ed in distanza di mezzo miglio dal casino del Sig. Giuseppe Zuccardi, scoperse vestigi di un edificio sotterraneo e ciò confidò al Capitano Orazio Rivolta, cognome portato seco dalla Villa di Rivolta sul Bergamasco, che con grandi speranze comprò il podere dal medesimo contadino; onde con gran dispendio facendolo cavare, trovò un sepolcro di smisurata grandezza di marmo e pietre. In mezzo l'edificio era una cassa di marmo con quattro leoni di grandezza naturale e due urne che erano una a capo e l'altra a piedi della medesima cassa; queste urne portate da esso capitano di notte tempo alla sua abitazione, spezzate che furono si trovarono piene di acqua odorifera. Molti di questi marmi toccarono ai Signori di Correggio ed in particolare quello, ov'era questa iscrizione
G. FU HICIVS
HILARIO
quale dal tempo era in buona parte corrosa, e pareva che dopo il Fu ci fosse il punto ed il primo I mostrava d'esser stato un R, che fu interpretato HIRCIUS. Questa lapide stette lungo tempo ai piedi della scala del Palazzo, e poi fu convertita in uso vile in una delle prigioni, credo la "Ballarina"; altri dicono fosse murata nell'entrata del Convento del Corpo di Cristo. Alcuni altri di quei marmi furono comprati da varie persone, come dal sig. Girolamo Zuccardi, che ne fece quattro arringhiere nella sua casa di Correggio, una delle quali presentemente dura molto magnifica; altri n'impiegò nell'abitazione di Saliceto, del Sig. Ubertino Zuccardi, di cui era tutore, ed ora vi sono l'albio per abbeverare i cavalli, due altri pezzi nanti il portone della strada ed un'altra pilla pure per dar da bere ai cavalli. Tre leoni furono rotti per farne calcina ed il quarto nel 1623 fu concesso al Principe dal sig. Giuseppe Zuccardi, che lo teneva davanti la porta del suo Casino di Saliceto, per porlo sul sacrato della Madonna della Rosa, come si vede al presente. La scala del suddetto Sig. Giuseppe fu lavorata delle medesime pietre che erano nel fondo dello stesso sepolcro... ".
La lapidina rimase per lungo tempo fissata nel muro interno della chiesa dedicata alla Madonna della Rosa, mentre il leone venne abbandonato in un angolo del cimitero omonimo, in parte affondando nel terreno.
Nell'anno 1930, a cura dello scrivente, il leone venne collocato - su basamento di mattoni - sotto il porticato del palazzo dei Principi. La scritta venne inserita nel basamento. Quest'ultima, come ben si legge, è la seguente
G. FUFICIO
HILARIO
Fig. 1 - Correggio. Palazzo Principi. Il leone marmoreo. Nel basamento è inserita l'iscrizione.
Studi recenti giudicarono il leone d'epoca romana, del I o II secolo d. C.
Scrive in proposito Otello Siliprandi: " Il frammento del leone misura m. 2,50 di lunghezza, e rappresenta la fiera accosciata, ma manca la parte inferiore degli arti. La scarsa criniera che contorna la testa tozza, è ricavata nel marmo con solchi e fori circolari grossolanamente scolpiti, che rendono la massa dura e rigida. Le cosce e il ventre, sul quale sono ricavate incisioni a forma di squame ad indicare il pelo, fan pensare ad un'arte decadente e fredda, riportando l'opera sicuramente al tardo impero ".
La scritta è interpretabile per
GAIO FUFICIO HILARIONE (19)
Circa la lapide che il Bulbarini giudica " convertita in uso vile in una delle prigioni ", facilmente deve trattarsi di quella di cui si parla nel seguente comma B.
B) Nella Rocchetta di Correggio venne scoperta, nell'anno 1750, una iscrizione romana scolpita su di una tavola di marmo pario. Essa apparve orrendamente mutilata da due fori circolari per farla servire ad uso di latrina. L'iscrizione, dedicata a Caio Sertorio, venne distrutta nell'anno 1880. Domenico Pongileoni così la riporta:
v F
SERTO IS.L.L.
PRIMS.SIBI
SERTOR0E.L.L.L.
ONATE CONTUBERNAL
SERTORIO JANUARIO
FILIO
IL SE P17
S.S.
Celestino Cavedoni riporta il testo mutilato della lapide, senza fornire interpretazione (20).
C) Nella chiesa di Correggio, dedicata alla Madonna della Rosa, è tutt'ora inserito nella parte interna del muro di prospetto un frammento di iscrizione scolpita su marmo, scoperto a Correggio, in una cantina nell'anno 1814. sono di m. 0,50x0,22. Il testo dell'iscrizione è il seguente:
PETRONIUS. LI
CAPRA
JUS
CHRI. STIS
LL. MP
Q. LX
Celestino Caredoni interpretò l'iscrizione come segue: " Lucius Petronius Lucii filius Caprarius Cresti Libertis. Mon. Posuit. Q. LX. (Cioè vix. A. LX) ".
Secondo il Cavedoni la lapide potrebbe essere stata posta " da Cresside Liberta di Petronio Figlio a Liberto di Lucio cognominato Caprajus, ovvero Caprarius che sarebbe appellativo illustre, sapendosi che anche C. Cecilio Metello Console nel 614 di Roma cognominossi Caprarius " (21).
D) Un'ara marmorea romana ed una iscrizione sono poi descritti dal P. Luigi Pongileoni e così riportati a stampa nell'operetta dell'Avv. Domenico Pongileoni, che cosi scrive: Una " iscrizione scoperta in Mandriolo nella prossimità del Casino Colleoni un miglio circa lontano da Correggio, e precisamente concernente la dedicazione di un'ara fatta da certa Aninia alle Giunoni, esisteva presso lo storiografo Girolamo Colleoni, scolpita in marmo bianco contornato da cornice della lunghezza di circa tre palmi ed uno di altezza. In poca distanza fu trovata alla profondità dì poco più di un metro l'ara dedicata alle Giunoni entro cui vedesi anche scolpito benissimo il foro che serviva di emissario alle acque. L'iscrizione che trovasi ora a Carpi presso i nobili signori Melloni verrà certamente a raggiungere l'ara dedicata alle Giunoni che in una piccola eminenza è stata collocata in villa suburbana Pongileoni di Correggio... ". " Pertanto dalle schede di Pongileoni P. Luigi, Monaco dotto, e indefesso scrittore, che esistono nell'accurato archivio della famiglia, vogliamo trascrivere quanto segue ad illustrazione della lapide anzidetta. La iscrizione è così concepita: ANINIA SEXTI LIBERTA GEMINA JUNONIBUS HANC ARAM LOCUMPQUE HIS LEGIBUS DEDICAVIT. SI QUIS SARCIRE, REFICERE ORNARE CORONA VOLET, LICET ET SI QUIS [invece di si quid] SACRIFICII QUO [invece di quotiescumque] VOLET UTI SINE SCELERE SINE FRAUDE LICET ".
" Crediamo (così scrive il Pongileoni) che debbasi tradurre in tal guisa: - Aninia liberta di Sesto Aninio Gemina ha dedicato questa ara e luogo alle Giunoni con queste condizioni. Se alcuno vorrà risarcirli, ornarli, coronarli, gli è lecito, come pure se alcuno vorrà far sacrifizio qualunque volta gli parrà, e in quella parte dove vorrà gli sarà lecito, purchè il faccia senza delitto e senza inganno- " (22).
E) Un frammento di antica lapide romana è poi descritto nell'operetta citata di D. Pongileoni. Essa venne trovata " in un condotto di acque in Correggio ", e si " conserva nel casino Pongileoni ". Il frammento, su marmo dello spessore di cm 2, portava la seguente iscrizione:
F POM
L. S.
L'epigrafe non venne interpretata (23).
F) Altri rinvenimenti sono descritti dallo stesso D. Pongileoni, nello scavo operato per la costruzione, in Correggio, del Teatro Municipale. Si riportano le esatte parole del testo citato: " Marmi di natura granitica, nei quali non si sono trovate scolpite lettere, ma che però dalla loro forma, della dimensione di m. 1 in lungo e cm. 25 in altezza per cadauno con imposte delle legature di ferro e di un pezzo di arco puossi arguire che facessero parte di un colossale monumento trovato già negli scavi pei fondamenti del Teatro alla profondità di alcuni metri provano la loro remota origine quasi Pelasgica. (Sic) Dieci di questi pezzi che sembrano di granito delle Cave del Lario si conservano nell'anzi detto Casino dei Conti Pongileoni. Poco lontano dalli scavi medesimi ove restano insepolti enormi massi di graniti fu trovato un sigillo che pare rimonti ai tempi di Vespasiano, aggiungasi che spesso si trovarono, e si vanno trovando monete romane, non solo de' bassi tempi, ma anche dell'Impero " (24).
E in un manoscritto dello stesso D. Pongileoni, ma datato più tardi è detto a proposito dei rinvenimenti compiuti sotto il Teatro, che i marmi o graniti recuperati furono utilizzati come panchine pel giardino pubblico (forse si alludeva alla passeggiata lungo le mura); che una scultura rinvenuta sembra rappresentasse una tigre e che il giá citato sigillo raffigurava un amorino a cavallo di una botticella con la scritta " Vespasianus " (25).
G) Nella chiesa di Villa Fosdondo è conservato tutt'ora un grosso cippo romano che portava la seguente iscrizione
IN AGRO
P. III
L'iscrizione è oggi illeggibile, o quasi. Il cippo serve da sedile, all'esterno della chiesa.
H) Nell'anno 1883 Vincenzo Magnanini, serio ed acuto studioso di storia patria ebbe a pubblicare, fra l'altro, la pregevole opera, dal titolo " Il Correggese prima del suo vecchio castello " da cui traggo le seguenti notizie in questo comma e nel successivo portante la lettera I.
" Nello scavare un podere di proprietà Cattini Anselmo presso il Tresinaro e la via nuova nell'agro Carpense, oltre a vari oggetti come lampade ecc. si trovarono molte monete romane e fra le altre una di bronzo ben conservata, che da una parte ha la leggenda C. CASSIUS CELER ILLVIR A. A che circonda le due inizìali S. C. di Senatus Consultus e dall'altra parte fra una corona d'alloro ha le parole AUGUSTUS TRIBUNIC POTEST, le quali parole spccialinciite argomentano, che non si tratti del Console C. Cassio vinto da Spartaco, ma di un altro vivente al tempo dell'Impero Romano " (26).
1) " Nell'inverno del p. p. anno 1881 in un podere di proprietà fratelli Ligabue fu Giacinto detto Righi, sito in Villa Fazzano presso il territorio, delle Ville Budrio e Lemizzone e precisamente nella quadra di terreni che nei secoli passati chiamavasi Laureto ed ora Imbreto, scoprivansi ad un metro e più di profondità dall'attuale superficie del suolo numerosi avanzi di fabbriche ruinate da incendio, consistenti in piani terreni di case colle relative fondamenta dei muri e con ciottolati sotto al pavimento costruiti regolarmente, come si pratica ora nei cortili e nelle vie interne delle città. I muri di tali fondazioni erano costituiti di grossi mattoni molto ben cotti, lunghi m. 0,45 larghi m. 0,28 ed alti m. 0,07. Avevano poi i mattoni stessi da uno dei lati una tacca di fabbrica uniforme per comodità di maneggiarli. Tra i ruderi sepolti e giacenti di sopra le anzidette fondazioni si trovarono tre o quattro monete di bronzo o rame ed un grosso cardine o ganghero di marmo della forma d'una sfera schiacciata ai poli. Aveva inoltre questo ganghero un profondo vano incavato in quello dei suoi poli, che si trovava più dell'altro depresso e così rendevasi atto all'uso destinato di contenere un gran perno da portone. Ebbene la natura di tale cardine denota apertamente doversi ascrivere la costruzione della Fabbrica, a cui apparteneva, ai primi tempi dell'Impero Romano, nei quali per reggere ed aprire le porte dei fabbricati usavansi arnesi di detta forma e materia e le monete come sopra rinvenute, portando l'effigie e la leggenda dell'Imperatore Filippo l'Arabo, che governò cinque anni 1Impero Romano (dal 244 al 249 dell'era volgare) indicano evidentemente che la distruzione del fabbricato in discorso deve essersi verificata alla fine del terzo o nel corso del quarto secolo, in causa delle devastazioni verificatesi tra noi ai tempi di Massimiano, Costantino, Graziano e Valentiniano II Imperatori Romani e specie ai tempi di Costantino e Graziano, ai quali tempi altre ruine e monete romane rivenute nel Correggese e particolarmente nel territorio del Comune di Fabbrico debbonsi pure attribuire con tutto fondamento ".
