Marcello Rossi
Intervista a Germano Nicolini
La politica amministrativa a Correggio dal 1945 ad oggi

Quale era la situazione a Correggio nell'immediato dopoguerra?

Situazione tremenda: una miseria generalizzata, con decine e decine di famiglie letteralmente alla fame; una disoccupazione che andava oltre il 20% della forza lavoro attiva, colpendo particolarmente i giovani; un'economia disastrata, che si reggeva fondamentalmente sull'agricoltura, già di per sè arretrata, e che aveva potenzialità di sviluppo a breve pressochè nulle, perciò non in grado di creare nell'immediato una quantità significativa di posti di lavoro; Stato e Comune con le finanze esauste, quindi incapaci di interventi di una certa efficacia; delusione, scoramento e rabbia che montavano a vista d'occhio, con rischio sempre incombente di sbandamenti anche di massa. Penso che se si è evitato il peggio lo si deve alla consapevolezza, sia pure tormentata, che la gente aveva maturato nelle sofferenze e nei patimenti di quei terribili cinque anni di guerra, consapevolezza che per uscire dal baratro in cui il Paese era stato precipitato si sarebbero dovuti affrontare ulteriori durissimi sacrifici

In qualità di comandante partigiano, quale fu il tuo ruolo nel primo periodo dopo la Liberazione?

La gente mi conosceva per ciò che ero stato nella lotta partigiana e penso mi onorasse della sua stima per come quella lotta avevo condotto. Non lo faceva certamente per credenziali di antifascismo anteguerra, che non avevo. Smobilitato dagli Alleati nel settembre del 1945, due mesi dopo fui eletto segretario comunale dell'Anpi con voto unanime di tutti i partigiani. In quella veste svolsi un ruolo che andava ben oltre i compiti specifici di un segretario di associazione di ex combattenti. E ciò mio malgrado, giacchè non fui io ad inseguire questo ruolo. Agli occhi della gente minuta io continuavo ad essere "il diavolo" della clandestinità.... il comandante partigiano vicino ai poveri, l'uomo che nei momenti difficili non rifiuta di darti una mano. E così mi ci si rivolgeva per ogni genere di problema, talchè l'Anpi divenne un po' un ufficio aperto a tutti. Io sentivo intorno a me tanto calore e tanta stima e confesso che ne andavo orgoglioso

Puoi esprimere un giudizio sull'opera di epurazione della pubblica amministrazione?

Ricordo che all'atto della Liberazione il CLN comunale nominò la Commissione giustizia che, tra i suoi compiti, aveva anche quello di valutare la condotta degli ex amministratori fascisti. La commissione era composta dai rappresentanti dei partiti antifascisti ed era presieduta dal pretore di Correggio, il dottor Campana. Se la domanda si riferisce, come penso, specificamente all'amministrazione pubblica di Correggio, rispondo che non mi risulta che ci siano state epurazioni tra gli ex amministratori fascisti, nemmeno tra quelli della ex Repubblica di Salò

E' vero che l'Anpi aveva un'importanza tale da condizionare le scelte amministrative?

No... non esageriamo!! E' innegabile che il prestigio dell'Associazione Partigiani in quel particolare momento storico era immenso e che la gente guardava ad essa quasi fosse un centro di potere che "tutto poteva"; ma non è vero che la sua importanza fosse tale da condizionare le scelte amministrative del Comune. C'è piuttosto da dire che molti amministratori comunali erano stati partigiani, per cui è da immaginarsi che su certe scelte amministrative il loro parere abbia pesato in maniera determinante

I nuovi amministratori comunali, dato che non avevano esperienza, come affrontano il gravoso impegno di governare la città?

Per vent'anni il regime fascista aveva scelto gli amministratori dei comuni (ma non solo dei comuni!) con criteri di discriminazione politico-ideologica o di censo, per cui era oggettivamente impossibile che si potessero formare dirigenti amministrativi di estrazione popolare. Da qui la scarsa esperienza nei nuovi eletti del dopo Liberazione, i quali in ispecie nella nostra regione erano in maggioranza operai e contadini. Costoro avevano però requisiti quali la dedizione, il disinteresse personale, la voglia di fare che i loro predecessori non avevano, quantomeno in egual misura; sicchè riuscivano a supplire alla impreparazione tecnico-culturale con un certo buon senso. Va comunque detto che questo certo buon senso non sarebbe bastato a governare bene le città. Il segreto del buon governo, come l'Emilia insegna, sta nell'aiuto che questi amministratori ricevevano dal loro partito, il "Principe" dei tempi moderni che li educava, illuminandoli sul cosa fare, come fare, quando fare

Dalla ricerca che ho compiuto emerge un rapporto di proficua collaborazione, tra maggioranza e minoranza, sui problemi del Comune. E' vero?

