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Bottega del Moretto da Brescia
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E' una copia della tavola, di analogo soggetto e di minori dimensioni, dipinta da Alessandro Bonvicino detto il Moretto e oggi alla Galleria di Capodimonte a Napoli. Il quadro è stato probabilmente realizzato nella bottega del maestro bresciano ad opera di uno dei suoi allievi, quale potrebbe essere, ad esempio, Agostino Galeazzi (P. Begni Redona, comunicazione orale). La tela correggese riproduce fedelmente l'Ecce Homo del Moretto, un'opera databile agli anni 1540-50, tipica, nelle sue espressioni di austero naturalismo e di profonda devozione religiosa, dell'ultima fase del Bonvicino: le uniche differenze nei confronti dell'originale riguardano la scritta ECCE OMMO ai piedi del Cristo, e, nel paesaggio, l'assenza del pastore con la pecora sulle spalle e alcune modifiche negli edifici. Le ampie lacune che cancellano in parte il corpo di Cristo ostacolano la leggibilità dell'opera, che comunque, rispetto al prototipo morettiano, è dipinta in maniera più secca, denunciando minore morbidezza di modellato e più aspra durezza di contorni. Si può ipotizzare che il quadro sia stato inviato da Brescia a Veronica Gambara (1485 - 1550), illustre poetessa di origine bresciana e, dal 1518, vedova del conte Giberto X da Correggio. La famiglia Gambara ebbe stretti rapporti con il Moretto: il cardinale Uberto Gambara, fratello di Veronica, fu il committente della Madonna in gloria e santi della parrocchiale di Sant'Andrea a Pralboino e, nella stessa chiesa, anche la Madonna in trono e i santi Rocco e Sebastiano è probabilmente riferibile alla committenza di un membro dello stesso casato (P. Begni Redona, in Alessandro Bonvicino. Il Moretto, catalogo della mostra, Bologna 1988, p. 81). L'Ecce Homo sarebbe una testimonianza delle strette relazioni fra Veronica e la sua terra d'origine, forse un dono inviato da una famigliare alla Gambara nei suoi ultimi anni di vita, se si valuta il quadro coevo o appena posteriore alla tavola di Napoli. [GPL] Bibliografia: Ghidini Pratissoli 1987, p. 906, tav. 9.
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