" Sappiamo inoltre che fondazioni uguali alle descritte, costruite con mattoni della indicata forma e dimensione e collegati fra loro senza cemento, o con lieve uso di cemento poco consistente, se ne sono trovate in varie epoche nel Correggese, ed alcuni anni or sono anche nell'attuale Villa Mandrio dal Sig. Rossi Foglia Carlo presso il Casino, che possiedono ora in tal Villa i suoi nipoti, come ne furono rinvenute anche non ha guari nel vicino agro Carpense tra la fossa nova, la via nova ed il Cavo Tresinaro dai coloni del fu Sig. Anselmo Cattini di Correggio, in uno de' quali mattoni posseduti ancora dagli eccellentissimi Signori Dott. Angelo e Dott. Guglielmo figli viventi del medesimo sono incise in caratteri romani queste parole
AMICVS VE TR " (27)
L) A proposito di una cosidetta " Via Romana " di cui accenna il catasto Correggese del 1443, Via già esistente in Villa Bellesia, poi compresa nell'attuale Villa S. Martino, il Magnanini suppone l'origine romana della strada, diretta verso il Carpigiano e la Via Romana Claudia Augusta Ostiliese, costruita probabilmente dall'Imperatore Claudio (28).
M) Dall'anno 1883 all'anno 1888 nelle vicinanze di Correggio ad un Km. e mezzo ad oriente della Città furono compiuti interessanti rinvenimenti negli scavi compiuti per provvedere d'argilla una fornace per laterizi, a fuoco continuo, ivi costruita.
La località precisa è confinata a settentrione e levante colla strada già vicinale Madonna delle quattro vie, a meriggio colla strada già provinciale ed ora nazionale Correggio-Carpi ed a ponente col Cavo Argine.
Lo scavo è molto importante sia per il grande interesse sollevato dai reperti, che per il fatto che eminenti studiosi quali il Chierici, il Crespellani ed altri se ne sono interessati (29).
Dai tre ai quattro metri di profondità si trovò il piano di campagna giudicato d'epoca romana, contenente:
a) Una lucerna fittile di color rossiccio; b) Due fiale o boccette di vetro verdognolo;
e) Un piattello fittile di color giallastro, lavorato al tornio, senza vernice;
d) Altro piattello color rossiccio; entrambi contenevano noci e ghiande fossili;
e) Uno scheletro umano sepolto in piena terra senza suppellettile funebre.
Proseguendo lo sterro, nel 1885 emersero:
f) Frammenti di anfore vinarie (orli, pareti, anse e fondi) in terra cotta lavorata al tornio, senza vernice;
g) Un fondo di piccolo vaso di terra giallastra lavorata al tornio, senza vernice;
h) Quattro frammenti di grosse corna di cervo, in stato d'incipiente fossilizzazione;
i) Tre pezzi di legno appartenenti a tronchi ed a rami di querce, ridotti allo stato di lignite;
l) Uno scheletro umano in piena terra e, a qualche distanza, parecchi ciottoli fluviali sferici.
Negli anni 1887-1888, portato lo scasso a 5 metri di profondità si trovò un secondo piano di campagna con le vestigia di una strada larga m. 3 e costeggiata da un ruscelletto, di cui vedevasi l'alveo abbandonato, della larghezza di m. 2. In detto piano di campagna vennero rinvenute otto tombe composte di " urne fittili deposte in piena terra, d'impasto impuro e grossolano, fabbricate a mano, di color rossiccio ". Le urne " contenevano nel fondo ossa umane combuste miste alla suppellettile funebre... terra mista a carboni... " (30). Si trovarono nelle otto tombe:
Fig. 2 - Cinerari di terracotta scoperti a Correggio nel 1887-1888.
Fig. 3 - Suppellettile funebre scoperta a Correggio nel 1887-1888.
m) Un pendaglio di bronzo, dalla parte centrale foggiata a ruota di sei raggi e
con nove occhielli alla periferia, rinserranti anella contenenti altre anella
appaiate;
n) Sei granelli di vetro smaltato;
o) Due fibule di bronzo ad arco massiccio;
p) Una placca di bronzo, da cinturone, composta di due pezzi,uno con uncino,
l'altro con fermaglio. Entrambi adorni di disegni a sbalzo;
q) Due fusaiole in terra cotta, adorne di solcature;
r) Quattro fibule di bronzo, assai piccole, con arco massiccio;
s) Fibula di filone di bronzo massiccio tricostato;
t) Fibula con pallottolina sul gambo e colla staffa terminata a becco di
volatile;
u) Anello di sottile filo di bronzo, del diametro di mm. 15;
v) Parecchi sottili pendagli di bronzo;
x) Due granelli d'ambra rossiccia;
y) Armilla di filone di bronzo, massiccio;
z) Quattro fusaiole di terracotta, disadorne.
La suppellettile rinvenuta nel 1° piano di campagna è stata ritenuta d'epoca romana e quella rinvenuta nel secondo piano appartenente a genti preromane o, più specificamente, a genti Etrusche. Tutta la suppellettile, dapprima raccolta presso la direzione della Fornace, in un secondo tempo venne dispersa e di essa non se ne trovano traccie.
Mario Degani, nella sua operetta " Ragguagli sull'età del ferro nel reggiano alla luce di recenti ritrovamenti " scrive in proposito: " Le tombe di Correggio citate dal Chierici, dal Bandieri, illustrate dal Crespellini, ristudiate dal Pigorini e menzionate dal Baroncelli, erano a dolio fittile deposto in piena terra. Le fibule di bronzo dei corredi erano tipiche della Certosa; inoltre si rinvennero un pendaglio di bronzo con qualche analogia con Hallstatt ed Este, un fermaglio da cinturone in bronzo noti pure nel Canton Ticino e ad Este e del medesimo tipo di quelli di S. Ilario. Presente pure il vetro smaltato in grani per collana e granelli d'ambra ".
Per quanto riguarda le tombe, lo scrivente aggiunge che trattasi della convergenza di influssi di varie civiltà e che le tombe sono databili intorno al V. secolo a. C. e cioè anteriori allo stanziamento del Galli Boj.
N) In Villa Budrio di Correggio, nel febbraio del 1891, scavandosi terreno lungo la riva destra del Cavo Naviglio, in un podere denominato S. Martino, a quel tempo di proprietà del Sig. Domenico Rota, vennero in luce residui di tombe d'epoca romana, formate di mattoni in cotto. Vincenzo Magnanini potè osservare presso il Rota cocci di stoviglie, avanzi di mattoni, chiodi in ferro, una fibula di bronzo e un oggetto di bronzo che non venne bene determinato. L'oggetto misurava l'altezza di cm. 11 ed una larghezza di cm. 10. Trattavasi di un mascherone a sembianza umana contornato da una raggiera ai lati, nella parte superiore, due teste di cani e in alto terminante con due gruppi di fogliame rovesciati, riuniti nel centro da un nodo. L'oggetto, forse una placchetta ornamentale, venne riportato, in disegno, dal Siliprandi nella sua opera citata (31). Il Magnanini ritenne che la suppellettile risalisse al basso Impero.
0) A Fabbrico, in una proprietà del Sig. Bernardo Davolio-Marani, nell'autunno del 1893 in uno scavo a due metri di profondità, venne rinvenuta un'ascia di selce di medie dimensioni. L'esemplare passò al Museo Chierici (32).
P) A Rio Saliceto, in località Ca' de Frati,' nell'anno 1912 e in proprietà Pirondini, nello scavare un pozzo per acqua da bere, tornarono in luce un litostrato in coccio pesto e frammenti di laterizi (33).
Q) A Correggio centro, nel mese di ottobre del 1927 scavandosi un pozzo per acqua da bere nel cortile della casa posta in Piazza Garibaldi al civ. n. 9 (casa Finzi) vennero rinvenuti a circa 70 cm. di profondità vari frammenti di ceramiche a colori, smaltate e, a m. 5,50, il lembo di una palafitta, terra con frustoli carboniosi e resti di ossa consunte. I pali estratti nella ristretta area dello scavo, erano tre, lunghi circa m. 3, appuntiti in modo grossolano. Il lembo esplorato fu però troppo scarso per poter giudicare in merito alla presunta terramara sottostante (34).
R) Nell'anno 1933, in Villa Fazzano, località Gavellotta, nello eseguire lo scavo per la costruzione del IV. Canale irrigatorio di Bonifica, vennero scoperti i resti di una fornace. Vi si trovarono molti pezzi ancora da usare, fra cui embrici romani e vari laterizi da muro, pavimento e tetto: il tutto d'epoca romana. Il materiale è andato perduto (35).
S) Uno smottamento, se pure solo parziale, venne compiuto dalla Bonificazione reggiana nell'anno 1958 a Villa Canolo di Correggio, nei pressi della chiesa parrocchiale, in località ancora denominata " Il Castello ", distinta nella Carta d'Italia al 25.000 a 44° 62' di Lat. Nord, e a 1° 38' di Long. Ovest del mer. di Roma, Monte Mario. La motta, elevata da uno a due metri sul restante terreno era parzialmente circondata da una fossa. E' tradizione che sul luogo fosse eretto il Castello dei Lupi, del sec. XII, forse su di un precedente stanziamento umano. Nella parte smottata sino al livello del restante terreno, durante il corso dei lavori non furono rinvenuti gli sperati ritrovamenti, ma solo minuti frammenti di mattone (36). Si veda però quanto è espresso al comma Y.
T) Nell'agosto dell'anno 1957 la Bonificazione Parmigiana Moglia ebbe a compiere in Villa Fosdondo la demolizione di un'altra " Motta " elevantesi per circa due metri al disopra del terreno circostante. La " Motta ", sita nel podere omonimo, delle dimensioni di m. 120 x m. 75, circondata parzialmente da un fossato,è tutt'ora contrassegnata nella Carta d'Italia al 25.000, a 44° 60' di lat. Nord e 1° 46' di Long. Ovest del meridiano di Roma, Monte Mario.
Venne supposto da taluni trattarsi di un " Vallo Romano " affacciato al (margine della palude. E' stato detto che in precedenti scavi a scopo agricolo vennero rinvenuti oggetti quali resti di spade ed elmi, ma nulla concretamente si conosce. Lo smottamento, avvenuto sino al livello del terreno circostante, condotto dalla Bonificazione, è stato accuratamente controllato. Vennero
rinvenuti pochi frammenti di ossa umane o di animali; pochi frammenti di mattoni di argilla cotta, del formato di cm. 40x40, dello spessore di cm. 10, forse da pavimento; piccoli frammenti di sasso; resti di un vecchio forno circolare " a bolla ", del diametro di m. 5-6, per la cottura di mattoni; un frammento di lastra di arenaria dello spessore di cm. 4, altezza di cm. 50 e larghezza di cm. 30, con fregio orizzontale, di indubbia costruzione medioevale.
Lo scavo fu quindi deludente ed è da pensare che la Motta altro non fosse che un terrapieno medioevale avente riferimento con uno dei tre castelli, denominati Camporotondo, Fosdondo e degli Orsi, di cui si ha memoria storica relativamente alla loro effettiva esistenza nella zona. Un eventuale scavo da compiersi nel sottosuolo può però riserbare qualche sorpresa (37).
U) Nell'anno 1960 a Correggio, in un podere di proprietà Mariani, in località "Conventino " affacciata sulla strada nazionale Correggio-Reggio, a circa I metro di profondità, a seguito di uno scavo è apparso un lembo di muro dello spessore di cm. 15, lungo m. 4,25 e profondo più di due metri, costruito in un sol pezzo, forse cotto in luogo, data la presenza di terra bruciata e carboni. Non essendosi approfondito, nè allargato lo scavo, l'esistenza del muro, che non è di fondazione, è rimasta misteriosa (38).
V) Nel febbraio del 1969, in Rio Saliceto, sulla strada comunale per Ca' de Frati, a sinistra, dietro il Macello Comunale, in un punto a circa 44° 49' di lat. Nord e 1° 39' di Long. Ovest, durante lo scavo di un pozzo per acqua da bere, vennero rivenuti a m. 4 di profondità, mattoni romani facenti parte di una fondazione. Potrebbe trattarsi di fondazione avente riferimento colla tomba romana rivenuta nel '600 (39).