Sì, e' vero. C'era tra maggioranza e minoranza un rapporto di proficua collaborazione, valore di democrazia ereditato dal patrimonio di unità operativa della Resistenza e dissipatosi con l'insorgere della guerra fredda. E' un valore da riconquistare, essendo inconcepibile in una democrazia matura che maggioranza e minoranza si contrappongano su tutto. Nel corso del mandato consiliare sono mille i modi che la minoranza ha per differenziarsi e segnare la propria identità di opposizione, perciò è contrario ad ogni principio di democrazia non cercare e non trovare momenti di collaborazione e di accordo con la maggioranza su problemi di interesse vitale per lo sviluppo del paese. E' ciò che avevano capito i consiglieri comunali testè usciti dalla Resistenza, che pure non avevano il corredo di esperienza all'esercizio della democrazia di cui dispongono gli amministratori di oggi

Come matura la nomina di Nicolini a sindaco?

La mia nomina a sindaco matura nell'estate del 1946, alcuni mesi dopo le elezioni amministrative del marzo, nelle quali io ero stato eletto consigliere. Era stato nominato sindaco il dottor Arrigo Guerrieri, carica che già ricopriva fin dalla Liberazione per delega del CLN comunale. Per ragioni di lavoro egli decise di trasferirsi a Reggio con la famiglia, sicchè fu giocoforza sostituirlo. Il partito pensò a me. La nomina avvenne alla fine di dicembre del 1946. Mi piace ricordare che votarono per me anche alcuni consiglieri dell'opposizione democristiana, fatto politico eccezionale, quantomeno per la nostra regione

Purtroppo la tua amministrazione è durata poco tempo, dal 29 dicembre 1946 al 13 marzo 1947; quali sono i tuoi ricordi?

Sì, la mia esperienza da sindaco fu di brevissima durata perchè il 13 marzo 1947 verrò arrestato con l'imputazione di essere stato l'esecutore materiale dell'uccisione del povero don Pessina. Dal momento della nomina erano trascorsi 75 giorni: neanche il tempo per imparare a fare i primi passi!! Non posso dimenticare: era sul far dell'alba di un mattino brinoso e molto freddo. Al suonare del campanello andò ad aprire mio suocero; io ero a letto febbricitante con i prodromi dell'influenza, mentre mia moglie non poteva farlo in quanto sofferente di un forte malessere da gravidanza avanzata (partorirà quattro giorni dopo). C'erano quattro carabinieri comandati da un capitano. Con modi cortesi mi invitarono ad andare in caserma con loro, trattandosi di cosa importante per la quale occorreva la mia presenza colà. Li seguii tranquillo. Se non che la caserma era quella dei carabinieri di Novellara e un po' stupito chiesi loro la ragione di ciò. Mi dissero a bruciapelo: " Prodi Antonio ha confessato che lei, la sera del 18 giugno 1946, ha sparato a don Pessina uccidendolo". Rimasi lì, esterefatto, quasi a non credere alle mie orecchie; poi pensai che si stava bluffando per vedere se io sapevo qualcosa del delitto. Purtroppo si stava facendo sul serio, dando così inizio ad una macchinazione politico-giudiziaria che porterà me ed altri due innocenti davanti alla Corte di Assise di Perugia. Io sarò condannato a 22 anni di reclusione, Ferretti Ello a ventuno e Prodi Antonio a 20. Sarà un susseguirsi di sofferenze e di umiliazioni che durerà per quasi mezzo secolo e che avrà fine solo l'8 giugno 1994, giorno in cui la Corte di Appello di Perugia, in sede di revisione del processo, assolverà me e gli altri innocenti per non aver commesso il fatto. Una sentenza esmplare che smaschera la mostruosa macchinazione, lasciando intravedere tra le righe chi siano stati gli occulti macchinatori. Scrive a pag. 67 della sentenza il Presidente della Corte di Appello di Perugia, dott. Emanuele Salvatore Medoro (8 giugno 1994):
" Pertanto la Corte ritiene, in conformità a quanto sostenuto dalla difesa del Nicolini, che una serie di fattori- indagini di polizia giudiziaria condotte con metodi non del tutto ortodossi; lacune ed insufficienze istruttorie; una sorta di 'ragion di Stato di partito' che ebbe ad ispirare il comportamento di alcuni uomini del PCI; una pressante quanto legittima domanda di giustizia da parte del clero locale, estrinsecantesi però in iniziative al limite dell'interferenza; interventi di autorità non istituzionali e comunque processualmente non competenti- abbia fatto sì che la legittima esigenza di individuare e punire gli autori del grave quanto gratuito fatto di sangue si risolvesse, oggettivamente, in una sorta di ricerca del colpevole a tutti i costi dando luogo ad un grave errore giudiziario, al quale la Corte ha ritenuto ora di dovere porre riparo assolvendo ampiamente gli imputati e restituendoli alla loro dignità di innocenti"
Il marchio dell'assassino portato per mezzo secolo; dieci anni di carcere e cinque di libertà vigilata; degradazione ed espulsione dall'esercito in seguito alla sentenza di condanna; reinserimento difficile nel lavoro; ostilità ed isolamento nella irrinunciabile battaglia per la revisione del processo: sono solo una parte dei ricordi di una vita rovinata!

