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Fregio e soffitto a cassettoni Affresco e carta incollata su legno Datato 1508 (ill. a p. 17) |
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Nel Palazzo dei Principi di Correggio un prezioso complesso decorativo è costituito, nella sala che occupa l'angolo sud-ovest del piano nobile, dal soffitto a cassettoni con il sottostante fregio ad affresco che copre la parte superiore delle pareti. Il soffitto è suddiviso in dodici lacunari, di cui undici quadrati e uno, quello adiacente alla cappa del camino, rettangolare e di dimensioni ridotte. Al centro di ogni lacunare vi è un rosone dorato, mentre rosette molto più piccole sono disposte agli angoli e sugli incroci delle travi. La decorazione pittorica (su carta incollata) concerne motivi vegetali sulle travi e sulle cornici che raccordano le rosette d'angolo, mentre le zone intorno ai rosoni sono dipinte a grottesche che alternativamente, con disposizione a scacchiera, comprendono vasi con busti femminili e sfingi, oppure mostri a testa maschile con racemi e uccelli ad ali aperte. Il fregio affrescato lungo la sommità delle pareti dà vita a una raffigurazione estremamente complessa. Una delle figure ricorrenti è quella del tritone, in posizione frontale e appoggiato su un basamento circolare: con la mano destra regge sempre un tridente, mentre con la sinistra sostiene un altro oggetto che può essere, a seconda dei casi, un secondo tridente, una fiaccola, un serpente marino, una tartaruga capovolta. Ogni tritone è affiancato ai lati da sirene. Ciascuna di esse è dotata di ali e sta suonando uno strumento musicale: il corpo termina in un organismo vegetale che, arricciandosi, sostiene un satiretto, anch'esso raffigurato nell'atto di suonare. Gli strumenti usati dalle sirene sono la viola da braccio, il liuto, la tromba marina, il corno singolo e doppio, la tromba ricurva, mentre gli strumenti suonati dai satiretti sono la siringa, vari tipi di tromba, il flauto, il cornetto, il tamburo. Dalle code delle sirene fuoriescono dei mostri alati che con le zampe artigliano dei complicati recipienti sorretti da teste di drago: i lunghissimi colli dei mostri si curvano a spirale terminando in teste umane di profilo che, alternativamente maschili e femminili, si fronteggiano al di sopra dei recipienti. Le teste femminili hanno le acconciature ornate con nastri, quelle maschili hanno i capelli lunghi e si presentano a volte con barba, a volte glabre. Sulla parete sud, verso l'angolo sud-est, una testa maschile è sostituita da un'effigie mostruosa, mentre al centro della parete est, ai lati dello stemma di Borso conte di Correggio e della moglie Francesca di Brandeburgo, le due teste, maschile e femminile, hanno la bocca spalancata in un urlo di dolore, in quanto i loro colli sono azzannati da due draghi sottostanti. Sulla parete nord, verso l'angolo nord-est, da uno dei recipienti pendono due tabelle: su di una vi è la data 1508, sull'altra l'iscrizione SPQR; altre due tabelle sono dipinte sulla parete sud: su di una l'epigrafe Q. C. N. (è stata data l'interpretazione "Quis contra nos?"), sull'altra vi sono cinque sigle misteriose che sembrano unire caratteri dell'alfabeto gotico e di quello ebraico. Su questa iscrizione sono state date svariate e fantasiose interpretazioni (Riccardo Finzi riporta l'opinione del cardinale Mezzofanti, il quale vi leggeva "P lavoro di Antonio Allegri"), ma appare degna di nota l'affinità con le sigle sulla tavoletta sorretta dalla figura dell'Invidia nella parte sinistra dell'incisione del Mantegna raffigurante la Battaglia degli dèi marini. Le decorazioni furono attribuite da Corrado Ricci a Cesare Cesariano, nel momento immediatamente precedente la decorazione della sagrestia di San Giovanni Evangelista a Parma (risalente allo stesso 1508), ma l'attribuzione non ha avuto seguito, stante la minore freschezza d'invenzione e la maggiore pesantezza di contorni nell'affresco parmense rispetto alla vitalissima vivacità del fregio correggese. Il Finzi assegna la decorazione ad artista di scuola ferrarese, mentre Franca Manenti Valli riporta l'opinione di Giuseppe Adani, secondo cui l'autore andrebbe identificato in Giovanni del Sega, allievo di Melozzo attivo in quegli anni alla corte dei Pio nella vicina Carpi. Massimo Pirondini in un primo tempo (1985) orienta l'affresco verso l'influenza di Amico Aspertini e Jacopo Ripanda, mettendo in risalto la qualità ben più alta rispetto al Cesariano, per poi (1988) collegarne l'autore all'ambiente mantovano: "A tale decorazione, datata 1508, ben potrebbe calzare il nome di Lorenzo Costa, che dal 1506 sappiamo succeduto al Mantegna presso la corte gonzaghesca, se a questa proposta attributiva non recasse qualche doverosa riserva la temperatura un po' drogata del fregio, quasi un riflesso di bizzarrie aspertiniane o della stregata fantasia di Leonbruno". In realtà la scioltezza narrativa della raffigurazione e la resa dei particolari, con le figure in monocromo bruno ocra che spiccano sul fondo azzurro cupo ravvivate da guizzanti lumeggiature, collocano il fregio e il soffitto del Palazzo dei Principi ai livelli più alti della pittura di grottesche del primo Cinquecento, e l'autore andrà certo ricercato nel complesso ambiente mantovano-ferrarese (vedi infra il saggio di Jadranka Bentini). Al di là delle generiche tematiche del repertorio della decorazione a grottesche, divulgate su larga scala anche grazie alla diffusione di incisioni e disegni (ad esempio di Nicoletto da Modena e Jacopo Ripanda) che riproponevano soluzioni formali di derivazione classica assieme ad elaborazioni più propriamente tardoquattrocentesche (per esempio dal Pintoricchio), nella decorazione correggese alcuni particolari iconografici trovano precisi riscontri in opere realizzate a cavallo fra Quattro e Cinquecento. Le sirene che dalla cintola in giù si trasformano in vegetali mostrano strette affinità con gli strani personaggi raffigurati da Francesco Marmitta nelle miniature del Messale del cardinale Domenico della Rovere (Torino, Museo Civico, ante 1501, riprodotte in Longhi 1968, tav. 182), mentre altri elementi della decorazione si ritrovano nelle tavole di Francesco Bianchi Ferrari: i tritoni in posizione frontale compaiono sul fregio dell'architettura che fa da sfondo all'Annunciazione (Modena, Galleria Estense, 1506-12, terminata da Gian Antonio Scacceri), e gli uccelli ad ali spiegate dei lacunari ricordano le arpie sul fregio della loggia nella pala della chiesa di San Pietro a Modena (1506). In quest'ultima tavola Bianchi Ferrari raffigurò alcuni strumenti musicali di rara foggia che si ritrovano nel fregio correggese. [GPL - VP] Bibliografia: Pungileoni 181721, 1, p. 19, 11, pp. 32-33; Ricci 1930, p. 18; Finzi 1949, pp. 29-30; Finzi 1963, pp. 2931; Finzi 1968, pp. 170-171, tavv. 153-154; Manenti Valli 1976, p. 42, tavv. 11-24-25-2637-38; Pirondini-Monducci 1985, p. 17, tavv. VIII-IX; Pirondini 1988, p. 248, tav. 354; Ghidini-Pratissoli 1992, pp. 41-43. |
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