X) Nell'anno 1969, dal mese di marzo al mese di luglio, in Correggio centro ha avuto luogo la demolizione di tre fabbricati, su di una superficie di circa 1.000 mq.. Lo scavo relativo, a scopo edificatorio, si è spinto sino ad una profondità da m. 4 a m. 4,50. E' il primo scavo di notevole entità effettuato entro le vecchie mura della Città. L'area dello scavo risulta confinata a nord con una casa di proprietà Adani; a est con via Carlo V; a sud col Corso Mazzini ed a ovest col palazzo del Comune.
Lo scavo venne seguito da Carlo Manicardi, di Correggio. Malgrado le escavatrici meccaniche abbiano frantumato ed occultato gran parte del tanto che sarebbe stato altrimenti reperibile, è ugualmente degno di nota quanto rinvenuto. E' a dirsi che non sono stati trovati nè resti di costruzioni preistoriche, nè tombe, nè pavimenti; ma solo frammenti di suppellettile di uso domestico e poco d'altro. Quanto ritrovato si presta però a stabilire un quadro approssimativo della preistoria nell'abitato di Correggio. Sono stati rilevati almeno tre piani di campagna. Alla profondità di m. 1 o poco oltre sono stati rinvenuti 56 frammenti ceramici colorati di suppellettile medioevale e moderna, appartenente ai sec. XV e XVI, salvo qualche frammento di data posteriore. Alcuni dei frammenti, facilmente appartengono a suppellettile fabbricata in luogo. Pei colori, gli smalti e i disegni, taluni di questi frammenti hanno riferimento con altri rinvenuti qua e là nel centro di Correggio, in tempi diversi (40).
Oltre i m. 2 e sino a m. 3 circa, lo scavo ha portato in luce 48 frammenti di vetri di indubbia origine romana, assegnabili per la maggior parte dal I° al IV° secolo d.C.
Proseguendo lo scavo, a m. 3-4 di profondità circa sono stati raccolti 17 frammenti di pentole fittili, ciotole, buccheroidi, d'impasto argilloso più o meno grossolano. Essi sono stati così suddivisi: Reperti lavorati a mano, ad impasto di argilla cotta, color grigio chiaro e scuro; reperti fittili lavorati a mano, ad impasto di argilla cotta, di color rosaceo o di mattone; reperti fittili a impasto d'argilla grigia o grigiorosa, lavorati al tornio; reperti fittili a impasto di argilla cotta, color mattone, lavorati al tornio.
Gran parte dei reperti fittili per la rozzezza del materiale, dimostra l'appartenenza a genti di umile condizione economica. In quanto alla datazione, essa non è facile; ma è certo trattarsi di reperti preromani e romani. Stante il mezzo di estrazione delle argille, non è stato possibile rilevare con precisione i relativi piani di campagna. E' stato poi rinvenuto un ritaglio di lamina di bronzo, con due fori. Il frammento forse faceva parte di una iscrizione di origine romana. Sono stati inoltre rinvenuti 9 frammenti ossei di animali, fra cui un corno di capriolo ed un presunto dente di cinghiale.
Purtroppo lo scavo si è arrestato prima di giungere ad uno strato più profondo - a 5-6 metri - ove è presumibile abbia a trovarsi, in tale località, un tavolato palafitticolo dei primi abitatori di Correggio, tavolato che è probabile occupi un'area compresa fra via Carlo V, piazza Garibaldi, Corso Mazzini e via Borgovecchio (41).
Y) Nel settembre del 1969, a Villa Canolo, in località " Il Castello ", nei pressi della chiesa parrocchiale, durante lavori agricoli, a circa m. 1,50 di profondità sono emersi frammenti di stoviglie di terracotta senza vernice e cocci di pietra ollare, che si stimano di epoca romana o dell'alto medioevo (42). Si veda pure il comma S.
Per rendere maggiormente comprensibile il valore dei rinvenimenti nel territorio Correggese e porli in rapporto con quanto è emerso nelle vicinanze, accennerò per sommi capi a quanto reperito nei Comuni limitrofi.
A Nord
In Comune di Rolo, nell'agosto del 1960, in via Porto, sul podere denominato "Canala ", di proprietà del sig. Antonio Nasi, a seguito di uno scavo per il tracciato di un canale dì scolo, alla profondità di circa 1 metro dal piano di campagna è stata rinvenuta una tomba in muratura di mattoni cotti, coperta da mattoni posti a capanna, tomba della lunghezza esterna di circa m. 2, della larghezza esterna di m. 1 e dell'altezza di cm. 45/65. 1 mattoni che ebbero a servire alla costruzione della tomba erano delle dimensioni di cm. 40 x 28,5 x 6,5, provvisti di tacca a manubrio. L'interno della tomba conteneva pochi resti del cadavere di un uomo, giudicato dai suoi denti morto in età giovanile, cadavere che dovette venire inumato disteso e senza suppellettile funebre. Si è supposto che l'inumazione possa risalire all'alto medioevo (43).
A Est
Nel Carpigiano, intorno al 1930 ed in occasione di lavori stradali, veniva rinvenuta una ricca suppellettile composta di frammenti di vasi in cotto, selci, ossa umane e di animali, utensili di bronzo. La parte più interessante di quanto rinvenuto è conservata nel Museo di Carpi.
A Sud
a) A S. Martino in Rio, nel mese di ottobre dell'anno 1888, in località "Colombarola ", lungo il Canale d'Enza, in un podere di proprietà di Alessandro Mariani, furono scoperti 10 sepolcri ad inumazione, stimati di epoca barbarica. " Le tombe erano formate di mattoni e di embrici romane, in parte coperte in piano e in parte coperte alla cappuccina; nell'interno furono trovati numerosi vasetti di terracotta... " "Nei pressi furono inoltre messi in luce avanzi dì muri di costruzione romana... " " tra le canaline Fossa Marcia a ponente e Bricadosa a levante, è una località che fu creduta un vallo romano per i frequenti ritrovamenti di cocci, pezzi di mattone romani, monete illeggibili e per la permanenza di denominazioni nella località come " Campo Grande ", " Campo Marzio " (44).
b) A S. Martino in Rio, nel maggio del 1898, scavando a scopo agricolo in un podere vicino al paese venne in luce una tomba di epoca romana, costituita da una cassa di piombo. 111 reperto andò perduto, nè l'Ispettore agli scavi del tempo riuscì ad avere precise notizie (45).
e) A S. Martino in Rio, nel settembre del 1958, in località Stiolo e precisamente in un podere del Sig. Tirelli Amedeo posto in via Zappelletta, 3, durante lavori di aratura sono stati rinvenuti i resti di un sepolcro ad inumazione, formato con fondo di embrici romani e mattoni di cotto. La copertura del sepolcro non ha potuto venir rilevata che a modesti frammenti di cotto, in quanto già da tempo crollata sul fondo. Nei resti del sepolcro, che era posto sul lato di oriente della carraia, in senso est-ovest, sono stati rinvenuti pochi frammenti di ossa craniche e resti di tre denti molari. Nessuna suppellettile funebre. Originariamente il sepolcro doveva essere collocato sul suolo perchè il suo fondo è stato rinvenuto a soli 50 cm. dalla quota dell'attuale carraia campestre. Dai numerosi piccoli frammenti di laterizio che si notano sul terreno arato per un lunghezza della carraia di circa m. 50, si presume che altre tombe potessero essere state ivi collocate parallelamente, andate disperse prima dell'ultimo rinvenimento, a seguito di lavori campestri. L'odierno appoderamento sembra risentire della sua origine romana. E l'andamento della carraria campestre che parte da un presunto decumano (la strada comunale di Stiolo) e prosegue in direzione di una antica località medioevale, sita in poca distanza, denominata " La Rocca " fa supporre che la strada campestre fosse anteriormente una strada di origine romana (46).
d) A Reggio Em. nel luglio del 1918, sistemandosi un'area a campo volo nelle Officine Meccaniche Italiane, in Villa Ospizio, lungo la carrozzabile Reggio-Correggio, e a dieci m. a mattina di questa, fu scoperto alla profondità di m. 0,70 dal piano di campagna, una tomba a cassetta di cm. 60x60 di lato e cm. 25 di profondità. Era formata di conci in cotto e nel centro era un ossuario in piombo, ricoperto da ciotola pure in piombo. Vennero rinvenute nella tomba tre unguentari di vetro, una lucerna in terracotta col bollo VIBIAN e un medio bronzo con leggenda di cui si è letto il frammento TRIB. POT. XXXIIX. La tomba era coperta da tegoloni in cotto e protetta da due more di sassi. Nel campo furono poi trovate 8 monete di bronzo, un vasetto di vetro e quattro urne fittili. Lo studio dell'iscrizione relativa alla 381 potestà Tribunicia permise di datare la tomba al 36/37 d. C. (47).
A Ovest
a) Nel Comune di Bagnolo, il 5 maggio 1930 " durante lavori di bonifica in località detta " S. Maria Mustiola ", dietro al cimitero del paese, fu rinvenuto un pavimento a mosaico alla profondità di cm. 60 dal piano di campagna. Lo scavo, praticato in bordo ad un canale in costruzione in un fondo di proprietà Govoni, mise allo scoperto circa mq. 4 di pavimento, formato tessere disposte in diagonale; il campo centrale era bianco, limitato da bordo formato da due strisce nere avvicinate fra loro della larghezza di cm. 1 e da una fascia terminale, pure nera, larga cm. 10... " " Non fu possibile il recupero di alcun frammento. Allo intorno erano sparsi cocci di tegola romana, frammenti vari di terracotta e blocchetti esagoni per pavimento, pure in terracotta, assai comune. Il pavimento apparteneva ad epoca tarda dell'Impero.. " (48).
L) A Pieve Rossa di Bagnolo in Piano, nel luglio 1930, a levante della "Fossetta" di detta Pieve, in un podere di proprietà dell'Ing. Torreggiani, in occasione dello scavo di un canale, venne rinvenuto un cippo in calcare, alto cm. 84, largo cm. 25 e dello spessore di cm. 15, arrotondato nella parte superiore, che in caratteri a stanghetta, irregolari per altezza e dimensioni, portava la scritta
P- PACILIO
PVDENTI
Il cippo fu giudicato un " titolo funebre " (49).
III
Attraverso la toponomastica si può cercare di stabilire le genti che abitarono nel territorio Correggese.
Il nome più antico sembra quello legato a Budrio, villa omonima della cittadina Bolognese, citato da Strabone e più esplicitamente da Plinio il Giovane, nel libro III delle sue istorie, ove dice " nec procul a mari Umbrorum Butrium ". Questi Umbri avrebbero abitato il territorio prima degli Etruschi, per venire poi vinti da questi ultimi.
Il vocabolo Budrio si ripete con varianti nei nomi che accompagnano una lunga striscia di terra correggese: Valpudria, Pudriotum, Butriolum e Butrione (50). Il nome di Butrium è composto della parola But, dal verbo originale di buttare e dalla parola Rio, nome comune usato per indicare piccoli corsi d'acqua.
Afferma il Magnanini " se osserviamo infine, che i vocaboli nei primi secoli dell'umanità venivano creati dai popoli a mo' di geroglifici, ossia come una dipintura degli oggetti sensibili, come una espressione corrispondente alla realtà delle cose, che si volevano significare, si vede, che l'indicata zona comprensiva del territorio Correggese, zona, che ha ancora il suo bacino principale nel Naviglio vecchio di Correggio, il quale mette le sue acque a levante in Possa Raso, antico affluente del Rio, sarà stata dagli Umbri denominata Butrio o Val Butrio nel senso di indicare un territorio che scola, mette, o spinge le sue acque nel fiume Rio " (51).
Numerosi nel territorio ed in altri territori viciniori sono poi i riferimenti a Rio, come S. Martino in Rio, S. Giorgio in Rio, Rio Saliceto, ecc. Il più volte citato Magnanini associa il nome di Rio a quello dell'ampio torrente Tresinaro e suoi affluenti (52).
La toponomastica locale non ricorda gli Etruschi, nè la loro dominazione, benchè la loro influenza debba considerarsi indubbia. Ricorda invece ampiamente i Galli. Questi erano Boj, della IV migrazione, discesi in Italia nel IV secolo a.C.