Sul tuo "caso", non vi è stata alcuna speculazione politica da parte della minoranza in Consiglio comunale; anzi, dal tuo libro "Nessuno vuole la verità" emerge un rapporto di reciproca stima con Luigi Paterlini, capogruppo DC. Cosa ne pensi?

Ho conosciuto Paterlini il 25 aprile 1945 nel municipio di Correggio. Rappresentava la DC nel Comitato di Liberazione, con l'incarico di presiedere ai rapporti col Comando Piazza Partigiano. Ci incontravamo diverse volte al giorno per discutere e consultarci sulla situazione in continuo movimento dell'ordine pubblico, per cui imparammo a conoscerci in profondità. Apprezzava molto l'equilibrio da me dimostrato in quei giorni insurrezionali di eccitazione generale e in prosieguo di tempo, quando i partiti incominceranno a far politica con riunioni e comizi, lui mi rivolgerà insistentemente l'invito ad andare a parlare alla gente per la sua D.C., che era un modo elegante per offrirmi la tessera di quel partito. Dopo il mio arresto, testimoniando davanti al giudice istruttore, dirà che lui non credeva che io potessi essere colpevole. Nel corso della sua testimonianza davanti alla Corte di Assise di Perugia (febbraio 1949), avendo ribadito quanto già dichiarato al magistrato inquirente ed essendosi dilungato nella descrizione di un episodio nel quale l'intervento del Comandante Diavolo impedì il compiersi di un atto di giustizia sommaria, il Pubblico Ministero lo interromperà rimproverandogli di essere " un incorreggibile chiacchierone". Firmò una petizione promossa da un centinaio di intellettuali di Correggio, di tutte le parti politiche, con la quale si chiedeva al ministro di Grazia e Giustizia del tempo, l'on. Aldo Moro, di concedermi la libertà condizionale, libertà che io non ho e non avrei mai chiesto in quanto subordinata all'ottenimento del perdono dei familiari di don Pessina. Ma può chiedere il perdono chi non abbia commesso il delitto pel quale è stato condannato? Quando sarò rimesso in libertà, Paterlini verrà a casa mia per dirmi che la sua stima era sempre la stessa. Un uomo onesto!.. un vero cristiano!
Il discorso si fa diverso per l'atteggiamento tenuto in Consiglio comunale dai rappresentanti della D.C. prima e del PPI dopo. Nulla so dell'atteggiamento tenuto nei dieci anni in cui ero in carcere ; molto potrei invece dire delle provocazioni umilianti di cui si sono fatti protagonisti i gruppi consiliari cattolici alternatisi negli ultimi trent'anni. Cito un episodio per tutti. Consiglio comunale del 29 giugno 1994
Ventidue giorni prima, Nicolini viene assolto per non aver commesso il fatto dalla Corte di Appello di Perugia. Tutti i gruppi consiliari, escluso quello del PPI, si uniscono al sindaco Ferrari nel felicitarsi con l'innocente, già consigliere e già sindaco, per il meraviglioso esito della sua quarantennale battaglia. Il gruppo consiliare cattolico abbandona l'aula accennando "a lati ancora oscuri dell'omicidio don Pessina". Costoro non sono degni di definirsi cristiani...!
A conclusione di questa intervista, ti ringrazio di aver pensato a me e complimenti per il tuo libro-ricerca, che ho trovato molto interessante sia per il rigore storico e la documentazione fornita che per la scorrevolezza narrativa.