Infatti nel Catasto rusticale del territorio Correggese, datato l'anno 1443, che ancora conservasi nell'Archivio Storico annesso alla Biblioteca Civica di Correggio, e per l'attuale toponomastica di territori Correggesi e viciniori, appaiono molti nomi che ricordano stanziamenti gallici in luogo. Riporto per intero alcuni brani del testo del Magnanini citato: "...conserva ancora il nome di " Villa Galla " un'ampia zona di poderi esistenti fra i confini di Campagnola Emilia e Fabbrico, " Villa Reboia " il territorio che corrisponde a quella parte di Villa S. Martino di Correggio, che trovasi al mezzogiorno dell'antichissima quadra " Centum iugera " o " Centum iuges ", ora chiama, " Centododici ", "Galigetto " una estesa quadra di terreni posti a valle della chiesa di S. Giorgio in Rio. " Magalotto " dicevasi un'altra quadra in Villa Mandriolo ed è notevole, che portano ancora il nome di " Magalotto " tre corpi di terra nella stessa Villa, siti tra il vecchio ed il nuovo Naviglio, in confine all'attuale Comune di Rio Saliceto. Eravi la quadra " Mayagale " nell'antica Villa Camera, la quale comprendeva in passato gran parte dell'attuale territorio che trovasi sulla destra del Naviglio, in Villa S. Prospero di Correggio. Fin nella Villa Ardione, o Lardione o Largione, antica isola del Rio, ora parte settentrionale della Villa S. Biagio sulla destra del Cavo Argine, eravi una quadra di terra detta " Boiarda ". Poderi coltivi siti in " partegale " ed in " partigale, seu ad vitem grossas ", ed altri posti ad " galledellum, sive ad pratum carrarie " si accennano bene spesso in detti catasti come esistenti nell'agro correggesco, sebbene non ci sia stato possibile rilevare in quale zona dell'agro medesimo giacessero. A comprova dell'argomento bastando poi le addotte nomenclature esistenti nel Correggesc, non terremo calcolo di altre numerose denominazioni analoghe, ora cadute dall'uso, attribuite nel medio evo a quadre dell'agro reggiano e modenese, come il sito " Mellingallo " o " Maiagallo " nominato in una carta Nonantolana del 1030; denominazione questa assai notevole perchè per essa veniva indicata una estensione di terreno ora appartenente al Comune di Campogalliano e precisamente quella, ove trovasi il passaggio sulla Secchia detto la Barchetta, ma anche per la conformità precisa, che ha la stessa denominazione coll'indicato nome della quadra " Mayagale " sita nella correggesca " Villa Camera ". Non terremo infine calcolo di quelle altre analoghe denominazioni commemorative dei Galli Boi, che attraverso i secoli ci furono conservate nei Comuni della stessa Provincia di Reggio e Modena prossimi al correggese, come il nome di " Sozzigalli " dato ancora ad una Villa del Comune di Soliera, giacente a non molta distanza dalla Villa carpense detta " Gargallo " " (53).
In quanto ai Liguri che, discesi dall'Appennino, tanto filo da torcere dettero ai primi Galli ed indi ai Romani, e da questi ultimi furono infine " de montibus in campos moltitudinem deduxit " (54) nel 187 a. C. e definitivamente sconfitti nel 172 a. C. dal Console Caio Claudio, non ci rimangono che il nome " Bondeno " che secondo Plinio è nome ligure e vuole significare specchio d'acqua privo di fondo, nonchè il suo derivato " Bondanella ", e la quadra " Bondione ", sita in Rio Saliceto.
E' ormai opportuno che ci si occupi della toponomastica romana o comunque dei nomi latini o latineggianti, di cui tante tracce esistono nel territorio. Infatti lo stesso toponimo di Correggio proviene dalla voce latina Corrigium o Corrigia, e, come notoriamente afferma il Muratori (55) indicava " un tratto di paese elevato, cinto all'intorno dalle acque ", " una lingua, una striscia di terra in nezzo a paludi " (56).
Mario Degani, in una sua interessante pubblicazione, scrive in proposito: "Correggio e località limitrofe come S. Martino, Budrio, Villa Fosdondo, Villa Canolo, Villa Cognento, Rio Saliceto, hanno usufruito per la colonizzazione romana (ed anche per civiltà più antiche) del terreno formato da una grande conoide di deiezione del Crostolo, che, come abbiamo già visto, si protende a forma di spina dorsale fino a Fabbrico. Il toponimo di Correggio, dal latino "Corrigia ", cioè una striscia emergente del terreno, è molto probabilmente derivato da questa particolarità morfologica del terreno " (57).
Anche alcuni villaggi Correggesi, come ad esempio Mandrio e Mandriolo derivano dal latino " mandra ", nel senso di recinto per buoi (58). E la località "Centum juges " ossia Cento iugeri, posta fra le ville di Mandrio e Mandriolo, non fa che ricordare l'insediamento di coloni romani, o di galli vinti - ivi condotti come agricoltori - su di una superficie di circa 25 ettari, ossia poco più di 86 biolche reggiane.
A proposito dei Galli è a dirsi che essi furono condotti a pro delle colonie latine emiliane dal 193 al 190 a. C. Pochi anni dopo vi furono condotti i Liguri ribelli e vinti.
In tempo relativamente recente il toponimo " Centum iuges " incomprensibile per gli abitanti del luogo, venne interpretato con la voce dialettale " Sent-dòdes " ossia Centododici ed esiste tutt'ora una via intestata a quest'ultimo nome, che conduce alla antica quadra di terreno.
Toponimo latino, però più tardo, è quello di Fazzano, dalla voce " Fazanum " che è un " fundus Fadianus " dal personale " Fadius " (59). Toponimo latino è pure "Fossedundum " divenuto poi Fosdo,ndo, allusivo ad una fossa circolare facilmente scavata intorno al Castello (60).
Toponimi latini sono " Canulis " oggi Villa Canolo (61), nonchè " Pratum ", Villa Prato, ed altri (62).
Nel territorio non esiste però una vera e propria centuriazione romana e ciò che si nota è alquanto parziale e limitato a varie località, e vorremmo anche aggiungere che tale centuriazione è approssimativa. Infatti al tempo della dominazione romana parte del territorio, almeno nei primi tempi, doveva essere paludosa e perciò poco propizia alla coltivazione.
Poichè in un precedente capitolo abbiamo parlato di piani di campagna, è a dirsi che sono chiaramente ravvisabili le alluvioni che seguirono al declino ed alla caduta dell'Impero Romano, non ultima causa dello spopolamento delle campagne, si che le stesse città di Modena e Reggio sino dall'anno 387, vengono denominate da S. Ambrogio " cadaveri di città ".
L'alluvione più imponente è datata l'anno 589 d. C., che da sola recò sul territorio una coltre d'argilla dell'altezza da uno a tre metri, nettamente accertabile in occasione di scavi.
Passa lentamente il tempo. I dossi si ricoprono di verde e fra il dedalo dei corsi d'acqua nascono e crescono alberi selvatici. Bosco ed acquitrino imperano. E' l'inizio di un nuovo piano di campagna. E' il ritorno della vita con nuove genti che tante tracce lasciarono e da cui comincia la storia di Correggio. Parlo dei Longobardi, che negli ultimi 50 anni del loro regno, iniziarono l'assetto del territorio e più tardi, al tempo della dominazione Franca, costruirono castelli, dominarono le superstiti genti latine e tramandarono nei secoli i rami di potenti famiglie.
Infatti le carte degli archivi reggiani riportano moltissimi nomi di Longobardi, quali signori e proprietari delle nostre terre. Pertanto scarsi risultano i nomi di genti libere di qualche rilievo.
I Franchi ed il susseguente Sacro Romano Impero non ebbero nel territorio che scarsa influenza.
I Longobardi, immersi in parte nella palude, fuori delle principali linee di comunicazione, poterono dominare indisturbati per molti secoli nei loro numerosi castelli, esercitando diritti reali su terre che nominalmente potevano risultare d'altri. Ciò come appare anche in un documento dell'anno 1141 che si è voluto appositamente riportare più innanzi.
IV
I primi luoghi del territorio di cui si abbia memoria nelle carte d'archivio attinenti a quella che diverrà la Contea di Correggio, sono Fabbrico (con Bedollo) e Campagnola. L'uno e l'altra sono nominati nel diploma dell'anno 772, con cui Re Desiderio dona al Monastero di S. Giulia in Brescia molti beni presso Migliarina. Nel diploma si accenna alla chiesa di S. Maria " de Fabrega " (63). Altre carte susseguenti nominano la sua corte e la sua terra (64). Nell'anno 806, in un atto datato ancora da Migliarina, appare per la seconda volta il nome di Bedollo, località fabbricese, allorchè Rosperto del fu Verecondo vende a Martino tutto quanto possiede in " Vico Betullo " (65). Nel territorio di Fabbrico doveva sorgere, prima del mille, un Castello denominato Rocca Falcona, in cui nel 1009 fu edificata la chiesa dedicata a S. Genesio, protettore del Castello e del Borgo (66).
Circa Campagnola, località che come si è detto è pure nominata nel diploma dell'anno 772, essa possedette più tardi, e cioè prima dell'anno 935, un poderoso castello (67).
In ordine cronologico, seguono le citazioni delle località di Ma,ndrio e Mandriolo e, fra l'una e l'altra, quella di " Centum iuges ", come appare da un diploma di Re Berengario, dato a Pavia il 6 Novembre 907, diploma in cui si confermano alla chiesa di Reggio le concessioni fatte dal Vescovo Sigifredo (68).
E' quindi la volta delle località, ora in Comune di Correggio, di Budrio (69), Fazzano (70) e Canolo (71) benchè i toponimi riguardanti Fazzano e Canolo appaiano indirettamente, per indicare abitanti di quei luoghi. L'atto relativo è del 935. Con esso il prete Ildebrando dona alla canonica di S. Michele di Reggio i suoi beni nel reggiano e specificatamente in Budrio.
E' infine la volta di Correggio, nominato come " Coregia ", che appare in un atto 946, con cui " Rotruda et Alfri " vendono a Regina Sorella di Alfri i loro beni in Mandrio (72).
Segue, nell'anno 963, il toponimo di Fosdondo, in un diploma con cui Ottone 1 conferma ai Canonici della chiesa di Reggio, beni e diritti. Nell'atto è citato " Fossedunde ". Trattasi dello stesso diploma con cui sono pure nominati " Plebe Nuvelare et Canole, Mandrie in ipsoque loco campum qui dicitur Centum Iuges... " nonchè " Fazano " (73).
E' nell'anno 980 che in un atto Si leggono i nomi della Plebe con Castello di Prato, e della Corte di Camporotondo (74). Quattro anni dopo, cioè nel 984, in un Atto di Ildebrando, Vescovo della chiesa Modenese, fra i beni dati in enfiteusi per tre generazioni, appaiono terreni " in Saliceto " (75).
Il toponimo di " Villanova ", che più tardi sarà mutato in quello di S. Biagio, appare nel 1038 per una donazione fatta da Sigifredo, Vescovo di Reggio, al Monastero di S. Tommaso. In tale Atto riappare pure il nome di " Fazano " (76).
Lemizzone, indicato come " Limezone ", appare l'anno appresso, 1039, in un atto con cui Maria figlia di Amico da Fazzano dona, se morrà senza figli, tutto il suo alla sorella Imelde (77).
Il toponimo Lemizzone " è obliquo del personale longobardo Lamizzo, nome anche di un longobardo del sec. V. " (78).
Il territorio di Villa S. Prospero già indicato sino dall'anno 1078 appariva in proprietà della famiglia Correggese " Da Marano ", perchè nel detto anno Arialdo del fu Fulcone da Marano donò alcuni beni in Correggio al Monastero di S.Prospero e fra i confini si nomina " Capella Sancti Prosperi qui est de suprascripto Arialdo " (79).
L'ultimo toponimo a comparire è S. Martino, ad indicare quella frazione e luogo del territorio Correggese, che appare nel 1172 con un Atto della Abbadessa Isabella che investe certo Perizolo da Correggio e discendenti fino a 3 generazioni, di un podere in tal luogo (80).
Nell'antico Catasto Correggese, impiantato nel 1443, compreso in 14 grossi registri, recanti la dicitura " Possidenze rurali antiche" o più semplicemente "Possidenze Antiche", figurano antichi nuclei di villaggi, aventiper nome Albriga, Ardione, Bellella, Bellesia, Bernolda, Camera, Campagnola, Canoli, Caprilli, Carella, Cerca, Fabbrico, Fazzano, Fosdondo, Lovano, Mandrio, Mandriolo, Saliceto, S. Biagio, S. Prospero, Schiatta, Stravaganti, Vetigano, Vico, Zaccarella.
Nelle carte più antiche molti di quei nomi non sono però compresi.
Campagnola e Fabbrico sono da tempo Comuni indipendenti. I villaggi di Prato e Lemizzone non sono citati in detto catasto, perchè già facenti parte del territorio di S. Martino in Rio, ed annessi a Correggio dopo la caduta dello stato Estense. Pure Budrio, al tempo della Contea di Correggio, ebbe a far parte di altra circoscrizione.
Le vecchie denominazioni Galliche non appaiono, perchè comprese in diversi nuclei o villaggi. Infatti " Villa Reboia " venne a far parte della Villa S. Martino; " Galigetto " passò a Saliceto, ed indi al Comune di Rio Saliceto; " Magalotto " passò a Villa Mandriolo; " Mayagale " passò a Villa Camera e da questa a Villa S. Martino; " Boiarda " entrò a far parte di Villa Ardione; "Galla " passò a Campagnola, e di qui a quel Comune.
Riprendendo in esame le vecchie frazioni Correggesi, quali appaiono nel catasto del 1443, ricorriamo ancora al Magnanini (81) che ci dà preziose informazioni in proposito:
a) Caprilli (ora Caprì) Lovana, Saliceto, Vettigano, Vico (ora S. Lodovico) sono località ora comprese nel Comune di Rio Saliceto.
b) Albriga (o Alberica) Bellella, Bellesia, Bernolda, Carella, Schiatta e Zaccarella, fannoparte di Villa S. Martino. Quest'ultima risulta la frazione più importante del Comune di Correggio, sia per territorio, quanto per abitanti (82).
e) Ardione, o Lardione, o Largione, venne compresa nella frazione di Villanova e di qui in Villa S. Biagio.
d) Camera, o Campora, venne compresa, per gran parte in Villa S. Prospero. Qualche sua parte passò a Villa Fazzano.
e) Centododici passò a Villa Mandrio.
f) Cerca, o Villa Cerca, era costituita da una zona suburbana che si estendeva intorno a Correggio, ad est, ed ebbe il suo centro ecclesiastico nella chiesa di S. Giovanni, in località Cappuccini.
Seguono le Ville Fosdondo, Fazzano, Mandrio, Mandriolo e Canolo, che esistono ancora attualmente. Circa il nucleo, località o Villa Stravaganti è da supporsi non fosse una località vera e propria; ma l'indicazione di beni appartenenti ad extra-vaganti, cioè riferita a persone od enti aventi il loro domicilio fuori di Correggio.
V
Passiamo ora alle genti che hanno costituito il ceppo originario abitante nel territorio.
I primi abitatori di cui, sinora, si hanno notizie, appartengono alla tarda età del bronzo, contemporanea ad una avanzata età del ferro. A. che stirpe appartenessero questi abitatori, è difficile stabilirlo. Gli ossuari scoperti nell'87-88 rivelano influenze Venete, ed anche Etrusche, per via di una fibula tipo Certosa. Ma la forma dei dòli ricorda Golasecca, cioè un'influenza Lombarda. Anche il rinvenimento, avvenuto nel 1969 in Correggio, di taluni frammenti di suppellettile, ricorda genti delle stesse origini, cioè con influenza di varie civiltà.
Il Magnanini (83) vuole che i primi abitatori siano Umbri, a cui susseguirono gli Etruschi. Ma non si hanno specifiche prove per definire " Umbre " quelle genti lontane. Nè si conosce la dominazione Etrusca, sovrappostasi - come vuole il Magnani -(84) alle genti già abitanti in luogo. L'opinione del Magnanini circa gli Etruschi potrebbe corrispondere a verità, ma è più probabile una sola influenza etrusca, senza dominazione diretta.
Genti Galliche della IV migrazione, discesi nel IV secolo a. C. hanno certamente abitato in luogo e vennero vinte dai Romani, che le assoggettarono al tempo della loro conquista dell'Emilia. La dominazione romana non lasciò in luogo una vera propria centuriazione dei terreni, oppure questa venne effettuata più tardi, man mano che i terreni venivano prosciugati. Anche genti Liguri vinte furono portate al piano per colonizzare talune zone, fra cui i margini del Bondeno. Così come afferma Plinio.
Al tempo del basso Impero, come vuole Ammiano Marcellino, i territori di Modena, Reggio e Parma, furono ripopolati nell'anno 379, con un buon numero di Taifali, barbari d'origine Scita, che erano capitanati da Farnobio e che furono vinti dal Visigoto Fridegerno, capitano al servizio dell'Imperatore (85). Non è provato che i Taifali abbiano popolato pure le campagne Correggesi, magari acquitrinose, ma è probabile, poichè è da pensarsi che tali genti venissero inviate nelle terre demaniali più inospitali delle tre provincie.
Dopo le grandi alluvioni, sul nuovo piano di campagna si collocano i Longobardi, dominando le sparute genti locali superstiti. Dai documenti esaminati appare che scarsi sono i proprietari dichiarantesi di legge Romana o Franca, come scarsi sono i testimoni che si professano di tal legge o nazione (86).
Una schiacciante maggioranza dei proprietari del tempo è ancora Longobarda e come tale si considera per vari secoli (87). Perciò le componenti originarie della popolazione Correggese derivano da varie Stirpi, sia Italiche, che Galliche e Teutoniche e con immissioni barbariche. Di qui i vari tipi somatici che vanno dal bruno (Ligure) al biondo (Teutonico) con tutte le sfumature intermedie, come, rispettivamente al tipo di cranio, dal dolicocefalo, al brachicefalo.
Termino questo saggio, augurandomi che maggiori ricerche - specialmente nel campo archeologico - vengano compiute con amore da studiosi delle giovani generazioni.
1) La Signoria di Correggio, che fu indi Contea e più tardi Principato, ebbe per vari secoli ad arricchirsi di vari luoghi che poi perdette, consolidandosi nei territori di Correggio, Rio Saliceto, Campagnola e Fabbrico.
2) Le perforazioni furono iniziate intorno al 1950. I microrganismi allo stato fossile che hanno dato origine al metano, sono stati rinvenuti a varie profondità; ma solo determinati banchi, fra i 9~00 ed i 1.100 metri, si sono rivelati proficui per l'estrazione metanifera.
3) Cfr. RICCARDO FINZI - Stratigrafia del sottosuolo Correggese sino ad una profondità di circa m. 3.500 - 1955.
4) " Non è inverosimile che tutto il basso terreno che estendesi da Modena e da Reggio verso Mantova, e che è più lontano dalla via Emilia, fosse una volta per la maggior parte paludoso e deserto finchè le acque or da uno, or da altro luogo ritirandosi per racchiudersi in diversi canali a tal fine aperti, lasciarono in più luoghi il terreno sollevato ed asciutto, sicchè vi si potessero fabbricare case. Di fatto il Mantovano ancora ed il Ferrarese provincie piene di acque hanno diversi luoghi che col nome stesso di Correggio tutt'ora si indicano.. " (TIRABOSCHI, Dizionario Topografico-storico degli Stati Est., T.I., p. 224).
5) Cfr. VINCENZO MAGNANINI. - Il Correggese prima del suo vecchio Castello - 1883.
Nella stessa opera, a p. 43, in nota, il Magnanini afferma che il Tresinaro (Trixinaria) prima d'essere immesso nel fiume Secchia, aveva entro i confini del Correggese, una larghezza di ben 2 km.
Si veda: RINO Rio - Vestigia Crustunèi - 1931. Trattasi di un ottimo, quanto notevole lavoro, che si vale degli studi compiuti dallo stesso Autore in occasione del rilevamento del Piano Quotato del comprensorio della Bonificazione Parmigiana-Moglia.
6) Rio, op. cit.
Nel libro I. della sua importante opera, rimasto unico in quanto la pubblicazione dei libri seguenti venne interrotta dalla morte dell'Autore, il Rio si diffonde particolarmente in merito alla formazione di territori, fra cui quello Correggese. E' a tale importante operache si rimanda il lettore.
7) MAGNANINI, Op. Cit., p. 18.
8) MAGNANINI, Op. Cit., p. 13-15.
9) Il Rio, in Op. cit., p. 218, così indica i margini del Lago: " A sud la strada provinciale di Correggìo, dal Ponte di Gavassa sul Rodano, sino alla Lumaca, quindi la strada di S. Martino fino al ponte dell'Agrato; a Est la via del Dinazzano fino al crocicchio di Prato, la via Erbosa, Lemizzone e via dell'Imbreto fino a Budrio. Da Budrio il margine Est del Bondenum manteneva il tracciato della via Fornacelle e attraversava i territori delle Ville Correggesi di S. Prospero, Fosdondo e Canolo. A Nord la strada di Cognento sino all'Arginone, quindi il Cavo Linarola, la strada Comunale delle sbarre ed il suo prolungamento fino alla Ca' Bianca sull'Argine Francone; ad Ovest l'Argine Francone, fino al Ponte Forca, il Canalazzo Tassone fino alle Rotte e quindi il Rodanello, la strada Comunale dì Pratofontana e il Rodano attuale sino al Ponte di Gavassa sulla Provinciale di Correggio ".
10) Gurgum - Con questo nome appellavasi anticamente un tratto di terra fra Correggio e Novellara, in cui si trovavano più chiese e più Comuni, che tutti dicevasi " de Gurgo " e che ora son detti " della Fossa ". TIRABOSCHI - Dir. Top. Storico. T.I. p. 369.
In molti Atti il termine " de Gurgo " è usato anche per abitanti di quei luoghi.
11) Cfr. le opere citate del Magnanini e del Rio.
La strada che dalla Chiesa di Mandriolo passava per il Castello di Canolo e si perdeva in quella palude, veniva denominata via della Val Putrida, come vedremo più innanzi.
12) Fra i piccoli corsi d'acqua che attualmente scorrono nella zona già infestata dal Lago Bondeno, trovasi un cavo di scolo ancor oggi denominato "Bondeno ", di cui uno degli affluenti chiamasi " Bondanello ".
13) Trattasi dei Cavi Parmigiana e Fiuma.
14) 1 lavori di bonificazione di cui si parla, sono dovuti all'approfondimento dei vari canali di scolo, fra cui il Cavo Rabbioso e il Bondanello. Nel 1937-1938 si riscontrò lo stesso piano di campagna pure nella costruzione del Canale del Genovese.
15) Ciò particolarmente nella zona Correggese in confine con Novellara.
16) Nella relazione che Gaetano Chierici pubblicò nel n. 10 del " Bullettino di Paletnologia dell'anno 1883, a proposito degli scavi compiuti Correggio e che verranno illustrati nella presente relazione al comma M, è detto... " Si è potuto distinguere fra gli strati di schietto sedimento l'humus di due piani di campagna un tempo scoperti, il primo alla profondità di m. 2,65, il secondo a m. 3,60... ".
VINCENZO MAGNANINI, nella sua operetta dal titolo " Gli avanzi della Civiltà Etrusca nel Correggese - Cenni Storici - 1894 ", a pag. 23, parlando di un pozzo scavato nella località Fossatelli di Rio Saliceto, che a m. 7 dette acqua salmastra, aggiunge: " fu solo dopo una perforazione di altri m. 20 circa di terreno nerastro, palustre, uniforme... che trovossi fra terreni affatto sabbiosi, quella corrente d'acqua dolce potabile... ".
E che sui piani di campagna dovesse depositarsi il limo di molte inondazioni, emerge da questo brano di relazione dello stesso MAGNANINI, a pag. 54 del suo "Compendio storico del Correggiato - Dispensa 2° - 1895 ". Si tratta sempre dello scavo che illustreremo al comma M. Si trascrive il brano che interessa la presente nota: " Osservando lo spaccato degli scavi eseguiti in Villa S.Martino, si vedeva apertamente il secondo strato geologico del Correggiato costituito da due distinti substrati, l'uno all'altro sovrapposto, e che in basso di essi, avente un'altezza di cm. 75, versava ancora in pretto stato vergine di cultura e mostrava all'evidenza la sua origine e natura affatto infeconda propria dei depositi d'inondazione fluviale, e ciò per essere formato e costituito unicamente di melme fluviali uniformi, mentre il suo substrato superiore, della profondità media di soli cm. 20 circa presentava invece il colorito e tutte le qualità ed i caratteri dell'humus o del terreno agrario. Lasciando per ora di occuparci di quest'ultimo substrato, diremo intanto dell'altro, che si restava meravigliati nel riconoscerlo ad occhio nudo costituito di sottilissime e numerose liste telluriche pressoché uniformi in altezza e l'una sull'altra sovrapposte per modo di doversi indubbiamente giudicare essere stata la loro formazione effetto non di una sola, continua, ma di numerose inondazioni in corrispondenza al numero di quelle distinte liste... ".
17) Si allude al ceppo di quercia rinvenuto nell'anno 1932 in occasione dello scavo compiuto per effettuare l'impianto di sollevamento del Canale IV della Bonificazione Parmigiana-Moglia, in località Davoli, lungo la statale Reggio-Correggio.
18) Nell'anno 1947, in occasione di scavi compiuti a due metri dal portico di Corso Mazzini e di fronte a Piazza Garibaldi, venivano scoperti i resti di un'altra quercia, di considerevole diametro, alla profondità di circa m. 1,50-2.
Ancora il 3 marzo 1959 in uno scavo operato per il metanodotto, lungo il Corso Mazzini, all'incrocio con Via Roma, veniva scoperto, a circa m. 1,50 di profondità, altro ceppo di quercia di considerevole diametro, piantato in fregio ai resti di un'antica fossa.
19) La postilla è riportata in " Antichità Correggesche " - 1881, p. 60, in nota. Si consultino in proposito pure le opere:
a)CELESTINO CAVEDONI - Dichiarazioni degli antichi marmi Modenesi, 1828.
b)DOMENICO PONGILEONI - Descrizione della Città e Comune e dei monu
menti di Correggio, 1861.
e)RICCARDO FINZI - Un prezioso marmo dimenticato, (Art.) 1929.
d)OTELLO SILIPRANDI - Scavi archeologici avvenuti nella Provincia di
Reggio E. nell'ultimo cinquantennio (1886-1935). Notizie, 1936.
20) Cfr. DOMENICO PONGILEONI, op. cit., p. 51. Lo stesso Pongileoni ricorda che in una scheda del dott. Michele Antonioli è riportata la seguente iscrizione che appare nell'opera del Muratori " Rerum Italicarum Script., T.I. Col. 459 ":
C. SERTORIVS L.F. OVF VETERANVS XVI
CVRATOR CIVIVM OMNIVM
ORD. MOGVNTIACI
Si veda anche il testo ms. dell'operetta di GIROLAMO COLLEONI, dal titolo: "Primordi della Città di Correggio e suo territorio " (Correggio, Biblioteca Civica).
21) Cfr. C. CAVEDONI, Descrizione degli antichi marmi modenesi.
Cfr. D. PONGILEONI, Descrizione, ecc. p. 53.
Cfr. G. COLLEONI, Op. Cit.
22) Cfr. D. PONGILEONI, op. cit., da pag. 54 a pag. 57. Il monumento è pure citato nell'operetta del Colleoni.
Poichè potrà sembrare interessante al lettore, si prosegue la trascrizione in proposito del testo di D. Pongileoni: " Aninia fu il nome di questa libertà che lo desunse dal padrone Sesto Aninio, dacchè la mise in libertà poichè quando era schiava aveva il nome di Gemina, divenuto poscia cognome, tale essendo l'uso di quel tempo. Questo nome di Gemina probabilmente lo trasse dalla nascita come ne trassero il cognome i due Servilii (Sigon., De Nom. Rom.). Essa fu che dedicò l'ara, ed il luogo alle Giunoni. Non è qui nuova la parola Junonibus. In altre iscrizioni, e fra le altre ne riferisce alcune il tomo VI delle osservazioni letterarie stampate in Verona, pag. 144, è ricordata Giunone col titolo del più. In molte occasioni ebbero le donne bisogno del soccorso delle Giunoni, ma specialissimamente nel punto cioè di sposarsi ebbero bisogno della Pronuba, e della Lucina poi in quello di partorire. Ma è da sapersi che assai più spesso ebbero bisogno di Giunone Fluonia, senza che ognuna delle femmine ebbe la sua propria Giunone tutrice inseparabile... ".
" Resterebbe ora a determinarsi il tempo preciso in cui fu eretta quest'ara, se la mancanza delle date non ne togliesse il modo. Tuttavia, e dall'osservare la varia forma dei caratteri non poco degenerante dalla vera Romana , e dalla qualità delle frasi e altre qualità che si rilevano dalla mani fattura della lapide (nonchè della forma dell'ara stessa) ben vedesi doversi riportare l'erezione dell'Ara prima della caduta dell'Impero Romano. In tempo di questa Aninia non erasi ancora in quelle parti introdotta la fede Cattolica, per cui furono abbattute le are delle Giunoni, e in luogo di quelle incominciossi a dedicar delle chiese alla Gran Madre di Dio. Fin qui con alcune varianti il Padre Pongileoni. Giova di osservare che l'ara che si conserva come si è detto in un piccolo rialzo della Villa Pongileoni mostra chiaramente che quest'ara col foro praticato abilmente fu dedicata specialmente a Giunone Fluonia per i bagni e i prestigi che nel lavacro solevano farsi affine di promuovere le mestruazioni e cambiare di mano in mano le acque...".
23) Cfr. D. PONGILEONI, in Op. cit. a pag. 57-58.
24) Id., a pag. 58,.
25) D. PONGILEONI - Intorno ai monumenti più considerati della città e mandamento di Correggio. Ms. (Bibl. Civ. Correggio).
26) V. MAGNANINI - Il Correggese, ecc., a pag. 52, in nota.
27) MAGNANINI - Il Correggese, ecc. a pag. 59~60.
28) MAGNANINI, c.s., a pag. 61.
29) GAETANO CHIERICI - Bullettino di Paletnologia It., n. 10, Anno 1883. ARSENIO CRESPELLANI - Di alcune tombe preromane scoperte presso Correggio - An. 1891.
VINCENZO MAGNANINI, nelle tre opere citate.
OTELLO SILIPRANDI - Scavi archeologici avvenuti nella Provincia di Reggio. ecc. - 1936, p. 10-11.
MARIO DEGANI - Sull'età del ferro nel reggiano alla luce di recenti ritrovamenti. - 1953 a pag. 6-7.
30) La narrazione è tratta dall'op. cit. del Crespellani. La riproduzione dei dòli e della suppellettile più oltre descritta, è riportata pure dal Siliprandi, in op. cit. Anche lo scrivente, nell'opera " Correggio nella storia e nei suoi figli " 1968, riporta la riproduzione medesima.
31) SILIPRANDI, op. cit., a pag. 16.
32) SILIPRANDI op. cit. a pag. 16.
Nell'opera di BERNARDO DAVOLIO-MARANI - Storia di Fabbrico - Modena, 1899, a pag. 9 e segg., si legge: " La palafitta... venne trovata a mezzodì di Fabbrico, nella prima casa uscendo dal paese precisamente nel fondo denominato Bassoli e si spinge alla profondità di due metri, fin sotto le mura dell'antico castello e la nuova canonica. Gli oggetti in quella rinvenuti furono da me in parte consegnati al Museo di Reggio E., ed in parte da me conservati ".
Ed a p. 158 dell'op. cit. del Davolio-Marani si legge la lettera del Sindaco
di Reggio Antonio Davoli, in data 19 giugno 1895, diretta a Fabbrico al
Davolio-Marani, con queste parole: " Mi faccio un gradito dovere di rendere alla S. V. vivissime grazie del pregevole dono da lei fatto al Museo Chierici, di uno scalpello di selce del periodo neolitico, di moneta antichissima italica incomiciata d'oro, e di una chiave del sec. XVI... ".
A pag. 159 dell'opera predetta è poi trascritto il testo della seguente lettera firmata " Gallo ", datata da Roma il 13 aprile 1896 e diretta a Vittorio Cottafavi, Deputato al Parlamento: " Caro Cottafavi, ti ringrazio della cortese premura onde mi hai trasmesso la relazione compilata dal Sig. B. Davolio Marani, sul rinvenimento di alcune tombe etrusche in quel di Fabbrico. Secondo il tuo saggio consiglio, la relazione suddetta sarà inviata al Direttore dell'Ufficio regionale pei monumenti dell'Emilia, architetto R. Faccioli.. ".
Non si fanno commenti sui vari aspetti che nel contesto appaiono i rinvenimenti effettuati nella " palafitta" di Fabbrico. Allorché a suo tempo, lo scrivente fece ricerca di quei reperti nel Museo Chierici di Reggio Em., non riuscì a individuarli; forse perchè essi, senza specifica denominazione di località, sono frammisti ad altri del genere.
33) La notizia è inserita nell'operetta dello scrivente " Genesi e preistoria del territorio Correggese 1940, p. 20 ". Mi sfugge d'onde la notizia venne tratta.
34) Cfr. RICCARDo FINZI - Su alcune palafitte scoperte a Correggio, 1928.
35) Le operazioni di scavo vennero controllate dallo scrivente. Flur-
troppo, a quel tempo, non pensai di compilare una specifica relazione in
proposito. Si veda l'op. cit. " Genesi e preistoria ecc., p. 20 ".
36) Le operazioni di scavo vennero controllate dallo scrivente, in qualità di Ispettore On. alle Antichità.
37) Id. e. s.
38) Id. e. s.
39) La segnalazione del rinvenimento venne fatta allo scrivente dal Geom. Angiolino Vezzani.
40) Le ceramiche smaltate, a colori, sono in parte del tipo rinvenuto a Correggio nel 1927, di cui in questa relazione si parla al comma Q.
41) Carlo Manicardi ha compilato un " Giornale dello scavo ", che trovasi depositato, insieme ai reperti, presso la Biblioteca Civica di Correggio. La relazione è accompagnata da disegni e fotografie. Sono stati raccolti anche campioni di terreno prelevati a varie profondità dello scavo, nonchè una palafitta lignea. Lo scavo è stato illustrato nella memoria R. FINZI e C. MANICARDI. - Sopra uno scavo compiuto recentemente a Correggio. - Comunicazione fatta alla Dep. di Storia Patria di Reggio Em., nella tornata accademica del 17 gennaio 1970.
42) La segnalazione venne compiuta dal Sig. Carlo Manicardi. Lo studio dei frammenti è ancora in corso.
43) Da una relazione dello scrivente, inviata alla Sopraintendenza alle Antichità dell'Emilia e della Romagna, il 3 Agosto 1960.
44) SILIPRANDI, op. cit., a pag. 10.
45) Id., a pag. 22.
46) Da una relazione inviata dallo scrivente alla Sopraintendenza alle Antichità, in data 30 Settembre 1958.
47) SILIPRANDI, op. cit., p. 32.
48) SILIPRANDI op. cit., p. 5,7.
49) SILIPRANDI, op. cit., p. 58.
50) MAGNANINI, Il Correggese ecc., p. 18.
51) MAGNANINI, id., p. 18-19.
52) MAGNANINI, id. - Lo stesso si diffonde a parlare dei vari nomi derivati da "Butrium. ", come pure dei corsi d'acqua correggesi, citando antichi atti e documenti. Ciò da pag. 17 a pag. 26.
53) MAGNANINI, id., da pag. 36 a pag. 39.
54) Livio, XXXIX, 2/6.
55) MURATORI, Ant. Ital., II, col. 170 ed altre successive.
56) FRANCO VIOLI - Di alcuni nomi locali della provincia di Reggio Emilia, 1957, p. 7.
57) MARIO DEGANI - Introduzione alla carta archeologica della provincia di Reggio Emilia, 1969. (Sta in Boll. Stor. Reggiano, n. 4 - 1969).
Si veda l'opera già citata, di Rino Rio, esauriente in proposito.
58) VIOLI, Op. Cit., p. 10.
59) VIOLI, Op. Cit. p. 8.
60) TiRABOSCHI, Diz,. Top. Stor., T. 1, p. 314.
61) TIRABOSCHI, c.s., p. 129.
62) MURAT., Ant. Ital. T. III, col. 186. - Tiraboschi, c. s. II, p. 222.
63) TIRABOSCHI - Memorie Storiche Modenesi. - Cod. Dipl. T. I., p. 2. Doc. II, tratto dal Bollario Casinese.
La data del documento è il 14 giugno. In questa donazione di 4.000 iugeri di terra sono citati, nei confini " S. Maria de Fabrega, Vico Bedullio e Campaniola".
64) Quest'altra donazione fatta da Cunegonda, la vedova regina dell'infelice Bernardo, al Monastero di S. Alessandro di Parma cita la " curte de Fabrure ". L'atto è riportato nel Cod. Dipl. del Tiraboschi, T.I. p. 26, doc. XX, in data 835. E' stato però sollevato il dubbio che il toponimo Fabrure possa indicare un luogo diverso da quello di Fabbrico. L'Atto è firmato da Cunegonda, da due Vescovi Lamberto e Norberto e da sei testimoni " ex genere francorum ". In un Atto successivo, del sett. Dic. 946, con cui il Vescovo di Reggio Adelardo assegna la chiesa di S. Mustiola e vari beni al mantenimento dei lumi per l'altare dei SS. Grisante e Daria, è inserita la particella seguente: " et terram in Fabrice quam Bernardus Alemannus episcopio dedit, quam Amenpertus et Grinivertus nunc per precariam tenent; et masariciam unam in eodem loco quam Andreas et Dominicus filius Dominici Manci tenent... " (PIETRO TORELLI - Le carte degli Archivi Reggiani fino al 1050 - 1921, p. 140, doc. LV).
65) L'Atto è sottoscritto a "Melarina" (Migliarina) il 26 dic. 806. Vi appaiono fra i testimoni tali Rodeperto, Grimoaldo e Leone, tutti di Mandrio, località Correggese. TORELLI, Op. cit., p. 25, doc. VIII).
Per trovare poi chiaramente indicata la località " Bedollo " - località che dovette essere antichissima - occorre giungere al 6 luglio 1046, e cioè ad un atto di Otta Badessa di S. Giulia in Brescia, con cui la Badessa dà a livello a Giovanni del fu Martino alcune terre poste in luogo " Bedolo ". (TORELLI, Op. cit., p. 424, doc. CI.XXVII).
66) Il Prevosto QUIRINO BULBARINI, che postillò il " Compendio delle croniche di Correggio e delli suoi Signori " compilato dal P. Lucio Zuccardi, alla nota 42, scrive: " Nel 1488 nelle valli di Fabbrico asciugate, e munite poco tempo era, fu trovata nella Mota [o Motta] con pezzi di muro diroccato una Pietra con questa iscrizione: 1009, fu edificata la Giesia de Sancto Genexio in
Castello de Rocha Falchura [o Falcona] in Padulo; la quale fu posta sopra la porta della chiesa riedificata allora in onore di S. Genesio, con gran concorso di genti e con molti miracoli... " Cfr. Antichità Correggesche, 1881, p. 37.
La Rocca dovette venire fondata dai Della Palude, già Signori del luogo.
Peculiare, e forse unico, è il fatto che già nel 1009 appaia una iscrizione
in lingua volgare. Pertanto non è impossibile che l'iscrizione sia stata incisa dopo la data indicata.
67) Ciò risulta da un Atto del 22 gennaio 935, datato da Campagnola, con cui "Il Prete Ildebrando dona alla canonica di S. Michele tutti i suoi beni e specificatamente in Budrio, salvo restando certe donazioni precedenti". Nell'atto, che è riportato dal TORELLI, in op. cit., p. 122; doc. XLVIII, appare il prete Ildebrando figlio del fu Rotcherio di Budrio, " abitator in Castello Campaniole ". Nel documento, al toponimo di Villa Budrio segue quello di Fazzano. Si nominano, a proposito del dono offerto alla canonica e per essa al Diacono Giovanni, " casis, curtis, ortis, areis, terris, vineis, campis, pratis, silvis, salicetis, aquis, arboribus pomiferis et infructiferis diversisque generibus vel usum, puteis aquarum, eoc. ".
Si citano fra gli altri il nipote del donatore " Mauringo ", di cui ai beni in Fazzano, e, fra i testi, " Gisverti et Madreverti germanorum de Quignente et Petroni de Canule... ".
Circa il Castello di Campagnola, che dicemmo " poderoso ", ne parleremo più innanzi, alla nota 87.
68) Il Diploma comprende fra i beni confermati " campum etiam unum inter Mandrie e Mandriole coniacentem qui Centum iuges nominatur ". TORELLI, op. cit., p. 99, doc. XXXVIII.
Un susseguente diploma, datato da Mandrio il 16 maggio 946, è molto importante poichè in esso per la prima volta è citato il toponimo di Correggio. Con detto atto i coniugi longobardi Rotruda ed Alfri vendono a Regina Sorella di Alfri i loro beni in Mandrio. Detta Regina è coniuge di Eilino fu " Iteri de Villa Mandriole ". In Mandrio " est masaricia una cum sua pertinencia in quantum per Urso masario directa et laborata est... ". In calce all'atto, fra i testimoni che firmano con segno di croce, vi sono parecchi longobardi, fra cui " Fredulfi et Ald~everti filius eius de Gurgo ", nonchè " Trasoaldi filio bone memorie Adoni de Gurgo et Gausberti filio bone memorie Trasoaldi iudex domno regis de Villa Mandriole ".
TORELLI, op. cit., p. 138, doc. LIV.
In Mandriolo doveva esistere un Castello, perchè esso è citato in vari atti, come ad esempio in quello del 980, con cui Elino fu Iterio e Guido fu Gandolfo di Mandrio, longobardi, donano alla chiesa reggiana vari beni in Mandrio e Mandriolo, fissando fra i confini " castro nostro et de consortis ". (TIRAB. Cod. Dipl. T.I., p. 143, doc. CXVIII).
Il TORELLI, in op. cit., p. 183, doc. LXXI, riporta l'atto medesimo, che appare stipulato " in loco qui dicitur Castro novo ". Il Torelli, equivocando, confonde quel Castelnuovo con Castelnuovo Sotto.
Il Castello di Mandrio è nominato in un successivo atto del 1066, che contiene la particella " Castrum Novurn in confinibus, ubi dicitur Vallis putrida " " MURAT., Ant. T. III, col. 195 e TIR. Cod. Dip., T. II, p. 47, doc. CCXXIV).
Sappiamo da altra fonte che detta Val Putrida era in Mandriolo, forse in confine con Canolo e che in Mandriolo, esisteva una via detta di Val Putria.
Nell'atto del 1066 il Vescovo Gandolfo dichiara di consacrare in detto Castelnuovo una Cappella in onore di M.V. e che Valpudria avesse abitanti appare da vari documenti, fra cui uno del 1096, ove fra i testimoni appaiono " Gosberti di Valpudria et Albezone de Valpudria ". (TiR. Cod, Dip. T. Il, p. 63, doc. CCLXVIII).
Il Magnanini si sofferma a lungo sulla questione, nella sua maggior opera citata, da pag. 22 a pag. 27 e rammenta che l'attuale chiesa di Mandriolo è dedicata a M. V..
Un'ultima osservazione è a farsi e cioè che la zona Mandrio-Mandriolo doveva godere a suo tempo di una certa importanza, non solo pel fatto di essere munita di un castello, quanto perchè a Mandriolo risiedeva un " iudex domno regis ".
69) L'atto è stato citato nella nota 67.
Un atto successivo del 22 aprile 1006, che contiene una donazione di Valperga figlia di Donizzone di Correggio, è segnato in " Castro Budrio ". (TORELLI, Op. cit., p. 249, doc. XCVIII - TIR. C.D.T.I., p. 170, doc. CXLIX) Donatrice e testimoni appaiono longobardi.
70) Fazzano è direttamente nominata come territorio, cioè " in villa qui dicitur Fazano ", in un diploma dell'Imperatore Ottone I in favore della chiesa di Reggio, datato da S. Leo il 27 giugno 963, diploma in cui appare che in Fazzano detta chiesa possedeva beni. (TORELLI, Op. Cit., P. 157; doc. LXI).
In un successivo atto datato da Fazzano il 26 agosto 1039, la longobarda Maria, figlia di Amico da Fazzano dona alla sorella Imelde tutto il suo, se Maria morirà senza eredi. Nell'atto si citano anche beni posti a Lemizzone, che è detto " Limazone ". (TORELLI, op. cit., p. 375, doc. CLIV).
71) Canolo appare citato, come dicemmo, nell'atto del 22 gennaio 935, attraverso il nome del testimone Petronio da Canolo. Direttamente come luogo appare poi nel citato atto del 27 giugno 963, in cui è nominato " Canole ", insieme a Mandrio, Fazzano e Fosdondo.
72) Già abbiamo parlato di questo documento per ciò che riguarda Mandrio e Mandriolo. Fra i venditori dei beni è Alfri " que et Bonizo filio bone memorie Ercemberti de Coregia (sic). Questo Ercemberto era un longobardo, perchè tale appare suo figlio Alfri, come la moglie di questo ultimo, Rotruda " manifesti sumus ex nacione parentorum nostrorum lege Langobardorum vivimus ".
Si tratta del primo nome di Longobardo Correggese che appare in un Atto ufficiale. L'originale dell'atto è conservato nell'Archivio della Cattedrale di Reggio, esteso dal Notaio Gauso " et Scavino, postradita complevi et dedi ". (TORELLI, Op. Cit., p. 138, doc. LIV).
Il TIRABOSCHI nel suo Cod. Dipl. T.I, p. 114, doc. XCIII, data lo stesso documento coll'anno 945. Di qui l'errore riportato in pubblicazioni successive che si sono appellate al Tiraboschi.
Nel 1006, il 22 aprile, è " Vualperga filia quondam Bonizoni de loco ubi dicitur Coregia, qui professa sum ex nacionem meam legem viveret Langobardorum, ipse namque Vuifredus filo et mundualdo meo ei consenciente... " che offre alla chiesa di S. Prospero vari beni. L'Atto èdatato " in Castro Budrio feliciter" e contiene le firme dei testimoni longobardi " Gerardi et Imoni seu Lanzoni " (TORELLI, op. cit., p. 249, doc. XCVIII).
Ma è in un Atto del 1009 che appaiono nominati per la prima volta sia il Castello di Correggio che la chiesa di S. Michele Arcangelo, unitamente ai nomi dei Longobardi Frogerio ed Adalberto, fratelli. Frogerio, figlio di un Guido del Contado di Reggio è forse il fondatore della casata da Correggio e costruttore di quel Castello. Si trascrive una parte dell'Atto: " In nomine Domini Dei Salvatoris nostri Jesu Christi. Henricus gratia Dei Rex Deo propitio hic in Italia quinto die de mense Octubris indictione octava. Nos quidem in Dei nomine Frogerio et Adalberto germani filiis quondam Widonis de Comitatu Rejense, qui professi sumus Nos ex Natione nostra Lege vivimus Langobardorum... donamus, et tradimus atque offerimus Nos Frogerio et Adalberto germanis tibi Sigheri Presbyter et Rectores Sancti Michaelis Archangeli, sito ubi dicitur Corregia finibus Regiense, ubi ipso Presbytero ordinato, jure proprietario nomine ad parte ipsius Ecelesiae Sancti Michaelis Arcangeli, item jarn dictis Casis, et rebus juris nostri, quibus sunt polsitis in suprascriptis locis ecc. " " Aetum in Castro Coregia feliciter... Ego Walbertus Notarius " (TIR., C.D.T. I, p. 173, doc. CLIII). Trent'anni dopo, la chiesa dedicata a S. Michele, assume il nome di un secondo protettore, S. Quirino, e d'allora la Chiesa, viene denominata di S. Michele e& Quirino. Ciò appare in un Atto del 1039 " Actum in Castro Corrigia " in cui Giovanni del fu Seagaro dona un terreno in luogo detto " Limezone " alla chiesa di S. Michele e Quirino. (C.D.T. II, p. 33, doc. CXCII).
Dall'Atto del 1009 appare anche il nome del primo Rettore della chiesa Correggese di S. Michele: il prete Sigherio, Circa il Castello di Correggio, al dire del TIRABOSCHI (Diz. Top. Stor. I, p. 225) esso " era cinto da un terrapieno interrotto e difeso da varie torri, altre quadrangolari, altre ottangolari, e circondato da una larga e profonda fossa. Una sola porta a settentrione vi dava l'accesso; ed essa pure era munita da una torre. Nella parte orientale del Castello sorgeva la Rocca, che serviva non solo di abitazione ai signori del luogo, ma anche da forte interno, formato esso pure di grosse mura e difeso da alcune torri... ".
73) In un atto successivo, datato da Reggio l'11 marzo 997, il Vescovo Teuzone ed Ermerico del fu Everardo permutano terre in Fosdondo con altre di diverso luogo. La particella che ci riguarda è la seguente: " pecia una de terra aratoria cum aliquantes vites sibi abende... quibus esse videtur in loco qui dicitur Fossedunde et est pecia ipsa de terra per mensura iusta modia quinque ". (TORELLI, op. cit., p. 213, doc. LXXXIII). Uno dei particolari pure interessante dell'atto è dato dal fatto che Ermerico professa " nacione sua lege viveret Salicha". Egli è uno dei pochi discendenti dei Franchi, stabilitisi nelle nostre terre.
74) Il documento è dato dall'Imperatore Ottone II, a conferma alla chiesa di Reggio di beni e diritti. E' datato da Bruchsal il 14 ottobre 980. In esso sono citati " Castellum de Favrice cum plebe, Plebem de Prato cum Castello e Cortem de Campo Rotundo cum plebe " (TORELLI, Op. Cit., p. 179, doc. LXIX).
Il Tiraboschi pensa che nella Pieve di Fosdondo del suo tempo, cioè ancora l'attuale, fosse trasportata la precedente Pieve di Camporotondo. Quest'ultima sarebbe la chiesa matrice della Cappella di Correggio, dedicata a S. Michele. Per inciso si può affermare che nel territorio di Fosdondo esisteva pure il Castello degli Orsi, distrutto più tardi dai Correggesi.
La Pieve di Camporotondo faceva parte delle Pievi di ragione dell'Episcopato reggiano, più tardi detenute in enfiteusi dal Marchese Bonifacio, padre di Matilde, come appare in un documento del 1070 circa. (Tin. C.D.T. Il, p .50, doc. CCXXIX) L'atto nomina " Plebem de Camporotondo, cum servis et ancellis, et pluribus mansibus ". Anche successivi privilegi Imperiali e Papali ci parlano di Camporotondo.
Circa " Pratum", essa verrà successivamente nominata nella Bolla dello Antipapa Guiberto (Giberto) dell'anno 1092, fra i luoghi in cui la chiesa di Reggio aveva beni. (MURAT., Ant. It., T. II, col. 186).
75) L'atto di Ildebrando è riportato dal Tiraboschi (C.D.T.L, p. 145, doc. CXXI). In un Atto seguente, del 988, appare un " Ermemperti Ursoni de Villa Saliceto ". (C.D.T.L, p. 147 doc. CXXIII).
Questo Saliceto, anche nominato negli atti " Salecito " è il toponimo della terra del territorio Correggese che entrerà a far parte del Comune di Rio Saliceto. La prima volta che appare cenno della palude che infestò parte di quelle terre, si legge in un atto del 1007, datato da Canossa nel mese di giugno. Fra i confini che appaiono nel documento è scritto: " de meridie palude de Salecito ". (TORELLI, op. cit. p. 257, doc. CII).
76) Il documento è datato da Reggio il 19 Agosto 1038. La particella relativa che ci interessa è la seguente: " Nec non concedimus et largimur per hanc paginam eidern monasterio capellam sitam infra castrum de Villanova in honore S. Marie et S. Prosperi dedicatem, cum omnibus suis pertinenciis, atque capellam S. Domnini in Fazano, similiter cum suìs pertinenciis ". Il documento è importante perchè appare che anche Villanova (S. Biagio) possedeva un Castello, quanto perchè indica che già esistevano Cappelle sia in Villanova che in Fazzano. (TORELLI, op. cit. p. 366, doc. CL).
77) Il documento di cui si parla è datato da Fazzano il 26 agosto 1039. Maria è Longobarda ed è maritata a Giovanni, figlio del fu Giovanni " de loco Limezone". Consenziente il padre Amizo, Maria dona ad Imelde " casis et terris seu vineis quas habere visa fuero in loco Fazano seu Limezone... " (TORELLI, op. cit., p. 375, doc. CLIV).
78) VIOLI, op. cit., p. 9.
79) La citazione riguardante S. Prospero, è tolta dal TIRABOSCHI (Diz. Top. Stor. T. Il, p. 2~27).
80) Su S. Martino traggo questa nota dal Can. GIOVANNI SACCANI, autore delle "Memorie storiche sulla Parrocchia di S. Martino - Reggio, 1904 ".
La grande serietà del Saccani mi esime da ulteriori ricerche. Il documento di base si trova nell'Archivio del Monastero di S. Raffaele in Reggio. (Arch. di Stato, Reggio. Pergamene delle Opere Pie) Rogante è il Notaio Gilberto. Trattasi di cinque biolche di terreno poste in Correggio, nel luogo di S. Martino, coll'obbligo di pagare un annuo censo di 12 denari imperiali. Lo stesso Can. Saccani riporta poi nelle dette memorie il Tiraboschi, citante un diploma del Vescovo Pietro che nel 1188 riconobbe o confermò ai Canonici della Cattedrale con molti altri beni e chiese tutto quello che già possedevano nelle corti di Canolo e di Correggio, comprese le cappelle di S. Martino e di Valle Putrida (Mandriolo). Cioè " totum quod habetis in corte canule et quidquid eis pertinet in corte corigie cum capella Santi martini et Vallis putride... " (TIR., C. D.T. III, p. 106, doc. DLVIII).
Villa S. Martino divenne più tardi assai vasta e popolosa.
81) MAGNANINI, Il Correggese ecc., p. 36-37-38-39-118-119-120.
82) La parrocchia di S. Martino è la più vasta del Comune di Correggio, con 3,761 biolche di terreno e contava, nell'anno 1788, ben 1062 abitanti. La parrocchia più piccola del Comune, sempre nel 1788, appariva Fazzano, estesa 1142 biolche e con soli 233 abitanti. (L. Ricci, Corografia, ecc., 1788).
83) MAGNANINI, Il Correggese, ecc.,
84) MAGNANINI, C. S.
85) GUIDO PANCIROLI - Storia della Città di Reggio, tradotta di latino in volgare - Reggio, Barbieri, 1846. La notizia appare nel Lib. I, p. 83. La citazione di Ammiano Marcellino si legge nel Lib. 31.
86) La professione " di legge e nazione " ha luogo negli atti pubblici e privati a seguito dell'editto di Rotari, re Longobardo, promulgato il 22 novembre 643.
Nei 388 capitoli che costituiscono un intero codice - fondamentalmente germanico, quanto mitigato dall'influenza romana - si fa obbligo ai contraenti di atti legali di specificare nazione e legge a cui i contraenti si appellano.
87) L'Atto del 6 marzo 1141 con cui il Longobardo Palmerio degli Albriconi vende a Gherardo e Corrado da Correggio il Castellaccio di Campagnola, viene qui citato, a prova della lunga esistenza fra noi dei Longobardi. Esso viene a precisare che pure nel sec. XII veniva ancora osservato l'Editto di Rotari, malgrado il tempo dei Longobardi fosse scomparso da un pezzo. Infatti nel 1071 la vedova di Bonifazio, Beatrice, donava al Monastero di Frassinoro 12 corti con le rocche comprese, e tra queste il dominio utile di Campagnola, poichè il dominio diretto era rimasto alla chiesa di Reggio. Tale donazione aveva conferma dall'Imperatore Federico detto Barbarossa, con diploma del 1164.
La vendita di Albricone è molto interessante, anche perchè appare specifica per quanto riguarda luoghi ed abitanti.
L'atto è riportato dal TIRABOSCHI nel C.D.T. III, p. 9, doc. CCCLIV.
Si riporta il contesto del documento, in lingua italiana, quale appare nell'operetta dello scrivente " Note storiche su Campagnola Emilia, An. 1933 ", a p. 8 ".
" Figura venditore Palmerio degli Albriconi, che si professa di nazione e legge Longobarda, assistito dalla moglie Richelda.
Con detto atto il Palmerio vende a Gherardo e a Corrado da Correggio, per lire 4000 Lucchesi il Castello e la rocca di Campagnola, detto il Castellazzo, colle mura, le fosse, i redefossi, gli argini, le valli, i ponti, i ponticelli, i fortilizi, i rifornimenti, i pedaggi, i telonei, le onoranze, gli affitti, i boschi, le paludi, le selve, le pescagioni, le cacce, i mulini ed altro, nulla eccettuato di quanto Palmerio possiede in Campagnola, con tutti gli uomini aventi fortilizi a disposizione e dipendenza del compratore, con tutti i cittadini, contadini, vassalli, uomini di masnada, uomini assoldati, servi e serve. Segue nel contratto un elenco delle cose e persone, vendute o cedute in vassallaggio. Le ville ed i poderi sono i seguenti: Scaladego (che più tardi figura col nome di Stallatico); Vinisegio; Viticano; Piazza; Galla; Villa degli Azarii con il Castello (Testa); Villanova; Canolo di Sotto (Osteriola di Campagnola); Cognento di sotto; Villa dei Mazzoli e Sironi dei Siri con il Castello (La famiglia dei Sironi apparirà spesso più tardi in molti atti Campagnolesi; Villa S. Pietro e Villa S. Andrea (adiacenti al Castellazzo); Villa Paludana (dal nome dei suoi antichi Signori: i della Palù); Villa dei Mani (Famiglia che dette il nome alla Possa Mana); Villa dei Reatini (ove nel 1423 venne alloggiato S. Bernardino, dalla Correggese Famiglia dei Conti Augustoni); Villa Schiattarina (che fu palazzo Campi, poi Conti).
Nell'atto di vendita così sono fissati i confini: A mezzogiorno Cognento e Canolo di Sotto mediante la strada; a mattino il Naviglio ed il corso d'acqua che va a Fabbrico; a settentrione la Parmigiana (sino all'attuale ponte sulla Fiuma) ed a sera Cognento di sotto e la Villa di Novellara detta di S. Michele, mediante - una dugara comune, che dalla parte di sera è detta il Bosco e discende lungo altra dugara entrando nel Naviglio fatto da Palmerio e continuando per altra dugara a ponente del Castello dei Mazzoli e Sironi, voltando quindi verso levante sino al passaggio alle valli di Reggio (valli oggi denominate in mappa Sparata, Restara e Testa). Segue l'elenco degli aventi fortilizi nella giurisdizione di Palmerio. Essi sono i Signori: Malapresa; Maltrino Malasacca; Piagino degli Azarii; Stanga della Palude; Olrico Gallo; Sirone dei Siri e Mazzolo; De Mani; Albricone de' Reatini.
Si ha di poi l'elenco dei Cittadini abitanti in Campagnola: in tutto venti, a cui fa seguito quello dei Contadini: quarantuno.
Fra questi ultimi, troviamo nomi significativi, come Tognotto da Villanova, Antoniazzo da Guastalla, Malinguale (o Malalingua) da Cognento, Giacomo Nasuti, Masino de' Sucidi, Pietruzzo Scannacapra, Villano dei Villani, Marco Pescatore, Sinistrello da Fazano, Fantino dei Fantaccini. Segue l'enumerazione dei vassalli, ventuno.
Non mancano i masnadieri, tre soli, così nominati: Ugo Fulcerio, Garbanzo Garipolo, Togno da Saluccia.
Più bei nomi abbiamo fra gli addetti alla gleba, che son cinque: Garibaldi, Egisto, Durando, Zamicello e Bruttazzo.
Per ultimo vengono elencati servi e serve: Cristino, Margarina coi figli, Brugnanide e l'Antoniola coi figli, Biasino e l'Imeda coi figli. A termine dell'inventario stanno le firme, ossia le croci dei seguenti: Palmerio, come venditore; Richelda, quale consenziente; Malapresa, per gli aven-
ti fortilizi in Campagnola; Raffaele Tomacelli, per gli uomini liberi; Zappa da Cognento, per i contadini; Nerio da Gronsoli, per i Vassalli; Barbanzio da Garripoli, pei Masnadieri; Garibaldi, pei servi della gleba; Cristino, per i servi e serve.
Presenti alla stipulazione dell'atto, che venne rogato da certo Ulrico, Notaio dal Sacro Palazzo, figurano cinque testimoni.
Nella vendita non si fa alcuna menzione nè della chiesa di Reggio, nè del Monastero di Frassinoro.
Il documento accennato si presta a varie considerazioni. La più importante, che senz'altro appare, è che il vero Signore di Campagnola era Palmerio, forse discendente dal fondatore del Castello.
Ne consegue che, sia il Vescovo di Reggio che il Monastero di Frassinoro, vantavano sul Castellaccio solo diritti nominali ".
La traduzione in Italiano del documento, quanto le interpretazioni che appaiono in questa nota fra parentesi, sono tratte dalla importante operetta di ANSELMO MORI, su " Il Castellazzo di Campagnola ", 1908.
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